VALENTINI, Giuseppe
– Nacque a Padova il 1° luglio 1900 da Alberto e da Margherita Olivetto.
Nel 1910 iniziò gli studi presso il seminario di Padova per poi continuare privatamente a causa della salute malferma. Nel 1917 fu chiamato alle armi e inviato presso la reggia di Caserta dove frequentò un corso di addestramento in compagnia di Luigi Russo, con il quale rimase in rapporti di amicizia per lungo tempo.
Il 4 novembre 1919 Valentini entrò nella Compagnia di Gesù a Gorizia e dopo due anni emise i primi voti. Dal 1921-22 studiò discipline classiche a Gorizia per poi essere inviato in Scutari d’Albania presso il Collegio saveriano dei padri gesuiti ove rimase due anni insegnando italiano, greco e latino. Rientrato in Italia e terminati gli studi filosofici a Chieri (1924-26), fece nuovamente ritorno a Scutari dove insegnò per altri due anni presso il seminario pontificio impegnandosi a fondo nello studio della lingua albanese.
Nel 1927, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario di fondazione del Collegio saveriano di Scutari, fu incaricato di scriverne la storia, che pubblicò in lingua italiana e albanese.
Tra il 1928 e il 1932 Valentini concluse gli studi teologici a Chieri; nel frattempo, il 15 luglio 1930, ricevette l’ordinazione presbiterale da monsignor Tommaso Berutti. Nel 1932, fu destinato a Scutari dove insegnò presso il seminario pontificio dirigendo, dal 1932 al 1943, la rivista culturale L.E.K.A., nonché, dal 1933 al 1939, il periodico Lajmtari i Zemërs s’Krishtit («Il Messaggero del Sacro Cuore»).
L.E.K.A. era un mensile di cultura dei padri gesuiti di Scutari che si occupava di questioni storiche, pedagogiche, linguistiche, letterarie e aveva come obiettivo l’educazione dei giovani cattolici. Il Collegio saveriano, nel momento in cui vi giunse Valentini, era un’istituzione rinomata non solo per l’insegnamento delle scienze esatte e per la coltivazione delle virtù cristiane e dei valori morali, ma anche per una visione conciliante tra gli ideali cristiani e lo spirito nazionalista albanese. Nel collegio studiavano giovani provenienti da tutta l’Albania e alcuni di essi erano rampolli di famiglie notabili musulmane come lo scrittore e diplomatico Faik Bey Konitza (1875-1942). A partire dalla fine del XIX secolo, vi avevano insegnato oltre ai padri della Compagnia, docenti laici albanesi, austriaci, italiani nonché diversi membri del clero musulmano del luogo.
Dal 1936 al 1943 Valentini fu inoltre direttore della tipografia dell’Immacolata del Collegio dei padri gesuiti e, dal 1941, fu a Tirana come segretario dell’Istituto degli studi albanesi dove coordinò il lavoro di ricerca di quello che viene considerato il precursore dell’Accademia delle scienze d’Albania. L’appassionata ricerca negli archivi italiani lo condusse nel 1938 a Napoli, dove poté conoscere Benedetto Croce.
Tra i numerosi articoli pubblicati in quel periodo su L.E.K.A. si ricordino almeno, nel 1934: Conclusioni storiche d’un documento (n. 4), frutto delle sue ricerche sui documenti manoscritti della collezione Farlati-Coleti conservati presso la Biblioteca del seminario di Padova; Prime ricerche negli archivi spagnoli (n. 10), che presenta i risultati di una consistente ricognizione nell’archivio dell’ambasciata di Spagna presso la S. Sede, e Scutari e l’Albania negli anni 1732-1735 (n. 11), in cui si forniscono notizie sul territorio albanese ricavate dalle relazioni del provveditore generale veneto di Dalmazia e Albania Zorzi Grimani; nonché una serie di documenti pubblicati negli anni 1935-38 intitolata: Documenta de liberatione Albaniae de jugo Turcarum. Nella primavera del 1940, quando le autorità italiane di occupazione gli consigliarono di non continuare con la pubblicazione di questi documenti per paura che risvegliassero un certo nazionalismo tra gli albanesi, Valentini preferì sospendere temporaneamente la pubblicazione della sua rivista.
