SETTELE, Giuseppe
– Nacque a Roma il 30 dicembre 1770, unico figlio sopravvissuto di Xaver e di Therese Hipp. Sia il padre sia la madre appartenevano a famiglie di fornai di origine tedesca, trasferitesi a Roma nel XVIII secolo.
Destinato dal padre a seguire le sue orme, trascorse l’infanzia e l’adolescenza lavorando nel forno di famiglia, prima a Trastevere e poi in S. Agnese. Per dedicarsi allo studio, si avviò alla vita religiosa pur senza vocazione, favorito dai genitori, ferventi cattolici. Parallelamente intraprese la formazione in matematica e astronomia. Sembra che abbia studiato al Collegio Romano, ma il suo maestro e mentore fu Gioacchino Pessuti, lettore di matematiche alla Sapienza, che lo introdusse nelle coeve accademie scientifiche romane. Con Pessuti, Settele frequentò fin dalla fondazione l’Accademia Umbro-Fuccioli di fisico-matematica fondata da Feliciano Scarpellini nella sede dell’omonimo collegio all’Arco dei Ginnasi. Nel 1801, quando l’Accademia rinacque dopo la sconfitta della Repubblica Romana come Accademia dei Nuovi Lincei (di cui Pessuti era presidente e Scarpellini segretario), Settele fu tra i soci fondatori e, dal 1813, censore. Inoltre, fu un habitué degli ‘sternidì’, le riunioni del lunedì in casa dell’architetto Raffaele Stern, frequentate da Giuseppe Oddi, Giuseppe De Mattheis, Pessuti e Domenico Morichini.
Non si hanno altre notizie che lo riguardino prima del 24 giugno 1810, data di inizio del celebre Diario, la fonte più dettagliata sulla sua vita e su quella della Roma erudita a lui contemporanea.
Già nel 1798 Settele aveva iniziato a scrivere un diario, che fu ripreso dal 1800 fino al 1810 circa e poi distrutto per il timore di rivolgimenti politici. Il Giornale delle cose accadute a me..., e da me sentite, e vedute copre gli anni 1810-36 e si compone di 52 fascicoli, divisi in due volumi con un’appendice di 155 necrologi. L’opera, conservata presso il Rettorato della Sapienza, è tuttora inedita ed è nota solo per i regesti che ne hanno tratto Jole Vernacchia Galli (1984) e Paolo Maffei (1983).
Nel 1810 Settele era già lettore alla Sapienza – coadiutore di Pessuti per la cattedra di matematiche miste – e canonico alla collegiata dei Ss. Celso e Giuliano in Banchi. Nel marzo del 1813 fu nominato ‘provvisoriamente’ sulla cattedra di matematica applicata, avendo giurato fedeltà al governo imperiale francese (giugno 1812). Nel 1814, al ritorno del papa, ritrattò il giuramento e mantenne l’impiego in cambio di esercizi spirituali di riparazione. Malgrado il consistente aumento di stipendio, si trovò allora a fronteggiare gravi difficoltà economiche, avendo assunto in proprio la gestione del forno paterno, in forte passivo, e facendosi carico di diversi parenti bisognosi. Iniziò allora a impartire lezioni private a figli di commercianti e poi di aristocratici, tra i quali – dal novembre del 1817 – Napoleone Luigi Bonaparte, allora considerato il secondo aspirante all’Impero napoleonico dopo il re di Roma, al quale Settele insegnò matematica, architettura e disegno.
Dal 1818 fece parte della commissione pontificia per il riordinamento dei pesi e delle misure. Nel novembre del 1819 passò alla cattedra biennale di ottica e astronomia e a quella di elementi di matematica, da cui si dimise nel 1824. Accompagnava le sue lezioni teoriche di astronomia con esercitazioni pratiche, condotte sugli strumenti di proprietà di Scarpellini e con l’assistenza di questi.
Nel 1818 aveva pubblicato per i tipi dell’editore De Romanis il primo volume del suo trattato Elementi di ottica e astronomia. L’approvazione alla pubblicazione del secondo volume, dedicato all’astronomia e basato sul presupposto della verità della teoria copernicana, gli venne invece rifiutato dal maestro del Sacro Palazzo, Filippo Anfossi, sulla base del decreto emanato dalla Congregazione dell’Indice nel 1616.
Il rifiuto sollevò un caso di una certa risonanza anche sulla stampa estera, che portò alla luce l’ambiguità della posizione della Chiesa, che non aveva mai abrogato ufficialmente il decreto del 1616, pur riconoscendo l’attendibilità del copernicanesimo. Già dal 1758 il decreto generale riguardante i libri copernicani era infatti omesso dall’Indice, anche se non lo erano ancora le singole opere che ne erano state allora colpite (tra le quali il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei).
