SALVADORI, Giuseppe
– Figlio di Antonio e di Caterina Tosi, nacque il 23 novembre 1786 a Venezia, città nella quale visse e operò.
Brillante disegnatore fin dall’infanzia, si aggiudicò nel 1802 il primo premio al concorso per l’ammissione all’Accademia di belle arti, dove studiò architettura sotto la guida del pittore quadraturista David Rossi. Nel 1807, non ancora ventunenne, cominciò da apprendista la sua lunga carriera di tecnico presso la Municipalità, appena istituita dal governo francese. L’anno successivo fu anche assistente di Giannantonio Selva, il principale esecutore dei piani napoleonici. Si occupò di rilievi, ispezioni, preventivi per lavori edilizi e poi della manutenzione dei fabbricati militari, fino a quando, nel 1817, fu assunto come ingegnere d’ufficio, restando di fatto l’unico responsabile del settore.
L’inizio della Restaurazione coincise anche con la difficile ripresa dei lavori di manutenzione urbana, la cui interruzione aveva aggravato il già pessimo stato di decadenza economico-sociale e di degrado igienico-edilizio della città. Così, dal 1818, Salvadori cominciò a occuparsi di acque e strade, secondo piani di lavoro ed elenchi di priorità da lui stesso definiti. Progettò e coordinò, in modo costante e prolungato, interventi di scavo dei canali, di ricostruzione delle sponde e ripavimentazione di calli e rive. Sua fu anche un’ipotesi di rialzo del piano stradale di piazza S. Marco per la difesa dall’acqua alta (1829). Si dedicò particolarmente al restauro e alla costruzione di ponti, definendo una nuova tipologia di manufatti ad arcata semiellittica e con scalinate più agevoli alla percorrenza (Romanelli, 1977). Tra questi: il ponte in pietra della Veneta marina lungo la riva sul bacino di S. Marco (1823) e il ponte Donà alle Fondamenta nuove (1827).
Per far fronte a simili operazioni, alquanto intense durante gli anni Venti, chiese più volte un rafforzamento dell’organico che, sebbene a fatica, portò alla costituzione di un primo vero servizio tecnico municipale di cui fu nominato direttore nel 1826 «non essendovi [...] costruzione ricorrente in questa città che il signor Salvadori non abbia avuta occasione di trattare» (Sorteni, 2001, p. 66).
Nello stesso anno due importanti compravendite riguardarono il Comune: l’acquisto di palazzo Farsetti che, adattato da Salvadori, diventò nel 1827 la sede definitiva del Comune e l’acquisizione dell’isola di San Michele per farne parte integrante del cimitero cittadino, già creato nell’adiacente isola di San Cristoforo ma ormai insufficiente. Alla lunga vicenda del camposanto, che non riuscì a vedere conclusa, egli contribuì con una serie di apporti: da un primo progetto, non realizzato, per l’ampliamento della struttura a San Cristoforo (1817), a una seconda proposta di estensione della stessa isola, da collegare a San Michele con un ponte ligneo (1833), per finire con l’eseguito interramento del rio tra le due isole, unite così in un’unica superficie (1839).
Accanto al risanamento e alla viabilità, pressante era anche l’esigenza di garantire alla popolazione adeguati servizi pubblici e di razionalizzare quelli esistenti. Tale necessità trovò positive risposte a partire dalla metà degli anni Trenta, grazie al miglioramento delle condizioni economiche.
Da allora Salvadori si dedicò alla riconversione funzionale delle preesistenze e alla progettazione di nuove attrezzature. Già nel 1825 studiò la ristrutturazione del monastero di S. Lorenzo per farne sede della Casa d’industria, istituzione preposta ad accogliere e far lavorare i veneziani indigenti. Come questo, però, anche i successivi progetti del 1833 e 1835 non ebbero alcun risvolto pratico, al pari del suo progetto per un mercato del pesce a Rialto (1838).
Di maggior fortuna beneficiò la proposta di unificare in un’unica struttura, situata nell’area periferica di San Giobbe, le disordinate e malsane attività di macellazione presenti in città. Iniziata nel 1832, l’intricata operazione di accorpamento immobiliare e l’altrettanto complessa nuova edificazione si concluse nel 1843 (Ferro, 2006).
Specifica attenzione fu riservata anche all’edilizia scolastica, settore nel quale egli si impegnò con successo, ristrutturando e adattando numerosi complessi, tra i quali il convento di S. Caterina, radicalmente rimaneggiato tra il 1832 e il 1842, il convento di S. Giovanni in Laterano – destinato nel 1840 a scuola normale maschile, dopo le sue proposte degli anni Trenta – e il prestigioso, ancorché cadente, palazzo Foscari, acquistato dal Comune nel 1845 e da lui adattato a sede per le scuole tecniche (1846-52).
Divenuto «uno dei principali attori nel mercato immobiliare» (Donaglio, 2001, p. 316), il Comune acquisì fabbricati anche a scopo di parziale o totale demolizione per dar corso a sistemazioni viarie che interessarono le zone centrali della città. In tal caso il contributo di Salvadori si limitò per lo più all’elaborazione di ipotesi di intervento, alcune delle quali ebbero concreta realizzazione solo in epoca a lui successiva.
