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Lipsio, Giusto

di Domenico Taranto - Enciclopedia machiavelliana (2014)
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Lipsio, Giusto

Domenico Taranto

Nome italianizzato del filologo e filosofo politico fiammingo Joost Lips (Justus Lipsius nella forma latinizzata), nato a Overijse il 18 ottobre 1547 e morto a Lovanio il 23 marzo 1606, che incontrò il pensiero di M. nei Politicorum sive civilis doctrinae libri sex. Qui ad principatum maxime spectant (1589). Volendo istruire i regnanti nell’arte del governo presenta la sua opera come una raccolta di massime desunte dagli antichi, in particolare dagli storici, cioè a fonte ipsa prudentia civilis («dalla fonte stessa della scienza di governo», La Politica, a cura di T. Provvidera, t. 1, 2012, p. 22).

Ritenendosi un semplice compilatore di massime altrui, molte desunte da Tacito, L. si assegna il merito di averle esposte in forma sistematica. Ne risulta un trattato di scienza politica che, partendo dalla vita civile e dal dominio, arriva alla prudenza civile e militare, per concludersi con la condanna della guerra civile. Se una tale impresa di pedagogia politica può essere giustificata, nonostante sia già stata tentata da Senofonte, questo accade perché l’autore della Ciropedia non l’ha portata a termine in modo esauriente e perché la difformità dei tempi non permette una semplice riproposizione dei suoi consigli. Ci sarebbero certo gli scrittori che hanno trattato il medesimo argomento di recente, ma quelli, scrive L., non lo scoraggeranno né lo distoglieranno dall’impresa, a causa della loro ignoranza. A questo punto, unica eccezione rispetto a una generale disistima nei confronti dei contemporanei, compare un giudizio assai lusinghiero nei confronti di M.: Nisi quod unius tamen Machiavelli ingenium non contemno, acre subtile igneum («Fatto salvo, tuttavia, il solo Machiavelli il cui ingegno, acuto, sottile, vivo, tengo in non poco conto», La Politica, cit., t. 1, p. 20). Tale giudizio è subito ridimensionato però dalla constatazione che questi non ha condotto il suo principe al tempio della virtù e dell’onore, allontanandosi dalla via regia dum commodi illas semitas intente sequitur («prese intenzionalmente la scorciatoia dell’utile immediato»). Il rapporto con M. è dunque ispirato a un’accettazione critica. L’apprezzamento per gli aspetti politicamente utilizzabili del suo pensiero, quelli non coinvolti nella ridefinizione del rapporto tra etica e politica, è accompagnato dalla presa di distanza per quelli meno facilmente integrabili nella cultura della Controriforma, come lo svincolamento della prudenza dalla sua matrice fronetica, o il disprezzo per la lealtà. L’elogio di questa, anzi, intesa come gloria del principe, spinge L. all’invito di mettere spreti ab Etruria doctores novi («al bando i nuovi dottori toscani», La Politica, cit., t. 1, p. 189). Tali dottori, che avvelenano le orecchie dei principi persuadendoli a disprezzare omnia recta et honesta dummodo potentiam consequantur («ogni cosa giusta e onesta, pur di conseguire il potere», p. 191), sembrano ispirarsi a M. e al cap. xviii del Principe. Nelle note al libro III dei Politicorum, l’attribuzione a M. di una cattiva acutezza d’ingegno trova il suo punto più alto: Machiavellum vide. Quid eo acutius? At parum bonum aut felix ille Caesari Borgiae Consiliarius, quidquid excuset se et fatum accuset («Pensa a Machiavelli. Chi è più acuto di lui? Ma poco buono o fecondo quel consigliere di Cesare Borgia ogni qualvolta scusa se stesso e accusa il fato», Ad libros politicorum notae, in Opera omnia, 4° vol., t. 1, 1675, ed. a cura di T. Provvidera, 2003, p. 240). Il tentativo di ricongiunzione tra virtù e politica che L. costantemente opera si accompagna a stoccate polemiche nei confronti di M. cui sembra riferirsi il «preferisci essere retto, più che sembrarlo» (La Politica, cit., t. 1, p. 107), o l’insistenza sui modi legittimi di accesso al principato (elezione, successione) ricordati come il vero ingresso della via regia, contro i molti che calcare eam volunt pede non recto («vogliono percorrerla con modi illeciti», La Politica, cit., t. 1, p. 143). Tale ricongiunzione non è però da L. invocata anche a dispetto di una realtà dominata dalla machiavelliana «tristizia» e dalla consapevolezza di vivere non nella repubblica di Platone, ma nella «feccia di Romolo» (La Politica, a cura di T. Provvidera, t. 2, 2012, p. 445), ed ecco allora L. accedere all’idea di una prudenza mista, capace di mescolare l’utile con l’onesto (La Politica, cit., t. 2, p. 449), bilanciata però dal disprezzo nei confronti di coloro che ritengono omnia retinendae dominationis honesta («unico segno di onestà ciò che serve alla conservazione del potere», p. 449). Aperta l’azione politica virtuosa al connubio con qualche piccola goccia «fraudis», L., ricordata la necessità di usare la volpe e il leone, invoca come giudice delle azioni politiche chi non sia ignaro delle cose che accadono nel mondo, aspettandosi da lui sia che insegni come l’italiano M. nec [...] tam districte damnandum («non sia da condannare in modo così categorico», La Politica, cit., t. 2, p. 453), sia come possa esserci una honestam atque laudabilem calliditatem («una certa virtuosa e lodevole astuzia»). Rispetto a questi, in cui il confronto critico con M. è più esplicito, numerosi altri luoghi dei Politicorum mostrano consonanze che danno conto del giudizio positivo espresso all’inizio. Si ricordi in proposito il rapporto tra principe e consiglieri di III viii (Principe xxiii), il rifiuto della neutralità di IV ix (Principe xxi), il consiglio di non comminare personalmente le pene di IV xi (Principe xix), quello di fuggire i vizi e la loro fama di IV xi (Principe xv e xix), l’invito a usare moderatamente della liberalità di IV viii (Principe xvi) e un gruppo di passaggi relativi alla milizia che hanno il loro riscontro con l’Arte della guerra. Che anche questi accostamenti non siano però esenti da critiche, lo proverà, nel De militia romana V xiv, la rimarcata distanza da M. riguardo al mestiere delle armi: Et miror acutum illum doctorem ab Etruria noluisse artem esse militiam («e mi meraviglio del fatto che quell’acuto dottore toscano non abbia voluto che la milizia fosse un’arte», Opera omnia, 3° vol., t. 1, 1675, ed. a cura di T. Provvidera, 2003, p. 339).

Bibliografia: Opera omnia, Vesaliae 1675, rist. anast. Hildesheim 2003, 4 voll. in 8 tt.; La Politica, a cura di T. Provvidera, in Opere politiche, 1° vol., 2 tt., Torino 2012.

Per gli studi critici si vedano: G. Toffanin, Machiavelli e il tacitismo, Padova 1921; R. Bireley, The counter-reformation prince. Anti-Machiavellianism or catholic statecraft in early modern europe, Chapel Hill-London 1990; M. van Gelderen, The Machiavellian moment and the Dutch revolt: the rise of Dutch republicanism, in Machiavelli and republicanism, ed. G. Bock, Q. Skinner, M. Viroli, Cambridge 1990, pp. 206-23; C. Brooke, Philosophic pride: stoicism and political thought from Lipsius to Rousseau, Princeton 2012.

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