GLĚB e BORIS, Santi
Principi e primi martiri della Russia, G. e Boris vennero battezzati con i nomi di Davide e Romano nel 1015. Per avere accettato volontariamente il sacrificio della vita essi furono venerati già dalla metà dell'11° secolo.Con le narrazioni della vita di G. e Boris ebbe inizio l'agiografia russa: al 1072 ca. risale un sermone anonimo sulla passio dei due principi, in seguito ampliato da due autori ecclesiastici, mentre tra il 1079 e il 1085 venne scritta la lettura liturgica del monaco Nestore di Kiev. Entrambe le fonti rimandano a un ufficio che dovette essere composto dal metropolita di Kiev, Giovanni I (1018 ca.-1035 ca.) o Giovanni II (1076 ca.-1089). L'inserimento dei santi nei calendari - all'inizio solo in quello locale - garantì la loro invocazione nel corso della messa eucaristica. Accanto a ulteriori letture liturgiche e inni, dalla fine del sec. 11° sono documentate numerose cronache e a partire dal 12° sono conosciuti più di centosessanta manoscritti della vita dei due santi, fra cui alcuni miniati (Mosca, Arch. centrale di Stato, Coll. Sylvester; San Pietroburgo, Accad. delle Scienze, Coll. Lichačev).La narrazione della vita segue i tópoi bizantini: la morte del principe di Kiev s. Vladimiro I, Svjatoslavič (980-1015) portò a una sanguinosa lotta tra i figli per la successione al trono; il pretendente più anziano, Svjatopolk, temendo la rivalità del fratellastro Boris, principe di Rostov, inviò un sicario per ucciderlo; Boris non oppose resistenza e morì, per imitare la passione di Cristo. Per amore del fratello assassinato, al quale voleva essere unito, anche il giovane G., principe di Murom, accettò la morte. La vendetta nei confronti del 'Caino' servì a un altro fratello, Jaroslav I il Saggio, per legittimare le proprie pretese al trono contro il principio di anzianità. Dopo il 1022 Svjatopolk morì atrocemente e il vincitore Jaroslav, salendo al trono di Kiev, promosse il culto della memoria dei due fratelli martiri. Nell'interpretazione agiografica la colpa e il castigo apportarono la benedizione al giovane Stato cristiano. Il vincitore apparve come strumento di Dio e G. e Boris divennero, per l'abnegazione e l'amore fraterno di cui avevano dato prova, intercessori e taumaturghi della nazione. Nel periodo seguente, il loro culto servì all'apparato autorappresentativo del sovrano e dello Stato, sebbene esso fosse penetrato anche a Costantinopoli (patrocinio della chiesa di Pegae), in Boemia (reliquie del monastero di Sázava) e in Serbia (Mileševo).Jaroslav fece subito trasferire i corpi dei martiri nella sua residenza di Vyšgorod, presso Kiev, dove furono esposti in una cappella di legno. In seguito all'istituzione del giorno commemorativo (24 luglio) venne eretta, fra il 1020 e il 1026, una chiesa lignea con cinque cupole a opera del maestro Mironeg. Il 25 maggio 1072 le reliquie furono traslate in una nuova chiesa in legno fondata a Vyšgorod dal gran principe Izjaslav e realizzata da Zdan-Nicola. La nuova deposizione è stata messa in rapporto con la canonizzazione ufficiale, anche perché da quel momento si intensificarono le notizie di miracoli. Nel 1076 i principi Svjatoslav e Vsevolod diedero incarico di erigere, accanto a quella in legno, una chiesa in pietra, la cui cupola tuttavia crollò e solo nel 1115 venne fatta restaurare dal principe Oleg di Černihiv e dal principe Vladimiro Monomaco. Voronin (1957) ritiene che si trattasse di una grande chiesa cupolata con pianta a croce inscritta, allungata da una terza coppia di pilastri e dal nartece (m. 4224), e con una cupola rialzata da uno zoccolo sotto il tamburo. Le reliquie dovettero essere trasferite in questa chiesa memoriale il 2 maggio 1115 dal metropolita Niceforo, con grande sfarzo e con la partecipazione di molti principi, vescovi e abati; Vladimiro Monomaco fece rivestire i sarcofagi dei santi d'oro e d'argento. Il culto si estese quindi a tutta la Russia e ai due martiri fratelli vennero dedicate nel sec. 12° numerose chiese di committenza reale (Černihiv, Kideksa presso Suzdal', Smolensk, Grodno) e monasteri presso Rostov. La popolarità del culto e l'uso delle 'icone locali' portarono al moltiplicarsi delle rappresentazioni figurative. L'arcivescovo Antonio di Novgorod (v.) narra nel Libro del pellegrino (Kniga palomnik), intorno al 1200, di aver visto una grande icona dei martiri addirittura presso l'altare maggiore della chiesa costantinopolitana di Santa Sofia, dalla quale i pittori russi avevano tratto copie.La prima testimonianza iconografica conservatasi è una tavoletta di steatite della metà del sec. 11° con la sola figura di Glĕb. La più usuale rappresentazione con i santi in coppia si trova invece su un'icona novgorodese del sec. 13° (Kiev, Russkogo iskusstva muz.), dove i principi appaiono uno accanto all'altro in posizione frontale: a sinistra è raffigurato il più anziano Boris con baffi neri e barba corta, a destra G. glabro e con i capelli ricciuti ricadenti sulle spalle. Ambedue portano preziose vesti principesche riccamente ornate: ampio mantello, caffettano, cintura, berretto rotondo guarnito di pelliccia e stivali di marocchino. La mano destra è ripiegata sul petto e tiene la croce del martirio, mentre la sinistra, leggermente sollevata, è poggiata sulla spada, che in segno della loro indole pacifica resta chiusa nel fodero. Rappresentazioni simili si trovano sulla coperta con smalti dell'Evangeliario di Mstislav, del 1103-1117 (Venezia, Tesoro di S. Marco), in pitture murali (Novgorod, S. Nicola Taumaturgo sulla Lipna, 1292), insegne, encolpi e amuleti personali, per es. sulle icone di rame portatili dei secc. 12° e 13°; su alcune di esse è presente un secondo tipo iconografico che raffigura i due santi come cavalieri. Entrambi i principi martiri appaiono di profilo, con G. rivolto verso Boris, a cavallo di destrieri che si librano sulle rocce. In un'icona moscovita del 1340 ca. essi galoppano alla volta della consacrazione della loro chiesa di Pegae alle porte di Costantinopoli e vengono accolti da Cristo in cielo (Mosca, Gosudarstvennaja Tretjakovskaja Gal.); i santi cavalieri sono raffigurati tra i rilievi che ornano le facciate delle chiese di Vladimir e Jur'ev Polskij (fine del sec. 12°-inizi 13°). A volte i due martiri appaiono in altri temi iconografici: alla testa di processioni verso la Madre di Dio, per es. nell'immagine parietale della chiesa di Spas-Neredica a Novgorod, del 1189; vicino al gran principe Vladimiro Monomaco ἰσαπόστολοϚ o agli arcangeli come intercessori nella Déesis dell'iconostasi; come immagini marginali, per es. nell'icona del 1294 di S. Nicola Taumaturgo sulla Lipna a Novgorod; infine, come alleati celesti di Novgorod nella lotta contro Suzdal' nelle icone novgorodesi del 15° secolo.
