Gojira
(Giappone 1954, Godzilla, bianco e nero, 98m); regia: Honda Ishirō; produzione: Tanaka Tomoyuki per Tōhō; soggetto: Kayama Shigeru; sceneggiatura: Murata Takeo, Honda Ishirō; fotografia: Tamai Masao; effetti speciali: Tsuburaya Eiji, Watanabe Akira, Mukoyama Hiroshi, Kishida Kuichiro; montaggio: Taira Kazuji; musica: Hukube Akira.
Al largo del Giappone, navi vengono attaccate e affondate da una misteriosa creatura marina. È Gojira (Godzilla nella versione internazionale), terrificante e gigantesco incrocio tra un lucertolone e un tirannosauro, così chiamato dal nome d'una spietata divinità equorea e riportato alla vita dagli esperimenti atomici. Di natura anfibia, il mostro se la cava molto bene anche fuori dall'acqua e arriva fino a Tokyo, dove procede seminando panico e distruzione. Fallito ogni altro tentativo di fermarlo, il dottor Serizawa decide di utilizzare contro Gojira la sua arma segreta, l'eliminatore d'ossigeno: al termine di una feroce lotta subacquea, il mostro pare sconfitto, ma il dottore sceglie di lasciarsi morire portando con sé l'arma, strumento troppo potente per poter essere lasciato nelle mani degli uomini.
Fin dalla sua apparizione, di Gojira si è sempre parlato come di un'allegoria della minaccia atomica nata all'ombra di Hiroshima e Nagasaki. Nonostante sia stata talmente ribadita da indurre qualche saturazione, si tratta di una lettura inevitabile: non solo perché gli sceneggiatori inclusero nel film, come corollario, il discorso sul pericolo della sperimentazione di armi letali sullo sfondo sonoro di un canto infantile di pace, ma per la stessa impostazione del racconto, lontano sia dalle precedenti incursioni nel territorio delle creature preistoriche (The Lost World ‒ Un mondo perduto, Harry Hoyt 1925; King Kong, Merian C. Cooper e Ernest B. Schoed-sack 1933; The Beast From 20,000 Fathoms ‒ Il risveglio del dinosauro, Eugene Lourie 1953), sia dai successivi film giapponesi che avrebbero utilizzato la figura del mostro sorto dagli abissi dell'oceano. Al di là delle influenze che i film citati esercitarono sugli autori di Gojira, non è qui lo spirito dell'avventura a dominare, quanto piuttosto un senso di tragedia; non vi è nemmeno l'esplorazione di territori sconosciuti, visto che la vicenda è ambientata in scenari familiari ai protagonisti, siano essi pescatori, scienziati, marinai o funzionari del governo. L'unico vero punto in comune con The Beast From 20,000 Fathoms è il fatto che, come la creatura antidiluviana creata in quel caso dallo specialista Ray Harryhausen, anche Gojira-Godzilla si risveglia in seguito a una serie di esplosioni atomiche. Ma ciò che contraddistingue il film di Honda Ishirō e, in definitiva, gli conferisce personalità è il tono cupo di una narrazione di stampo quasi cronachistico. Le immagini iniziali del film possiedono un evidente carattere documentario. Vediamo la scia di un'imbarcazione; i marinai che suonano o riposano pigramente in coperta prima che la nave affondi, dopo essere stata colpita da una specie di esplosione; le attività degli impiegati della compagnia proprietaria della nave che si accorgono dell'accaduto; le successive esplosioni e la scomparsa di altre imbarcazioni... Nulla di tutto questo, tuttavia, viene caricato di enfasi drammatica: sono immagini che ricordano quelle, altrettanto descrittive, del contemporaneo e splendido Them! (Assalto alla Terra, Gordon Douglas 1954), ma anche l'inizio di 20,000 lieues sous les mers di Jules Verne dove, con giornalistica freddezza, si dice che nell'anno 1866 alcuni avvenimenti singolari turbarono la pace dei mari. In Gojira si concede un breve spazio alla descrizione di questa pace e dei primi avvenimenti anomali, efficacemente riassunti nei loro effetti (i pescatori si lamentano del fatto che non vi siano più pesci nel mare); l'immaginazione fantascientifica si avvicina però soprattutto al film di Douglas, dove (al pari di quanto già accadeva alla 'bestia' di Harryhausen) le formiche giganti erano il risultato di un'esplosione nucleare. Non si può far altro che ammettere che la minaccia rappresentata dalle armi di distruzione di massa è al centro del soggetto del film. Il discorso tuttavia non si esaurisce qui, ma offre altri aspetti facilmente riconducibili al repertorio tematico e visivo del fantastico: la certezza, da parte dei pescatori più anziani, dell'esistenza di Godzilla opposta allo scetticismo dei più giovani ("è soltanto una leggenda", afferma sorridendo una ragazza sentendo un anziano che parla della creatura); le immagini degli alberi sferzati dal vento e delle onde che si infrangono sulle scogliere; la casa dei pescatori distrutta dall'uragano come segno dell'imminente arrivo di Godzilla...
