SANFELICE, Giuseppe
– Nacque a Napoli il 9 ottobre 1662 secondogenito dei coniugi Camillo e Ippolita Gambardella, anche se di lui poi si disse essere il figlio illegittimo dello zio Alfonso.
Fu battezzato il 15 ottobre nella parrocchia cittadina di S. Maria d’Ogni Bene che si trovava vicino la chiesa della Ss. Trinità dei Pellegrini, nel quartiere ove la sua famiglia, come altri membri del ceto togato napoletano cui apparteneva, aveva da qualche decennio riposto la propria residenza.
Nel marzo del 1676 entrò come uditore di logica nel collegio della Compagnia di Gesù, avviandosi a intraprendere la vita religiosa tra le fila dei gesuiti. All’atto del conferimento della prima tonsura, il 3 maggio 1676, i genitori gli assegnarono un patrimonio del valore di 2400 ducati investiti sull’arrendamento del pane, che produceva la discreta rendita di 70 ducati l’anno.
Il suo cursus ecclesiastico previde tre anni di studi in filosofia nel collegio della compagnia, come allievo del padre lettore Giovanni Battista de Ciocchis, e due anni di teologia con i padri Antonio Palmieri e Luigi Albertini, oltre a un periodo di tirocinio svolto con l’insegnamento della dottrina cristiana nella parrocchia di S. Maria dell’Arenella, nell’immediato suburbio napoletano. Ascese agli ordini minori nel 1680, al suddiaconato nel novembre del 1683 e, infine, al sacerdozio il 28 agosto 1685.
Formatosi negli studi e spiritualmente negli anni in cui a Napoli maturava la cosiddetta rivoluzione intellettuale in un clima di palese contrapposizione tra la cultura clericale e quella giurisdizionalista marcata nei suoi aspetti più significativi da una forte polemica antigesuitica, Sanfelice legò il suo nome all’aspro confronto che alla fine degli anni Venti del XVIII secolo lo vide contrapposto a Pietro Giannone e al partito ministeriale napoletano.
La pubblicazione nel 1723 dell’Istoria civile del Regno di Napoli di Giannone aveva rappresentato l’acme di un lungo processo di maturazione della coscienza ‘nazionale’ napoletana in stretta correlazione con una concezione più moderna e laica dell’autonomia dello Stato dalle prerogative ecclesiastiche. In essa prendevano corpo alcune grandi eredità europee e modelli storiografici e politici dal Rinascimento fino ai politiques e al giansenismo; fu pertanto accolta immediatamente con grande favore da parte degli Eletti della capitale e del ceto dei togati, e con almeno altrettanta ostilità da parte delle autorità ecclesiastiche, al punto da diventare l’oggetto di una fiera battaglia politico-culturale che subito travalicò i confini napoletani.
Nel 1728, quando già la fama dell’Istoria civile aveva raggiunto il livello europeo, e in Italia erano apparse diverse sue confutazioni più o meno blande, Sanfelice pubblicò a Roma, con la falsa indicazione di Colonia come luogo di stampa e con lo pseudonimo di Eusebio Filotrapo, le sue Riflessioni morali, e teologiche sopra l’Istoria civile del Regno di Napoli, un duro atto d’accusa dell’opera giannoniana, tacciata di incompetenza nelle scienze ecclesiastiche e di audacia nei confronti dello Stato e della religione.
I gesuiti distribuirono il libro a Napoli in centinaia di copie, adoperandosi per venderlo anche nella portineria del loro collegio Massimo al Gesù Vecchio. Ne fecero uscire una recensione sulla Gazzetta di Napoli, finendo con l’alimentare nel dibattito pubblico, da un lato, il tradizionalismo più aggressivo, dall’altro, l’anticurialismo più radicale. Gli esponenti di spicco del gruppo giannoniano si organizzarono immediatamente. Niccolò Fraggianni e Gregorio Grimaldi ne fecero una prima puntuale lettura critica. L’abate Biagio Garofalo fornì ai membri del Consiglio del collaterale l’elenco di tutte le proposizioni contenute nell’opera che potevano essere considerate «lesive delle ragioni de’ Principi» e della giurisdizione regia e, sulla base di questo sommario, la questione fu portata all’attenzione del viceré di Napoli conte Aloys Thomas Raimund von Harrach. Il Collaterale istruì la discussione del caso il 4 aprile 1729 con una relazione affidata al delegato della Real Giurisdizione Gaetano Argento. Il 10 aprile con una consulta a firma dello stesso viceré e dei consiglieri Tommaso Mazzacara, Adriano Ulloa e Fraggianni il libro di Sanfelice fu censurato, con l’ordine di sequestro di tutte le copie giacenti nelle librerie del regno e il suo autore fu bandito dal reame e dagli altri Stati di pertinenza della medesima Corona di Vienna, onde evitare anche ulteriori emulazioni.
