SPANO, Giuseppe
SPANO, Giuseppe. – Nacque a Napoli il 20 dicembre 1871 da Gaetano, ingegnere, e da Concetta Avallone. La famiglia era di origine sarda, ma trasferitasi a Napoli da varie generazioni, e ad essa apparteneva il canonico Giovanni Spano, l’illustre archeologo che nell’Ottocento si occupò della Sardegna antica.
Laureatosi in lettere nel 1897 presso l’Università di Napoli, Spano frequentò con successo la Scuola italiana di archeologia di Roma, operando presso il Museo preistorico-etnografico e kircheriano. Per interessamento di Luigi Pigorini, preside della Scuola, ebbe un incarico straordinario presso gli scavi del Foro Romano, dove lavorò con Giacomo Boni dal luglio del 1902 eseguendo «opera commendevole e di piena soddisfazione» e dal 1° ottobre 1904 venne assunto in servizio straordinario come vice-ispettore archeologo e assegnato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove prese servizio il 17 ottobre 1904 (Napoli, Museo archeologico nazionale, Archivio storico, Giuseppe Spano, decreto del Ministero del 15 settembre 1904). Spano fu da subito assegnato agli Scavi di Pompei, con l’incarico della «direzione degli scavi che si eseguiranno, della sorveglianza sulla conservazione dei monumenti» tranne quelli sui dipinti e di «sovraintendere al personale dei custodi valendosi dell’opera del soprastante» (nota del 21 ottobre 1904). Il 4 agosto 1905 gli fu rinnovato l’incarico, visto il parere favorevole di Antonio Sogliano, allora direttore degli Scavi di Pompei, che segnalò la sua valida collaborazione.
Ai compiti già assegnati si aggiunse, il 30 giugno 1907, il controllo sugli scavi privati che si eseguivano nell’area vesuviana, compito assegnato prima a Innocenzo Dall’Osso e poi a Matteo Della Corte, ma al quale venne allora affidata la sorveglianza sul territorio casertano. Gli fu pertanto assegnato l’incarico di seguire e studiare lo scavo condotto dal marchese Giovanni Imperiali in località Civita di Nitto, alla periferia settentrionale di Pompei, per il quale aveva in programma di scrivere una vera e propria monografia, data l’importanza del rinvenimento. Non scrisse mai tale studio, e di quello scavo non venne pubblicata neanche una semplice relazione in Notizie degli Scavi, come da prassi per l’epoca e come prodotto da Matteo Della Corte per gli altri rinvenimenti degli scavi privati dell’area vesuviana.
Nominato ispettore il 27 ottobre 1907, Spano operò attivamente a Pompei – dove abitava – sotto la direzione di Antonio Sogliano prima e di Vittorio Spinazzola poi, in collaborazione con Matteo Della Corte, con il quale condivise, alternandosi spesso mese dopo mese, la pubblicazione delle relazioni degli scavi eseguiti in quel periodo e che apparvero nelle varie annate delle Notizie degli Scavi.
In particolare si possono ricordare gli scavi alla Villa detta delle colonne a mosaico, fuori Porta Vesuvio e Porta Nola, agli edifici presso Porta Stabia, al giardino della Casa delle Nozze d’argento ed edifici contigui, ad alcuni pozzi in varie zone dell’antica città, agli edifici lungo Via dell’Abbondanza e alla Casa di Aulo Trebio Valente. Particolarmente importante è la relazione degli scavi eseguiti nel 1910 all’insula VII 6 in quanto gravemente colpita durante il bombardamento di Pompei della Seconda guerra mondiale.
Proseguì inoltre le azioni già avviate da Antonio Sogliano, in particolare la sistemazione dei giardini e le indagini sui rinvenimenti di epoca posteriore all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., mentre per i restauri si dedicò, come già aveva fatto Sogliano, al ripristino dei piani superiori sulla base delle testimonianze archeologiche emerse dagli scavi e, ove possibile, alla sistemazione in sito degli oggetti rinvenuti.
