SOMMARUGA, Giuseppe
– Nacque a Milano l’11 luglio 1867 da Giacomo, decoratore, e da Elisa Biffi. A partire dal 1883 frequentò il corso tenuto da Camillo Boito presso la scuola di architettura dell’Accademia braidense; sono prova del suo profitto la menzione onorevole ottenuta al termine del primo anno (1883-84) e, successivamente, le medaglie di bronzo nei corsi di elementi di architettura e di geometria descrittiva, e d’argento in quelli di composizione, di ornato e di architettura (1884-86).
Tramite Boito il giovane Giuseppe intraprese, nel 1887, una fase di apprendistato presso l’architetto milanese Luigi Broggi; negli stessi anni fu premiato al concorso Riccardi-Pollini, bandito dall’Accademia di belle arti di Parma (1887), e a quello Canonica (1888), indetto dalla Braidense. Al periodo del tirocinio risale il progetto di concorso, a firma di Broggi e Sommaruga, per la realizzazione del nuovo palazzo del Parlamento a Roma (1889), premiato con una somma di denaro.
Presentato alla prima Esposizione di architettura di Torino (1890), ricevette giudizi contrastanti: la facciata, «di carattere schiettamente moderno», fu giudicata avere «troppo dello stile di teatro»; analogamente poco convincenti risultarono la cupola, colpevole di richiamare eccessivamente il gusto d’Oltralpe e, in pianta, «i cortili mistilinei di brutta figura» (Sacheri, 1891a, p. 63).
Attribuito a Broggi è il palazzo omonimo a Milano al n. 2 di via Dante in angolo con via Meravigli (1888-89), il cui carattere avvalora, malgrado l’assenza di dati documentari in tal senso, l’ipotesi di un intervento del giovane collaboratore (Giuseppe Sommaruga, 1982, p. 45; Giuseppe Sommaruga (1867-1917), 2017, p. 66).
Nel 1890 Sommaruga si distinse alla prima Esposizione di architettura torinese, cui aveva preso parte sia con il progetto di concorso per il Parlamento sia in forma autonoma. Tra le opere presentate le fonti dell’epoca citano disegni di suppellettili e un album di schizzi di viaggio, oggi perduto al pari della gran parte del suo archivio; tra i lavori architettonici, lodati per l’originalità, erano una chiesa, la tomba Cirla a Lanzo d’Intelvi, un villino per riposo di caccia, una «stazione di 2a classe in stile pompeiano» (Sacheri, 1891b, p. 139).
Conseguito nel 1891 il diploma di abilitazione all’insegnamento del disegno architettonico, vi si dedicò per alcuni anni presso la scuola di disegno della Società operaia di Canzo (Como). Ancora nel 1891 partecipò all’Esposizione di igiene e di educazione infantile al parco del Sempione con il padiglione ligneo, realizzato in forma di chalet, della fabbrica di cioccolato Theobroma; a ciò fece seguito la vittoria al concorso per la realizzazione del monumento ai caduti della battaglia di Palestro, bandito nel maggio dell’anno successivo, prima concreta affermazione professionale del giovane architetto (Nicoletti, 1978, p. 81).
Nel medesimo anno, superata, con Ulisse Stacchini, Arturo Pazzi, Annibale Rigotti, Pier Olinto Armanini e altri la prova estemporanea preliminare, Sommaruga fu ammesso al concorso per il Pensionato artistico nazionale in architettura. Il progetto da lui elaborato, una residenza a Roma per i pensionati nelle tre arti maggiori, non incontrò il favore della commissione giudicatrice; presentato a Torino in occasione dell’Esposizione cinquantenaria di arte moderna (1892), fu ritenuto eccessivo per «il sistema di progettare masse senza risparmio, prodigando linee e caricando ornamentazioni». Poco confacenti «così per un edifizio di studi come per il tempio dell’Arte» apparvero infine le cariatidi collocate in plastiche pose intorno alla cupola (Sacheri, 1892, p. 67).
Nella medesima circostanza Sommaruga espose tre differenti soluzioni per l’ossario di Palestro e il progetto per un cimitero per una città di centomila abitanti; oggetto di apprezzamento furono pure le immagini del padiglione Theobroma «in stile russo» (p. 68).
