TOMASSETTI, Giuseppe
– Nacque a Roma il 4 aprile 1848 da Francesco, avvocato rotale di origini umbre, e da Carolina Antonietti.
Cresciuto in un ambiente tradizionalista e molto religioso, ricevette una solida istruzione secondaria dai gesuiti del Collegio romano, avviandosi in seguito allo studio del diritto unicamente per assecondare il volere paterno. Benché già allora oltremodo attratto dalle humanae litterae, si addottorò in legge alla Sapienza nel 1869, avendo modo di sviluppare la sua naturale «attitudine all’esame critico delle fonti e l’amore per le antichità romane» sotto la guida del sommo giurista Ilario Alibrandi, cattedratico dalla vasta preparazione culturale (Stara-Tedde, 1948, p. 50). L’anno seguente completò un parallelo «tirocinio didattico» quinquennale (1866-70) nella facoltà filologica romana, conseguendo in tal modo un titolo speciale in lettere e archeologia che lo abilitava all’insegnamento generalista negli istituti scolastici dipendenti direttamente dalla S. Sede (p. 51). Gli fu maestro e mentore, nella circostanza, Pietro Ercole Visconti, nipote di Ennio Quirino ed esponente di spicco dell’antiquaria pontificia.
Per nulla attratto dalla professione forense e incoraggiato dalla stima dei più illustri archeologi del tempo (Luigi Bruzza, Giovan Battista De Rossi, Wilhelm Henzen ecc.), che ebbero modo di apprezzarne la profonda e precoce dottrina grazie alla comune frequentazione dei più importanti salotti romani postunitari, si diede – toto corde – alla ricerca antichistica, «acuendosi e temprandosi nell’analisi e nell’esegesi dei monumenti letterarî e materiali» (G. De Rossi, Roma, parola magica, in Noi e il Mondo, XV (1925), 5, p. 301), ma soprattutto segnalandosi per due originali dissertazioni erudite (una sulla «Collezione di piombi antichi» del cardinale Lodovico Altieri; l’altra su «L’arte antica dei Romani in relazione con le feste pubbliche») rimaste purtroppo inedite, pur essendogli valse pubblica fama e premi in denaro.
Risale al 1871 il primo lavoro a stampa della sua corposa bibliografia (che alla fine contò oltre 230 titoli: per un minuzioso elenco v. Stara-Tedde, 1948, pp. 70-87), pubblicato – come molti altri – nel settimanale cattolico Roma antologia illustrata. Trattasi, in prevalenza, di brevi «ragguagli» attorno a singoli monumenti e siti della romanità urbana e laziale (Basilica Giulia, Acquedotto Vergine, Fonte di Giuturna, Monte Cavo, Isola Sacra ecc.), presto (a partire dal 1875) affiancati da più accurate relazioni specialistiche su scavi e scoperte archeologiche effettuati in quel torno di tempo nella capitale, nel suo suburbio e nella Sabina interna: relazioni apparse, a sua firma, nel Bollettino dell’Instituto di corrispondenza archeologica, nel Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma e nelle Notizie degli scavi di antichità della R. Accademia dei Lincei. Nondimeno, tra gli scritti del primo decennio della sua attività scientifica spicca, per contenuto e stile, il saggio monografico La influenza degli Italiani conquistati sui loro conquistatori (per Salviucci, Roma 1873), talmente gradito ai vertici del governo nazionale, da poco subentrato a quello pontificio, da guadagnargli – senza esami, né concorso – l’idoneità all’insegnamento della storia nei licei del Regno.
Sua attività precipua fu dunque, di lì in avanti, quella di Geschichtslehrer, attività che già iniziata giovanissimo nelle scuole della Pace alle Botteghe Oscure, dal 1878 trasformate nel liceo-ginnasio Angelo Mai, venne da lui posteriormente svolta, per più di trent’anni, presso rinomati istituti ecclesiastici d’istruzione secondaria quali il De Merode e il Sant’Apollinare, dove gli furono allievi, tra gli altri, Tito Trocchi, Umberto Fracassini, Francesco Lanzoni e Giovanni Semeria, che lo ricordarono affettuosamente nelle loro memorie (D. Cesarini, Tra storia e mistica. Studi e documenti sul modernismo cattolico, Assisi 2008, pp. 63 s.).
