Gli interessi usurari
La disciplina in materia di cd. usura presunta introdotta dalla l. n. 108/1996 ha posto l’interprete davanti al dubbio circa gli oneri da conteggiare per verificare il superamento del cd. tasso soglia. L’art. 2 bis del d.l. n. 185/2008 ha previsto che le CMS applicate dalle banche rientrino nel calcolo del TEGM; ciononostante è sorto un contrasto tra le sezioni penali e civili della Cassazione, avendo le prime affermato che anche per il periodo precedente all’entrata in vigore della detta norma, le CMS siano rilevanti per accertare il tasso usurario, e ritenuto, invece, le seconde che la nuova disciplina sia applicabile solo per il futuro. Le Sezioni Unite civili con la sentenza n. 16303/2018 hanno stabilito che nonostante l’art. 2 bis sia norma con portata innovativa dell’ordinamento, anche per il periodo precedente alla sua efficacia occorre tenere conto delle CMS per accertare il rispetto delle soglie usurarie.
Il codice civile del ’42 prevedeva, all’art. 1815, co. 2, la nullità della clausola del mutuo recante un tasso d’interesse usuraio; alla detta invalidità seguiva la sostituzione degli interessi pattuiti con quelli al tasso legale.
Con la l. 7.3.1996, n. 108 il legislatore ha novellato il reato di usura di cui all’art. 644 c.p., delineando una disciplina in chiave tendenzialmente oggettiva che fa perno su un rapporto di sproporzione fra le prestazioni, predeterminato attraverso una procedura amministrativa.
Più specificamente l’art. 644, co. 3, c.p. prevede senz’altro che «la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari»; si tratta della cd. usura presunta.
A norma, poi, del co. 4 dell’art. 2 della l. n. 108/1996, detto limite in un primo tempo venne stabilito «nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà». Successivamente, a partire dal 14 maggio 2011, per effetto dell’art. 8, co. 5, lett. d), d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla l. 12.7.2011, n. 106, il medesimo limite è stato agganciato al «tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali». Lo stesso art. 2, co. 1, l. n. 108/1996 disciplina le modalità di svolgimento della procedura amministrativa per la determinazione del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, stabilendo che «Il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei Cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura».
In sostanza, la legge ha previsto una complessa procedura amministrativa volta a rilevare in modo oggettivo il livello medio dei tassi d’interesse praticato dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati (il TEGM), ancorando il disvalore sociale collegato al concetto di usura al superamento, in una certa misura, di tale livello medio1. Il legislatore del ’96 ha poi riformulato anche il co. 2 dell’art. 1815 c.c., disponendo che le pattuizioni di tassi usurari sono nulle ed alcuna somma è dovuta dal mutuatario a titolo di interessi, così introducendo una deroga al principio di naturale produttività di interessi delle obbligazioni pecuniarie2.
Orbene, una fra le questioni più rilevanti nelle controversie in materia bancaria riguarda la rilevanza della commissione di massimo scoperto (CMS), ai fini dell’accertamento dell’usurarietà del tasso di interesse praticato dagli istituti di credito.
Introdotta nei contratti bancari a partire dalle norme bancarie uniformi adottate dal 1° gennaio 19523, della CMS è sempre mancata una definizione legislativa, come pure un’univoca prassi applicativa.
In dottrina tradizionalmente la commissione di massimo scoperto è stata definita come il corrispettivo dell’obbligazione assunta dalla banca di tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro per un periodo di tempo (determinato o indeterminato), indipendentemente dal suo effettivo utilizzo4.
Nella pratica però si sono registrate due forme di commissioni bancarie5:
a) una commissione di mancato utilizzo (CMU) rilevata e percepita in principio trimestralmente, consistente in una somma espressione di una percentuale calcolata sull’accordato al netto dell’utilizzato;
b) una commissione di massimo scoperto (CMS), molto più frequente, sempre rilevata e percepita di regola trimestralmente, sull’ammontare massimo dell’utilizzo nel trimestre, quando questo ammontare massimo di utilizzo sia durato un minimo di tempo.
