PERSICO, GOLFO (A. T., 84-85 e 91-92)
In persiano Baḥr i-Fārs. Braccio dell'Oceano Indiano chiuso fra il margine sud-occidentale della regione iranica e il fianco orientale dell'Arabia. Il decorso delle terre che lo circondano (3100 km.) forma all'ingrosso un ampio rettangolo con l'asse maggiore diretto da NO. a SE.; la superficie liquida è calcolata in 236.800 kmq., di cui 3800 sono costituiti da isole. Si tratta di un mare di trasgressione, la cui genesi è in rapporto con la formazione della piana mesopotamica, che in essa si continua, riducendone lentamente lo specchio. Qui il tributo solido portato dallo Shaṭṭ el-‛Arab sposta annualmente il vasto delta costruito dal fiume, di circa 25 m. in media verso S. La profondità del golfo non scende in alcun punto oltre i 100 m., eccetto che in prossimità allo stretto di Hormūz, per quale il golfo stesso comunica col Colfo di ‛Omān e quindi con l'Oceano libero. Lì, a S. della Gezīret i-Tunb, la sonda tocca i 50 m.; nel resto la profondità, che oscilla in media sui 25 m., diminuisce di regola da E. a O. e da N. a S. La zona antistante all'ampia insenatura delimitata dai Capi Rakkan e Musandim è formata da un dedalo d'isole e di banchi coralligeni, emergenti da una piattaforma che è ad appena una diecina di metri sotto lo specchio liquido; per contro sul lato persiano l'isobata dei 50 m. corre a poca distanza dalla riva, fra Giabrīn e l'isola di Kishm. A questo contrasto corrisponde, in complesso, il contrasto fra le due sponde, di cui quella occidentale è dovunque piatta e orlata da cordoni litoranei, che ne riducono la portuosità, mentre, in pari tempo, il paese che le sta alle spalle, quasi del tutto spopolato, presenta condizioni anche meno vantaggiose che sul lato iranico, nonostante l'ostacolo dei diaframmi montuosi che qui inceppa le comunicazioni col retroterra.
Il Golfo Persico, posto poco a N. del Tropico e quasi completamente chiuso fra territorî a clima caldissimo e arido, rappresenta l'area marina in cui s'è riscontrata la più alta temperatura delle acque alla superficie (35°). La forte evaporazione, favorita anche dalla frequenza e violenza dei venti, che lo agitano (specie le tempestose correnti di NO., dette localmente shamāl), e il debole afflusso liquido che il golfo riceve dai territorî circostanti (un solo grande fiume vi mette foce a NE.), ne rendono assai elevata la salinità (38-42% inferiore solo a quella del Mar Rosso), che diminuisce nella tarda primavera, quando lo Shaṭṭ è in piena.
Nonostante queste condizioni, lungo quasi tutto il perimetro del golfo, sfavorevoli o poco favorevoli all'insediamento umano (solo a S. si esercita la pesca del corallo e di specie commestibili), è questa una zona che fu sempre assai frequentata dalle navi, per la sua posizione di transito fra l'altopiano armeno-iranico (e perciò il Mediterraneo), la Mesapotamia e l'Oriente (India). Alla deficienza di buoni porti è dovuto il fatto che i centri principali del traffico hanno spesso migrato da un punto all'altro del golfo, fissandosi talora sulle isole (Kishm, Hormūz). Attualmente l'interesse maggiore è concentrato sulla regione petrolifera che è sul margine nord-occidentale; perciò el-Baṣrah, el-Muḥammarah, e el-Kuweit sopravanzano di gran lunga gli altri porti, che conservano del resto solo un'importanza locale. Il golfo rientra ormai tutto nella zona degl'interessi della Gran Bretagna, che ne controlla il traffico attraverso una salda rete di alleanze, di presidî e di occupazioni.
Bibl.: G. Schott, Geographie des Persischen Golfes und seiner Randgebiete, in Mitteil. geogr. Gesell. Hamburg, XXXI (1918), pp. 1-110; R. Vadala, Le golfe Persique, Parigi 1920; A. T. Wilson, The Persian Gulf, Oxford 1928; A. Mohr, Den Persiske Bukh, Oslo 1929.