SACCONI, Giuseppe
Architetto, nato il 5 luglio 1854 in Montalto (Marche), morto il 23 settembre 1905 a Collegigliato di Pistoia. Mentre compiva gli studî classici nel convitto nazionale di Fermo, il S. si dedicò con speciale passione e attitudine al disegno, per il quale mostrava spiccate tendenze. Dal convitto nazionale passò ai corsi di disegno di A. Gavazzi presso l'Istituto di arti e mestieri in Fermo; quindi, consigliato da Giovanni Battista Carducci, venne a Roma nel novembre 1874, ammesso, dopo un solo anno passato come uditore nell'Istituto di belle arti, al corso speciale di architettura. Qui durante tre anni, sotto la guida di A. Rosso, si approfondì nello studio dei monumenti antichi. Notevoli, di questo periodo, il progetto di ricostruzione delle Terme di Caracalla e il rilievo parziale della Colonna Traiana. Fu deputato per Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto, dalla XVI alla XXI legislatura (1886-ottobre 1904). Dal 1891 al 1902 fu architetto direttore dell'Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti delle Marche (lavori nel duomo di Ancona) e dell'Umbria, e della sua opera diede conto in una relazione a stampa, arricchita di studî grafici di restauro e di stile.
Andato annullato il primo concorso (1880-1881) per il monumento a Vittorio Emanuele II, a cui avevano partecipato 293 concorrenti, se ne bandì un secondo (questa volta l'area era stata stabilita sul Colle Capitolino in asse al Corso); tra sessanta concorrenti, Sacconi, B. Schmitz e M. Manfredi furono chiamati a una gara definitiva che si chiuse il 24 giugno 1884 con la vittoria del Sacconi, a cui il 30 dicembre 1884 fu affidata la direzione dei lavori e la sopraintendenza del monumento (la parte scultorea del bozzetto era stata eseguita da Eugenio Maccagnani).
Non mancò chi criticò aspramente l'opera del S., accusandolo di convenzionalismo, di freddezza accademica e di mancanza di comprensione delle nuove idee artistiche; pure il successo tra i contemporanei fu larghissimo. Oggi, sopite le intemperanze polemiche e i troppo fervidi entusiasmi, il monumento a Vittorio Emanuele, appare come l'opera tipica del tempo in cui fu concepito, con tutte le esitazioni, i compromessi, gli anacronismi di un'architettura che domandava ora ai modelli classici, ora al Rinascimento, ora al barocco i suoi mezzi di espressione. Qui li chiese a un tempo all'antico mondo italico e a quello greco, dandone un'interpretazione troppo rigidamente scolastica, e quasi letteraria, e perciò povera di vita. All'effetto complessivo dell'opera nocque certo la morte del S., avvenuta prima del suo compimento, l'incertezza di alcune soluzioni per le quali l'architetto non lasciò direttive, alcuni errori di esecuzione, come quello della differenza di misure fra i capitelli e le colonne del grandioso portico, l'infelice traduzione in marmo del bellissimo rilievo modellato dallo Zanelli per l'Altare della Patria, la troppo naturalistica statua equestre del re (di E. Chiaradia) e, in genere, tutti i gruppi di scultura, rimasti estranei alla compagine architettonica e discordanti per tendenze e per stile dall'insieme del monumento e fra loro.
Il monumento a vittorio Emanuele II fu iniziato il 28 marzo 1885 e alla morte del S. continuato sotto la guida di G. Koch, di Pio Piacentini, e di M. Manfredi prima, poi di A. Brasini e di A. Raffaeli.
Altre opere del S.: tomba De Thomar al Verano (1884); cappella espiatoria di Monza, e tomba di re Umberto I al Pantheon (questi due monumenti furono terminati dal Cirilli, che ne rimaneggiò i progetti, specialmente il secondo); progetto per la facciata di S. Maria degli Angeli; ripristino della basilica Lauretana; decorazione dell'altare della cappella di S. Giuseppe (ivi); coro, frastaglio del finestrone, vetrata nella cappella dei Tedeschi (ivi). (v. tavv. CIII e CIV).
Bibl.: P. Acciaresi, Il conte G. S. ed il Monumento all'Italia, in Rivista marchigiana, IV (1907), pp. 129-41; id., Il conte G. S. e l'opera sua massima, Roma 1911; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIX, Lipsia 1935.