La CMS è calcolata sul picco massimo della somma prelevata dal cliente in certo arco temporale, in genere il trimestre, con la funzione di remunerare la banca non tanto per disponibilità concessa al cliente, quanto piuttosto per quella dallo stesso effettivamente utilizzata.
Sulla natura della CMS, la giurisprudenza di merito si è divisa:
i) taluni giudici hanno affermato che la commissione costituisca la remunerazione dovuta dalla banca per aver immobilizzato e tenuto a disposizione del cliente una determinata somma6;
ii) altri l’hanno considerata come il corrispettivo per il rischio crescente assunto dalla banca in proporzione all’utilizzo dei fondi concessi in fido7;
iii) altri ancora hanno parlato di un onere accessorio da assimilare agli interessi passivi8. Non sono mancate pronunce, poi, che hanno sostenuto la nullità della CMS per mancanza di causa quando, pur essendo remunerativa dell’obbligo della banca di tenere a disposizione dell’accreditato una determina somma per un determinato periodo di tempo, la stessa fosse stata calcolata con una modalità di determinazione del tutto coincidente con quella propria degli interessi, comportando un ulteriore aumento del costo effettivo del credito9. In altri casi la CMS è stata ritenuta priva di causa nell’ipotesi in cui fosse stata calcolata su importi entro il limite del fido10, oppure in relazione ad un conto corrente chiuso, ritenendo la giurisprudenza in questi casi mancante, ovvero esaurito, l’impegno della banca a garantire la disponibilità del credito11. Chiamata a pronunciarsi per la prima volta espressamente sulla validità della clausola in esame, la Suprema Corte ha definito la CMS quale «remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma», sancendone, sia pure in obiter, la legittimità12; in un successivo recente arresto sempre la Cassazione ha ritenuto seccamente che «la natura e la funzione della commissione non si discosta da quella degli interessi anatocistici, essendo entrambi destinati a remunerare la banca dei finanziamenti erogati»13.
Nonostante le pronunce favorevoli alla sua legittimità, la CMS è stata oggetto di critiche da parte delle istituzioni di vigilanza14.
In tale contesto è stato emanato il d.l. 28.11.2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla l. 28.1.2009, n. 2, che, con l’art. 2 bis (inserito in sede di conversione), ha introdotto nell’ordinamento alcune importanti novità in materia di contratti bancari. In particolare, nel co. 1 del citato art. 2 bis – norma successivamente abrogata – si è prevista la nullità della clausole contrattuali aventi ad oggetto la CMS, se il saldo del cliente fosse risultato a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido. Uguale nullità è stata sancita per le clausole, comunque denominate, che prevedevano una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma, ovvero indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente. Il co. 2 della disposizione in esame, invece, continua a stabilire che «Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c., dell’art. 644 c.p. e degli artt. 2 e 3 l. 7 marzo 1996, n. 108. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all’applicazione dell’art. 2 l. 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal comma 3 dell’art. 644 c.p., oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni». In estrema sintesi con l’intervento del legislatore del 2009 si è stabilito:
1) che è legittima la CMS, sub specie sia di commissione di massimo scoperto, sia di commissione di messa a disposizione dei fondi;
2) che vanno tuttavia introdotte alcune limitazioni a tutela della clientela per entrambe le ipotesi (sussistenza di un saldo a debito – su un conto affidato – per un periodo continuativo pari o superiore a trenta giorni);
3) che sono nulle le (sole) clausole contrattuali stipulate in violazione delle suddette limitazioni;
4) che la CMS è rilevante, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p.15
