Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Per identificare le regioni dell’Europa del Nord, sin dall’antichità si parla di Scandinavia: Danimarca, Norvegia, Svezia e in molti casi Finlandia e Islanda sono il gruppo di nazioni a cui si fa riferimento. In realtà la Finlandia non appartiene alla stessa area etnica e linguistica delle altre regioni, e inoltre la Danimarca e l’Islanda non fanno parte della stessa formazione geologica di Norvegia, Svezia e Finlandia, ma storicamente le cinque nazioni hanno molto in comune.
Svezia e Norvegia: vita politica
Nell’Europa del Nord le guerre napoleoniche hanno provocato grandi trasformazioni; il primo di questi cambiamenti si verifica nel 1809. L’alleanza tra la Francia, la Russia e la Danimarca, stretta nel corso del 1807, mette la Svezia in una posizione difficile: isolata politicamente e circondata da nemici a sud, a est e a ovest, non è più in grado di difendere il suo predominio secolare sulla Finlandia e viene duramente sconfitta dalle armate russe. La pace di Fredrikshamm, firmata nel 1809, costringe la Svezia a cedere alla Russia la Finlandia e le isole Åland (a nord-est di Stoccolma); respinto così a est, l’espansionismo svedese deve trovare uno sbocco altrove.
L’occasione per il riscatto si concretizza pochi anni più tardi. Nel 1809, in Svezia il re Gustavo IV viene detronizzato da una rivolta militare e dopo la morte del successore designato dai ribelli, il principe danese Cristiano Augusto, la scelta del parlamento svedese, il Riksdag, cade sul generale francese Bernadotte, uno dei più valorosi ufficiali di Napoleone durante la campagna in Italia. Ben presto Bernadotte si rivela il vero leader della politica svedese e, diventato membro della coalizione di Stati che sconfigge Napoleone a Lipsia nel 1813, ne approfitta per attaccare la Danimarca alleata della Francia. La vittoria svedese, ratificata dal trattato di Kiel (14 gennaio 1814), costringe la Danimarca a cedere la Norvegia, provincia del regno danese fin dal 1536.
La Norvegia cerca come può di opporsi alla nuova sistemazione, ma la ribellione alla Svezia dura pochi mesi e nel novembre del 1814 viene sancita l’unione. Per tutto il secolo la Norvegia si batte per conquistare la propria autonomia e per emanciparsi dalle secolari influenze culturali danesi. Nella sua battaglia si appella ai principi sanciti dalla Costituzione di Eidsvoll del 17 maggio 1814, una Costituzione votata nei pochi mesi dell’indipendenza che conferisce al parlamento norvegese, detto Storting, grandi poteri. Tensioni crescenti si verificano nel corso del secolo tra il re, che risiede in Svezia, e lo Storting, deciso a non cedere nessuno dei suoi poteri, e un po’ alla volta questo diviene il simbolo e lo strumento dell’indipendenza norvegese che verrà sancita a Karlstadt nel 1905.
La perdita della Norvegia nel 1905 decreta per la Svezia la fine di un’epoca che l’ha vista protagonista in Europa. Ancora negli anni della guerra di Crimea (1853-1856), il re Oscar I si allea con le potenze occidentali nel tentativo di guadagnare terreno a est, in Finlandia, ai danni dell’Impero russo: tutto quello che riesce a ottenere è il divieto per la Russia di fortificare le isole Åland.
Gli anni centrali del secolo sono caratterizzati dal diffondersi dello scandinavismo, un movimento favorevole all’integrazione culturale e istituzionale delle regioni scandinave che nasce negli ambienti intellettuali e studenteschi danesi, e nell’ambito dell’università svedese di Uppsala. Benché il progetto fallisca da un punto di vista politico, proprio in quegli anni inizia un’intensa collaborazione artistica, scientifica ed economica tra le diverse regioni scandinave, in grado di creare una profonda coesione intellettuale tra i popoli.
Importanti battaglie e riforme scandiscono la vita politica nel Paese: negli anni Trenta e Quaranta, durante il regno di Bernadotte(1818-1844), convertitosi al luteranesimo e diventato re con il nome di Carlo XIV Giovanni, cresce l’opposizione liberale, protagonista della lotta in favore della libertà di stampa. L’ascesa delle classi medie accompagna l’approvazione della legge sull’educazione scolastica obbligatoria (1842) e quella sull’abolizione delle gilde (1846). Negli anni Sessanta, infine, viene approvata un’importante riforma del Riksdag che trasforma il vecchio sistema di rappresentanza per ordini in una nuova assemblea divisa in due Camere.