Nel 1894, designato architetto delle Esposizioni riunite, realizzò alcuni padiglioni della mostra tenuta al castello Sforzesco e al parco del Sempione. L’anno successivo il progetto di concorso per il palazzo del Congresso della Repubblica argentina a Buenos Aires gli valse una menzione d’onore e una medaglia d’oro (Nicoletti, 1978, p. 82; Giuseppe Sommaruga, 1982, p. 48).
La notorietà raggiunta gli aprì le porte della committenza privata, in special modo milanese. Nel capoluogo lombardo Sommaruga realizzò le case Marelli in via Sottocorno, con giardino interno e negozi al pianterreno, e Cirla in via di Porta Ticinese, completate rispettivamente nel 1895 e nel 1896 (Nicoletti, 1978, p. 81).
L’impaginato delle facciate denota «pallidi accenni a un decorativismo art nouveau [...] nelle cimase di alcune finestre stondate agli spigoli superiori, quasi a suggerire una movenza di drappeggio» (p. 82). Le bande orizzontali di pietra che solcano il basamento e le modalità di collocazione degli ornati in riquadri geometricamente delineati preannunciano gli apparati decorativi dei villini realizzati a Roma per Giovanni e Giacomo Aletti, uniche opere di Sommaruga nella capitale, l’una in via Malpighi 14 (1900-02, attuale sede della Schweizer Schule), l’altra in via dei Villini (1905, demolita), «timida testimonianza della sensibilità alle tematiche moderniste» (de Guttry, 1989). Alcune affinità di linguaggio hanno fatto attribuire a Sommaruga la realizzazione del palazzo in via Paolina commissionato dall’imprenditore varesino Adone Aletti (1890-96; Lotti, 1988), fratello di Giovanni, per il quale l’architetto eseguì una cappella nel cimitero Monumentale di Giubiano in Varese (1898).
Nel 1897 Sommaruga partecipò al concorso per il cimitero Monumentale di Bergamo, vinto da Ernesto Pirovano; gli ultimi anni del secolo lo videro impegnato, ancora in Milano, nella realizzazione del fabbricato residenziale di Carlo Saporiti in via Manara e nella risistemazione dell’oreficeria Calderoni sulla via Manzoni in angolo con via Romagnosi. Qui l’intervento interessò sia gli interni sia il prospetto dell’edificio, con basamento, pilastri e cornici di granito bianco; il disegno delle decorazioni in ferro battuto fu affidato ad Alessandro Mazzucotelli.
La principale realizzazione a Milano fu in quegli anni il palazzo commissionatogli dall’ingegnere Ermenegildo Castiglioni (1900-03) in corso Venezia, «caposaldo di riferimento insostituibile per i futuri sviluppi dell’architettura in Milano» (Nicoletti, 1978, p. 163).
In questa opera «il design, orchestrato da Sommaruga, penetra ogni partitura dominandone i legamenti logici, anche se la personalità di Mazzucotelli esplode, geniale, surclassante. L’opera, definibile come liberty, barocca o eclettica, ritiene un suo eloquente vigore compositivo, malgrado la dicotomia espressiva tra il fronte sul corso Venezia e le parti sul giardino interno» (p. 166).
Nel 1903 Sommaruga prese parte ai concorsi per il cimitero di Mantova e per il palazzo del Governo a Montevideo (Uruguay); in occasione dell’Esposizione internazionale di Saint Louis (1904) curò la realizzazione del padiglione italiano «con un progetto ispirato al neo-ellenismo di marca sacconiana» (p. 166).
In quegli anni era divenuto uno degli architetti più in voga presso la borghesia imprenditoriale per lo più lombarda, per la quale progettò e realizzò residenze – ville e palazzi – e architetture funerarie; queste ultime, significative ai fini della comprensione del suo percorso progettuale, sono spesso caratterizzate da una connotazione monumentale che le rende in tutto emergenti rispetto al contesto. Si rammentano le cappelle Biffi nel cimitero di Galliano di Eupilio presso Como (1898), Casnati a Casnate (Como, 1905) e, nel cimitero monumentale di Milano, la tomba dei genitori Giacomo ed Elisa (1906) e le cappelle Barigozzi (1896-97) e Moretti (1913-14).