Di lì a poco, peraltro, l’intera normativa è stata sottoposta a revisione su iniziativa del governo, mediante decretazione d’urgenza: prima l’art. 2, co. 2, d.l. 1.7.2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla l. 3.8.2009, n. 102 ha novellato l’art. 2 bis, co. 2, d.l. 185/2008. Successivamente, l’art. 6 bis d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla l. 22.12.2011, n. 214, ha introdotto nel t.u.b. l’art. 117 bis rubricato Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, e, poi, a distanza ravvicinatissima, prima l’art. 27, co. 4, d.l. 24.1.2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla l. 24.3.2012, n. 27, ha abrogato il primo e il terzo comma dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2009 e poi l’art. 1, co. 1, d.l. 24.3.2012, n. 29, convertito, con modificazioni dalla l. 18.5.2012, n. 62, ha rimaneggiato ancora il ridetto art. 117 bis t.u.b.16
Il problema dell’inserimento della CMS ai fini del calcolo del tasso soglia, nasce da una fondamentale incoerenza normativa, in quanto, mentre i decreti ministeriali di rilevazione dei tassi d’interesse fino al secondo semestre del 2009 escludevano la CMS dal calcolo del TEGM, recependo sul punto pedissequamente le istruzioni della Banca d’Italia, l’attuale art. 644, co. 4, c.p., ha una formulazione assai ampia, in quanto afferma che per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle «commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito». Come visto supra, il co. 2 dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008 prevede oggi espressamente l’inserimento della commissione di massimo scoperto nel plafond per il calcolo del costo del finanziamento, rilevante ai fini della determinazione del tasso usurario. Le nuove istruzioni della Banca d’Italia oggi indicano tra gli oneri inclusi nel calcolo del TEGM, oltre a quelli per la messa a disposizione dei fondi, nel caso di passaggio a debito di conti non affidati o negli sconfinamenti sui conti correnti affidati rispetto al fido accordato, anche «la commissione di massimo scoperto laddove applicabile secondo le disposizioni di legge vigenti». Si può dire, allora, che sono stati certamente superati i dubbi iniziali, derivanti dalla formulazione letterale della disposizione, in ordine alla necessaria inclusione della nuova commissione di affidamento nel calcolo del TEGM17. Tuttavia, la nuova disciplina in tema di CMS introdotta dalla l. n. 2/2009, se ha certamente avuto il merito di far superare le incertezze esistenti circa la validità della detta commissione e sulla necessità del suo computo ai fini della determinazione del tasso usurario, non contiene una chiara disciplina rivolta a regolamentare il periodo precedente alla sua entrata in vigore. La questione decisiva da affrontare e risolvere è, quindi, se la “vecchia” CMS, applicata dagli istituti di credito prima dell’entrata in vigore della l. n. 2/2009, debba essere presa in esame quale base di calcolo del tasso usurario per i rapporti in corso fino al termine del periodo transitorio, fissato per effetto delle istruzioni diramate dalla Banca d’Italia al 31 dicembre 200918.
La giurisprudenza di merito, chiamata a pronunciarsi sulla questione dei rapporti tra usura e CMS, è apparsa subito divisa19.
La Cassazione, invece, ha avuto modo di pronunciarsi sul rapporto tra CMS ed usura, in un primo tempo soltanto in occasione di ricorsi portati all’esame delle sue sezioni penali.
In particolare, dopo una prima pronuncia, assunta dalla Sezione II penale20, che aveva respinto qualsivoglia dubbio sulla legittimità delle rilevazioni del TEGM come operate sulla base delle istruzioni della Banca d’Italia, mutando radicalmente il precedente orientamento, la medesima sezione, ha affermato che «In tema di usura, ai fini della valutazione dell’eventuale carattere usuraio del tasso effettivo globale (TEG) di interesse praticato da un istituto di credito deve tenersi conto anche della commissione di massimo scoperto praticata sulle operazioni di finanziamento per le quali l’utilizzo del credito avviene in modo variabile»21.