Nella battaglia contro Anfossi, Settele fu alleato – ironia della storia – con il S. Uffizio, al quale si era riusciti a fare devolvere l’esame del caso. Il S. Uffizio lo trattò secondo una linea intepretativa dettata dal commissario Maurizio Olivieri, anch’egli domenicano, che avrebbe permesso di affermare il movimento della Terra senza sconfessare il decreto e incrinare così la reputazione della S. Sede: il copernicanesimo non sarebbe stato condannato per ragioni teologiche ma a causa delle sue conseguenze assurde in filosofia naturale (in particolare i venti impetuosi che la rotazione della Terra avrebbe dovuto provocare), conseguenze non più attendibili alla luce delle scoperte successive (la gravità dell’aria, la gravitazione universale, l’aberrazione stellare). La congregazione accettò questa linea con il decreto del 6 agosto 1820. Di fronte alle resistenze di Anfossi, poi, con il decreto dell’11 settembre 1822 fu vietato, sotto minaccia di pene canoniche, a chiunque ricoprisse il ruolo di maestro del Sacro Palazzo di rifiutare l’imprimatur ai libri copernicani. Nel dicembre del 1820 Settele ottenne il permesso per la sua Astronomia e il libro fu finito di stampare nel gennaio del 1821. Per salvaguardare il prestigio della Curia romana le opere di Niccolò Copernico, Paolo Antonio Foscarini, Diego de Zuñiga, Galilei e Giovanni Keplero furono espunte dall’Indice solo nel 1835, per volontà di Gregorio XVI e senza alcun ulteriore giudizio sulla questione.
Dal 1823 gli interessi di Settele furono rivolti sempre di più all’archeologia, materia che lo aveva incuriosito fin dall’infanzia e alla quale si era già dedicato da dilettante. Nel 1813, per conto di Pessuti, aveva fatto parte di una commissione incaricata di studiare il problema dell’acqua nel Colosseo e aveva redatto un progetto per prosciugarlo (Vernacchia - Galli, 1984, p. 74). Nel 1815 aveva studiato un antico orologio solare trovato nel cimitero di S. Callisto con l’amico Francesco Peter; aveva scritto con lui, su questo argomento, una nota astronomica-archeologica (Memoria sopra la forma delle linee orarie indicanti le ore ineguali degli antichi sopra gli orologi solari, Roma 1816).
Interessato in particolare allo studio delle catacombe, il 24 aprile 1823 Settele fu nominato membro ordinario dell’Accademia romana di archeologia, che frequentava già dal 1816, e di cui divenne censore nel 1829. In quella sede tenne negli anni diverse orazioni, andate poi alle stampe sulle pagine degli Atti accademici. Fa eccezione l’Illustrazione di due iscrizioni trovate nella basilica di S. Paolo nella via Ostiense, pubblicata a sue spese a Roma nel 1831.
Nell’ottobre del 1824 divenne lettore di antichità cristiane nella cattedra appena istituita presso il seminario romano per iniziativa del cardinal vicario Placido Zelada e che egli avrebbe voluto invece alla Sapienza. La cattedra, dapprima facoltativa, divenne dal 1826 obbligatoria e triennale. Settele svolse regolarmente le lezioni teoriche e le visite didattiche, di cui raccolse i testi che donò manoscritti alla biblioteca del seminario (come il Trattato elementare di archeologia cristiana). Fu in seguito nominato aiutante di Felice Clementi alla custodia delle reliquie del Vicariato, lasciando il capitolo per un’abitazione privata. Settele inaugurò un interesse accademico-scientifico per le catacombe, che nel tempo e grazie alla sua scuola finì per soppiantarne la custodia di tipo devozionale (Heid, 2012). Nel 1838 avanzò al papa la proposta di togliere le lapidi antiche dai pavimenti delle chiese e spostarle nei loro portici e di creare un museo di antichità cristiane alla Sapienza. Sollevò inoltre la questione della raccolta museale delle iscrizioni catacombali, messa in atto da Giuseppe Gasparo Mezzofanti, custode della Biblioteca apostolica Vaticana, nel Museo cristiano Vaticano. Proseguì inoltre la compilazione dell’elenco dei nomi dei martiri cristiani rinvenuti nei sepolcri – dal 1° dicembre 1837 al 21 maggio 1839 – già avviata dai precedenti visitatori dei sacri cimiteri.
Nel 1837 ricevette dal capitolo di S. Pietro l’incarico dell’aggiornamento del Sacrarum Vaticanae Basilicae cryptarum monumenta (Roma 1773), illustrazione dei monumenti antichi e medievali delle Grotte vaticane, pubblicata da Filippo Antonio Dionisi. Settele associò in questa impresa Emiliano Sarti, scrittore per la lingua ebraica nella Biblioteca Vaticana e lettore di greco alla Sapienza. Il compito implicò da parte di entrambi un lavoro di attenta ispezione e scavo nei pavimenti dell’ipogeo vaticano, dal quale affiorarono nuovi importanti resti della tradizione cristiana e pagana (Pelliccioni, 1881a, pp. 76-78). L’opera – Ad Philippi Laurentii Dionysii opus de Vaticanis cryptis; appendix in qua nova cryptarum ichnographica tabula... – uscì a Roma nel 1840 a firma di entrambi i curatori, benché Settele avesse offerto soprattutto un contributo bibliografico, filologico e documentario.
