Giustino
Scrittore cristiano (n. Flavia Neapolis, od. Nablus - m. Roma 165 ca.), martire e santo. Dedicatosi allo studio della filosofia, aderì al platonismo, poi si convertì al cristianesimo. Insegnò in varie città, maestro itinerante di filosofia; arrivò a Roma sotto il regno di Antonino Pio (138-61) e qui fondò una scuola: ebbe come discepolo Taziano (il futuro apologeta) e trovò un duro avversario nel filosofo cinico Crescente; fu martirizzato mentre era prefetto della città Q. Giunio Rustico (163-67). È il maggiore apologista cristiano greco del secondo secolo. Numerosi scritti che vanno sotto il suo nome (Oratio ad Graecos, Cohortatio ad Graecos, De monarchia) sono spuri; è perduto uno scritto (Σύνταγμα) contro tutte le eresie. Restano, autentiche: l’Apologia prima, indirizzata ad Antonino Pio e ai figli, redatta in Roma intorno al 153, protesta contro le persecuzioni non giustificate da alcun misfatto che potesse fondamentalmente rimproverarsi ai cristiani, ed esposizione delle credenze e della vita di questi (termina con il discusso e celebre editto di Traiano a Minicio Fundano); l’Apologia seconda, molto più breve, altra protesta contro il prefetto Q. Lollio Urbico, da molti ritenuta semplice appendice della precedente; e il Dialogo con l’ebreo Trifone (identificato da diversi interpreti con Rabbi Tarphon), che si presenta come avvenuto poco dopo l’insurrezione degli Ebrei contro Adriano e citato nell’Apologia prima: composto dunque intorno al 135. G. inaugura così la serie degli scritti polemici contro il giudaismo; narra anche la sua conversione. Scrittore mediocre, G. fu indotto dalla sua formazione filosofica a tentare di sistemare e giustificare in maniera razionale, filosofica e teologica, la fede cristiana. Egli sviluppa pertanto la dottrina del Logos (ragione-verbo): esso è come «disseminato» (λόγος σπερματικός, termine d’origine stoica) in tutti gli uomini, cui permette di conoscere la verità, come accadde ad alcuni filosofi antichi, i quali del resto, specie Platone, dipenderebbero dalla Bibbia: dottrina comune all’apologetica del giudaismo, ma da G. sviluppata in modo da collocare questa specie di rivelazione fatta ad alcuni grandi pensatori greci (come Eraclito e Socrate) accanto alla Rivelazione biblica. Ma il Logos disseminato negli uomini è imperfetto e limitato: è un mero riflesso della ragione divina, il Verbo che s’è incarnato e rivelato in Gesù Cristo. Questo Logos fu strumento e mezzo per la creazione del mondo; esso è, accanto a Dio Padre, di cui G. vuole salvare la trascendenza, il Figlio: ma G., anche per l’imperfezione del linguaggio teologico del suo tempo, è alquanto subordinazionista; così come rimane millenarista.