GOFFREDO da Cosenza
Il nome del luogo di cui era originario può essere ricavato facilmente dal toponimico col quale viene identificato, ma non si hanno notizie sui suoi primi anni di vita. Tuttavia, dato che non è possibile rintracciare il suo nome nei documenti dell'epoca di Federico II e di Corrado IV, si può, deduttivamente, collocare la sua nascita nel secondo o, al limite, all'inizio del terzo decennio del XIII secolo.
Fu strenuo sostenitore dei diritti e delle rivendicazioni della casa sveva, e fu attivo soprattutto come notaio presso la corte di Manfredi. Lo si trova menzionato, con gli attributi di familiaris e secretarius di Manfredi, per la prima volta nella Historia de rebus gestis Friderici II imperatoris eiusque filiorum Conradi et Manfredi dello Pseudo Jamsilla, in connessione con la descrizione delle concitate vicende che seguirono l'assassinio, avvenuto il 18 ott. 1254, del legato pontificio nel Regno, Borrello d'Anglona.
Secondo questa narrazione G., immediatamente dopo quella data, era stato incaricato, insieme con Gervasio di Martina, di recarsi presso il pontefice Innocenzo IV per sostenere l'estraneità di Manfredi alla vicenda o, almeno, per dimostrare che essa era avvenuta indipendentemente dalla sua volontà. La legazione, però, non ebbe luogo per timore di vendette e aggressioni.
G., quindi, rimase con Manfredi, che lo inviò subito come messo, insieme con un certo Giroldo, presso Bertoldo di Hohenburg che, dopo la morte di re Corrado, aveva assunto il baliato del Regno e si trovava ad Arienzo. In questa occasione la Historia riporta un discorso, piuttosto lungo e retoricamente ornato, col quale G. cercò di convincere Bertoldo a prestare aiuto a Manfredi. G., nella Historia, continua a rivestire un ruolo importante anche nella successiva missione diplomatica presso Innocenzo IV, guidata da Galvano Lancia e Riccardo Filangieri, per i quali fece la spola con Manfredi. Negli ultimi giorni di ottobre G. rimase presso Manfredi almeno per una parte del viaggio verso la Puglia, ideato per sfuggire alle insidie del papa e cercare nuovi aiuti; probabilmente si staccò da Manfredi il 1° novembre, per recarsi insieme con gli altri secretari a Spinazzola.
Ricongiuntosi con Manfredi, G. fu inviato ancora una volta presso Bertoldo di Hohenburg e il legato apostolico, che si trovavano a Troia, senza, però, riuscire a incontrarli. Subito dopo fu inviato come messo presso Gualtieri di Manupello, per chiedergli di congiungersi alle truppe di Manfredi. Nella Historia si incontra il nome di G. per l'ultima volta a proposito di un'ennesima missione diplomatica, presso papa Alessandro IV, nella primavera del 1255, nel tentativo di giungere a una riconciliazione.
Possiamo ricavare altre notizie sulla personalità e sulla vita privata di G. da tre lettere a lui inviate dal notaio e maestro di ars dictaminis Nicola da Rocca. In una (Huillard-Bréholles, pp. 386 s. n. 89) Nicola scrive a G. rimproverandolo di aver voluto affrontare, sfidando il freddo dell'inverno, un viaggio scomodo e pericoloso, invece di rimanere suo ospite a Foggia. Nella seconda (ibid., pp. 387 s. n. 90), databile all'estate del 1257, Nicola, rispondendo a un mandato regio trasmesso da G., secondo il quale sarebbe dovuto passare temporaneamente al servizio di un conte, comunica che è venuto meno il motivo per cui avrebbe dovuto trasferirsi. Nella terza (ibid., pp. 388 s. n. 91), databile dopo il 1262, Nicola chiede consiglio a G., che risulta essere a capo dell'ufficio di sorveglianza dei notai regi. Da queste lettere si può desumere in maniera ancora più netta qual fosse l'importanza del ruolo sostenuto da G. presso la corte; cosa che si può ricavare anche da una lettera di Manfredi (cfr. Martène - Durand; Schirrmacher, p. 630), che Karst ritiene indirizzata, nel 1259, proprio a G. - ma questa ipotesi non appare scevra da dubbi -, in cui il sovrano elogia la fedeltà e l'affetto dimostrato dal suo corrispondente.