Chiese nel 1840 la giubilazione dall’insegnamento per malattia. Morì a Roma il 6 marzo 1841 e fu sepolto nel cimitero teutonico presso la basilica di S. Pietro, entro le mura vaticane.
In assenza di eredi legittimi, lasciò i suoi beni ai canonici del capitolo dei Ss. Celso e Giuliano. Gli esecutori testamentari alienarono la sua cospicua biblioteca, che comprendeva alcune sue opere manoscritte (prevalentemente raccolte di iscrizioni). Lasciò il suo Diario all’amico Emiliano Sarti, che lo fece pervenire a Gaetano Pelliccioni e quindi a Giuseppe Cugnoni, rettore della Sapienza dal 1903-04, andando a costituire il fondo iniziale della biblioteca del Rettorato.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Congregazione degli Studi, bb. 438, 552; Trenta notai capitolini (notaio De Sanctis), testamento del 9 gennaio 1840; Università, bb. 138, 313, 974; Roma, Accademia nazionale dei Lincei, Archivio dell’Accademia dei Lincei, b. 1, f. 32; Archivio storico del Vicariato, S. Tommaso in Parione, Liber mortuorum, 1832-1863. La documentazione prodotta dal caso Settele è pubblicata in Copernico, Galilei e la Chiesa: fine della controversia. Gli atti del S. Uffizio, a cura di W. Brandmüller - E.J. Greipl, Firenze 1992. Per la storia della sua biblioteca manoscritta, cfr. S. Heid, G. S., in Personenlexikon zur christlichen Archäologie. Forscher und Persönlichkeiten vom 16. bis zum 21. Jahrhundert, a cura di S. Heid - M. Dennert, I, Regensburg 2012, p. 1160; per i manoscritti relativi all’opera sulle Grotte vaticane, cfr. G. Pelliccioni, Emiliano Sarti ed alcuni frammenti postumi degli studi di lui, Bologna 1881a; Id., Emiliano Sarti archeologo e orientalista, in Vite di Romani illustri, IV, Roma 1881b. Il manoscritto con l’elenco dei martiri cristiani, P. Combi, Actorum Custodiae SS. Martyrum tomus III ab anno 1814 usque ad annum 1852 (1864), è stato depositato nel 2016 in permanenza dal Pontificio Istituto di archeologia cristiana alla Biblioteca apostolica Vaticana.
G.B. De Rossi, La Roma sotterranea cristiana, I, Roma 1864, pp. 63 s.; G. Pelliccioni, Emiliano Sarti..., cit., 1881a, pp. 73-142; Id., Emiliano Sarti... cit., 1881b, pp. 61-112; G. Cugnoni, G. S. e il suo Diario, in La Scuola romana, IV (1886), 4, pp. 265-284; N. Spano, L’Università di Roma, Roma 1935, p. 342; G. Ferretto, Note storico-bibliografiche di archeologia cristiana, Roma 1942, pp. 299-303; R. Fausti, Miscellanea Historiae pontificiae, 1943, vol. 7, pp. 457-460; 1948, vol. 13, pp. 429 s.; Id., G. S., in Rivista di archeologia cristiana, 1949, vol. 25, pp. 206 s.; C. Carletti, G. S., in Enciclopedia cattolica, XI, Città del Vaticano 1953, s.v.; J. Vernacchia-Galli, L’ archiginnasio romano secondo il diario del prof. G. S., 1810-1836, Roma 1984; G. Settele, G. S., il suo diario e la questione galileiana, a cura di P. Maffei, Foligno 1987; Copernico, Galilei e la Chiesa..., cit., 1992; P.N. Mayaud, La condamnation des livres coperniciens et sa révocation à la lumière de documents inédits des Congrégations de l’Index et de l’Inquisition, Rome 1997; M. Finocchiaro, Retrying Galileo, 1633-1992, Berkeley 2005, pp. 193-221; A. Fantoli, Galileo e la Chiesa. Una controversia ancora aperta, Roma 2010, pp. 201-203; F. Beretta, L’affaire Settele, 1820-1835 «fine della controversia»?, in Il caso Galileo: una rilettura storica, filosofica, teologica, Convegno internazionale di studi... 2009, a cura di M. Bucciantini - M. Camerota - F. Giudice, Firenze 2011, pp. 387-402; S. Heid, G. S..., cit., 2012, pp. 1159 s.; E. Flaiani, L’Università di Roma dal 1824 al 1852. Docenti, programmi ed esami tra le riforme di Leone XII e quelle di Pio IX, Città del Vaticano 2012, pp. 16n, 27n, 33, 58n, 60, 61n, 66n, 84n, 284, 297.