Nel gennaio del 1939, usufruendo del vasto materiale dell’Archivio storico dei padri gesuiti di Scutari, Valentini iniziò la pubblicazione del Nomenklator («Dizionario bio-bibliografico illirico e albanese»), prima enciclopedia albanese la cui pubblicazione si protrasse fino al luglio del 1943 per interrompersi definitivamente con l’ascesa al potere dei comunisti e la persecuzione del clero cattolico.
Insieme al confratello Fulvio Cordignano, Valentini pubblicò inoltre il Saggio di un regesto storico dell’Albania (Scutari 1937-1940), in cui sono compendiati documenti che vanno dal XII secolo fino al 1568, conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia, l’Archivio Correr, la Biblioteca Marciana, l’Archivio apostolico Vaticano, l’Archivio sforzesco e altri archivi. A tali ricerche fecero seguito i Contributi alla cronologia albanese (I-II, Roma 1942-1944), in due volumi rispettivamente intitolati Età romano-bizantina dalla morte di Costantino alla morte di Teodosio e alla definitiva divisione dell’Impero (337-395 d.C.) e Le invasioni barbariche (395-700 d.C.).
Un altro filone di studi coltivato da Valentini riguarda il diritto consuetudinario albanese: un nucleo antico di diritto epicorio che incominciò a formarsi nel Medioevo recependo elementi del diritto romano e bizantino e subendo inoltre nei secoli l’influsso del diritto ottomano.
Tra questi studi, in Considerazioni preliminari e generali sul “Kanun” detto di “Lekë Dukagjini”, pubblicate a cura dell’Istituto degli studi albanesi (Tirana 1943), l’autore sottolineava la natura repubblicana della parte statutaria del diritto consuetudinario albanese, ricavandone oltre le institutiones anche la parte normativa, distinta da quella soggetta a cambiamenti e ad adattamenti. Tra i principi fondamentali del Kanun c’è la Besa, ovvero la fonte obbligatoria del legame morale e giuridico che esisteva tra i membri della società albanese: essa puntellava i patti pubblici e privati, garantiva l’alleanza suggellata dall’onore e dalla giustizia ed era fondamento dell’ospitalità e della protezione accordate.
Nel 1943, Valentini fu inviato a Roma per condurre alcune ricerche per conto dell’Istituto degli studi albanesi. Il frutto di quel lavoro confluì in un denso contributo intitolato La famiglia nel diritto tradizionale albanese (in Annali lateranensi, 1945, vol. 9, pp. 9-212).
Si tratta di uno studio analitico-comparativo sulla natura della famiglia e il suo ruolo nella società comunale. Il diritto matrimoniale e le norme che regolavano la proprietà familiare e tribale vi erano analizzate all’interno dell’ambiente del Kanun, tuttavia non mancano significative convergenze rinvenute nelle comunità contigue dove il diritto consuetudinario aveva cessato di esistere. Dall’organicità del diritto familiare e nel quadro consuetudinario presentato nell’opera – al contrario di quanti sostenevano che gli albanesi avessero un’indole individualista – la famiglia è considerata una società «perfetta» ove il padrone di casa ha il dovere di curare l’onore e il bene materiale.
Valentini evidenzia anche la «doppia appartenenza» delle donne nel diritto consuetudinario albanese: alla casa paterna per quanto riguarda l’intangibilità della propria vita e alla casa maritale per l’intangibilità del proprio onore.
