SAPETO, Giuseppe
Missionario, orientalista e viaggiatore, al cui nome è particolarmente legato l'inizio dell'azione coloniale italiana nell'Africa orientale. Nato a Carcare (Genova) il 27 aprile 1811, a 18 anni entrò nell'ordine dei missionarî lazzaristi di S. Vincenzo e nel 1834 venne inviato alla casa che l'ordine teneva nel Libano. Passato poi in Egitto, ebbe occasione di incontrarsi coi fratelli D'Abbadie e a loro unitosi, penetrò per la via di Massaua in Abissinia dove fu più tardi aggregato alla missione che monsignor J. De Jacobis vi aveva istituito. Ammalatosi, dopo un soggiorno di qualche tempo in Egitto, fu rimandato nel 1851 in Abissinia insieme col padre G. Stella e vincendo le difficoltà dapprima oppostegli dalle autorità turche di Massaua, poté penetrare nel paese dei Bogos, dei Mensa e degli Habab oggi compresi nella Colonia Eritrea e fino allora rimasti fuori dagl'itinerarî dei viaggiatori europei. Nel 1857 mons. De Jacobis lo indusse ad accompagnare come interprete una missione che ras Negussiè, ribellatosi a Teodoro, inviava al papa e all'imperatore dei Francesi per sollecitarne gli appoggi. Fu quindi a Roma e a Parigi e ritornò in Etiopia accompagnandovi come guida ed interprete il conte Russel inviato da Napoleone III presso Negussiè che, in cambio dell'appoggio promesso, s'impegnava a fare alla Francia notevoli concessioni e a cederle la baia di Zeila. Concessioni che non ebbero effetto perché Negussiè fu vinto e ucciso da Teodoro. Svestito l'abito religioso che non si accordava troppo col suo spirito battagliero, onde ebbe a soffrire molte contrarietà (fu anche prigioniero di Teodoro e più volte minacciato di morte), lo troviamo nel 1860 in Francia, tenuto in considerazione per i suoi studî linguistici, ai quali si era applicato nel ventennio in Etiopia, onde fu nominato conservatore pei manoscritti orientali alla Bibliothèque Nationale di Parigi. Due anni dopo era a Firenze professore di arabo in quell'Istituto di studî superiori pratici e di perfezionamento, finché nel 1864 passò per lo stesso insegnamento all'Istituto tecnico di Genova dove rimase sino al suo collocamento a riposo nel 1891. Il suo prolungato soggiorno in Etiopia e le ripetute perlustrazioni compiute lungo le coste del Mar Rosso lo indussero a riconoscere la convenienza di un'azione dell'Italia su quelle coste in seguito all'apertura del Canale di Suez. Di questa necessità si fece fervente apostolo in seno al congresso delle camere di commercio italiane tenuto a Genova nel 1868 e presso il governo italiano, al quale propose l'acquisto di un lembo della costa africana del Mar Rosso e precisamente nella Baia di Assab. Proposta che il governo accettò in massima, facendola apparire come una privata iniziativa della Compagnia di navigazione Rubattino. Per le trattative di tale acquisto che doveva segnare il primo passo sulla via dell'espansione italiana in quella plaga del Mare Eritreo il S. fu ad Assab nel 1869 e nel 1879 sostenendo vivacemente una polemica contro i detrattori (Assab e i suoi critici, Genova 1879). Morì a Genova il 25 agosto 1895, oscuro e dimenticato. Oltre ai suoi numerosi scritti, rimasti in gran parte inediti, di carattere linguistico, ricordiamo l'opera Viaggio e Missione Cattolica fra i Mensa, i Bogos, e gli Habab (Roma 1855). I suoi manoscritti si trovano nella Biblioteca Vittorio Emanuele II di Roma.