PIANELL, Giuseppe Salvatore
PIANELL, Giuseppe Salvatore. – Nacque a Palermo il 9 novembre 1818 da Francesco e da Cirilla Iannelli.
Il padre, figlio di un funzionario dell’amministrazione militare borbonica e di una esponente della nobiltà siciliana, era determinato a consentirgli una rapida carriera nell’esercito del Regno delle Due Sicilie e, a tale scopo, gli comprò un brevetto da capitano nei reggimenti siciliani di nuova costituzione.
La creazione di una forza nazionale efficiente e leale al trono era al centro della restaurazione dello Stato meridionale: l’esercito napoletano aveva dato buona prova nel decennio napoleonico, ma era uscito a pezzi dalla breve esperienza costituzionale. La sua ricostruzione, dopo il 1821, andò di pari passo con la conclusione della presenza austriaca.
In questo contesto, nel 1828 Pianell entrò nel collegio della Nunziatella: la scuola militare napoletana stava diventando, insieme all’Università della capitale borbonica, uno dei luoghi principali di formazione delle élites del Regno. In quegli anni, fra gli allievi comparivano Carlo Mezzacapo, Carlo Pisacane, Enrico Cosenz, Matteo Negri, Paolo de Sangro di Sansevero e molti altri che sarebbero diventati famosi tra i militanti della rivoluzione italiana o tra i più decisi difensori dell’indipendenza napoletana.
Negli anni Trenta il nuovo re, Ferdinando II, puntò sulla professionalizzazione dell’esercito per spezzare definitivamente l’accordo fra militari e liberali che aveva determinato la crisi dell’estate del 1820, trasformando l’armata in un solido pilastro del trono. Il giovane siciliano Pianell, che era considerato tra gli ufficiali più promettenti, si inserì in questo processo. Uscì dalla Nunziatella con il grado di capitano (i suoi colleghi normalmente avevano quello di alfiere) e fu destinato a un battaglione di cacciatori, le truppe scelte – insieme ai mercenari svizzeri – dell’esercito delle Due Sicilie. Nel 1846 fu nominato maggiore, al comando del I battaglione cacciatori; poco dopo iniziò la rivoluzione. L’esercito napoletano aveva una solida consistenza, ma i suoi principi costitutivi lo destinavano quasi esclusivamente alla sicurezza interna. Pianell e il suo reparto erano nel corpo del generale Guglielmo de Sauget, al quale fu affidato il compito di reprimere l’insurrezione palermitana del gennaio 1848. Si distinse e fu ferito, ma l’esito dell’intervento fu disastroso. Inoltre, se i militari di truppa restarono sempre fedeli alla dinastia, tra gli ufficiali emersero i segni delle contraddizioni che avrebbero contribuito all’implosione dello Stato meridionale. Alcuni colleghi di Pianell come Francesco Orsini e Giacomo Longo passarono con gli insorti in Sicilia, altri come Enrico Cosenz o Camillo Boldoni seguirono Guglielmo Pepe a Venezia.
Il nuovo esercito napoletano di Ferdinando II non era quello panimperiale del decennio francese o l’armata liberaleggiante del 1820, ma un corpo esclusivamente legato alla dinastia, impegnato a reprimere rivolte, a differenza di quello piemontese che nel 1848 iniziava le campagne che portarono all’unificazione italiana. Il cursus di Pianell testimoniava questi contrasti. Al giovane comandante, ristabilitosi dopo la ferita, fu affidato il comando del presidio di Cosenza, una roccaforte dei settori più radicali del liberalismo meridionale. Dopo la crisi del 15 maggio 1848, nelle province calabresi iniziò l’insurrezione. In un primo momento Pianell contribuì al disarmo della gendarmeria, un corpo tradizionalmente fedele al re, e alla formazione del governo provvisorio, composto dalle varie correnti liberali. Fu subito richiamato a Napoli e posto agli arresti. Liberato poco dopo, fu aggregato alla colonna mobile del generale Ferdinando Lanza, destinata proprio a reprimere le rivolte in Calabria. Il giovane ufficiale Pianell si mostrò capace e deciso, riabilitandosi agli occhi dei superiori.
