GLAUCO (Γλαῦκος ὁ Πόντιος)
1°. - Divinità marina il cui culto, probabilmente originario di Anthedon, piccolo porto sulle coste della Beozia, ebbe grande diffusione nel mondo greco, dalle coste dell'Asia a quelle della penisola italica.
La leggenda di Anthedon, che è la più popolare, fa di lui un pescatore, figlio dell'eroe eponimo e di Alkyone (secondo altre genealogie suoi genitori sarebbero invece Polybos ed Euboia o Posidone e una naiade), che divenne una divinità marina per aver gustato un'erba a contatto della quale aveva notato che i pesci buttati sulla spiaggia tornavano in vita. Spinto da un richiamo irresistibile a tuffarsi in mare, fu purificato da ogni scoria mortale da Oceano e Teti e divenne δαίμων πρόπολος di Posidone e Anfitrite e compagno delle Nereidi. Secondo altre versioni si sarebbe invece buttato in mare disperato di non aver ottenuto con l'immortalità anche l'eterna giovinezza, o per dispetto di non aver potuto provare ai concittadini increduli la propria immortalità ottenuta con un bagno in una sorgente miracolosa, o infine per amore di Melikertes. Come la maggior parte delle divinità marine aveva il dono della profezia. Marinai e pescatori ebbero in lui una divinità alla buona, che dava responsi senza farsi pregare, che si poteva perfino chiamare fuori dalle onde. "Il Vecchio" lo chiamavano, e quando scampavano dalla tempesta gli offrivano una ciocca di capelli. Si diceva che una volta all'anno visitasse di notte tutti i mari, le isole e le coste, lamentandosi di non poter morire e profetando sciagure. Gli si attribuivano molte vicende amorose, per lo più infelici. Amò d'amore incorrisposto Scilla che, su richiesta dell'amante respinto, fu da Circe trasformata in mostro marino. Infelice fu anche la sua passione per Arianna, abbandonata da Teseo a Nasso: Dioniso gliela rapì, dopo averlo legato con tralci di vite. È messo inoltre in relazione con la ninfa Sime, con Ino, Palemone e soprattutto con Melikertes. Secondo alcune fonti G. sarebbe stato il costruttore e il pilota della nave Argo e avrebbe combattuto insieme con gli Argonauti contro i Tirreni.
Nella tradizione iconografica G. non ha una figura ben definita. Filostrato (Imag., II, 15) descrive un dipinto di una Pinacoteca di Napoli in cui G. era raffigurato accanto alla nave Argo, circondato da alcioni, con folti capelli fluenti sulle spalle, il petto coperto di alghe e di fucus e la coda di pesce. Tuttavia, poiché la coda di pesce è un attributo comune ad altri esseri marini, come Proteo e i Tritoni, è difficile riconoscere con sicurezza G. quando manchino altri elementi di identificazione. Una sicura rappresentazione di G. si ha solo sul grande mosaico a soggetto marino di St. Rustice, dove egli è raffigurato come un centauro marino insieme con Ino e Palemone. Abbastanza sicura è la sua identificazione su gemme e monete che mostrano una figura virile barbuta con la coda di delfino, armata di scudo, elmo e spada, con cui si alluderebbe alla partecipazione di G. all'impresa degli Argonauti. Per altre raffigurazioni l'attribuzione a G. rimane invece soltanto possibile. Così è per due pitture murali in cui si suole vedere G. e Scilla; per l'erma colossale del Vaticano, che rappresenta un dio marino dall'espressione triste, con capelli fluenti cinti da una corona di tralci da cui pendono grappoli d'uva, con una folta barba in mezzo alla quale sono intrecciate teste di delfini, il volto e il petto coperti di alghe; per le monete di Itanus (Creta) e per alcune gemme.
Monumenti considerati. - Mosaico di St. Rustice: S. Reinach, Rép. Peint., p. 38, i. Gemme e monete con G. armato: Mon. Inst., iii, tav. lii, 21, 12. Pitture murali: Mon. Inst., iii, tav. lii, 6; S. Reinach, Rép. Peint., p. 213, 3 (qualcuno la ritiene un falso: Weicker, in Pauly-Wissowa, vii, col. 1408 s., n. 8); P. Gusman, La Villa Imperiale de Tibur, Parigi 1904, p. 218, fig. 314; S. Reinach, Rép. Peint., p. 213, i. Erma del Vaticano: A. Baumeister, Denkmäler des klassischen Altertums, Monaco - Lipsia 1885-88, ii, p. 913; G. Lippold, The Skulpturen des Vatikanischen Museums, iii, Berlino - Lipsia 1936, tav. 39, pp. 130 ss.
Monete di Itanus: British Museum, Cat. Greek Coins, Crete, pp. 51 ss., tavv. xli, 6-8; xiii, 1-4. Gemme: Mon. Inst., iii, tav. lii, 13, 18, 19, 20; A. Furtwangler, Gemmen, tav. xxxv, 16; British Museum, Cat. Engraved Gems, n. 1208, 1209, tav. xv; Roscher, i, col. 1683, 2.
Bibl.: R. Gaedechens, in Roscher, I, col. 1678 ss.; Weicker, in Pauly-Wissowa, VII, 1912, col. 1408 s., s. v., n. 8; J. H. Hild, in Dict. Ant., II, pp. 1611 ss.; G. Schwab, Gods and Heroes, New York 1946, p. 95; M. H. Nilsson, Gesch. d. Griech. Religion, 2a ed., I, Monaco 1955, p. 240.