Risale al 1905 la palazzina Appiani a Treviso, oggi demolita; nel 1906, a Trieste, ove era giunto su richiesta degli ingegneri Cesare Viviani e Giuseppe Giberti, Sommaruga curò la progettazione del nuovo teatro Filodrammatico con annessi un caffè-concerto e un ristorante. Il prospetto principale sull’attuale via XX Settembre rammenta il palazzo Castiglioni nell’esuberanza dei partiti scultorei; gli apparati decorativi furono opera di Ambrogio Pirovano, «storico collaboratore» di Sommaruga (Nicoletti, 1978, p. 147).
Se l’edificio costituì un riferimento stilistico per i triestini Ruggero e Arduino Berlam, i quali nel palazzo della RAS (Riunione Adriatica di Sicurtà; 1910-14) ripresero il motivo del fregio che inviluppa le bucature dell’ultimo livello, fu con tutta probabilità lo stesso Sommaruga a trarre spunto a sua volta dalle decorazioni della casa Valdoni di Giorgio Zaninovich (1908) per gli ornati della palazzina di Luigi Faccanoni in via Buonarroti a Milano (1911-13, attualmente casa di cura Columbus; Giuseppe Sommaruga (1867-1917), 2017, p. 148).
Nella palazzina realizzata a Milano per Angelo Salmoiraghi (1906-08) i volumi di differente altezza e il solco chiaroscurale del profondo loggiato in sommità danno maggiore dinamismo ai prospetti; interessanti le soluzioni spaziali degli interni, con il grande salone a doppia altezza connotato da uno scalone. Nella contemporanea palazzina Comi in via Piacenza il movimento di masse, più articolato, penalizza la funzionalità nella distribuzione interna degli ambienti.
Le opere successive – tra le numerose, la villa a Sarnico (Bergamo) per Giuseppe Faccanoni (1907) e a Milano la palazzina Galimberti in via Buonarroti n. 41 (1908; demolita) – denotano un’evoluzione del linguaggio verso una maggiore organicità: qui Sommaruga giunse a elaborare pienamente la propria «personale definizione tipologica di palazzina» (Giuseppe Sommaruga (1867-1917), 2017, p. 79).
La committenza Faccanoni costituì per Sommaruga un’importante opportunità professionale che si tradusse in una serie di architetture realizzate a Sarnico tra il 1907 e il 1912 e che hanno reso la cittadina sul lago d’Iseo un’interessante testimonianza dello stile del tempo. Per Pietro Faccanoni curò il recupero ai fini residenziali di un’antica filanda; per Luigi e Giuseppe realizzò due ville, la tomba di famiglia in forma di mausoleo e un asilo infantile intitolato ad Antonio Faccanoni.
Ancora attraverso un suo committente, Antonio Comi, Sommaruga fu introdotto nell’ambiente varesino; la città conosceva in quegli anni un notevole sviluppo, e forte impulso veniva dato alla valorizzazione turistica con la realizzazione di numerose strutture alberghiere. L’architetto entrò in contatto con l’ingegnere Giulio Macchi, imprenditore e industriale, con il quale intraprese la costruzione del complesso turistico di Campo dei Fiori e del Palace Hotel Kursaal al Colle Campigli (1908-13).
Nel Grand Hotel Tre Croci al Campo dei Fiori, servito da una funicolare, e nel complesso di Colle Campigli, Sommaruga realizzò un efficace connubio tra tecnologia e decorazione, riuscendo a conferire una valenza decorativa e formale a elementi per loro natura prettamente funzionali (Giuseppe Sommaruga (1867-1917), 2017). Tra il 1912 e il 1913 progettò e realizzò una serie di ville nei pressi del Campo dei Fiori, tra le quali le residenze Mercurio e De Grandi.
Per la Società Imprese elettriche varesine realizzò negli anni Dieci una serie di piccole stazioni; tra le sue ultime opere sono il complesso di villa Poletti (1915), la villa Cirla e la tomba Salmoiraghi (1915-16) a Lanzo d’Intelvi.