Conclusa la campagna, fu assegnato al comando del vecchio generale murattiano Carlo Filangieri, che doveva riconquistare Messina, il centro strategico meridionale. Pianell fu in prima fila nelle sanguinose giornate che portarono alla resa della città. Partecipò poi a tutta la campagna di Sicilia e fu ferito nell’assalto a Catania. Alla fine della spedizione si era guadagnato le maggiori decorazioni borboniche (la croce di S. Ferdinando e la croce ufficiale di S. Giorgio della Riunione, oltre che la medaglia d’oro), il grado di colonnello e il comando di un reggimento di linea nella piazzaforte di Gaeta. Nonostante tutto questo, il re e il suo circolo più ristretto lo guardavano con sospetto (il conte di Trani – Luigi di Borbone – era, nella famiglia reale, il più ostile verso il rampante ufficiale siciliano). In un caso, che all’epoca fece scalpore, Ferdinando II accolse alcune lamentele sul suo operato, condannandolo a due settimane di relegazione. Pianell incarnava un modello di militare efficiente, impegnato nel miglioramento dell’esercito, e allo stesso tempo, un settore delle élites napoletane sospettose verso le reali potenzialità di consolidamento della dinastia.
Negli ultimi anni del Regno delle Due Sicilie giunse ai vertici della carriera, con il grado di brigadiere generale, e della società napoletana, sposando Eleonora, figlia del conte Giuseppe Costantino Ludolf, uno dei diplomatici più influenti a corte e negli ambienti importanti della capitale (il che facilitò, nel 1856, la sua nomina a conte). La campagna siciliana lo aveva inserito nel circolo di Filangieri. Questi, dopo la morte di Ferdinando II, lo aiutò a conseguire i maggiori incarichi. Il nuovo re, Francesco II, spesso seguiva i consigli del vecchio generale. Nell’autunno del 1859 Pianell fu posto al comando di un corpo mobile che doveva sorvegliare la frontiera degli Abruzzi, il territorio più esposto del Regno: la guerra nella Valle padana e le insurrezioni in Italia centrale rimettevano in discussione l’equilibrio della penisola. Il generale fu promosso maresciallo di campo, ma la sua corrispondenza privata testimoniava sfiducia nella sopravvivenza dello Stato borbonico. Nella primavera del 1860 la spedizione garibaldina provocò la crisi definitiva. Francesco II concesse lo Statuto e formò un ministero costituzionale. Pianell, considerato di simpatie liberali, fu nominato responsabile del dicastero della Difesa.
Il governo rinunciò alla riconquista della Sicilia, mantenendo solo le piazzeforti indicate dal neoministro, e tentò un improbabile accordo con il Piemonte. Il generale si propose come garante della difficile coesistenza fra il governo costituzionale e l’esercito, in buona parte assolutista. Ancora una volta infatti, se le truppe erano largamente fedeli al re, gli ufficiali erano divisi. Pianell era stretto fra coloro che erano convinti della inutilità della difesa del Regno (e in qualche caso dell’opportunità di passare con i potenziali vincitori) e le critiche dei militari lealisti, accentuate dai sospetti degli ambienti assolutisti e dello stesso monarca.