Le ambascerie di cui fu incaricato nel delicato periodo successivo al 1254 dimostrano con evidenza quale fosse la considerazione di cui G. godeva presso Manfredi, che, anche in seguito, continuò ad affidargli incarichi di rilievo. Nel settembre del 1257, infatti, sottoscrisse come testimone il trattato stipulato tra Manfredi e Venezia; nel 1262, poi, sempre come testimone, sottoscrisse un accordo con Siena. A partire dal 22 marzo 1262, data in cui roga un documento in favore dell'Ordine dei templari, comincia a essere menzionato come notaio, ufficio che ricopre ancora il 20 dic. 1264. Dopo di allora non si incontra più il suo nome per alcuni anni. Continuò comunque a essere un sostenitore della dinastia sveva e, anche dopo la morte di Manfredi, parteggiò per Corradino, quando questi scese in Italia.
Dopo la disfatta subita dall'ultimo Svevo si rifugiò con altri a Gallipoli dove, però, fu catturato da Gualtiero di Summarosa e quindi giustiziato, probabilmente nel gennaio del 1269. I suoi beni, posti in Val di Crati e in Terra d'Otranto, furono confiscati dal re angioino, e poi, solo in parte, concessi, nel giugno di quello stesso anno, in usufrutto alla sua vedova Adelasia.
Il nome di G. è stato proposto come quello dell'autore della Historia de rebus gestis Friderici II imperatoris eiusque filiorum Conradi et Manfredi dello Pseudo Jamsilla. Questa cronaca, che rive-la qualche velleità letteraria e risulta scritta con una certa eleganza da persona dotata di buona cultura retorica, comincia con la morte di Federico II, racconta brevemente le vicende di Corrado fino alla sua morte, per narrare poi in maniera particolareggiata gli eventi del periodo compreso tra il 1254 e il 1256 e, infine, accennare in maniera più sommaria ai fatti successivi, fino all'incoronazione di Manfredi nel 1258.
La Historia costituisce una fra le fonti più importanti per la storia del tardo Regno svevo. Essa è trascritta in alcuni codici come anonima, in altri viene riportata come opera di Nicola de Jamsilla e, con tale attribuzione, venne stampata da L.A. Muratori. La scelta editoriale adottata da Muratori fu, tuttavia, già nella seconda metà del sec. XIX, posta in dubbio dagli studiosi. In epoca sveva, infatti, non si ha traccia di alcun personaggio di nome Jamsilla; inoltre una tarda copia della cronaca (conservata presso la Bibl. apost. Vaticana, ms. Chigi G.VI.157) reca un'intestazione da cui si ricava che si tratta di una copia esemplata da un antigrafo un tempo posseduto da Filippo di Jamvilla. In considerazione di ciò, si è giunti alla conclusione che il nome Jamsilla, cui è stata legata la cronaca, è la corruzione della più corretta forma Jamvilla, cognome di una famiglia venuta in Italia meridionale al seguito di Carlo d'Angiò; Jamvilla era dunque il nome del proprietario dell'esemplare da cui poi furono tratte altre copie, non quello dell'autore. Dato che la Cronaca appare essere opera di un notaio seguace di Manfredi ben informato delle vicende susseguitesi tra il 1253 e il 1256, Schirrmacher avanzò l'ipotesi che l'autore fosse il notaio Nicola da Brindisi, mentre Capasso propose il nome del notaio Nicola da Rocca. Karst, invece, nel 1898, giunse alla conclusione che l'autore della cronaca fosse da identificare con G., dal momento che, più volte, e spesso con notevole rilievo, egli viene ricordato nell'opera; inoltre, vengono riportati discorsi diretti soprattutto quando G. viene ricordato come fisicamente presente; infine, Cosenza, patria di G., viene esaltata con toni estremamente celebrativi. L'ipotesi avanzata da Karst è stata, tuttavia, contrastata da Fuiano: se la Historia dovette essere scritta da uno dei compagni di Manfredi nella fuga da Teano a Lucera del novembre 1254, così realisticamente e drammaticamente descritta per non essere stata vissuta direttamente, bisogna escludere G. dal novero dei possibili autori. Fuiano fa notare che, a quella fuga, i secretari di Manfredi - e G. appunto viene menzionato, nella cronaca, con l'appellativo di secretarius - non presero parte, dal momento che essi si erano recati a Spinazzola con disposizione di rimanervi fino a nuovo ordine. Dunque l'identificazione di G. con l'autore della Historia, se non è del tutto da escludere, può essere ammessa solo con forti riserve.