Sanfelice si difese dalla censura ricevuta con un altro scritto che pure fece stampare a Roma, con la falsa indicazione di Colonia come luogo di stampa, in cui tornò a difendere le ragioni ecclesiastiche e la dignità della Chiesa «offese dalla enormità degli errori che pubblica[va] quell’Autore» (Difesa del libro delle Riflessioni..., 1728, p. 30). Alle Riflessioni di Sanfelice, che a differenza di altri precedenti attacchi curiali si presentavano come un lavoro ben più articolato e problematico per l’acutezza di molte argomentazioni e gli espliciti e circostanziati riferimenti al rapporto tra il giansenismo e Giannone, quest’ultimo volle replicare. Durante la villeggiatura a Perchtoldsdorf, nei dintorni di Vienna, dove da tempo era riparato dopo la messa al bando da parte della censura ecclesiastica dell’Istoria civile, nel 1731 Giannone scrisse la Professione di fede [...] al P. Giuseppe Sanfelice.
Il testo, ispirato alle grandi opere dei giansenisti contro i gesuiti e soprattutto alle Lettres provinciales di Blaise Pascal, metteva in luce i limiti della morale gesuitica, facendo emergere, per contrasto, una coraggiosa e originale religione laica. Esso conobbe una vasta fortuna, testimoniata da un’imponente circolazione manoscritta, e segnò la definitiva rottura del suo autore con la Chiesa cattolica.
Sanfelice, che della radicalizzazione di quello scontro era stato il responsabile più o meno consapevole, a seguito del bando di proscrizione emanato dal Collaterale nel 1729 non poté più fare ritorno a Napoli. Morì a Roma, nel collegio della Compagnia di Gesù, in una data imprecisata del 1737.
Opere. Riflessioni morali, e teologiche sopra l’Istoria civile del Regno di Napoli esposte al pubblico in più lettere familiari di due amici da Eusebio Filopatro e divise in due tomi, Colonia [Roma] 1728; Difesa del libro delle Riflessioni sopra l’Istoria di Pietro Giannone dalle censure fattegli contro in Napoli, Colonia [Roma] 1728.
Fonti e Bibl.: Napoli, Archivio storico diocesano, Sacra Patrimonia, 200/3393; Archivio di Stato di Napoli, Consiglio Collaterale, Consulte, 9, cc. 22r-42v.
P. Giannone, Professione di fede. Scritta da Pietro Giannone, al P. G. S., gesuita dimorante in Roma, per la cui santità, fervoroso zelo, e calde esortazioni si è il medesimo convertito a quella credenza, ch’egli inculca nelle sue Riflessioni morali e teoligiche [sic], con i dubbi propostoli intorno alla sua morale, s.l. né d. [Venezia 1735]; Id., Vita..., con l’aggiunta di altre opere postume, Napoli 1770, pp. 73-81; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, VII, Paris-Bruxelles 1890, coll. 567 s.; G. Ricuperati, L’esperienza civile e religiosa di Pietro Giannone, Milano-Napoli 1970, pp. 309, 314 s., 346, 348, 351, 370, 374, 496-498; R. De Maio, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna (1656-1799), Napoli 1971, pp. 19, 70, 107, 182, 302, 323 s., 336; G. Ricuperati, La città terrena di Pietro Giannone. Un itinerario tra ‘crisi della coscienza europea’ e illuminismo radicale, Firenze 2001, pp. 16, 21, 63 s.; G. Galasso, Storia del Regno di Napoli, III, Il Mezzogiorno spagnolo e austriaco (1622-1734), Torino 2006, pp. 985-987; M. Sabato, Poteri censori. Disciplina e circolazione libraria nel Regno di Napoli fra ’700 e ’800, Galatina 2007, pp. 54, 166 s.; M. Montano, L’esperienza carceraria di Pietro Giannone e le “Lettres provinciales” di Pascal, in L’Acropoli, XVIII (2017), 1, pp. 71-85.