ASSEMANI, Giuseppe Simonio
Bibliotecario ed erudito maronita italianizzato, nato a Ḥaṣrūn, villaggio nel Libano settentrionale (secondo altri a Tripoli da famiglia originaria di Colà), il 27 ag. 1687. Il cognome Assemani è italianizzazione dei gentilizio arabo as-Sim'ānl, significante discendenza da un Sim'ān = Simone, portato dalla sua famiglia in cui si era distinto, raggiungendo la dignità di vescovo di Tripoli, un suo zio Yūsuf (Giuseppe) (v. G. Graf, Geschichte...,III, pp. 377 s.), fratello di sua madre maritata a un cugino Sham'ūn, altra forma araba (specificamente cristiana) del nome Simone, che sussiste nel patronimico latinizzato Simonio. E appunto dallo zio fu condotto fanciullo a Roma, e al primi del 1696 fu iscritto come alunno nel Collegio dei Maroniti (fondato nel 1584 da Gregorio XIII e tuttora vigente), dove compì l'intero corso di studi: dotato d'ingegno precoce e di tenace diligenza, ancora studente (1707 e 1708) compose in lingua araba alcuni manuali scolastici di grammatica siriaca e di logica, conservati manoscritti, nonché, in collaborazione col suo condiscepolo più anziano Simone Evodio (Sham'ūn 'Awwād), divenuto poi patriarca dei Maroniti, e ancora in arabo, un'estesa trattazione storico-canonistica sui patriarchi d'Oriente (manoscritta nel cod. Vat. siriaco 421: un breve saggio ne è pubblicato da I. N. Darauni, Series chronologica ... ).
Ordinato sacerdote e addetto alla Biblioteca Vaticana nel 1710 quale scrittore per il siriaco e l'arabo, nel 1715 fu inviato da papa Clemente XI in Egitto ad acquistarvi manoscritti orientali e greci: già qualche anno prima Elia Assemani, suo cugino, aveva compiuto una missione analoga, peraltro con risultato modesto. In meno di due anni e mezzo l'A., visitati dopo l'Egitto anche Cipro, Damasco, Aleppo, Tripoli e il Libano, raccolse varie centinaia di manoscritti di diverse lingue orientali: copti, etiopici, arabi, persiani, turchi, e, notevoli tra tutti per numero e impor~ tanza, siriaci, provenienti questi ultimi dal così detto Monastero dei Siri, ossia ìl monastero di S., Maria Deipara nel deserto di Scete a oriente del Nilo, i cui tesori letterari, già segnalati nel 1633 dal cappuccino francese Gilles de Loches (anche prima qualcuno di essi era entrato nella Vaticana per vie traverse e senza che alcuno ne sospettasse la provenienza), egli seppe abilmente farsi cedere in quantità rilevante dai monaci diffidenti (un altro cospicuo acquisto, come si sa, fu fatto nel sec. XIX a vantaggio del British Museum). Tornato a Roma all'inizio del 1717, l'A. provvide con alacrità straordinaria all'ordinamento dei nuovi codici e allo studio e all'illustrazione di quelli siriaci: ne risultò, entro undici anni, la grandiosa Bibliotheca Orientalis,in quattro grossi volumi in folio pubblicati rispettivamente negli anni 1719, 1721, 1725, 1728.
Nonostante la mole imponente, nell'intenzione dell'A. quest'opera doveva costituire soltanto la prima parte di una rassegna generale di tutta quanta la letteratura del vicino Oriente, cristiana e musulmana; in questa parte, dedicata per intero alla storia, all'organizzazione e alla letteratura della Chiesa siriaca nei tre rami ortodosso, monofisita e nestoriano, un immenso numero di testi fino allora sconosciuti o mal noti è pubblicato nell'originale e in traduzione, oppure minutamente analizzato, e dall'esame critico di essi risulta un'immagine completa e, precisa, per quanto lo consentiva lo stato degli studi e la mentalità storica del tempo, della costituzione e delle vicende di una delle più insigni province ecclesiastìche della cristianità. Se anche fin dal Rinascimento la lingua, la letteratura, la storia ecclesiastica siriache non fossero rimaste ignote all'Europa, dai primi conati di Teseo Ambrogio degli Albonesi alle ampie e mature pubblicazioni del maronìta Abramo Echellense che aveva anch'egli concepito una Bibliotheca Orientalis, tuttavia dall'opera poderosa dell'A. la loro conoscenza usciva completamente rinnovata; in alcune sue parti la Bibliotheca Orientalis può dirsi non ancora adeguatamente sostituita, nonostante la presenza di errori già più volte segnalati.