Bibl.: D.V. Ajnalov, Očerski i zametki po istorii drevnerussk. iskusstva. IV. Miniatjury 'Skazanija' o svv. Borise i Glebe Sil'vestrovskogo sbornika [Precisazioni e appunti sulla storia dell'antica arte russa. IV. Miniature 'Skazanija' dei santi Boris e G. della collezione Silvestrovski], Izvestija Imperatorskoj Akademii nauk po otdeleniju russkogo jazyka i slovenosti 15, 1910, 3, pp. 1-128; P. Schweinfurth, Die Geschichte der russischen Malerei im Mittelalter, den Haag 1930, p. 293ss.; N.P. Kondakov, Russkaja Ikona [Icone russe], III, Praha 1931, p. 114ss.; Geschichte der russischen Monumentalkunst, I, Leipzig-Berlin 1932, pp. 47, 51, 70, 86; II, 1933, pp. 72, 104, 131-132; V.I. Lesjucevskij, Vyšgorodskij kul't Borisa i. Gleba v pamjatnikach iskusstva [Il culto di Boris e G. nei monumenti artistici di Vyšgorod], SovArch 8, 1946, pp. 225-247; L. Müller, Studien zur altrussischen Legende der Heiligen Boris und Gleb, Zeitschrift für slavische Philologie 23, 1952, pp. 60-77; 25, 1956, pp. 329-363; 27, 1959, pp. 274-322; 30, 1972, pp. 14-44; N.N. Voronin, Die Baukunst der Kiever Rus, in Geschichte der russischen Kunst, a cura di I.E. Grabar, V. Lazarev, W.S. Kremenow, I, Dresden 1957, p. 93; V. Lazarev, O. Demus, Frühe russische Ikonen, Paris 1958, tav. XVII; Réau, III, 1958, pp. 239-240; E.S. Smirnova, Otraženie literaturnych proizvedenij o Borise i Glebe v drenerusskoj stankovoj živopisi [La letteratura artistica su Boris e G. nella pittura di cavalletto dell'antica Rus], Trudy otdela drevnerusskoj literatury 15, 1958, pp. 312-324; I. Dujčev, Slawische Heilige in der byzantinischen Hagiographie, Südost Forschungen 19, 1960, pp. 71-86; K. Onasch, Ikonen, Berlin 1961, figg. 20, 41-43, 50, 78-79; Neuere Forschungen über das Leben und die kultische Verehrung der Heiligen Boris und Gleb, "Slawische Studien zum V. Internationalen Slawistenkongress, Sofia 1963", Opera Slavica 4, 1963, pp. 295-317; A. Poppe, Chronologia utworów Nestora hagiografia [La cronologia delle opere di Nestore Agiografo], Slavia orientalis 14, 1965, 3, pp. 287-305; id., O roli ikonografičeskich izobraženij v literaturnych proizvedenij o Borise i Glebe [Sul ruolo iconografico delle immagini e della letteratura di Boris e G.], Trudy otdela drevnerusskoj literatury 22, 1966, pp. 24-45; Die altrussischen hagiographischen Erzählungen und liturgischen Dichtungen über die Heiligen Boris und Gleb, München 1967; V.L. Janin, Aktovye pečati Drevnej Rusi X-XV vv [I sigilli dell'antica Rus dal 10° al 15° secolo], Moskva 1970, pp. 12-98; M.C. Aleškovskij, Russkie Gleboborisovskie enkolpiony 1072-1150 gg. [Gli enkolpia russi dei santi G. e Boris dal 1072 al 1150], in Drevnerusskoe Iskusstvo. Chudozestvennjaja kul'tura domongol'skoj Rusi [Antica arte russa. La cultura artistica della Rus premongolica], Moskva 1972, pp. 104-125; A. Poppe, O vremeni zaroždenija kul'ta Borisa i Gleba [Le origini del culto di Boris e G.], Russia Mediaevalis 1, 1973, pp. 6-29; G. Podskalsky, Christentum und theologische Literatur in der Kiever Rus' (988-1237), München 1982, pp. 107-116, 232-235, 305.H. Faensen