Vedi GLANUM dell'anno: 1960 - 1994
GLANUM (v. vol. III, p. 947)
L'ampiezza delle scoperte e la ricchezza dei resti e del materiale riportati alla luce nel corso di un lungo periodo di scavi hanno reso necessaria una pausa nella ricerca archeologica, per approfondire la natura e le fasi di questo sito di eccezionale significato. Eccezion fatta per alcuni sondaggi, operazioni programmate di scavo sono riprese solo nel 1984.
H. Rolland distingueva tre fasi, alle quali attribuiva i differenti stadi costruttivi: G. I, fine III e II sec. a.C.; G. II, prima metà del I sec. a.C. (queste due epoche erano definite gallo-greche; tuttavia nella seconda prende avvio la generale romanizzazione delle istituzioni e dell'architettura); G. III, dalla seconda metà del I sec. a.C. (caduta di Marsiglia) fino al III d.C. e all'abbandono del sito. Pur non avendo fondamentalmente rimesso in discussione questo sistema cronologico, le ricerche condotte negli ultimi anni hanno permesso di definire importanti suddivisioni all'interno di ogni periodo; inoltre, la datazione di numerosi monumenti è stata radicalmente modificata. Già H. Rolland, osservando i reimpieghi nell'ambito di diversi edifici attribuiti al I periodo, aveva conseguentemente distinto al suo interno due fasi. Alla più antica attribuì il santuario indigeno e la corte trapezoidale, ipotizzando la loro distruzione nel corso delle incursioni romane nel 125-124 a.C., e giunse a definire una seconda fase all'interno di G. I, situandola tra il 125 e il 102 (saccheggi in occasione delle invasioni teutoniche): a tale epoca egli attribuiva l'edificazione del bouleutèrion e del «tempio a duplice cella». Queste ipotesi hanno trovato una maggiore determinazione con la scoperta di una fase anteriore a quella della corte trapezoidale; inoltre, dallo studio del tempio a scalinate laterali, situato a N, è stato possibile comprendere meglio l'organizzazione globale del centro monumentale durante i periodi la e Ib. La vera e propria «corte trapezoidale», identificata da A. Roth-Congès con un pritaneo, fu impiantata non prima del periodo le (fine II sec. a.C.). Il periodo G. II coincide con la quasi completa distruzione della suddetta corte e con lo sviluppo, verso N, di un quartiere residenziale costituito da case il cui impianto sembra rispondere a un piano regolatore.
Si delinea così, dal punto di vista della cronologia relativa, una successione più complessa. L'idea di una «città ellenistica» caratterizzata, per un periodo molto lungo della sua esistenza, da un’agorà trapezoidale e da un bouleutèrion, come una piccola Priene d'Occidente, non resiste al nuovo esame delle vestigia che, prendendo nella giusta considerazione alcune strutture trascurate nelle precedenti sintesi (oppure messe da parte in quanto dovute a superfetazioni), postula fasi più numerose e un'organizzazione più frammentaria degli spazi pubblici. Non si è certi, p.es., che l’agorà e il bouleutèrion siano mai coesistiti. Anche se l'esatta provenienza della serie di «capitelli con teste» resta incerta, la loro dispersione sul terreno, i loro differenti moduli e il loro parziale reimpiego nelle fondazioni della sala di udienza escludono soluzioni unitarie e schematiche.
Un'altra acquisizione dei recenti lavori riguarda le modalità e la cronologia dell'impianto delle prime strutture d'epoca romana. Per quanto concerne i «Templi Gemelli», sembra che si possano postulare tre fasi: il tempio minore sarebbe stato costruito per primo, alla fine degli anni 30 a. C.; successivamente sarebbe stato edificato sul suo fianco il tempio maggiore, in occasione di uno dei viaggi di Agrippa, sicuramente nel 27 a.C.: circa quindici anni più tardi, un peribolo avrebbe inglobato i due edifici. Questa nuova cronologia permette di datare le prime caratteristiche fondamentali del «corinzio» occidentale, che presenta aspetti peculiari nell'apprendimento e nel trattamento dei motivi; essa conferisce inoltre una nuova dimensione a questo complesso religioso, senza dubbio impiantato su un sito già parzialmente occupato e progressivamente convertito ai culti dinastici.