Tale interpretazione, secondo la Cassazione penale, risulterebbe avvalorata dalla normativa successivamente intervenuta in materia di contratti bancari e, in particolare, proprio dall’art. 2 bis d.l. n. 185/2008; la disposizione in parola infatti «può essere considerata norma di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., comma 4, in quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo una prassi amministrativa difforme».
Insomma, per la Cassazione penale, l’art. 644, co. 4, c.p. «impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito. Tra essi rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all’erogazione del credito, giacché ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente, e funge da corrispettivo per l’onere, a cui l’intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente».
A fronte dei precedenti della Cassazione penale, fino al 2016 non si registravano arresti delle sezioni civili sul tema in esame; nel corso di quell’anno si succedono invece due pronunce della Prima sezione civile che lo affrontano ex professo.
Entrambe le decisioni giungono alle medesime conclusioni: i) l’art. 2 bis del d.l. n. 185/2008 non è norma di interpretazione autentica dell’art. 644, co. 4, c.p., ma disposizione con portata innovativa dell’ordinamento, intervenuta a modificare – per il futuro – la complessa disciplina, anche regolamentare (richiamata dall’art. 644, co. 3, c.p.), tesa a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono presuntivamente sempre usurari; ii) per i rapporti bancari esauritisi prima del 1° gennaio 2010, allo scopo di valutare il superamento del tasso soglia nel periodo rilevante, non deve tenersi conto delle CMS applicate dalla banca, ma occorre procedere ad un apprezzamento nel medesimo contesto di elementi omogenei della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire alla ricostruzione del tasso soglia usurario, come sopra specificato22.
La Cassazione ricorda che la qualificazione di una disposizione di legge come norma di interpretazione autentica (al di là del carattere effettivamente interpretativo della previsione), presuppone l’univoca espressione dell’intento di imporre un determinato significato a precedenti disposizioni, in modo da far regolare dalla nuova norma fattispecie sorte anteriormente alla sua entrata in vigore23. Inoltre, un argomento decisivo in favore della portata innovativa della disciplina del 2009 deve essere ravvisato proprio nell’esigenza di assicurare che l’accertamento del carattere usurario degli interessi, dal quale dipende l’applicazione delle sanzioni civili e penali previste al riguardo, abbia luogo attraverso la comparazione di valori tra loro omogenei. Poiché, infatti, ai fini della configurabilità della fattispecie dell’usura cd. oggettiva, occorre verificare il superamento del tasso soglia, determinato mediante l’applicazione della maggiorazione prevista dall’art. 2, co. 2, l. n. 108/1996 al TEGM trimestralmente fissato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in base alle rilevazioni effettuate dalla Banca d’Italia conformemente alle citate istruzioni, è necessario che il TEG applicabile al rapporto controverso, da porre a confronto con il tasso soglia, sia calcolato mediante la medesima metodologia.
A fronte dell’inedito conflitto intersettoriale venutosi a determinare tra le sezioni civili e quelle penali della Cassazione, la Sezione I civile nel 2017 ha deciso di investire della soluzione del contrasto le Sezioni Unite24. E il massimo consesso del Giudice di legittimità ha composto il contrasto25. Anzitutto, le S.U. affermano che l’art. 2 bis d.l. n. 185/2008 non è norma di interpretazione autentica dell’art. 644, co. 4, c.p., ma disposizione con portata innovativa dell’ordinamento, intervenuta a modificare – per il futuro – la complessa normativa, anche regolamentare, tesa a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono presuntivamente sempre usurari. Dunque, vengono chiaramente disattese le conclusioni cui erano giunte le sezioni penali, restando escluso il carattere interpretativo dell’art. 2 bis citato, atteso che il testo non contiene alcuna espressione che evochi tale natura, ma, anzi, presenta indizi in senso contrario, quali l’espressa previsione, al co. 2, di una disciplina