Svezia e Norvegia: economia e società
Nel corso del XIX secolo la popolazione norvegese conosce un incremento demografico superiore a quello di ogni altro periodo della sua storia. Ma il forte ritardo nell’industrializzazione del Paese spinge la popolazione in eccesso a emigrare negli Stati Uniti: dopo l’Irlanda e l’Italia la penisola scandinava – e in particolare la Norvegia – sono in vetta alla graduatoria dei Paesi con forte emigrazione.
La pesca, lo sfruttamento delle foreste e lo sviluppo di una flotta mercantile di notevoli dimensioni sono le risorse di cui dispone la Norvegia, un Paese in cui la stessa configurazione del suolo impedisce la messa a coltura di molti terreni.
Dopo una prima modesta fase di crescita industriale avviata negli anni Cinquanta, che vedono anche l’apparizione in Scandinavia delle prime linee ferroviarie, nella seconda metà del secolo l’industria norvegese, in particolar modo quella del pesce, si avvale di nuove tecniche meccanizzate di pesca e conservazione.
Nel corso del XIX secolo, per l’economia svedese si rivelano decisive le trasformazioni e le modernizzazioni del settore agricolo. L’introduzione di nuove tecniche, la rotazione delle colture, ma soprattutto il fenomeno delle enclosures, la recinzione e la redistribuzione delle terre comuni dei villaggi, decretano la fine del sistema agrario collettivistico fondato sull’assegnazione ai contadini della comunità rurale di piccole strisce di terreno coltivabile. Al fine di promuovere la proprietà privata individuale, l’investimento di capitali e la razionalizzazione del lavoro nei campi vengono emanati alcuni decreti (1803, 1804, 1807) che, superata l’iniziale opposizione degli agricoltori, determinano una svolta per la produzione e il commercio agricolo.
Inizialmente l’economia svedese si fonda su due principali voci d’entrata: industria del ferro ed esportazione del legname (traversine e tavole). Verso la fine del secolo l’introduzione delle segherie meccaniche allarga il mercato e crea nuovi posti di lavoro. Contemporaneamente alla crescita della classe operaia, si diffondono le idee socialdemocratiche: il partito socialdemocratico svedese nasce a Stoccolma nel 1889 ed è destinato a dominare la vita politica del Paese nel XX secolo.
Danimarca: economia e società
Della Danimarca si è scritto spesso che gli uomini – e le donne – costituiscono l’unica materia prima sulla quale il Paese possa contare. Benché il suolo nazionale non sia mai stato particolarmente fertile, i Danesi ne hanno sempre saputo sfruttare al meglio le proprietà, adattandosi alle diverse esigenze del mercato.
Dopo i contraccolpi delle guerre napoleoniche, che provocano perdite gravissime per le esportazioni danesi di cereali, e dopo il generale abbassamento dei prezzi del grano, dagli anni Trenta l’economia nazionale ricomincia a prosperare. Tra gli anni Quaranta e gli anni Settanta l’Inghilterra diventa il principale mercato dei prodotti cerealicoli danesi (soprattutto frumento e segale). Nei decenni successivi i progressi nel settore dei trasporti marittimi e l’arrivo in Europa del grano americano, molto più economico, sbaragliano la concorrenza della Danimarca, costretta a una vera e propria rivoluzione agricola. In pochi anni si passa dalla coltivazione all’allevamento (bovini, suini e pollame) e alla produzione standardizzata di uova, burro e bacon, nuove merci per l’esportazione. Contadini indipendenti, ma anche piccoli e grandi agricoltori, organizzati spesso in cooperative, sono il motore di questa trasformazione.
L’efficienza tecnica e organizzativa di cui danno prova in questa occasione gli agricoltori danesi è una testimonianza dei successi raggiunti in quei decenni dalle scuole popolari superiori, un esperimento pedagogico di grande importanza sorto per iniziativa del filosofo e pastore luterano Nikolai Frederik Severin Grundtvig (1783-1872). Queste scuole – capaci di stimolare gli interessi e la personalità degli allievi senza trascurare la cultura generale, gli insegnamenti tecnico-scientifici e lo sviluppo del senso civico – sono istituite nel rispetto delle tradizioni popolari, religiose e linguistiche della comunità e appaiono fortemente radicate nel territorio.
Danimarca: vita politica
Dopo aver ceduto la Norvegia alla Svezia, rinuncia sancita dal trattato di Kiel del 14 gennaio 1814, la Danimarca attraversa un periodo di isolamento e ripiegamento interno.
