Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il XV secolo costituisce un periodo di notevole sviluppo anche per quanto riguarda la progettazione e la costruzione di strumenti matematici di vario genere e applicazione. In linea di massima vanno ben definendosi anche in Europa le tre funzioni principali di tali strumenti che già hanno indirizzato la produzione islamica: osservazione, calcolo e didattica.
Strumenti di osservazione
Gli strumenti di osservazione hanno essenzialmente diffusione nei due ambiti per molti versi sovrapposti dell’astronomia e della geografia. Si tratta di strumenti graduati di grandi o di grandissime dimensioni desunti dalle descrizioni trovate nell’Almagesto di Tolomeo o nei commenti greci e islamici a tale opera. La realizzazione di questi strumenti viene tentata in Europa a partire dal XIII secolo allo scopo di verificare o di adattare alcuni parametri celesti fondamentali. Tuttavia, soltanto sul finire del XV secolo si inizia a pensare di collocare tali strumenti all’interno di strutture organizzate destinate all’esecuzione di campagne sistematiche di osservazione.
Ancora una volta, spicca in questo ambito la figura di Johann Müller di Königsberg, meglio conosciuto con il nome latinizzato di Regiomontano che, una volta trasferitosi a Norimberga, cerca di costituire un osservatorio astronomico ben attrezzato. Da quanto è possibile ricavare da una serie di suoi scritti raccolti e stampati da Johann Schöner nel 1544, l’osservatorio comprende solo un paio di strumenti propriamente tolemaici. Il primo di essi, lo “strumento parallattico” o “triquetro” (dal latino tardo triquetrum = triangolo) è costituito da tre regoli di legno e serve a determinare l’altezza di un astro, soprattutto del Sole e della Luna, al di sopra dell’orizzonte. Il secondo è invece l’“astrolabio armillare”, vale a dire un sistema di sette anelli graduati, le armille, che possono essere orientati reciprocamente per imitare la disposizione delle principali circonferenze celesti: il meridiano locale, l’equatore, l’eclittica ecc. Per questo motivo lo strumento è utilizzato per misurare le coordinate celesti (longitudine e latitudine) di un qualunque astro.
Agli strumenti tolemaici cominciano però ad affiancarsi alcuni strumenti d’osservazione di diversa concezione. Se Georg Peurbach si dedica a elaborare il “quadrato geometrico” – una sorta di quadrante graduato portatile destinato a misurare le altezze degli astri sopra l’orizzonte, ma anche le altezze di torri e di rilievi inaccessibili –, Regiomontano si applica invece a elaborare il “radio astronomico” e il “torqueto”.
Il primo è escogitato in Francia verso l’inizio del XIV secolo ed è costituito da due aste graduate incrociate scorrevoli l’una sull’altra. Lo strumento serve a determinare l’angolo di separazione fra due astri e, grazie alla semplicità di realizzazione, comincia a diffondersi in marineria, cambiando il proprio nome in “balestriglia”. In quest’ultimo caso lo strumento permette di misurare l’altezza del Sole o di una stella sopra l’orizzonte per poi calcolare la latitudine del luogo raggiunto. Il torqueto (dal latino torqueo = far ruotare) è invece uno strumento di origine europea incerta, ma probabilmente non antecedente al XV secolo, concepito per semplificare le operazioni di misura delle coordinate celesti eseguibili con il più complesso astrolabio armillare.
Nuovi strumenti di calcolo
Tutti questi strumenti di osservazione sono in genere dedicati a pochi tipi di operazioni, comunque sempre riconducibili alla misura per quanto possibile esatta di uno o due angoli. Ben diverso è il caso degli strumenti di calcolo, che agli occhi di chi li concepisce o li utilizza danno il meglio di sé solo quando sono in grado di compendiare un numero notevole di operazioni diverse.
Questo tipo di concezione propria degli strumenti di calcolo appare evidente fin dal cosiddetto “albion” concepito da Richard di Wallingford, il cui nome deriva dalla corruzione dell’inglese all by one (= tutto con uno). L’applicazione di uno strumento di calcolo non è inoltre necessariamente ristretta a una singola disciplina matematica, ma può toccarne diverse trasversalmente: aritmetica, geometria, astronomia, rilevamento, marineria, balistica ecc. Fra gli strumenti di calcolo che cominciano a diffondersi con maggior fortuna vi sono quelli introdotti in Europa nei secoli precedenti attraverso il mondo islamico, primo fra tutti l’astrolabio piano.
Nel XV secolo molti costruttori europei hanno ormai acquisito piena padronanza sul modo di costruire lo strumento, al punto da realizzarne alcune varianti – i cosiddetti “astrolabi universali” – ritenute in grado di superare i limiti intrinseci del modello tradizionale. I costruttori prendono anche l’abitudine di accompagnare le proprie realizzazioni materiali con esaustivi trattati sulla fabbricazione e sull’uso dello strumento, nei quali si contempla la soluzione di almeno una cinquantina di operazioni matematiche diverse.