Nel 1945 Valentini fu chiamato a Milano per dirigere la rivista cattolica Letture, che si proponeva come guida critica e introduzione agli autori contemporanei. Qui rimase fino alla morte, scrivendo più di un migliaio di recensioni su opere di autori contemporanei italiani e stranieri.
L’impostazione critica, condotta da un punto di vista teologico-cristiano, costituisce un’apertura responsabile e senza pregiudizi verso scrittori di ogni genere: atei, liberali, protestanti e modernisti. Con i suoi scritti Valentini mutò gradualmente l’approccio dei cattolici in materia letteraria, dimostrandosi critico indulgente e provveduto nei confronti della contemporaneità, scandagliando le sue ricchezze con la convinzione che «l’estetica e l’arte sono un elemento essenziale della città di Dio». In quegli anni fu eletto, altresì, presidente dell’Associazione internazionale delle riviste cattoliche di critica letteraria e presidente dell’Associazione cattolica dei preti scrittori, nonché nominato assistente generale dell’Unione editori e librai cattolici italiani.
Nel 1950 Valentini concorse alla cattedra di lingua e letteratura albanese presso l’Università di Palermo, succedendo qualche anno dopo nell’insegnamento al «papàs» Gaetano Petrotta. La vicinanza con la realtà degli italo-albanesi (detti arbëreshë), e la conoscenza diretta della ricchezza della spiritualità bizantina, lo portarono ad adottare il rito bizantino e ad approfondire temi legati alla scrittura teologica delle icone e ai rapporti con il mondo ortodosso. Negli anni formò una collezione di 26.000 diapositive di arte sacra bizantina e pubblicò, insieme con Giuseppe Caronia, un poderoso volume sull’architettura sacra intitolato Domus ecclesiae. L’edificio sacro cristiano... (Bologna 1969). Presso la stessa Università insegnò anche filologia bizantina (1953-75) e letteratura cristiana antica (1963-75).
Ritornato nuovamente agli studi albanesi, pubblicò la monografia Il diritto delle comunità nella tradizione giuridica albanese (Firenze 1956) in cui definì analiticamente i principi fondamentali del diritto pubblico del Kanun ed esplorò la struttura delle comunità nel diritto consuetudinario. Lo studio precisa l’architettura del Kanun esaminando i caratteri generali delle comunità, che sono la «fratellanza», la «tribù», il «villaggio» e la «bandiera». Valentini sottolinea il fatto che nel diritto albanese la famiglia sia l’unico ente munito di pieni diritti civili e che la società del Kanun non sia altro che una famiglia estesa dove vige, con alcune eccezioni, l’isonomia del diritto e l’uguaglianza fondamentale di fronte alla legge. Tale concezione giuridica di impronta repubblicana esclude qualsiasi pena corporale (truncatio, fustes, verbera), limitandosi a prevedere per i trasgressori multe pecuniarie, boicottaggio, espulsione dalla comunità o, nei casi più gravi, la pena capitale eseguita dalla parte lesa e in alcuni casi specifici dall’intera comunità.
In La legge delle montagne albanesi nelle relazioni della missione volante 1880-1932 (Firenze 1969) Valentini pubblicò le memorie della Missione volante condotta dai gesuiti nelle montagne del Nord dell’Albania e pubblicate nella serie Lettere edificanti della provincia veneta della Compagnia di Gesù. Ricche di notizie sugli usi e sui costumi dei montanari cattolici, le memorie documentavano gli abusi che derivavano dall’applicazione arbitraria delle norme del Kanun. La decadenza inarrestabile che si verificava in parte per la degenerazione della vendetta privata ma anche per la strumentalizzazione politica e per la corruzione della prassi da parte del governo ottomano, induceva i missionari a combattere molti fenomeni sociali che erano originati nell’ambiente del Kanun. Con la proclamazione dell’indipendenza dell’Albania, nel 1912, la non adattabilità del Kanun ai nuovi tempi nonché la sua contrapposizione al messaggio evangelico, portò gradualmente la Chiesa a vedere in esso un insieme di consuetudini contra legem, e tale da rifiutare la forza vincolante delle sue norme.