transitoria da emanarsi in sede amministrativa, nonché la previsione, al co. 3, che «i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro centocinquanta giorni dalla medesima data». E tuttavia, le medesime S.U. mostrano di volersi discostare anche dall’orientamento espresso dalle sezioni civili, affermando perentoriamente che la CMS non può non rientrare tra le “commissioni” o “remunerazioni” del credito menzionate sia dall’art. 644, co. 4, c.p., che dall’art. 2, co. 1, l. n. 108/1996, vista la sua dichiarata natura corrispettiva rispetto alla prestazione creditizia della banca. Quanto ai “vecchi” decreti ministeriali che non includono le CMS nel computo del TEGM, secondo la Corte di legittimità non potrebbe sostenersi la loro illegittimità sotto tale profilo, perché non è esatto che le CMS non siano state incluse nei detti decreti emanati nel periodo anteriore all’entrata in vigore dell’art. 2 bis; dell’ammontare medio delle CMS, espresso in termini percentuali, quei decreti in realtà danno atto (sia pure a parte, in calce alla tabella dei TEGM), seguendo le indicazioni fornite dalla Banca d’Italia nelle sue istruzioni. La circostanza che tale entità sia riportata a parte e non sia stata inclusa nel TEGM strettamente inteso, costituisce per la Suprema Corte un dato “meramente formale”, tale da non incidere sulla sostanza e sulla completezza della rilevazione prevista dalla legge, atteso che verrebbe comunque resa possibile, come si dirà infra, la comparazione di precise quantità ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta, secondo la ratio ispiratrice dell’istituto.
La soluzione escogitata dal Giudice di legittimità per tenere “dentro” il plafond rilevante le CMS, nonostante il TEGM rilevato dai decreti ministeriali fino al 2009 avesse continuato a tenerle “fuori”, passa allora attraverso il richiamo integrale al Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005 della Banca d’Italia. In particolare, secondo lo “schema operativo” elaborato dall’istituto di vigilanza (parte prima, pag. 4), la verifica del rispetto delle soglie di legge richiede, accanto al calcolo del tasso in concreto praticato e al raffronto di esso con il tasso soglia, «il confronto tra l’ammontare percentuale della CMS praticata e l’entità massima della CMS applicabile (cd. CMS soglia), desunta aumentando del 50 % l’entità della CMS media pubblicata nelle tabelle». Ma l’applicazione di commissioni che superano l’entità della “CMS soglia” non determina, di per sé, l’usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate; a tal fine, soccorrono sempre le citate indicazioni della Banca d’Italia, a tenore delle quali, per ciascun trimestre, «l’importo della CMS percepita in eccesso va confrontato con l’ammontare degli interessi (ulteriori rispetto a quelli in concreto praticati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti (“margine”). Qualora l’eccedenza della commissione rispetto alla “CMS soglia” sia inferiore a tale “margine” è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge». La soluzione delle S.U. è certamente degna di apprezzamento; rimane però a chi scrive un fastidioso dubbio: se la CMS andava computata ai fini del tasso soglia già a partire dall’entrata in vigore della legge del 1996, perché una nuova legge si è incaricata di ribadirlo nel 2009, con una disposizione che – come ci dicono sempre le S.U. – ha tuttavia portata innovativa dell’ordinamento e non di mera interpretazione autentica?
1 Ancorché spetti al Ministro del tesoro rilevare il TEGM, i relativi decreti ministeriali (sin dal primo, il d.m. 22.3.1997), non si sono mai discostati dalle Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, periodicamente emanate dalla Banca d’Italia a partire dalle istruzioni del 30 settembre 1996.
2 L’art. 1815 c.c. è norma sul mutuo, ma si ritiene comunemente che enunci principi di natura generale applicabili a ogni contratto avente funzione creditizia.
3 Pisapia, A., Le commissioni di massimo scoperto nella prassi bancaria, in Contratti, 2011, 1133.
4 Messineo, F., Contenuto e caratteri giuridici dell’apertura di credito, in Riv. dir. comm., 1925, I, 118.
5 Serrao D’Aquino, P., Questioni attuali in materia di anatocismo bancario, commissione di massimo scoperto e di usura, in Giur. mer., 2011, 1172.