Fonti e Bibl.: Nicolaus de Jamsilla, Historia de rebus gestis Friderici II imperatoris eiusque filiorum Conradi et Manfredi Apuliae et Siciliae regum ab anno 1210 usque ad 1258, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., VIII, Mediolani 1726, coll. 515, 518-521, 535 s., 544 s.; E. Martène - U. Durand, Veterum scriptorum et monumentorum historicorum… amplissima collectio, II, Parisiis 1724, p. 1222; G. Del Giudice, Codice diplomatico del Regno di Carlo I e II d'Angiò, II, Napoli 1863, pp. 311 ss.; J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Vie et correspondance de Pierre de la Vigne, Paris 1865, nn. 89-91, pp. 386-389; B. Capasso, Historia diplomatica Regni Siciliae inde ab anno 1250 ad annum 1266, Napoli 1874, pp. 138, 175, 216, 264, 344; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, V, 1, a cura di J. Ficker, Innsbruck 1881-82, nn. 4665, 4700, 4704, 4707, 4714 s., 4722-4728, 4734, 4738, 4740-4742, 4756; V, 4, a cura di P. Zinsmaier, Köln-Wien 1983, nn. 4707, 4714 s., 4723-4726, 4734, 4738, 4740-4742, 4756; I registri della Cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, VII, Napoli 1955, p. 157; F.W. Schirrmacher, Die letzten Hohenstaufen, Göttingen 1871, p. 630 e ad ind.; G. Del Giudice, Il giudizio e la condanna di Corradino, Napoli 1876, p. 82; A. Karst, Geschichte Manfreds von Tode Friedrichs II. bis zu seiner Krönung, Berlin 1897, ad ind.; Id., Über den sogenannten Iamsilla, in Historisches Jahrbuch, XIX (1898), pp. 1-28; O. Cartellieri, Reise nach Italien im Iahre 1899, in Neues Archiv, XXVI (1901), pp. 679-706; B. Capasso, Le fonti della storia delle provincie napolitane dal 586 al 1500, Napoli 1902, p. 106 n. 1; A. Nitschke, Handschriften des sogenannten Nikolaus von Jamsilla, in Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters, XI (1955), pp. 233-238; P.F. Palumbo, Contributi alla storia dell'età di Manfredi, Roma 1959, pp. 117, 175, 200 s., 212 s.; G. Resta, Per il testo di Malaterra e di altre cronache meridionali, Reggio Calabria 1964, p. 25; F. Giunta, Brevi cronache sul Medioevo napoletano, in Medioevo e medievisti, Caltanissetta-Roma 1971, pp. 107 s.; M. Fuiano, Niccolò Jamsilla, in Studi di storiografia medievale, Napoli 1975, pp. 200 s.; E. Pispisa, Nicolò di Jamsilla, un intellettuale alla corte di Manfredi, Soveria Mannelli 1984, ad ind.; Id., Nicolò di Jamsilla tra cultura e politica, in La società mediterranea all'epoca del Vespro, IV, Palermo 1984, pp. 105-130; Id., L'immagine della città nella storiografia meridionale del Duecento, in Quaderni medievali, XXX (1990), pp. 86-92; F. Delle Donne, La cultura di Federico II: genesi di un mito. Il valore della "memoria" e della "philosophia" nell'Historia dello Pseudo Iamsilla, in Politica e letteratura nel Mezzogiorno medievale, Salerno 2001, pp. 106-109; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, VIII, 2, pp. 209 s.