Gli studiosi europei cominciano però anche in questo caso a elaborare nuovi strumenti, molti dei quali destinati a risolvere il problema della corretta misura del tempo. Nel XV secolo, e specialmente in area inglese, francese e tedesca, si costruiscono numerosi tipi di strumenti, fissi o portatili, destinati a rivelare rapidamente l’ora in base all’altezza del Sole o di un astro sopra l’orizzonte in uno dei tanti sistemi cronometrici allora in uso: ore uguali o astronomiche, ore ineguali o stagionali, ore babilonesi, ore italiche, ore ebraiche ecc. All’area inglese si devono probabilmente il piccolo quadrante tascabile noto come quadrans vetus e la cosiddetta “navicula di Venezia”, cioè due modelli di orologio solare in grado di rilevare l’ora nei vari luoghi e nei diversi periodi dell’anno. La grande diffusione conosciuta da questi strumenti cronometrici è giustificata dalle prestazioni ancora molto scarse che gli orologi meccanici hanno per tutto il XV e il XVI secolo. Gli orologi meccanici azionati da ruote dentate e dalla discesa di pesi sono usualmente di grandi dimensioni e vengono collocati nelle torri campanarie delle cattedrali più importanti. Essi devono essere messi continuamente a punto da uno speciale incaricato, il cosiddetto temperatore dell’orologio, che ne calibra il funzionamento e ne regola quotidianamente il meccanismo sull’istante del mezzogiorno vero rivelato da un orologio solare.
Calcolatori analogici: l’equatorium
Accanto agli strumenti preposti alla determinazione dell’ora, i matematici europei elaborano una serie di veri e propri calcolatori analogici destinati a risolvere operazioni aritmetiche e geometriche anche molto complesse. Per esempio, in astronomia si diffonde l’uso degli equatoria, strumenti di carta o di ottone formati da dischi graduati sovrapposti, aventi dimensioni proporzionali a quelle delle circonferenze preposte al moto dei pianeti secondo le ipotesi tolemaiche. Ruotando le varie parti di questi strumenti le une rispetto alle altre secondo angoli proporzionali al tempo trascorso a partire da una data assegnata, i dischi dello strumento assumono la stessa configurazione che gli epicicli e i cerchi eccentrici di un singolo pianeta dovrebbero avere in cielo. Sfruttando dei semplici fili per allineare le varie parti di un equatorium diventa così possibile trovare la posizione di un pianeta lungo lo zodiaco senza di fatto eseguire alcun calcolo trigonometrico, ma solo somme e moltiplicazioni. In linea con questa concezione vengono anche sviluppati strumenti nautici, di rilevamento e di calcolo di varia natura, in grado di restituire l’altezza delle maree impostando le posizioni del Sole e della Luna, di dare l’altezza di una torre o la profondità di un pozzo sfruttando le proprietà dei triangoli simili, o di stabilire il volume e il peso di un solido regolare misurandone il diametro.
Fra gli strumenti in grado di offrire quest’ultimo tipo di prestazioni rientrano vari tipi di compassi (nautici, di riduzione, di proporzione, di calibro) che, in parte già presenti nell’antichità, nel XV secolo cominciano ad avere un enorme successo per la facilità di realizzazione e di impiego. In un’epoca caratterizzata da continue guerre, i compassi, gli “archipenzoli” e gli strumenti per il calcolo trigonometrico cominciano a diffondersi soprattutto in relazione alle applicazioni militari legate alla nascente scienza balistica.
Strumenti didattici
Nel corso del XV secolo la categoria degli strumenti didattici ha invece un ambito di applicazione quasi esclusivamente limitato all’astronomia. È infatti in questo settore che una determinata teoria scientifica può richiedere, oltre a un’elaborazione teorica generale, anche la realizzazione di un modello materiale utile a verificarne la fondatezza fisica o a diffonderne i contenuti.
I tipi di strumenti didattici più diffusi sono generalmente due: le “sfere armillari” e i “planetari”. Le prime servono a visualizzare la disposizione e il movimento delle principali circonferenze celesti intorno alla Terra. Una sfera armillare è costituita da uno schema di sfera celeste a sua volta formato da alcuni anelli che ne rappresentano le circonferenze principali: l’equatore, l’eclittica, i due coluri degli equinozi e dei solstizi, i due tropici del Cancro e del Capricorno e i due circoli polari artico e antartico. La sfera, collocata in una montatura comprendente le ulteriori circonferenze del meridiano locale e dell’orizzonte dell’osservatore, può essere fatta ruotare intorno a un asse che porta imperniata al centro una piccola sfera rappresentante la Terra. In questo modo la sfera armillare permette a un insegnante di spiegare agli allievi di un corso di astronomia particolari fenomeni celesti; per esempio, il motivo per cui il Sole resta più a lungo sopra l’orizzonte in estate che non in inverno. I planetari, talora collocati all’interno di sfere armillari, sono invece costituiti da sistemi di dischi o di anelli in grado di riprodurre le circonferenze o le sfere che si suppone regolino il corso di uno o di più pianeti. Alcuni planetari sono estremamente semplici e vengono mossi agendo con le dita sulle varie parti dello strumento; altri sono invece animati da complessi meccanismi a orologeria, secondo la tradizione in cui si era in precedenza inserito l’“astrario” di Giovanni Dondi.