Fu cavaliere della Legion d’onore di Francia, membro del Consiglio superiore di belle arti e consigliere della Reale Accademia di belle arti in Milano. Per molti anni presiedette l’associazione degli architetti lombardi.
Morì a Milano il 27 marzo 1917, non ancora cinquantenne. Dal matrimonio con Adelina Volonteri aveva avuto una figlia, Elisa.
Fonti e Bibl.: G. Sacheri, Prima Esposizione italiana d’architettura in Torino. Le mie impressioni scritte sul posto, in L’ingegneria civile e le arti industriali, XVII (1891a), 4, pp. 59-64; Id., ibid. (1891b), 9, pp. 137-142; Id., L’architettura alla Esposizione cinquantenaria di arte moderna della Società promotrice di belle arti in Torino, ibid., XVIII (1892), 5, pp. 65-77; Villino G. Aletti in Roma, in L’architettura italiana, I (1905), 2, pp. 5 s.; V. Pica, L’arte decorativa alla Esposizione di Milano: la sezione italiana, in Emporium, 1906, vol. 24, n. 142, pp. 243-255; L’architettura di G. S., prefazione di U. Monneret de Villard, Milano [1908]; A. Foresta, La villa Angelo Galimberti a Stresa. Opera dell’architetto G. S., in La Casa, III (1910), 23, pp. 443-450; L. Angelini, Artisti contemporanei: G. S., in Emporium, 1917, vol. 46, n. 276, pp. 283-298; G.U. Arata, G. S., in Vita d’arte, X (1917), pp. 57-69; A. Manfredini, Necrologio. Arch. G. S., in Il Monitore tecnico, XXIII (1917), 9, pp. 97 s.; Mostra del Liberty italiano. Palazzo della Permanente (catal.), Milano 1972, pp. 112-115 e passim; M. Ferrara, Contributo per la storiografia di G. S., in Situazione degli studi sul Liberty. Atti del Convegno internazionale, Salsomaggiore Terme… 1974, a cura di R. Bossaglia - C. Cresti - V. Savi, Firenze s.d. (post 1974), pp. 233-235; C. Lanza - D. Riva, Ipotesi sull’opera di G. S., ibid., pp. 229-232; M. Nicoletti, L’architettura liberty in Italia, Roma-Bari 1978, ad ind.; G. S. un protagonista del Liberty italiano (catal.), a cura di E. Bairati - D. Riva, Milano 1982; P. Lotti, Palazzo Aletti a via Paolina, in Strenna dei romanisti, IL (1988), pp. 253-264; I. de Guttry, Guida di Roma moderna. Dal 1870 ad oggi, Roma 1989, p. 34; G. Strappa, La continuità con la tradizione nell’edilizia romana del ’900, in Tradizione e innovazione nell’architettura di Roma capitale, 1870-1930, a cura di G. Strappa, Roma 1989, p. 75; V. Sala, Forme simboliche dei cimiteri fra ’800 e ’900 a Lecco e nei suoi dintorni, in Archivi di Lecco, XXI (1998), 1, pp. 57 s., 60 s., 64 s.; A. Marin, Milano e Treviso: influenze della ‘capitale morale’, in Appiani e Treviso. Idee, opere, protagonisti della tensione modernista nella città tra Otto e Novecento, a cura di G. Marino, Treviso 2003, pp. 110, 112-114, 116; D. Barillari, L’architetto S. a Trieste e il palazzo liberty lungo il viale, in Archeografo triestino, s. 4, LXVII (2007), pp. 359-384; Storia visiva dell’architettura italiana. 1700-2000, a cura di M. Savorra, Milano 2007, pp. 212, 360 s.; G. S. (1867-1917). Un protagonista del Liberty (catal. Varese-Milano) a cura di A. Speziali, Forlì 2017 (con ampia bibliografia e regesto delle fonti archivistiche); http://www.lombardiabeniculturali.it/ architetture/autori/7354; http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/autori/28190/; www.libertysarnico.it (11 settembre 2018).