La rinomanza procurata all'A. da questa splendida prova di dottrina e di audace spirito d'iniziativa favorì la sua rapida ascesa: nominato fin dal 1721 beneficiario, poi canonico, della basilica di S. Pietro e più tardi prelato domestico (un elenco dei vari onori conferitigli durante tutto il corso della lunga vita si trova manoscritto, di mano del nipote Stefano Evodio Assemani, nel codice Vat. lat.8225, ff. 221 r-v), nel 1730 fu promosso dall'ufficio di scrittore per il siriaco e l'arabo nella Vaticana a quello di secondo custode, e il 3 genn. 1739 fu nominato primo custode: alta carica cui nessun orientale era mai salito prima di lui, né salì dopo, eccetto il suo nipote e successore immediato Stefano Evodio.
Una distrazione temporanea dall'impegno di studioso e di bibliotecario fu prodotta da un viaggio e un soggiorno in Oriente dal 1736 al 1738, in seguito all'incarico conferitogli da Clemente XII di presiedere in qualità di ablegato pontificio il sinodo nazionale della Chiesa maronita riunitosi nel Libano alla fine di settembre del 1736. Al compito difficile e delicato di risolvere complicate questioni di liturgia e di diritto atte a suscitare aspri contrasti l'A. si dedicò con zelo entusiastico, ma non gli riuscì di dirimere felicemente ogni difficoltà, sicché il successo della sua missione non fu completo. Ciò non nocque peraltro alla sua fama di erudito, la quale andò continuamente crescendo in conseguenza della sua fervida attività scientifica e amministrativa e delle sue relazioni con studiosi di ogni nazione: verso la metà del sec. XVIII egli era indubbiamente una delle personalità più cospicue dell'or'ientalismo internazionale. Dotato di straordinaria capacità di lavoro, di instancabile iniziativa, fisso nel proposito di fare della Vaticana un centro di studi e di pubblicazioni, oltre che un deposito di libri preziosi, divenne non solo promotore ma anche esecutore di imprese grandiose, cui la materia era prevalentemente fornita da manoscritti vaticani, taluna anche esorbitante dalla sua competenza specifica. Appunto perché soverchiamente ambiziose, tutte queste imprese rimasero incompiute, tranne la prima.
Prima infatti tra esse in ordine di tempo è l'edizione, con traduzione latina, delle opere di S. Efreni siro, i primi tre volumi della quale, comprendenti parte degli scritti conservati in versione greca, furono curati personalmente dall'A., mentre degli altri tre, in siriaco, si occuparono il gesuita maronita Pietro Benedettì (Mubārak) e il nipote Stefano Evodio; tanto l'edizione quanto la traduzione sono state severamente criticate in tempi più progrediti. Il Kalendarium Ecclesiae Universae non andò oltre i primi sei volumi, che trattano prolissamente di tutta quanta la storia della Chiesa slava, prendendo le mosse da un calendario illustrato su cinque tavole, creduto di venerabile antichità mentre in realtà appartiene al tardo sec. XVII (cfr. A. Muñoz, I quadri bizantini della Pinacoteca Vaticana provenienti dalla Biblioteca Vaticana,Roma 1928, p. 17 n. 83, tavv. XL, XLI, XLII: le tavole sono ora nuovamente nel Museo Sacro della Biblioteca). Negli Italicae Historiae Scriptores,interrotti bruscamente a mezzo un periodo, vol. IV, 728, l'A. si proponeva audacemente di fornire un supplemento all'opera di Muratori, al quale rimprovera di aver trascurato i manoscritti, vaticani; ma in realtà si tratta di un'estesa trattazione della storia medievale, speciahnente ma non esclusivamente ecclesiastica, dell'Italia meridionale giungente all'anno 828, in cui si fa largo uso (e in ciò ne consiste sopra tutto l'originalità) di fonti arabe, talune rivelate all'Occidente per la prima volta. Finalmente la Bibliotheca Iuris Orientalis èanch'essa, piuttosto che edizione di testi quale la farebbe supporre il titolo, una storia generale delle Chiese orientali, delle quali peraltro le sole trattate sono la greca e la maronita.
