giustizia ambientale
giustìzia ambientale locuz. sost. f. – Principio al quale si ispirano movimenti ambientalisti e gruppi organizzati per la difesa dei diritti civili che riconoscono l’ambiente come elemento di equità e giustizia sociale. Il concetto di g. a. si afferma negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta del 20° sec. quando una vasta e variegata galassia di movimenti e gruppi portano all’attenzione dell’opinione pubblica e del mondo politico come l’esposizione a rischi e danni ambientali (soprattutto inquinamento e degrado delle risorse) riguardi in misura sistematicamente maggiore comunità povere o vittime di discriminazione e minoranze etniche. A dare il via alla questione della g. a. nel 1982 sono le proteste di abitanti e militanti (per la maggior parte poveri e neri) della Warren county (North Carolina) contro il progetto di discarica di rifiuti tossici sul loro territorio. Da quel momento si susseguono ricerche e studi che denunciano come di fatto la localizzazione, la distribuzione e la concentrazione spaziale di impianti e attività ad alto rischio ambientale (discariche di rifiuti tossici, industrie fortemente inquinanti ecc.) seguano criteri ispirati a razzismo, disuguaglianza sociale, ingiustizia socioeconomica. Il sociologo americano Robert Bullard, noto come il padre della g. a., è il primo a dimostrare come la distribuzione dei rischi e dei danni ambientali si basi sull’individuazione di contesti territoriali particolarmente deboli dal punto di vista sociale, economico, politico come quelli abitati da comunità povere, da afroamericani, ispanici, nativi americani che proprio in ragione della loro debolezza sono meno propensi a opporsi o più propensi a cedere al 'ricatto' ambientale: degrado ambientale in cambio di posti di lavoro. A partire dal primo decennio del 21° sec., la nozione di g. a. comincia ad affermarsi a livello globale e a rappresentare un tema importante di dibattito pubblico ispirandosi anche alle problematiche sollevate già dagli anni Settanta del 20° sec. dalla political ecology anglosassone, e in generale alla questione ambientale nei paesi in via di sviluppo (PVS). La g. a. entra nel campo di interesse di organizzazioni e agenzie internazionali, nelle attività di denuncia e di intervento di organizzazioni non governative (ONG) che operano in particolare in Africa e nel sud-est asiatico, nelle agende politiche nazionali in partic. di paesi dell’America Latina. Il Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile del 2002 (organizzato dall’ONU a Johannesburg, in Sudafrica), riprendendo il tema del nesso tra ambiente, condizioni socioeconomiche e giustizia sociale emerso già nel Summit del 1992 a Rio de Janeiro, pone al centro del dibattito sullo sviluppo la questione della giustizia sociale: viene reso esplicito come nel mondo l’inquinamento e il degrado delle risorse naturali interessino soprattutto le popolazioni più deboli e vulnerabili. Alla connotazione di difesa dall’ingiustizia sociale rappresentata dall’ineguale esposizione a rischi e danni ambientali, con gravi ripercussioni sulla salute delle popolazioni esposte, si aggiunge la connotazione di difesa dal depauperamento e prelevamento di risorse appartenenti a comunità insediate. Il principio di g. a. si traduce, in questa accezione, in azioni e interventi in favore del riconoscimento alle comunità insediate del diritto di esercitare il controllo sulle risorse in termini di accesso e distribuzione, di ripartizione dei proventi e dei costi derivanti dallo sfruttamento, di compensazione per i danni e svantaggi ambientali derivanti dallo sfruttamento e di riallocazione dei vantaggi. Riprendendo temi e riflessioni dell’economia ecologica di cui Joan Martinez-Alier traccia per primo la storia, le idee di debito ambientale (o responsabilità ambientale), di scambio ecologico diseguale si diffondono a livello globale e, soprattutto a partire dalle azioni di movimenti e gruppi (di contadini, di indigeni) in America Latina, si afferma il cosiddetto ecologismo popolare (o dei poveri).