Il regno di Federico VI (1808-1839), che gode di vasta popolarità, dopo il Congresso di Vienna assume le caratteristiche di una spiccata autocrazia patriarcale. Tuttavia proprio Federico VI promuove numerose e importanti riforme: per i successivi sviluppi dell’agricoltura danese, rimane fondamentale quella sull’emancipazione dei contadini che rende possibile la diffusione della libera piccola proprietà.
Durante il regno di Cristiano VIII (1839-1848), nel Paese cresce il movimento liberale e nazionale. La stampa d’opposizione critica l’assolutismo monarchico e l’agitazione si fa strada non solo nell’ambiente studentesco, ma anche tra i cittadini tedeschi dei ducati dello Holstein e dello Slesvig (Schleswig). La questione dei due ducati, connessa da diversi secoli alla definizione dei confini meridionali della Danimarca, rappresenta un motivo di continua tensione nei confronti della Germania: il più settentrionale dei due ducati, lo Slesvig, è prevalentemente danese al nord e misto al sud (popolazione tedesca e danese), mentre lo Holstein è prevalentemente di lingua e cultura tedesca.
Nel 1848, quando gli abitanti di nazionalità tedesca dello Slesvig si ribellano al governo danese, ottenendo l’aiuto militare della Prussia, il movimento liberale di nazionalità danese dello Slesvig chiede l’unione del ducato alla Danimarca; ma dopo alcuni anni il conflitto si conclude lasciando più o meno invariata la situazione.
Nel 1863, il tentativo danese di proclamare una nuova costituzione per la Danimarca e lo Slesvig, procedendo a una sorta di annessione del ducato al regno, provoca la reazione immediata della Prussia. All’inizio del 1864, Austria e Prussia attaccano la Danimarca che viene rapidamente sconfitta e si trova costretta a cedere i due ducati (trattato di Vienna, ottobre del 1864).
Dopo la perdita dei ducati, la Danimarca attraversa un periodo di grande riorganizzazione e modernizzazione interna: l’economia, la scuola e la società si trasformano e anche la vita politica acquista vivacità, mentre l’industrializzazione crea posti di lavoro e sviluppa il commercio delle nuove tecnologie (cemento, cavi telegrafici, strumentazione elettrica).
Finlandia
Secondo la tradizione, la Finlandia viene invasa dal re svedese Erik il Santo già intorno al 1157. Da allora la regione, sottomessa dagli Svedesi, diventa terreno di battaglia tra l’Impero russo e la Svezia, rivali per il predominio nel Baltico. Nel 1809, sconfitta da Russi, Francesi e Danesi, la Svezia è costretta a cedere la Finlandia alla Russia.
I secoli di predominio svedese lasciano segni profondi nella vita politica e culturale di questa regione: non esistono istituzioni politiche autonome, non c’è un esercito nazionale, la lingua di governo è lo svedese e solo dopo il 1850 viene ritirata dalla circolazione la moneta svedese.
Nel corso del XIX secolo l’evoluzione politica del Granducato di Finlandia non viene osteggiata dagli zar, i quali garantiscono una certa autonomia alla regione nel rispetto dei diritti acquisiti, della religione luterana e delle leggi fondamentali dei Finlandesi; a eccezione del governatore generale, inoltre, la burocrazia che governa il Paese viene scelta tra gli abitanti della regione.
Alla fine degli anni Ottanta si producono i primi urti; in Russia, infatti, il movimento nazionalista vuole assorbire la Finlandia, decretando la fine della sua autonomia. Sono gli anni della cosiddetta “russificazione” e della rivolta finlandese, ma solo nel dicembre del 1917, dopo la rivoluzione russa, la Finlandia conseguirà l’indipendenza.
Paese povero, scarsamente urbanizzato, ricoperto di grandi foreste che costituiscono la sua unica ricchezza, la Finlandia ha conosciuto uno sviluppo industriale molto lento. La sua produzione è centrata sul settore tessile e sull’esportazione di larghi quantitativi di legname in Germania e in Russia.
La ricerca di un autentico spirito finlandese caratterizza il risveglio intellettuale del XIX secolo. La cosiddetta guerra delle lingue che vede i fennomans, i sostenitori della lingua nazionale, battersi per l’insegnamento di questa nelle scuole e nelle università, si fa più accesa anche grazie al successo del Kalevala, il poema epico nazionale ricostruito sulla base di canti e versi popolari finnici, pubblicato una prima volta nel 1835-1836, e di nuovo nel 1849.