6 App. Catania, 30.5.1985, in Banca borsa, 1987, 20; Trib. Torino, 23.7.2003, in Giur. mer., 2004, 283; Trib. Vibo Valentia, 28.9.2005, in Corti calabresi, 2007, 216; Trib. Mantova, 21.4.2007, in IlCaso.it; Trib. Mantova, 20.1.2009, in Corr. giur., 2010, 387; Trib. Mondovì, 17.2.2009, in Giur. mer., 2009, 973; Trib. Torino, 27.5.2010, in IlCaso.it; Trib. Novara, 13.7.2010, in DeJure.
7 Trib. Monza, 12.4.2011, in leggiditalia.it; App. Lecce, 27.6.2000, n. 374, in Contratti, 2001, 364.
8 Si vedano Trib. Benevento, 28.2.2008, in IlCaso.it; Trib. Tortona, 19.5.2008, ivi; Trib. Brescia, 18.1.2010, ivi.
9 Trib. Milano, 4.7.2002, in Banca borsa, 2003, II, 452, con nota di Inzitari, B., Diversa funzione della chiusura nel conto ordinario e in quello bancario. Anatocismo e commissione di massimo scoperto; Trib. Monza, 12.12.2005, ivi, 2007, II, 204, con nota di Dagna, P., Esclusione dell’eccezione di obbligazione naturale per la ripetizione degli interessi anatocistici, commissione di massimo scoperto e soglia di usura; Trib. Monza, 11.6.2007, in IlCaso.it; Trib. Salerno, 12.6.2009, in DeJure; Trib. Torino, 6.10.2009, in IlCaso.it; Trib. Torino, 21.1.2010, ivi. Contra Trib. Padova, 10.6.2011, in Banca borsa, 2012, II, 756, con nota di Massimo, A., Osservazioni a Tribunale di Milano 5 luglio 2010 e Tribunale di Padova 10 giugno 2011, in tema di commissione di massimo scoperto; Trib. Nola, 20.12.2011, in leggiditalia.it.
10 Trib. Mantova, 21.4.2007, cit.; Trib. Mondovì, 17.2.2009, cit.; Trib. Ascoli Piceno, 4.2.2010, in Giur. mer., 2011, 969, con nota di Piccinini, C., La commissione di massimo scoperto tra criteri di calcolo ed accertamento del superamento del tasso soglia; Trib. Teramo, 18.1.2010, in DeJure.
11 App. Lecce, 27.6.2000, cit.; precedentemente App. Catania, 15.9.1987, in Banca borsa, 1989, 169; Trib. Reggio Calabria, 28.12.2002, in Giur mer., 2003, 900, con nota di Lenoci, V., Riflessioni in tema di anatocismo nei rapporti di conto corrente bancario. In senso contrario App. Catania, 30.5.1985, cit.
12 Cass., 18.1.2006, n. 870.
13 Cass., 26.2. 2014, n. 4518.
14 Lenoci, V., Commissione di massimo scoperto ed usurarietà del tasso di interesse, in Giur. mer., 2011, 983
15 Cian, M., Il costo del credito bancario alla luce dell’art. 2bis l. 2/2009 e della l. 102/2009: commissione di massimo scoperto, commissione di affidamento e usura, in Banca borsa, 2010, I, 182.
16 Nella formulazione dell’art. 117 bis t.u.b. attualmente vigente, al co. 1 vengono tipizzate le commissioni di affidamento (CA) per l’apertura di credito in conto corrente, al co. 2 sono disciplinate le commissioni applicabili in caso di sconfinamento; il co. 3 prevede la nullità delle clausole che prevedono oneri diversi e non conformi a quelli indicati nei primi due. Il co. 4, infine, attribuisce al CICR la competenza ad adottare disposizioni, anche di trasparenza, applicative dell’articolo ed estendere il raggio di azione della norma a contratti ulteriori rispetto ad aperture di credito e conti correnti.