Ultima (penultima, se si badi alla data di pubblicazione della Bibliotheca Iuris Orientalis) impresa meditata e iniziata dall'A. fu il catalogo generale dei manoscritti della Biblioteca Vaticana. Di esso egli volle comparire soltanto collaboratore, attribuendo la parte principale nella sua redazione al nipote Stefano Evodio cui andava accortamente spianando la via alla successione; ma senza dubbio èdovuto prevalentemente a lui. Dei venti volumi contemplati, che dovevano descrivere tutti i manoscritti vaticani di ogni lingua, comparvero soltanto i tre primi: un volume degli ebraici, due volumi dei siriaci; questì' già ampiamente usati con abbondanti e lunghe citazioni nella Bibliotheca Orientalis, sono qui minutamente descritti in maniera sostanzialmente esatta; quelli, relativi a una lingua e a una cultura che l'A. aveva assai poco fanúliari, sono stati elaborati da suoi predecessori e collaboratori; dell'opera altrui eglì intendeva poi valersi per il catalogo dei manoscritti copti ed etiopici, cui sarebbe stato riservato il quinto volume (e naturalmente per i cinesi); né certo è da supporsi che sarebbe stato in grado di compiere da sé' o con la sola collaborazione del nipote, l'immane lavoro della descrizione dei codici greci e latini cui riservava rispettivamente quattro e dieci volumi. Sia a causa della composizione della Bibliotheca Iuris Orientalis sia per altri motivi la stampa del vol. IV riservato ai manoscritti arabi andò per le lunghe, ed era giunta solo a p. 80 al momento della morte dell'A.: tutto quanto lo stampato andò dìstrútto, salvo un'unica copia, nell'incendio scoppiato il 30 ag. 1768 nell'appattamento già occupato da lui, né l'impresa fu più proseguita; il manoscritto, del catalogo, scampato al fuoco, fu pubblicato nel 1831 da Angelo Mai, in Scriptorum Veterum Noua Collectio, IV, 2.
Sul finire della vita, nel 1766, l'A. fu consacrato vescovo titolare di Tiro.
Morì a Roma il 13 genn. 1768. Fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni Evangelista, del Collegio dei Maroniti, e il suo epitafio è pubblicato in I. N. Darauni Series chronologica...,p. 4(si trova anche, con varianti insignificanti, nel cod. Vat. lat. 8226, f. 32).
Tra i Maroniti egli èconsiderato la maggior gloria scientifica della loro nazione, e gli è stata eretta una statua nel villaggio nativo di Ḥaṣrūn. Indubbìamente ebbe intelligenza singolarmente pronta, e le sue cognizioni, nel campo dell'orientalismo e anche in altri, furono vastissime; i suoi lavorì, per lo più di gran mole, sono solidamente costrutti e razionalmente svolti, anche se talvolta siano prolissi e non annonicamente proporzionati. Incontestabfli sono i suoi meriti verso gli studi siriaci, e benefica fu la sua opera di ordinamento della Biblioteca Vaticana. Nelle postume accuse rivoltegli di sfruttamento del lavoro altrui, di scarsa probità scientifica, perfino di alterazione fraudolenta della scrittura in alcuni codici per favorire tesi a lui care vi è certamente una buona dose di esagerazione, per quanto alcune di esse risuffino fondate (cfr. per es. J.-B. Chabot, in Mémoires de l'Académie des Inscr. et Belles-Lettres,XLIII, 2, 18).
