Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il crescente interesse dei principi per l’ingegneria militare e civile, ma anche la curiosità che i dispositivi meccanici antichi e moderni suscitavano negli umanisti determina la compilazione di album di disegni e codici finemente miniati nei quali si rievocano potenti macchine belliche dell’antichità e si promuovono i sogni tecnologici dei contemporanei.
Curiosità tecnica e culto dell’antico
Nell’Italia del XV secolo il primo trattato tecnico che può essere assimilato alla tradizione dell’ingegneria colta aperta dal Texaurus di Guido da Vigevano è il Bellicorum instrumentorum liber del medico patavino Giovanni Fontana. Anche in questo caso si tratta di una raccolta di macchine e dispositivi idraulici e meccanici, nella quale, però, a dispetto del titolo, la tecnologia civile supera di gran lunga quella militare. Il trattato mantiene lo stile zibaldonesco caratteristico dei quaderni di bottega, in cui si prende nota delle macchine come se si trattasse di dispositivi curiosi capaci di effetti meravigliosi, ma senza avanzare nessun tipo di analisi tecnico -scientifica. Questa opera è tuttavia di una levatura intellettuale superiore a quella della tradizione tedesca e in modo particolare gli studi sugli orologi sembrano essere svincolati da fini pratici e orientati principalmente al problema della quantificazione del tempo.
Un’altra opera che mostra in maniera esemplare l’interesse e il fervore creativo che anima il mondo delle tecniche verso la metà del XV secolo è il De re militari di Roberto Valturio, compilata nel 1455 a Rimini per iniziativa del principe Sigismondo Pandolfo Malatesta. Valturio è un umanista privo di formazione ed esperienza tecnica che realizza il suo trattato lavorando esclusivamente su fonti di natura scritta e seguendo i suggerimenti del suo signore e mecenate. Il risultato di questa collaborazione è un compendio sulla tecnologia antica e moderna il cui scopo va oltre la dimensione operativa e ingegneristica, puntando più sulla promozione politica e militare dello stesso Pandolfo Malatesta e sulla suggestione psicologica che i disegni delle potenti macchine da guerra avrebbero suscitato nei suoi rivali. Il De re militari è il primo trattato realizzato su iniziativa di un principe per scopi politico-militari, ed è forse la dimostrazione più importante di come le corti rinascimentali fossero il contesto sociale più interessato alla promozione della “ricerca tecnologica”. L’opera di Valturio è oggetto di notevole successo e dopo svariate copie manoscritte è la prima opera di carattere tecnico a essere pubblicata a stampa nel 1472.
È difficile stabilire il grado di coinvolgimento effettivo di autori come Fontana e Valturio nella risoluzione di problemi tecnologici. Per quanto le loro notizie biografiche siano scarse, il fatto che scrivessero in latino e che svolgessero professioni come il medico e il segretario inducono a supporre che avessero una formazione universitaria e che quindi si fossero rivolti alla tecnologia in un secondo momento, durante il servizio militare o nello svolgimento di qualche ruolo nell’amministrazione pubblica. In ogni modo il chiaro intento pedagogico di questi trattati, nei quali si sottolinea l’utilità della macchina e del suo continuo aggiornamento, è il sintomo più evidente del cambiamento culturale in atto, il preludio dell’emancipazione culturale dei tecnici stessi che caratterizza la seconda metà del XV secolo.
In questi primi trattati si insiste sul valore attribuito dagli antichi alla macchina e si promuovono il recupero e lo sviluppo della loro tecnologia; tuttavia il contributo più importante alla storia della tecnologia deve essere ricercato nel fatto che in essi vengono mostrate, per la prima volta in età moderna, le potenzialità esplicative del disegno. Diversamente dai libri di mestiere, nei quali sono annotati i segreti e le esperienze tecniche delle botteghe artigiane, questi trattati vengono realizzati per scopi divulgativi; il loro intento principale è quello di comunicare e non di proteggere una conoscenza tecnologica.
La collaborazione tra artisti e umanisti nella redazione di questi trattati è promotrice di un proficuo interscambio culturale tra protagonisti di sfere culturali diverse: da un lato l’autore che possiede gli strumenti linguistici e intellettuali per accedere ai trattati tecnici dell’Antichità, greci e romani, dall’altro l’artista che per mezzo del disegno è in grado di restituire piena visibilità alle macchine degli antichi. Lavorando a stretto contatto con gli umanisti al recupero grafico dell’ingegneria antica, gli artisti hanno modo di avvicinarsi alla tecnologia da una prospettiva diversa da quella della prassi effettiva del fare, trovandosi coinvolti in un’attività di carattere filologico in cui sono chiamati a esprimere giudizi su macchine delle quali esiste soltanto la descrizione verbale e a cercare di tradurle in immagini. Il misurarsi con la tecnica antica attraverso il disegno svolge un ruolo fondamentale per lo sviluppo teorico delle arti e i problemi connessi con la riproducibilità grafica di una macchina inducono i tecnici a comprendere le potenzialità ermeneutiche ed euristiche del disegno, che in breve tempo diventa lo strumento principale della loro professione.