Nel 1884, grazie all’appoggio di Rodolfo Lanciani, ottenne nell’Ateneo capitolino la libera docenza con effetti legali per il periodo medievale della storia moderna, dando inizio, trentaseienne, a quei pionieristici ‘corsi speciali’ sulla topografia della Campagna romana e, dal 1886, sulla storia di Roma nell’età di mezzo che, svolti annualmente con passione e successo di uditori sino al 1910, non vennero mai di fatto stabilizzati (così come quelli di epigrafia latina tenuti per incarico nella Scuola di magistero tra il 1886 e il 1889), malgrado le doti di singolare acutezza e larga cultura riconosciute al docente pareggiato in due occasioni (1893 e 1897) dal senato accademico.
Già corrispondente dell’Istituto imperiale archeologico germanico (1871) e socio fondatore della Società romana di storia patria (1876), Tomassetti continuò a cumulare incarichi onorifici lungo tutti gli anni Ottanta e Novanta del XIX secolo, dedicando alla ricognizione autoptica di siti, allo studio e alla scrittura i pochi momenti che gli rimanevano liberi dalle periodiche adunanze di circoli, commissioni pubbliche e accademie cui era annoverato (nei primi anni del Novecento fu anche consigliere comunale della capitale), nonché dalle attività connesse con i ruoli rivestiti di segretario perpetuo dell’Accademia di San Luca (di cui riordinò l’archivio storico) e di autorevole membro della R. Commissione araldica romana (1896-1911).
«Dagli studi araldici e genealogici alla diplomatica, dalla toponomastica all’indagine critica delle tradizioni e delle leggende, dalle ricerche sui monumenti [chiese, palazzi, statue] a quelle sulle istituzioni [civili e religiose]: non vi [fu], si può dire, ramo della storia medievale [di Roma e dintorni] al quale egli non abbia rivolto la sua attenzione». Così il suo principale biografo, Giorgio Stara-Tedde (1948), sintetizza la varia e multiforme «produzione letteraria» del nostro in generale e nel periodo in causa (pp. 58 ss.): produzione, ovvero opera d’ingegno che valendosi delle principali discipline ausiliarie della storia (archeologia, epigrafia, numismatica, sfragistica ecc.), mirava alla verifica e all’approfondimento di singole tematiche e peculiari aspetti relativi alle epoche passate (e a quella presente), senza considerarle compartimenti stagni slegati tra loro (Passigli, in Giuseppe Tomassetti a cento anni dalla morte..., 2013, pp. 136 ss.).
Sposatosi nel frattempo (1878) con Rita Fiaschetti, da cui ebbe tre figli (Francesco, Carolina e Mario), e via via sempre più frustrato nelle prospettive di una più luminosa carriera universitaria da un certo qual settarismo liberale, che lo riteneva troppo ligio al Vaticano e ai principi cattolici, per sbarcare il magro lunario familiare si risolse ad accettare, sul finire del secolo, l’incarico di conservatore (stipendiato) di importanti archivi gentilizi romani (Colonna, Orsini, Santacroce), del resto a lui ben noti perché già precedentemente sondati, assieme ad altri – tanto pubblici (Archivio di Stato di Roma, Capitolino, Vaticano), quanto privati (Torlonia, Giustiniani Bandini, Chigi Albani) – in relazione agli obiettivi euristici che si era autoimposto. Questa felice stagione di lavoro di scrivania (1885-1911), non poté non trasformarsi in una stimolante opportunità per nuove ricerche ed edizioni – parziali o integrali – di ‘primizie’ documentarie (bolle papali, statuti, atti notarili, libri d’amministrazione ecc.), affrontate e condotte in porto nel segno delle dottrine positiviste allora imperanti in larghi strati del mondo culturale italiano, che attribuivano valore di verità storica unicamente al dato concreto ed esatto ricavabile dalle fonti scritte (Carbonetti, in Giuseppe Tomassetti a cento anni dalla morte..., 2013, pp. 31 ss.).
