Gli atti del commissario ad acta e il terzo
Per quanto nel giudizio di ottemperanza il giudice amministrativo possa provvedere direttamente e sostituirsi all’amministrazione, tale modalità di intervento viene quasi sempre perseguita attraverso la nomina di un commissario ad acta. Con riferimento alla natura giuridica del commissario ad acta sono state prospettate tre tesi: organo ausiliario del giudice; organo straordinario dell’amministrazione; organo misto, per alcuni aspetti ausiliario dell’amministrazione e per altri del giudice. Il Codice ha recepito la tesi prevalente del commissario quale organo ausiliario del giudice (tesi che ha ricevuto nel passato anche l’importante avallo dell’Adunanza plenaria 14.7.1978, n. 23)1. Nel libro I del c.p.a., il commissario ad acta (art. 21) è stato inserito nel capo IV, relativo appunto agli ausiliari del giudice e ciò comporta che il controllo degli atti del commissario spetta allo stesso giudice dell’ottemperanza (art. 114, co. 6). Nella bozza di correttivo, proposta dalla Commissione istituita presso il Consiglio di Stato, il co. 6 dell’art. 114 era stato modificato con l’inserimento della precisazione che avverso gli atti del commissario ad acta è proponibile, dinanzi al giudice dell’ottemperanza, anche da parte del terzo, reclamo, che è depositato, previa notifica ai controinteressati, nel termine di sessanta giorni. Il rimedio del reclamo al giudice dell’ottemperanza appariva corretto se riferito alle parti del giudizio conclusosi con la sentenza da eseguire, ma lasciava qualche perplessità sull’estensione al terzo. Il testo finale del correttivo ha subito un radicale cambiamento, costituito dalla limitazione della cognizione del giudice dell’ottemperanza in ordine agli atti del commissario ad acta, contestati «tra le parti nei cui confronti si è formato il giudicato» (lo strumento è quello del reclamo da depositare, previa notifica ai controinteressati, entro sessanta giorni). Un atto ritenuto violativo del giudicato emesso dal commissario ad acta non può quindi essere contestato nel più ampio termine di prescrizione dell’actio iudicati (art. 114, co. 1), ma va contestato con reclamo da notificare e depositare entro 60 giorni. Per i terzi è stato, invece, stabilito che le loro contestazioni non sono attratte dalla competenza del giudice dell’ottemperanza, ma vanno introdotte con il rito ordinario, in quanto essi sono estranei al giudicato e non sono soggetti al relativo vincolo. Infatti, la res inter alios acta nei loro confronti neque iuvat neque nocet, sicché, per loro, la stessa sentenza non può che degradare a mero fatto giuridico, sempre rilevante, ma giammai vincolante.
1 In Cons. St., 1978, I, 948.