Un ritratto dell'A., tolto da un dipinto nel Collegio dei Maroniti, è riprodotto in I.N. Darauni, Series chronologica, e ripetuto nella rivista al-Machriq, XXV (1927), tra pp. 252 e 253; un altro, in caricatura, di Pier Leone Ghezzi, datato del 4 maggio 1739, si trova nel codice Ottoboniano lat.3117, f. 51, nella Biblioteca Vaticana (cfr. L. v. Pastor, Storia dei Papi, XV, Roma 1933, p. 384 n. 3).
Le opere maggiori dell'A. sono le seguenti: Bibliotheca Orientalis Clementino-Vaticana in qua manu scriptos codices... recensuit, digessit, et genuina scripta a spuriis secrevit, addita singulorum auctorum vita...,4. voll., Romae 1719, 1721, 1725, 1728 (in realtà 1730); S. Patris Nostri Ephraem Syri Opera omnia quae extant Graece, Syriace et Latine...,6 voll., Romae 1732-1746; Kalendarium Ecclesiae Universae...,6 voll., Romae 1750-1755; Italicae Historiae Scriptores. De rebus Neapolitanis et Siculis ab a. Chr. 500 ad a.1200 ex Bibliothecae Vaticanae et aliarum insignium Bibliothecarum mss codicibus collegit...,4 voll.,Romae 1752-1753; Bibliotheca Iuris Orientalis Canonici et Civilis..., 5 voll., Romae 1762-1766; Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codicum manu scriptorum Catalogus...Stephanus Evodius Assemanus archiepiscopus Aparneae et Joseph Simonius Assemanus... Partis primae tomus primus, complectens codices Ebraicos et Samaritanos,Romae 1756, e tomus secundus (tertius) complertens codices Chaldaicos sive Syriacos, Romae 1758 (1759).
Molti altri scritti minori dell'A., sia orientalistici sia di altra materia, a testimonianza della sua versatilità (per es. una Nuova Grammatica per apprendere agevolmente la lingua greca,2 voll., Urbino 1737; De sanctis Ferentinis in Tuscia Bonifacio ac Redempto..., Romae1745), sono elencati in Dict. d'Archéol. chrétienne,I, coll. 2976-2978; una nota manoscritta presso i suoi eredi contenente un lungo elenco di opere inedite che sarebbero perite nell'incendio del suo appartamento è pubblicato da A. Mai, Scriptorum Veterum Nova C0llectio III, 2, Romae 1828, pp. 166-168, e da I. N. Darauni, Series chronologica,pp. 4-11, ma è verosimile,che si tratti di progetti di lavori non mai eseguiti.
Bibl.: G. Graf, Geschichte der christlichen arabischen Literatur,III,Città del Vaticano 1949, pp. 444-455, con abbondante bibl., anche relativa a suoi scritti arabi, per lo più inediti, e a versi in siriaco; in Series chronologica patriarcharum Antiochiae per Iosephum Assemanum Syromaronitam (è l'opera giovanile menzionata sopra) nunc Primum ex codice Vaticano edita a p.Ioanne Notain Darauni..., Romae 1881, pp. 1-13, sono date notizie biogr. desunte in parte da nove documenti dell'Arch. della Basilica Vaticana, ma una biogr. completa, fondata su documenti d'archivio (alquanti se ne trovano nell'Arch. della Biblioteca Vaticana e nei codici Vat. Lat.8217, 8218, 8222, 8223, 8225, 8226, 8231, 8232, relativi alla direzione della Biblioteca e all'attività scientifica ed ecclesiastica dell'A., ma è verosimile che altri esistano altrove), e una valutazione sicuramente attendibile della sua opera mancano tuttora. V. anche Dict. d'Archéol. chrét. et de Liturgie, I, 2, coll. 2976-2978, ben informato sulla bibliografia, ma senza novità biografiche; P. Raphaël, Le róle du Collège maronite romain dans l'orientalisme aux XVIIe et XVIIIe siècles,Beyrouth 19501 pp. 123-136. Notizie autobiografiche si trovano in vari scritti dell'A. e particolarmente nell'introduzione alla Bibliotheca Orientalis.