GĪZAH
ZAH Non lontana dall'odierno Cairo, è una delle necropoli della antica Memfi. La località è stata scelta dai faraoni della IV dinastia, che vi costruirono le loro piramidi, i loro templi funerari, le tombe dei membri della loro famiglia e dei loro più autorevoli funzionarî. Se anche nel periodo seguente si continuò a lavorare nella zona, e fino all'epoca saita vi si erigono monumenti, il complesso più significativo delle costruzioni è quello più antico. Kheops, il primo sovrano che abbia prescelto la località, vi ha costruito quella che oggi è detta la "Grande Piramide" (v. piramide): quella in cui le possibilità formali del nuovo tipo di tomba - già sfruttate dal suo predecessore Snofru - sono sviluppate al massimo. L'edificio è stato subito concepito nella sua forma definitiva, anche se nel corso dei lavori vi sono state probabilmente modifiche nei particolari strutturali. La prodigiosa precisione tecnica, che riduce a frazioni insignificanti gli errori di costruzione, è come una garanzia di una concezione che non lascia posto in nulla all'arbitrio di una improvvisazione. L'impiego, per la prima volta in Egitto in modo regolare, di blocchi di pietra di proporzioni colossali (di un peso medio di 2,50 t., con un massimo di 15 t.) coscientemente dà alla grandiosità del complesso i sottomultipli adeguati. Ma la più evidente ed importante caratteristica è la mole della prima piramide, quella di Kheops (altezza originaria m 146, attuale m 137) che ha determinato quella delle altre due, di Khephren e di Mykerinos (rispettivamente m 136,50 e m 6o, ma su un'altura naturale): mole che completa il valore architettonico del monumento, il quale proprio per essa si inserisce come un elemento attivo nel paesaggio del pianoro desertico e vi campisce senza esserne annullato. D'altronde è questa la condizione perché possa aver pienamente senso la concezione di massa geometrica, che oppone lo spazio concluso dell'opera architettonica allo spazio illimitato ed inorganico che la circonda. Con le piramidi sono connesse le altre costruzioni di G.: innanzi tutto i templi funerari, fra i quali il più antico (quello di Kheops) è conservato solo in pochi elementi; quello di Khephren è il più interessante. Scoperto nel 1852, ebbe il nome di "Tempio della Sfinge", e consta di un corpo quadrangolare tagliato nella roccia e rivestito di lastre di granito, entro il quale è situato un vestibolo ed una sala a T, il cui tetto era sostenuto da pilastri di granito rosa a sezione quadrata. La pianta è evidentemente poco legata all'aspetto esterno del monumento; ed è questo, con la sua regolarità cubica, quello che più ha interessato l'architetto. Anche nell'interno, questi si è concesso solo il piacere decorativo del colore con l'impiego di materiali preziosi (il granito rosa delle pareti e dei pilastri, l'alabastro orientale del pavimento): per il resto sono tutte forme geometricamente perfette, senza rilievi, senza iscrizioni. È questo uno dei più tipicî esempî della mentalità architettonica del regno memfita, e dei più belli. Probabilmente connesso con questo tempio, quasi suo gigantesco guardiano, è la statua colossale della Sfinge. Tagliata in una collinetta rocciosa, misura circa 57 m di lunghezza e 20 di altezza, ed è stata più di una volta restaurata già nell'antichità. Anche in questo caso si ha, nella inusitata mole del monumento, accanto a una indubbia ricerca dello spettacoloso, un interesse a farne valere la massa come elemento organico e comprensibile in contrapposto alla natura circostante. Attorno alle piramidi si stendono necropoli di mastabe, in parte esplorate. Esse sono concepite in relazione con i complessi funerarî dei singoli sovrani, e divise in veri e propri quartieri separati. La distribuzione di questi edifici minori secondo un piano definito, a strade parallele e perpendicolari le une alle altre, è un esperimento urbanistico assai significativo, e che, se non ci garantisce nulla circa la pianta delle città contemporanee, ci testimonia invece con sicurezza quali fossero gli ideali degli architetti del tempo.
Bibl.: G. A. Reisner, Mycerinus, Cambridge, Mass. 1931; H. Junker, G., 11 voll., Vienna dal 1932; G. A. Reisner, A History of the Giza Necropolis, Cambridge, Mass. 1942.