Ma la caratteristica più interessante del film, a prescindere dal suo soggetto, dalle fonti da cui trae ispirazione e dalle immagini alle quali a volte ricorre, resta quel suo porsi come strano incrocio tra cinema bellico e documentario, più che come vero e proprio film di fantascienza. Fin dalla prima eclatante manifestazione fisica di Godzilla, il film, considerato il massimo esponente del genere giapponese del kaijū eiga (o film di mostri), si mostra capace di combinare con evidente abilità elementi realistici e fantastici, in un cupo scenario dove le immagini di Godzilla che avanza e distrugge tutto ciò che incontra al suo passaggio mentre la popolazione fugge in preda al panico, oppure la parte dedicata alle misure di difesa pubblica adottate contro le sue incursioni, risultano di minore interesse rispetto alla grana documentaristica che conferisce al film un tono vicino al cinema di fantascienza nordamericano degli anni Cinquanta, sia nella sua variante concettuale (The Day the Earth Stood Still ‒ Ultimatum alla Terra, Robert Wise 1951, ricco di atmosfere e soluzioni proprie del film noir) che in quella realista (The Thing ‒ La cosa da un altro mondo, Christian Nyby e Howard Hawks 1951, da cui Gojira riprende la figura dello scienziato che si oppone all'eliminazione del mostro). Quanto ai rapporti con il cinema bellico, il travelling che mostra la baia di Tokyo in rovina dopo il passaggio di Godzilla ricorda non poche immagini di città devastate nei film di guerra. Vero punto di forza del film, dal punto di vista formale, sono alcune idee di montaggio: come le immagini che mostrano le strade della città e le ambulanze attraverso un televisore, per poi passare a un'eloquente carrellata su una fila di feriti (eredità del cinema sovietico), e da qui a un gruppo di bambine che intonano un canto di pace, percepito come un richiamo della coscienza da parte del commosso dottor Serizawa, l'uomo che infine s'incarica di risolvere il problema con un'arma terribile da lui stesso creata nel suo laboratorio. Non è superfluo aggiungere che, nel personaggio di Serizawa, il timore nei confronti delle armi di distruzione di massa si unisce allo spirito del samurai, in un incontro simbolico tra il vecchio e il nuovo, il Giappone millenario aggrappato al suo codice d'onore e il Giappone che ha vissuto il massacro di Hiroshima e Nagasaki. Grandioso successo di pubblico in Giappone, il film venne acquistato dalla Paramount che lo distribuì nel mondo in una versione rimontata, con scene aggiunte interpretate da Raymond Burr. Numerosi i sequels lungo gli anni Sessanta; è del 1998, invece, il remake-kolossal americano a firma Roland Emmerich.
Interpreti e personaggi: Hirata Akihiko (Serizawa Seizuke), Shimura Takashi (Yamane Kyohei), Kochi Momoko (Yamane Emiko), Takarada Akira (Ogata Hideto), Sakai Sachio (Hagiwara, il giornalista), Murakami Fuyuki (Dr. Tabata), Yamamoto Ren (Sieji Masaji), Suzuki Toyoaki (Sieji Shinkichi).
B.S. Nasimok, Godzilla: the monster behind the myth, in "Take one", n. 7, December 1972.
A. Corradi, M. Ercole, Godzilla, il re dei mostri, Mestre 1997.
K. Hollings, Gojira mon amour, in "Sight & Sound", n. 7, July 1998.
G. Solman, Godzilla's Little Acre, in "Film comment", n. 4, July-August 1998.