Sono di notevole importanza la collaborazione e l’attività culturale condotta insieme all’amico e sodale Ernesto Koliqi (1903-1975), scrittore albanese esiliato in Italia. Questi aveva fondato a Roma nel 1957 la rivista Shêjzat-Le Pleiadi, cenacolo del pensiero albanologico intorno al quale si riunirono illustri studiosi stranieri e numerosi intellettuali albanesi esuli in Occidente. Valentini contribuì con diversi scritti sulla letteratura degli arbëreshë, con recensioni e con note critiche e, soprattutto, con ricerche che riguardavano gli studi scanderbeghiani, fondati sui documenti scoperti negli archivi veneti e nell’Archivio apostolico Vaticano.
Pubblicò, inoltre, in riviste specializzate quali: Aevum, Annali lateranensi, Archiginnasio, Archivium Historiae Pontificiae, Bollettino della badia greca di Grottaferrata, Criminalia, Hylli i Dritës, Indogermanisches Jahrbuch, Südost-Forschungen, Numismatica, Le Pleiadi, e via enumerando.
Anche il contributo intitolato Lo statuto personale in Albania all’epoca di Skanderbeg. Appunti dagli archivi della Repubblica veneta (Roma 1967), fa parte dei suoi tentativi riusciti di ricostruire in modo sistematico la storia dell’Albania del Cinquecento attraverso un confronto serrato con i fondi archivistici della Serenissima, in particolare con i documenti contenuti nei Libri commemoriales e nelle varie Deliberationes.
La meticolosa ricostruzione del regime giuridico attivo nelle città albanesi dell’epoca, che coinvolgeva le signorie locali e la signoria veneta, risulta ancor oggi molto completa se teniamo conto del fatto che l’autore non conosceva gli Statuti di Scutari, scoperti trent’anni dopo dalla studiosa Lucia Nadin. Le sue ricerche negli archivi veneti, iniziate negli anni Trenta, trovarono compimento nell’impresa poderosa degli Acta Albaniae veneta saeculorum 14. et 15., raccolta che parte dal 1301 e arriva fino al 1463: documenti in gran parte inediti provenienti da più di diciannove fondi dei suddetti archivi. L’opera, prevista inizialmente in trenta volumi, uscì dal 1967 fino al 1979 in venticinque tomi, quasi tutti pubblicati presso l’editore monacense Rudolf Trofenik.
Morì, a Milano, il 16 novembre 1979.
La morte lo colse mentre correggeva le bozze del XXVI volume degli Acta. Dopo la caduta del comunismo la sua opera è stata tradotta in lingua albanese e la sua figura di studioso innamorato della storia dell’Albania ha ricevuto il meritato riconoscimento.
Fonti e Bibl.: I. Parrino, P. G. V. Appunti biografici, in Le Pleiadi, XIV (1970), 10-12, pp. 357-374; C. Capizzi, Un’opera decisiva della storiografia albanese: gli «Acta Albaniae Veneta» di G. V., in Dissertationes Albanicae…, a cura di P. Bartl et al., München 1971, pp. 9-19; R. Bacchelli, Padre V., persona, in Letture, XXXIV (1979), pp. 797-898; G. Sommavilla, La scomparsa di padre V., ibid., pp. 793-796; A. Scurani, Padre G. V. ricercatore, studioso, scrittore, ibid., XXXV (1980), pp. 787-792; N. Ressuli, Contributo dei missionari italiani allo sviluppo della cultura albanese: p. G. V., in Studi albanologici balcanici, bizantini e orientali. In onore di G. V., S.J., Firenze 1986, pp. XXI-XXXI; L. Nadin, Profilo di p. G. V., in Il Veltro, LVI (2012), 3-6, pp. 203-214.