In quegli anni la spinta alla modernizzazione della città passò anche attraverso l’adozione di nuovi materiali e di nuove tecniche costruttive, quali le strutture in ghisa di cui egli fu interprete e sostenitore, come dimostrato dalla realizzazione in ferro del ponte Pinelli ai Ss. Giovanni e Paolo (1851-52) firmato con Ferdinando Terrazzani. Non a caso uno dei suoi ultimi atti alla direzione dell’Ufficio fu l’assenso, nel 1852, al progetto dell’ingegnere Alfredo Enrico Neville per il secondo ponte sul Canal Grande che, fabbricato in ghisa a campata unica e piano rettilineo, entrò in funzione nel 1854. Salvadori contribuì così a chiudere una trentennale vicenda da lui stesso innescata con un primo progetto nel 1823, cui seguirono nel 1838 altre due diverse versioni – in ferro e in pietra – per giungere all’elaborazione anche di un’alternativa tramite tunnel subacqueo (1843-45).
Per motivi di salute mise fine, nel dicembre del 1852, ai suoi trentacinque anni di servizio ufficiale. La sua definitiva uscita dalla scena pubblica avvenne, però, nel 1857, allorché abbandonò anche il suo ruolo attivo nel Consiglio dell’Accademia di belle arti, dove sedeva, presumibilmente, dalla scomparsa di Selva nel 1819.
Dal matrimonio con la veneziana Maria Gioseffa Calvi ebbe quattro figli: Antonio, Pietro, Vettore e Guido, nati tra il 1817 e il 1822.
Morì a Venezia il 2 febbraio 1858.
Ancora manca un regesto dei progetti di Salvadori, al quale vanno ascritti anche lavori su committenza privata: la ricostruzione, nel 1834, del teatro Grimani, allora rinominato Emeronittio – poi riedificato e oggi noto come teatro Malibran – e la realizzazione di un sacello per la chiesa di S. Tomà durante i primi anni Quaranta. Sebbene un’ampia rassegna sia fornita da Giandomenico Romanelli (1977, 1988), per ora rimane valida la segnalazione di Stefano Sorteni (2005) secondo il quale «tra il 1817 e il 1853 sono 338 i documenti relativi a rii, ponti e conduttori sotterranei nei quali figura Giuseppe Salvadori, come autore principale o come coautore: [resta invece] ancora da definire la quantità di documenti relativi ad attività nel campo edilizio» (p. 84).
Fonti e Bibl.: Venezia, Archivio storico del Comune (Campo della Celestia), Archivio municipale di Venezia; Casa d’industria; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codice Cicogna, 3357/2, S. G., lettera dell’ing. Giovanni Casoni sul gesso cavato dal dossale della presunta cattedra di S. Pietro a Castello; Epistolario Cicogna, n. 1017/4, S. G. 4 lettere alfabetate; Misc. P. D., 589 C/C4XXXV; S. G. lettere aut. ad Ant. Diedo e minute di risposta; Venezia, Gabinetto disegni e stampe del Civico Museo Correr.
G. Romanelli, Per G. S. architetto, in Bollettino del Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, XV (1973), pp. 437-445; Id., Venezia Ottocento, Roma 1977, Venezia 1988, ad ind.; 1780-1830 Venezia nell’età di Canova (catal.), a cura di E. Bassi et al., Venezia 1978 (in partic. G. Romanelli, La città: architettura e servizi, pp. 301-311; schede, pp. 286 s., 292, 295, 312); Le Venezie possibili. Da Palladio a Le Corbusier (catal., Venezia), a cura di L. Puppi - G. Romanelli, Milano 1985 (in partic. S. Barizza, Mercato, pp. 197-199; Id., Ponte dell’Accademia, pp. 216-220); G. Ferri Cataldi - R. Fantoni, La tutela e manutenzione urbana nel periodo di Pietro Paleocapa a Venezia, in Ingegneria e politica nell’Italia dell’Ottocento: Pietro Paleocapa. Atti del Convegno di studi per il centocinquantesimo anniversario di rifondazione dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti e nella ricorrenza del bicentenario della nascita di Pietro Paleocapa...1988, Venezia 1990, pp. 139-151; M.I. Biggi, L’architettura, in Teatro Malibran. Venezia a San Giovanni Grisostomo, a cura di M.I. Biggi - G. Mangini, Venezia 2001, pp. 107-135; M. Donaglio, La serie “contratti” dell’Archivio municipale di Venezia: formazione e gestione del patrimonio immobiliare del Comune (1806-1866), in Dopo la Serenissima. Società, amministrazione e cultura nell’Ottocento veneto. Atti del Convegno di studio promosso dall’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti...1997, a cura di D. Calabi, Venezia 2001, pp. 307-326; S. Sorteni, L’ingegnere nell’ente locale: istituzione e funzionamento dell’Ufficio tecnico del Comune di Venezia, in L’ingegneria civile a Venezia, a cura di F. Cosmai - S. Sorteni, Venezia 2001, pp. 63-93; La casa grande dei Foscari in volta de Canal. Documenti, a cura di F. Sartori, Venezia 2001, pp. 206, 229, 232, 235 s.; S. Sorteni, G. S.: la manutenzione della città in epoca austriaca, in La città degli ingegneri. Idee e protagonisti dell’edilizia veneziana tra ’800 e ’900, a cura di F. Cosmai - S. Sorteni, Venezia 2005, pp. 75-85; C. Ferro, Architettura/architetture: programmi, idee e progetti per la costruzione del macello (1832-1886), in Il macello di San Giobbe. Un’industria, un territorio, a cura di G. Caniato - R. Dalla Vecchia, Venezia 2006, pp. 141-167; M. Bisson, La scuola e i concorsi di architettura, in L’Accademia di belle arti di Venezia. Il Settecento, I, a cura di G. Pavanello, Crocetta del Montello 2015, pp. 225-260, 269.