Partito da un approccio empirico, egli aveva acquisito negli anni una così rara competenza nelle scienze diplomatiche e paleografiche da riuscire a trar dall’oblio, non senza errori e fraintendimenti, importanti memorie riguardanti le istituzioni comunali di Roma durante i secoli bui, i rapporti tra il Papato e i casati baronali, e, più in generale, la storia del feudalesimo nell’Italia centrale (pp. 41-48).
Anche se la più parte delle sue pubblicazioni (spigolature, notizie epigrafiche, recensioni critiche, cenni biografici, scritti di occasione) riguardano la Città eterna intramurana, Tomassetti intuì presto l’importanza non lieve del territorio soggetto all’influenza politica ed economica dell’Urbe per poterne leggere e interpretare lo sviluppo millenario, e di questo territorio, inteso nella sua realtà geografica più ampia (corrispondente all’ondulata pianura che circonda Roma a partire dal Tirreno fino ai rilievi collinari Ceriti, Sabatini, Cornicolani, Tiburtini, Prenestini e Albani), aveva preso a delineare un imponente affresco storico-topografico, apparso a puntate, tra il 1879 e il 1907, nell’Archivio della R. Società romana di storia patria con il titolo Della Campagna romana nel medio evo, di volta in volta circostanziato con l’indicazione della strada ‘consolare’ impiegata come cardine dell’esposizione. Tali scritti, rispecchianti in una proiezione circolare l’irradiarsi dell’influenza e del prestigio del Comune di Roma e delle sue famiglie più potenti sul vasto comprensorio circostante (Districtus Urbis) tra l’età classica e quella umanistico-rinascimentale, assunsero progressivamente una forma più organica nelle rivedute e corrette sei piccole monografie viarie che, divulgate tra il 1885 e il 1907 dalla Tipografia Forzani & C., andarono subito esaurite, a testimonianza del grande interesse da esse suscitato nei cultori di cose romane.
Nel 1909 il cavalier Walter Regenberg della casa editrice Loescher offrì a Tomassetti l’opportunità di ripubblicare questi saggi scissi e sparsi in un’opera unica da destinare non ai dotti ma alle persone colte, con i necessari ampliamenti diacronici e corredandola di opportune illustrazioni. Lo studioso accettò la proposta e riplasmò tutto il lavoro, sviluppandolo oltre i termini del Medioevo (in ‘alto’ e in ‘basso’), avvalendosi in larga misura del supporto delle scienze antropologiche, etnologiche, economiche e sociali, ma soprattutto aggiornandolo sotto il profilo bibliografico. Poté curarne in prima persona, però, solo i primi due volumi (La Campagna romana antica, medioevale e moderna, Roma 1910), contenenti l’introduzione generale e l’analisi dettagliata dei territori attraversati dalle vie Appia, Ardeatina e Aurelia.
Morì prematuramente, infatti, a Roma il 22 gennaio 1911 per nefrite cronica.
L’iniziativa editoriale, arenatasi per qualche tempo, venne tuttavia ripresa e portata a parziale compimento dal figlio Francesco (1880-1954) che, in osservanza ai voti paterni, attese alla stesura e vigilò sulla stampa di ulteriori due tomi dedicati rispettivamente all’illustrazione delle vie Cassia, Clodia, Flaminia, Tiberina, Labicana e Prenestina (III, Roma 1913) e della via Latina (IV, Roma 1926).
