gnoseologia
Dal gr. γνῶσις «conoscenza» e λόγος «discorso, trattazione». Termine equivalente a teoria della conoscenza o, in taluni casi, a epistemologia (➔), sebbene quest’ultimo sia più specificamente usato, soprattutto in ambito anglosassone (epistemology) per indicare la teoria della conoscenza scientifica, in senso quindi più ristretto. Introdotto nel lessico filosofico da Baumgarten (in ted. Gnoseologie), non ebbe fortuna; al suo posto fu invece accettato il termine tedesco Erkenntnistheorie, già proposto da Reinhold nel suo Versuch einer neuen Theorie des menschlichen Vorstellungs-vermögen (1789) e praticamente entrato nell’uso nella seconda metà del sec. 19°, in concomitanza con la ripresa di interessi per l’opera di Kant e in partic. per il suo aspetto di «critica della conoscenza». Della necessità di un ritorno ai problemi gnoseologici, per poter fornire più rigorosi fondamenti alla filosofia, si fece interprete, tra gli altri, Zeller, cui probabilmente risale l’introduzione vera e propria del termine Erkenntnistheorie. L’importanza dell’impostazione gnoseologica nella trattazione dei problemi filosofici fu particolarmente sottolineata dai neokantiani della scuola di Marburgo (Cohen, Natorp, Cassirer), che giunsero a identificare la gn. con la logica, nella loro tripartizione delle discipline filosofiche fondamentali (logica, etica, estetica). La problematica propria della gn. era peraltro legata alla revisione critica cui da parte idealista (a cominciare da Fichte nella Dottrina della scienza) furono sottoposte le tesi kantiane, e una volta abbandonate le posizioni dottrinali più caratteristiche di questo indirizzo di pensiero, già sul finire del sec. 19° la sua importanza cominciò a venire meno, non avendo oltretutto raggiunto dignità di disciplina autonoma (in Cassirer, ultimo esponente della scuola di Marburgo, la gn. appare ormai, specie per quanto riguarda le correnti a lui contemporanee, in strettissima connessione con i problemi e i metodi specificamente scientifici). In seguito, e in partic. negli sviluppi del pensiero neopositivistico e nell’analisi del linguaggio, nonché negli indirizzi variamente biologicisti e comportamentisti del pensiero americano, al posto di una gn. o teoria della conoscenza, che presuppone la possibilità di sottoporre a indagine un’astratta e generica facoltà del conoscere, sottratta al contesto dei suoi usi specifici e delle sue particolari funzioni, si è andata affermando una «metodologia», sia come studio delle condizioni generali dei processi di indagine, sia come «logica della scienza», nel senso più lato, sia come tentativo di eliminare, attraverso una rigorosa e approfondita analisi del linguaggio comune (e in conseguenza anche di quello filosofico) quei termini che risultassero pure e semplici ipostatizzazioni di processi conoscitivi e mentali in genere (spesso rivelantisi mere finzioni metafisiche), recuperando invece, attraverso l’analisi delle asserzioni in cui viene formulata, il piano della teoria scientifica o delle teorie in generale.