Gravi lutti colpirono Spano in quegli anni. Nel luglio del 1911 si abbatté su Napoli e l’area vesuviana una grave epidemia di colera per la quale furono addirittura sospesi i lavori di scavo a Pompei dal 16 giugno all’11 agosto del 1911 «avendo l’on. Direzione, per misura di prudenza, licenziati provvisoriamente gli operai […] in vista delle condizioni sanitarie non buone dei paesi circostanti a Pompei» (Notizie degli Scavi, 1911, p. 331). Due figli minori di Spano morirono durante l'epidemia e la moglie, Pia Caterini, sopravvisse dopo aver lottato per giorni tra la vita e la morte ma venne gravemente provata dalle «crudeli sventure». A queste si aggiunse nel marzo del 1914 la morte di un altro figlio e, in data non nota, la morte di una figlia, come ricordato nella dedica alla memoria dei figli Gaetano, Alfonso, Paolino, Mario e Marcella della sua opera più importante, La Campania Felice nelle età più remote, edita nel 1936. Quattro le figlie che raggiunsero l’età adulta: Maria, Fabiola, Cecilia e Aurelia.
Oltre alle attività svolte a Pompei (scavi, restauri, conservazione delle pitture parietali, restauro degli antichi giardini, riordino del Museo Pompeiano) come attestato dal soprintendente Amedeo Maiuri nel luglio del 1928, a seguito di concorso fu nominato, dal 1° gennaio 1929, direttore di II classe, assumendo il ruolo di direttore degli Scavi di Pompei.
Oltre che dell’area vesuviana, Spano si occupò anche del territorio di Nocera, Formia e Fondi, individuando i siti archeologici per la stesura della Carta archeologica. Numerosi furono i suoi viaggi di studio in Danimarca, Svezia, Francia, Germania, Grecia e Asia minore che contribuirono ad accrescere la sua cultura.
Dal 1° dicembre 1930 fu nominato professore non stabile di Antichità pompeiane e ercolanesi all’Università di Napoli e dal 1° dicembre 1933 professore ordinario per la stessa cattedra, che tenne fino al 1941.
Gran parte della sua produzione scientifica ha riguardato le antichità di Pompei, sia per il suo lavoro all’interno dell’Ufficio Scavi di Pompei sia, in seguito, per il suo insegnamento di Antichità pompeiane. In particolare si segnalano le relazioni degli scavi in Via dell’Abbondanza (1911-1915), con il restauro dei piani superiori secondo il piano organizzato dall’allora soprintendente agli scavi, Vittorio Spinazzola. Compì inoltre vari studi monografici su monumenti o reperti significativi pompeiani, tra cui quelli sui Teatri, sull’Anfiteatro, sul Tempio di Iside, sul Foro triangolare, sugli archi onorari del Foro Civile, sull’edificio di Eumachia, sulla tomba di Caio Vestorio Prisco, su alcuni singolari reperti come la mensa con sfinge rinvenuta in una casa pompeiana o i due rilievi con scena di terremoto dalla Casa di Lucio Cecilio Giocondo e da altro edificio pompeiano.
In questi contributi scientifici spesso la sua vasta conoscenza del mondo antico gli consentì originali interpretazioni, illuminanti analogie con l’arte della Grecia ellenistica e delle civiltà della Siria e dell’Egitto, sia nelle architetture sia in campo artistico.
Va inoltre segnalata l’attenzione dimostrata da Spano al rapporto tra Pompei e il suo territorio, con lo studio Porte e regioni pompeiane e vie campane del 1937, e alla topografia di altre città della Campania antica, come Pozzuoli con l’articolo La “ripa puteolana” del 1928. La sua opera principale è tuttavia la sintesi storica La Campania Felice nelle età più remote. Pompei dalle origini alla fase ellenistica, edita nel 1941 a spese della Società anonima per le strade ferrate secondarie meridionali, nella quale affrontò in modo nuovo la storia di Pompei, in quanto riteneva giustamente che «lo studio di Pompei e dei suoi monumenti debba farsi con metodo per dir così comparativo; che le ricerche debbano essere per quanto possibile slargate; che per conoscere bene Pompei occorra, per dirlo in breve, uscir fuori di essa e spesso recarsi in posti del mondo antico molto lontani», rompendo quindi lo schema fino ad allora seguito di considerare Pompei come unicum avulso dal resto del mondo antico. Analizzò quindi le varie fasi dell’antica Pompei: preistorica, greca, etrusca, sannita e infine la fase romana, anche se alcune delle sue ipotesi, come la fondazione di Pompei da parte dei fenici, non aveva e non ha alcun riscontro nei dati archeologici ed è da considerarsi del tutto fantasiosa.