Variamente definita manuale pratico, guida descrittiva ed enciclopedia territoriale, l’opera dei Tomassetti sulla Campagna romana ben si inserisce nel solco di analoghe trattazioni tematiche di tradizione ottocentesca (a cura di monsignor Nicolai, dell’abate Coppi, di Friedrich C.L. Sikler, Antonio Nibby, Luigi Canina e altri ancora), caratterizzate da descrittivismo cognitivo e ‘nozionismo’ storico-letterario, e dunque prive di interpretazioni storiche di ampio respiro, volte a delineare le linee di sviluppo complessivo dell’area antropizzata oggetto di indagine. Malgrado tali limiti e un certo spezzettamento della materia trattata, peraltro riscontrato da tutti i recensori, essa si presenta ancora oggi come uno strumento valido e utile a supporto di ricerche di archeologia topografica e di topografia storica, non solo grazie alla quantità di notizie fornite sui principali elementi costitutivi della vasta regione estesa attorno alla Dominante, ma anche in forza della qualità delle fonti documentarie, narrative, epigrafiche e cartografiche sistematicamente (ma non sempre diligentemente) vagliate sul tema: fonti che, rilette alla luce dell’esame delle evidenze monumentali delle varie epoche (soprattutto quelle oggi non più conservate), rivelano la moderna sensibilità degli autori per la storia territoriale (Landesgeschichte) di lunga durata e per un maturo approccio storiografico alle tematiche della tutela e della conservazione dei paesaggi regionali ‘rurbanizzati’. L’intramontabilità di questo ouvrage d’érudition e assieme travaux d’histoire locale è stata, d’altronde, sancita dalla sua ‘riscoperta’ negli anni Settanta del secolo scorso e dalla sua concomitante riedizione aggiornata e ampliata (I-VII, a cura di L. Chiumenti - F. Bilancia, Firenze 1975-1980), con la messa a frutto dell’eterogeneo materiale documentario raccolto ma non elaborato da padre e figlio (oggi in deposito presso l’Archivio storico capitolino come Fondo Tomassetti) in vista di una ristampa riveduta e corretta del già edito e della compilazione ex novo dei testi relativi alle vie Laurentina, Nomentana, Ostiense, Portuense, Salaria e Tiburtina, non contemplate nella prima redazione.
Recensioni alle diverse edizioni di La Campagna romana: E. Pais, in Studi storici per l’antichità classica, III (1910), 3, pp. 334-340; S.B. Platner, in The American historical review, XV (1910), 4, pp. 831 s., XVI (1911), 2, pp. 339 s., XVIII (1913), 4, pp. 788 s.; Th. Ashby, in The Classical review, XXVI (1912), 1, pp. 20-22; L. Manginelli - L. De Benedetti, in Rivista storica italiana, s. 4, V (1913), 2, pp. 132-139; A. Salimei, in Roma. Rivista di studi e di vita romana, IV (1926), 7, pp. 332 s.; C. Della Valle, in Bollettino della Società geografica italiana, s. 10, VI (1977), 1-3, pp. 114 s.; J. Coste, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXXII (1978), 2, pp. 605-609.
Fonti e Bibl.: G. Sercia, L’opera geniale di G. T. nella storia, nell’arte e nell’archeologia, in Bollettino dell’Associazione archeologica romana, I (1911), 3, pp. 55-71; G. Massano, Profili e figure: G. T., in Romana Tellus, I (1912), 5-6, pp. 129-135; G. Stara-Tedde, Scrittori di cose romane: G. T., in Archivio della Società romana di storia patria, LXXI (1948), pp. 49-87; G. Mancini, in Enciclopedia cattolica, XII, Firenze 1954, col. 224; C. Petino, in I grandi del Cattolicesimo, II, a cura di P. Gini - G. Roschini - A. Santelli, Roma 1958, p. 543; La riedizione aggiornata e completata de “La Campagna Romana” di T., Firenze 1978 (con osservazioni e commenti di H. Howard, R. Bonelli, M. Cagiano de Azevedo, L. Chiumenti, F. Bilancia e A. Olschki); M. Valenti, G. T. e la sua “Campagna Romana” «monumentum aere perennius», in Colli Albani. Protagonisti e luoghi della ricerca archeologica nell’Ottocento, a cura di M. Valenti, Frascati 2011, pp. 93-98 (ivi molta della principale letteratura memorialistica relativa a Tomassetti); G. T. a cento anni dalla morte e la sua opera sulla Campagna Romana, a cura di L. Ermini Pani - P. Sommella, Roma 2013 (interessanti soprattutto i contributi di R. d’Errico, G.M. De Rossi, C. Carbonetti, F. Bilancia, E. Mori, S. Passigli, S. Carocci e M. Vendittelli); E. Mori, L’Archivio Orsini. La famiglia, la storia, l’inventario, Roma 2016, pp. 194-204.