17 Sulla CMS dopo la riforma, Ruggiero, A., La “nuova” commissione di massimo scoperto dopo il decreto “anticrisi”, in Contratti, 2010, 55.
18 Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura, (aggiornamento all’agosto 2009); in esse la Banca d’Italia non mostra dubbi nell’escludere le CMS dal calcolo del TEGM durante il periodo transitorio.
19 Trib. Teramo, 26.7.2016, in IlCaso.it; Trib. Treviso, 14.4.2016, ivi; Trib. Pordenone, 27.1.2016, in iusexplorer.it; Trib. Verona, 27.10.2015, in IlCaso.it; Trib. Milano, 24.9.2015, in expartecreditoris.it; App. Milano, 20.10.2014, in dirittobancario.it; Trib. Rimini, 24.7.2015, in IlCaso.it; Trib. Verona, 9.12.2013, in Foro it., 2014, I, 129, con nota di Palmieri, A., Usura e sanzioni civili: assetti ancora instabili; Trib. Teramo, 25.3.2013, in DeJure; Trib. Verona, 19.11.2012, in Corr. mer., 2013, 146, con nota di Sangiovanni, V., Contratto di apertura di credito, calcolo del tasso effettivo globale medio e usura civilistica; Trib. Napoli, 4.11.2010, in Giur. mer., 2011, 983, con nota di V. Lenoci, cit.
20 Cass. pen., 25.2.2009, n. 8551.
21 Cass. pen., 12.2.2010, n. 12028, seguita a breve da Cass. pen., 14.5.2010, n. 28743. Per un commento alla sentenza, Di Landro, A., La Cassazione penale include la commissione di massimo scoperto nel tasso di interesse usurario: la l. 2/0, le questioni intertemporali e un’inedita ricostruzione dell’elemento soggettivo, in Foro it., 2010, II, 382; Grindatto, S., Sul computo della commissione di massimo scoperto nella determinazione del tasso usurario, in Giur. it., 2011, 11; Cugini, A., Osservazioni a Corte di Cass., Sez. II, 19 febbraio 2010,
n. 12028, in Cass. pen., 2010, 4134; successivamente, nella stessa direzione, Cass. pen., 23.11.2011, n. 46669, commentata da Piloni, M., Usura bancaria e commissione di massimo scoperto: l’elemento oggettivo e soggettivo del reato, in Dir. pen. e processo, 2012, 730 e da Marcelli, R., Le azioni legali e il rischio di usura dopo la sentenza Cass. pen. 46669/11. Prime riflessioni, in IlCaso.it; Cass. pen., 3.7.2014, n. 28928.
22 Cass., 22.6.2016, n. 12965 e Cass., 3.11.2016, n. 22270, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 1593, con nota di Salanitro, U., Usura e commissione di massimo scoperto: la Cassazione civile riconosce il valore vincolante del principio di simmetria; in Contratti, 2016, 969, con nota di Farina, V., Clausola di salvaguardia, commissione di massimo scoperto e divieto delle usure; in Giur. comm., 2017, II, 5, con nota di Cian, M., Questioni in tema di commissione di massimo scoperto; a volte ritornano (anzi, sono sempre state qui); in Riv. dott. commercialisti, 2016, 652, con nota di De Carlo, A.Capra, R., Usura bancaria. Ancora sulla CMS e sul ruolo delle istruzioni della Banca d’Italia.
23 Cass., S.U., 29.4.2009, n. 9941.
24 Cass., 20.6.2017, n. 15188.
25 Cass., S.U., 20.6.2018, n. 16303, in Guida dir., 2018, fasc. 30, 26, con nota di Mazzini, F., Le CMS oggetto di separata comparazione; in Contratti, 2018, 521, con nota di Stilo, A., Il c.d. principio di simmetria oltre le Sezioni Unite: nuovi scenari interpretativi e possibili ‘‘effetti collaterali’’.