La sua produzione di studi ebbe come ambito di ricerca anche argomenti romani, come il rilievo sepolcrale degli Aterii in cui attribuisce al praefectus militum Aterio Frontone la tomba di famiglia sulla Via Labicana; lo studio sul singolare rinvenimento nel Foro Romano di un gruppo di vasi protostorici nella fondazione di un edificio ritenuto allora il monumento con statua a cavallo eretto da Domiziano nel Foro Romano nel 91 d.C., il cosiddetto Equus Domitiani; le considerazioni sull’origine degli archi onorari e trionfali.
Dotato di una profonda preparazione umanistica e di una esposizione brillante, le sue lezioni erano spesso affiancate da visite agli Scavi di Pompei, Ercolano, Baia e Cuma. Fu chiamato a tenere conferenze anche presso altre università italiane, in Toscana nell’aprile del 1925 su invito di Antonio Minto e Luigi Pernier, e a Perugia nel 1935 presso l’Università per stranieri.
Spano fu socio dell’Accademia Pontaniana di Napoli, dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli – di cui fu segretario dal 1935 fino alla sua morte –, dell’Accademia dei Lincei di Roma, dell’Istituto Archeologico Germanico e dell’Arcadia. Il 3 giugno 1920 fu nominato cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia e il 17 giugno 1924 ufficiale dello stesso Ordine. E ebbe anche due onorificenze dell’Ordine nazionale bulgaro, nel dicembre del 1927 e nell’aprile del 1928.
Nel novembre del 1935 si allontanò definitivamente dagli Scavi di Pompei, lasciando liberi – dopo vari rinvii e qualche attrito con il soprintendente Amedeo Maiuri – sia il suo alloggio sia il suo ufficio. Si dedicò all’insegnamento universitario presso l’Università di Napoli fino al 1941, quando per limiti di età si ritirò per passare, dal 1943 al 1953, alla direzione dell’Istituto universitario di magistero di Salerno. Tra il 1948 e il 1962 diresse i corsi di specializzazione presso l’Istituto italiano per l’Africa, dove tenne un corso sull’archeologia dell’Egitto.
Morì a Napoli il 19 marzo 1963.
Opere. Degli studi pubblicati da Giuseppe Spano fu redatto l’elenco quasi completo da Alfonso de Franciscis nella commemorazione edita nel 1964, cui si rimanda. Si veda inoltre, per l’area vesuviana, García y García, 1998. Si segnalano in particolare Sul rilievo sepolcrale degli Aterii rappresentante alcuni edifici di Roma, Napoli 1906; articoli sugli scavi compiuti a Pompei nel 1905, 1906, 1907, 1908, 1909, 1910; nel mese di agosto e di ottobre del 1911; nel mese di marzo del 1912; e nel mese di luglio, settembre e novembre del 1915, in Notizie degli Scavi, 1910, pp. 253-282; 315-332; 377-418; 437-486; 555-570; ibid., 1911, pp. 331-335; 372-377; ibid., 1912, pp. 102-120; ibid., 1915, pp. 336-341; 416-419; 425-429; ibid., 1916, pp. 117-122; 231-235; Il Κιβώτιον λίθινον dell’Equus Maximus Domitiani, in Symbolae litterariae in honorem Iulii De Petra, Napoli 1911, pp. 1-34; Il teatro delle fontane in Pompei, in Memorie della R. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, II, 1911 (1913), pp. 109-148; L’origine e l’evoluzione degli archi onorari e trionfali romani, in Neapolis, I, 1913 (1914), pp. 144-164 e Neapolis, II, 1914, pp. 329-352; L’Hekatonstylon di Pompei e l’Hekatonstylon di Pompeo, in Atti dell'Accademia Pontaniana, s. 2, XLIX (1919), vol. 24, pp. 157-210; Bronzi di Siria in Pompei, ibid., LII (1922), vol. 27, pp. 151-211; La pacificazione dell’Armenia per opera di Germanico e gli archi onorarii del Foro di Pompei, ibid., LIII (1923), vol. 28, pp. 125-144; articoli sui rinvenimenti a Nocera Superiore, in Notizie degli Scavi, 1926, p. 439 e a Formia, ibid., 1927, pp. 434-443; La “Ripa puteolana”, in Atti dell'Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti di Napoli, n.s., XI (1928), pp. 295-387; Le origini di Pompei, Napoli 1933; La Campania Felice nelle età più remote. Pompei dalle origini alla fase ellenistica, Napoli 1936 (1941); Porte e regioni pompeiane e vie campane, in Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, n.s., XVII (1937), pp. 267-360; Peculiarità architettoniche del tempio pompeiano d’Iside, in Studi di antichità classica offerti da colleghi e discepoli ad Emanuele Ciaceri al termine del suo insegnamento universitario, Genova-Roma-Napoli-Città di Castello 1940, pp. 288-315; La tomba dell’edile C. Vestorio Prisco in Pompei, in Memorie dell'Accademia dei Lincei, s. 7, III (1942-43), pp. 237-315; Il “Pompeianum” di M. Tullio Cicerone e lo “Stabianum” di M. Mario, in Antiquitas, I (1946), 1, pp. 55-88; Osservazioni intorno al “theatrum tectum” di Pompei, in Annali dell’Istituto Superiore di Scienze e Lettere S. Chiara di Napoli, I (1949), pp. 111-139; Abitanti di Pompei chiedenti protezione ai pianeti, in Annali dell’Istituto Superiore di Scienze e Lettere S. Chiara di Napoli, II (1950), pp. 207-221; Alcune osservazioni nascenti da una descrizione dell’anfiteatro di Pompei, in Annali dell’Istituto Universitario di Magistero di Salerno, I (1952), pp. 355-419; L’arco trionfale di P. Cornelio Scipione Africano, in Memorie dell'Accademia dei Lincei, s. 8, III (1950-1951), pp. 173-205; Il ninfeo del proscenio del teatro di Antiochia su l’Oronte, in Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, s. 8, VII (1952), pp. 144-174; Paesaggio nilotico con pigmei difendentisi magicamente dai coccodrilli, in Memorie dell'Accademia dei Lincei, s. 8, VI (1954-55), pp. 335-368; Nuove osservazioni intorno ai bassorilievi pompeiani ricordanti il terremoto del 63 d.Cr., in Studi in onore di Riccardo Filangieri, I, Napoli 1959, pp. 7-19; L’edificio di Eumachia in Pompei, in Rendiconti dell'Accademia di Lettere e Belle Arti di Napoli, n.s., XXXVI (1962), pp. 3-35. Opere inedite. Il Tempio di Marte Ultore, citata in Bellet, 1963.
Fonti e Bibl.: Parco Archeologico di Pompei, Archivio Ufficio Scavi di Pompei; Napoli, Museo Archeologico Nazionale, Archivio storico, Giuseppe Spano; Archivio centrale dello Stato, Ministero Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti, Divisione I, Personale cessato al 1956, b. 134, f. 453.
G. Bellet, Ricordo di Giuseppe Spano, in L’arciere. Periodico di Scienze, Lettere ed Arti, X (1963), 141, pp. 5-6; A. de Franciscis, Giuseppe Spano, in Atti dell'Accademia Pontaniana, n.s., XIII (1962-64), Napoli 1964, pp. 375-379; B. Maiuri, Quadriglia in Casa Spano, pp. 46-48, in B. Iezzi, Incontri e scontri tra pompeianisti, in Sylva Mala X, 1989, nn. 1-6, pp. 43-48; G. Stefani, Pompei vecchi scavi sconosciuti. La Villa rinvenuta dal marchese Giovanni Imperiali in località Civita (1907-1908), Roma 1994; L. García y García, Nova Bibliotheca Pompeiana. 250 anni di bibliografia archeologica, II, Roma 1998, pp. 1129-1133; G. Maggi, Ricordi da un arco, Napoli 2010, p. 148.