D'altra parte, l'analisi dei saggi stratigrafici effettuati nell'area del foro ha messo in luce due differenti fasi nell'organizzazione del suolo pubblico: alla fine degli anni 30 a.C. si assiste alla realizzazione di un primo foro munito di porticati laterali e di un edificio settentrionale a due navate, mentre l'abitato ellenistico si conserva ancora parzialmente a N; qualche decennio più tardi, un secondo più vasto foro viene impiantato su quello precedente, quasi allo stesso livello; esso verrà presto arricchito di una basilica civile, edificata nel sito della porticus duplex. Contrariamente a un'opinione radicata da lungo tempo, questa basilica possedeva un colonnato e una scalinata frontale, nonché un deambulatorio periferico che racchiudeva uno spatium medium. Da tali osservazioni emerge che l'urbanistica imperiale in ambiente provinciale non è la semplice ripresa di un modello indicato dai responsabili politici: a G., così come in molti altri siti occidentali degli inizi dell'epoca imperiale, l'organizzazione di quello che è definito con il termine, a volte abusato, di «blocco del foro» attraversa fasi intermedie più o meno lunghe.
Fino a data recente, il mausoleo e l'arco (definiti tradizionalmente «Les Antiques»), situati ai limiti dell'area urbana, costituivano agli occhi degli specialisti un insieme non dissociabile, sia per cronologia che per finalità. Gli studi di questi ultimi anni hanno consentito di stabilire che il Mausoleo, in realtà un cenotafio a forma di heròon, era stato dedicato dagli Iulii al loro padre e al loro nonno: quest'ultimo, rappresentato come il fondatore della gens, dovette ricevere la civitas honoris et virtutis causa in occasione di una campagna cesariana, probabilmente il conflitto contro Farnace nel 47 a.C. L'interpretazione dei rilievi istoriati dello zoccolo assume in tale prospettiva un significato più coerente. Di fronte alla crescente massa di cittadini, che divenivano tali grazie al conferimento dello ius Latii, i rappresentanti di questa famiglia avvertirono l'esigenza di rivendicare, alla terza generazione, una «nobiltà» fondata sull'eroismo individuale. Per quanto concerne l'arco, esso non è, come è stato spesso ripetuto, il «più antico edificio di questo genere della Gallia Narbonense». Databile su basi stilistiche agli anni 10-20 d.C. - dunque contemporaneo di quello di Orange - esso appartiene a una classe di monumenti che contribuiscono a reintrodurre un determinato clima ideologico nell'ambito delle comunità occidentali, nel difficile periodo che vede Tiberio succedere ad Augusto; su uno dei rilievi del lato O un «gallo-romano» manifesta, sia nel costume che negli atteggiamenti, una parziale acculturazione rispetto ai guerrieri celtici tradizionali, uomini di un passato che si vuole considerare remoto, quello dei bella et regna.
A partire dal 1984, la ripresa degli scavi al di sotto dei livelli del foro romano ha rivelato la presenza di un pozzo monumentale con dròmos; databile al II sec. a.C., quindi ancora a una delle fasi di G. I, sembra aver intrattenuto rapporti sia liturgici che funzionali da una parte con il tempio situato a Ν e, dall'altra, con la «corte trapezoidale» ritenuta, come si è già detto, un pritaneo. Distrutto alla fine del II o agli inizi del I sec. a.C., questo pozzo è stato frettolosamente ricostruito con pietre di forma irregolare e con blocchi di reimpiego. Il suo scavo ha già consentito il recupero di un cospicuo numero di frammenti di statue e di elementi architettonici che vi furono gettati quando il sito fu abbandonato: tali pezzi contribuiranno a colmare le numerose lacune che gravano sulla restituzione dei numerosi edifici appartenenti al foro o al suo immediato circondario.
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