Alla prova dei fatti, la politica autonomista si dimostrò un fallimento. Il governo non era capace di scegliere una linea credibile, il ministro Liborio Romano era in diretta corrispondenza con i rivoluzionari, il re non si decise a cambiare politica assumendo il potere direttamente, né a raggiungere l’armata sul campo. L’esercito fu la vittima di questa confusione e, per molti, Pianell fu il principale responsabile. Giuseppe Garibaldi era sbarcato in Calabria, sostenuto dalle rivolte nelle province. Il ministro non volle un comando centralizzato sul posto, mentre i nuovi ufficiali al vertice delle brigate si dimostrarono deboli e indecisi. Gli aiuti organizzati dallo stesso Pianell (che doveva guidarli) non partirono da Napoli per timore di un fantomatico sbarco nella capitale. In due settimane le truppe borboniche in Calabria si sbandarono. Furono i giorni decisivi per il crollo del Regno. Il ministro registrò la totale mancanza di fiducia tra il sovrano e il ministero, l’esercito e la guardia nazionale. Propose un piano di battaglia, ma fu ricoperto di critiche e pesanti insinuazioni. Alla vigilia dell’abbandono della capitale, decise di dimettersi e di lasciare Napoli, scrivendo al re che la sua presenza era incompatibile con gran parte degli ambienti vicini al monarca. Sottovalutò però la volontà di resistenza di Francesco II e, come molti altri ufficiali e soldati, non seguì l’esercito sul Volturno. Si recò invece a Parigi dove restò fino alla resa di Gaeta. Il suo fallimento testimoniò le contraddizioni dei vertici politici e militari del regime borbonico.
Subito dopo, Pianell chiese di entrare nell’esercito italiano, una scelta condivisa da una parte importante dell’ufficialità napoletana. Dopo un colloquio con Cavour e i principali esponenti dell’armata, fu immediatamente assorbito negli alti gradi, ma continuò a rappresentare una figura controversa della crisi meridionale. Nel mondo dei legittimisti italiani ed europei il generale, insieme ad Alessandro Nunziante, diventò il simbolo negativo della crisi delle Due Sicilie: erano considerati i ‘traditori’ che avevano abbandonato il re e determinato la fine dell’indipendenza napoletana. Tra gli unitari, Pianell era per i cavouriani l’emblema dell’integrazione dei meridionali nel nuovo Stato italiano, per i garibaldini un caso di opportunismo. Ciononostante, la sua carriera continuò con successo: ebbe il comando delle divisioni di Forlì e poi di Alessandria, decorazioni e onorificenze. All’inizio della terza guerra d’indipendenza fu collocato al comando di una divisione, all’interno di un esercito composto oramai da elementi provenienti da tutte le regioni italiane. Critico verso lo schieramento deciso dai vertici militari, partecipò alla battaglia di Custoza con maggiore perizia di altri ufficiali piemontesi. Quando iniziò il ripiego, assunse la guida del suo corpo d’armata (il generale Giovanni Durando era stato ferito) e comandò il contrattacco che impedì agli Austriaci di aggirare la linea di ritirata della principale formazione italiana.
Finita la terza guerra d’indipendenza, la sua ascesa continuò con notevoli risultati: fu nominato generale di corpo d’armata e decorato con la gran croce dell’Ordine militare di Savoia, oltre che eletto deputato nel maggio 1867 in rappresentanza del secondo collegio di Napoli nelle fila della Destra storica. Nel novembre 1871 fu nominato senatore e successivamente comandante del Dipartimento militare di Verona, considerato il più importante d’Italia perché collocato sulla frontiera con l’Austria-Ungheria.
Alla fine della sua carriera Pianell era tra i più importanti esempi di successo delle élites napoletane nella nazione italiana: giunto ai massimi vertici dello Stato, fu celebrato in importanti occasioni all’estero (anche in Austria e nella Germania imperiale) o con onorificenze quali il collare della SS. Annunziata. Nello stesso tempo era il bersaglio principale dei vecchi difensori delle Due Sicilie, al centro di polemiche pubblicazioni di veterani dell’esercito borbonico, che continuarono anche quando la moglie, dopo la morte di Pianell, pubblicò alcune sue memorie e un epistolario. Questa lacerazione lo accompagnò fino agli ultimi giorni: era gravemente ammalato quando Francesco II chiese di lui al cognato del generale. Questi rispose rivendicando ancora una volta la sua innocenza per i fatti del 1860.
Morì a Verona il 5 aprile 1892.
