GIUSTINO di Gherardino da Forlì
Non è nota la data di nascita di questo miniaturista attivo nella seconda metà del XIV secolo. Pur essendo il padre sicuramente di Forlì, G. nacque forse in Veneto; di lui si conosce un'unica opera certa, firmata e datata 1365: l'Antifonario della chiesa di S. Maria della Carità di Venezia (Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Cod. Lat., cl. II. 119 [= 2426]).
Firmato alla carta seconda, è caratterizzato, nelle vivaci scene miniate, da un accento corsivo e da un vigoroso stile popolaresco, stilemi che collocano l'autore sulla linea della tradizione miniaturistica veneziano-padovana della prima metà del XIV secolo (Testi, p. 520; Levi D'Ancona, p. 38). Secondo Pallucchini (1964, p. 218) questa ricerca di spigliata naturalezza è ascrivibile all'origine emiliana di G., il quale rivela una notevole capacità di rendere i movimenti delle figure, caratteristica che lo avvicina alla coeva miniatura bolognese, arricchita però da un gusto per il colore tipicamente veneziano. Talvolta queste peculiarità sono state interpretate come un "fare slegato piuttosto che rapido" (Toesca, p. 841). G. cerca di rendere con immediatezza la realtà - si veda, per esempio, la scena dell'Annunciazione - allontanandosi progressivamente dalla tradizione bizantina, che, tuttavia, riaffiora in alcune scene fortemente ieratiche, come nella Morte della Vergine (Testi, p. 520).
Intorno a questo manoscritto è stato ricostruito, sulla base di stringenti rapporti stilistici, il corpus delle opere dell'artista, operoso per circa quarant'anni a Venezia e forse anche a Padova.
Levi D'Ancona (pp. 34 s.) ha riunito una serie di manoscritti, di ambito veneziano, contenenti miniature accomunate da uno stile indubbiamente vicino a quello di Giustino. Inoltre, sono state attribuite a G., seppure in via dubitativa, alcune miniature di fogli erratici sempre di ambito veneziano (di cui dieci sono conservati a Venezia presso la Fondazione Giorgio Cini: Katzenstein, p. 153).
Molto interessante dal punto di vista iconografico è il manoscritto (Venezia, Civico Museo Correr, Cod. Cicogna, I.383) contenente le leggende degli Apostoli Pietro e Paolo e di S. Albano e la storia dell'arrivo a Venezia nel 1177 del papa Alessandro III e dell'imperatore Federico Barbarossa.
Secondo Levi D'Ancona (pp. 36 s.) la storia fu miniata da G. verso il 1370, copiando le scene dipinte, con lo stesso soggetto, da Guariento, nel palazzo ducale di Venezia tra il 1365 e il 1370. Il manoscritto si baserebbe dunque su questi affreschi sia per l'iconografia complessiva delle immagini, pur non raffigurando tutte le scene che dovevano essere state affrescate nel palazzo, sia per lo stile, anche se spesso il modo di Guariento viene trasfigurato in senso quasi caricaturale. G. avrebbe aggiornato il suo stile sulle novità portate dal pittore a Venezia; e il manoscritto sarebbe un'importante testimonianza dell'influenza dell'artista padovano nella città lagunare intorno al 1370.
Un altro manoscritto miniato contenente la Historia destructionis Troiae di Guido Delle Colonne (Ginevra-Cologny, Bibliotheca Bodmeriana) è stato attribuito a G. da Buchthal sulla base di stringenti rapporti stilistici con altri manoscritti a lui assegnati, in particolare con quello Correr.
Le numerosissime scene miniate, non meno di 187, presentano lo stesso stile popolaresco e corsivo che diluisce la carica eroica del soggetto, come nelle altre opere di Giustino. Questo manoscritto è stato variamente datato: verso il 1370, mettendolo in relazione con quello del Correr, e quindi eseguito a Venezia (Buchtal, p. 28); oppure verso il 1384, perché le scene miniate mostrerebbero la conoscenza degli affreschi eseguiti da Altichiero da Zevio nell'oratorio di S. Giorgio a Padova (Simon), in particolare delle scene dipinte nel registro più basso che furono terminate in quell'anno. Simon ritiene probabile che il manoscritto fosse stato miniato nella stessa città di Padova, trovando talvolta in queste miniature anche un riflesso degli affreschi eseguiti da Giotto nella cappella degli Scrovegni. In definitiva, G. manifesta uno stile inconfondibile, caratterizzato da ductus corsivo e da un vigoroso accento popolaresco, nel quale la reiterazione delle modalità rappresentative di alcuni particolari diviene vera e propria cifra stilistica (Levi D'Ancona, pp. 34 s.).
La data di morte di G. non è nota.
Fonti e Bibl.: L. Testi, La storia della pittura veneziana, I, Bergamo 1909, pp. 300, 505 s., 520; P. D'Ancona, La miniature italienne du Xe au XVIe siècle, Paris-Bruxelles 1925, p. 26; M. Salmi, La miniatura, in Tesori delle biblioteche d'Italia: Emilia e Romagna, a cura di D. Fava, Milano 1932, p. 315; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, II, Il Trecento, Torino 1951, pp. 841 s.; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Trecento, Bologna 1955, p. 164; M. Salmi, La miniatura italiana, Milano 1955, p. 26; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Trecento, Venezia-Roma 1964, pp. 92, 218 s.; M. Levi D'Ancona, G. del fu G. da F. e gli affreschi perduti del Guariento nel palazzo ducale di Venezia, in Arte veneta, XXI (1967), pp. 34-44; H. Buchthal, Historia Troiana. Studies in the history of Medieval secular illustration, London 1971, passim; B. Degenhardt - A. Schmitt, Marino Sanudo und Paolino Veneto…, in Römisches Jahrbuch für Künstgeschichte, XIV (1973), p. 54; Miniature dell'Italia settentrionale nella Fondazione Giorgio Cini, a cura di G. Mariani Canova, Vicenza 1978, pp. 24-27; B. Degenhardt - A. Schmitt, Corpus der italienischen Zeichnungen. 1300-1450, II, Venedig, 1, Berlin 1980, pp. 31, 67; R.A. Katzenstein, Three liturgical manuscripts from S. Marco: art and patronage in Mid-Trecento Venice, tesi di dottorato, Harvard University 1987, Ann Arbor, MI, 1989, pp. 31, 37, 120 s., 136, 153 s.; R. Simon, Little and large. Manuscript reflections of Altichiero's frescoes, in Apollo, CXXXIV (1991), 357, pp. 299 s.; G. Mariani Canova, La miniatura veneta nel Trecento tra Padova e Venezia, in La pittura nel Veneto. Il Trecento, II, Milano 1992, p. 407; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 227; The Dictionary of art, XII, p. 765.