Opere. Le grandi manovre autunnali del II corpo d’esercito nell’anno 1869. Istruzioni alle truppe e rapporto al ministero della Guerra, del luogotenente generale conte P., Firenze 1870; Le grandi manovre. Istruzioni, ricordi ed osservazioni generali ad uso degli ufficiali, Verona 1871; Le grandi manovre autunnali del II corpo d’esercito nell’anno 1870. Rapporto del luogotenente generale conte P. a S. E. il Ministro della Guerra, Firenze 1871; Le grandi manovre dell’anno 1871. Rapporto del luogotenente generale conte P., Roma 1872; I corpo d’armata di manovra. Ordine del giorno generale n. 1, Verona 1878; Relazione sommaria sulle esercitazioni d’assedio intorno a Verona nel luglio 1887, Roma 1887.
Fonti e Bibl.: Lettere a e di Pianell, oltre che materiali a stampa e iconografici, sono conservati in Archivio di Stato di Napoli, Fondo Borbone; Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Fondo Cosenz; Fondo Archivio. Fondamen-tali per la ricostruzione delle vicende biografiche di Pianell sono i carteggi e la produzione memorialistica sua e delle moglie pubblicati sia a pochi anni dalla morte, sia di recente: Lettere del generale P. e Ricordi familiari, a cura di E. Pianell Ludolf, Napoli 1901; Il generale P. Memorie (1859-1892), Firenze 1902; E. Ludolf Pianell, Le vicine tempeste. Diario degli anni 1860-61, a cura di C. Gallo, illustrazioni di M. Isolani, Zevio 1995; I diari di Eleonora Ludolf Pianell (1863-1891), trascrizione dal manoscritto a cura di F. Bellavigna, in Archivio storico per le province napoletane, CXXII (2004), pp. 605-704; ibid., CXXIII (2005), pp. 507-568; ibid., CXXIV (2006), pp. 605-668. Inoltre: S. Carbonelli di Letino, Lettera all’onorevolissimo signore luogotenente generale P., Napoli 1871; G. Ferrarelli, Lettere del generale P. e ricordi familiari, Roma 1901; F. Lampertico, Il generale P., Firenze 1901; L. Quandel-Vial, Annotazioni al libro Lettere del generale P. e Ricordi familiari in quanto si riferisce in esso per gli avvenimenti calabri del 1860, Napoli 1901; G. de Felissent, Il generale P. e il suo tempo, Verona 1902; C. Corsi, Confutazioni alle lettere del generale G.S. P. e ricordi familiari della contessa Eleonora Ludolf-Pianell ed all’opera Il generale P. e il suo tempo del capitano Giangiacomo Felissent, Napoli 1903; G. Salvemini, Il generale P. nella crisi napoletana del 1860, Messina 1904; T. Battaglini, Il generale P. in Abruzzo nel 1859-60, Città di Castello 1913; S. Pagano, Il generale P. e l’addestramento delle truppe, Roma 1915; C. Fettarappa Sandri, Il generale S. P., Milano, 1938; T. Battaglini, Il crollo militare del Regno delle Due Sicilie, Modena 1939, ad ind.; R. Moscati, La fine del Regno di Napoli. Documenti borbonici del 1859-60, Firenze 1960, ad ind.; A. Saladino, L’estrema difesa del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1960, ad ind.; T. Argiolas, Storia dell’esercito borbonico, Napoli 1970, pp. 110 s., 117-119, 145, 172; J. Whittam, Storia dell’esercito italiano, Milano 1979, pp. 140 s.; G. Boeri - P. Crociani - M. Fiorentino, L’esercito borbonico dal 1830 al 1861, I-II, Roma 1998, ad indices; G. Galasso, Il Mezzogiorno borbonico e risorgimentale (1815-1860), Torino 2007, ad ind.; C. Pinto, La guerra del ricordo. Nazione italiana e patria napoletana nella memorialistica meridionale (1860-1903), in Storica, XVIII (2012), 54, pp. 45-76; Id., La nazione mancata. Patria, guerra civile e resistenza negli scritti dei veterani borbonici del 1860-61, in Antirisorgimento. Appropriazioni, critiche, delegittimazioni, a cura di M.P. Casalena, Bologna 2013, pp. 87-125; Camera dei deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/ deputato/giuseppe-salvatore-pianell-18181109#nav (6 marzo 2015); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9. senato.it/Web/ senregno.NSF/P_l2?OpenPage (6 marzo 2015).