SACCONI, Giuseppe
SACCONI, Giuseppe. – Nacque a Montalto delle Marche il 5 luglio 1854 da Luigi, conte e patriota risorgimentale, e da Teresa Massi, figlia di un artigiano di origini pugliesi.
Primo di otto figli (Paolo Emilio, Anna, Giacinto, Goffredo, Alessandra, Cesare e Alessandro), fu educato in casa nella nativa Montalto e in seguito nel convitto nazionale di Fermo (1864-70). Lasciò l’internato nel 1870 per motivi economici, e frequentò il liceo da esterno fino al 1874, senza tuttavia ottenere la licenza ordinaria. Contemporaneamente, grazie alla predisposizione per le arti figurative, s’iscrisse all’Istituto di arti e mestieri di Fermo, diretto dall’ingegnere francese Hippolyte Langlois e basato sull’insegnamento del disegno e delle discipline tecniche (incisione, plastica, costruzioni meccaniche). In questo periodo frequentò lo studio di Giovan Battista Carducci, architetto-archeologo e compagno d’armi del padre, che consigliò la famiglia, una volta terminati gli studi, di inviare il giovane a Roma per completare la sua formazione all’Accademia di belle arti. Nel 1874 si trasferì così a Roma, ospite del Pio sodalizio dei Piceni nel convento di S. Salvatore in Lauro, e frequentò l’Istituto di belle arti di via Ripetta, seguendo prima i corsi comuni ai tre indirizzi di pittura, scultura e architettura, e poi il corso speciale di architettura (tra i suoi maestri Luigi Rosso). In questo periodo ebbe modo di frequentare anche i corsi di architettura teorica (Virginio Vespignani) e di architettura pratica (Andrea Busiri Vici) presso l’Accademia di S. Luca.
Primo Acciaresi (1928) lo ricordava così: «Egli ebbe capelli castani, baffi biondi, fronte ampia ed aperta, naso scultorio, occhi castano-scuri, limpidi, labbra tumide e sorridenti, carnagione bianca e rosea. Fu di carattere nobilissimo, ma poco espansivo: parlava poco, solo diveniva facondo ed eloquentissimo quando ragionava di arte. Allora dava saggio di una memoria prodigiosa: sembrava che dinanzi agli occhi della sua mente, come in un caleidoscopio, passassero e si animassero tutti i fantasmi delle opere artistiche delle quali doveva fare menzione, e sopra un brandello di carta, o sul marmo di un tavolo da caffè, in pochi istanti, con sicurezza incredibile, ed a mano libera, disegnava quei motivi architettonici, quelle figure, quegli ornati, dei quali i fantasmi vivi e chiarissimi evocava ed illustrava con la parola facile e chiara» (pp. 10 s.).
Ottenuto il diploma con un progetto neoclassico per un Museo agrario, entrò a far parte dello studio professionale del marchigiano Luca Carimini, dove collaborò al restauro della chiesa di S. Maria di Loreto in Roma e – con Manfredo Manfredi – alla stesura dei disegni per il concorso del nuovo palazzo di Giustizia di Roma. Nel periodo di formazione e tirocinio continuò i suoi studi sull’architettura antica, rilevando monumenti e opere della capitale, dal teatro di Marcello alla colonna Traiana, alle terme di Caracalla. Appassionato di arte antica, frequentò i laboratori dei marmorari romani «a conoscer le pietre colorate, a ravvisare marmi rari» (Sapori, 1946, p. 43); frequentazione che gli fornì gli strumenti per applicare i materiali e le tecniche costruttive, come emerse fin dai suoi primi lavori, quali la chiesa collegiata di S. Francesco a Force, realizzata a partire dal 1878 seguendo un progetto ispirato al magistero di Carimini.
Nel 1880 sposò Luigia Donati, figlia del cavalier Vincenzo, un facoltoso spedizioniere apostolico, dalla quale ebbe quattro figli, Emilia (sposata Vitalini), Margherita (Di Rosa), Pia (Aprile) e Luigi (morto nel 1919). Il matrimonio gli fornì la necessaria tranquillità economica per partecipare al concorso per il monumento a Vittorio Emanuele, bandito nel 1880.
Il concorso, frutto di lunghi dibattiti parlamentari, prevedeva un grandioso monumento al ‘padre della patria’, senza tuttavia indicare luogo, tipologia e requisiti professionali dei partecipanti. Nonostante le diverse polemiche e le opinioni discordanti che questa scelta poté provocare, numerosi furono i concorrenti ammessi (293, di cui 236 gli italiani), della più diversa estrazione: oltre a noti professionisti del settore si presentarono veri dilettanti e artisti improvvisati.
Tra i progetti, che spaziavano dai singoli monumenti celebrativi fino a complessi piani di interi quartieri, risultò vincitore quello del giovane pensionnaire dell’Accademia di Francia Henri-Paul Nénot, mentre Ettore Ferrari e Pio Piacentini si aggiudicarono il secondo posto e lo scultore Stefano Galletti il terzo.
Nonostante le assegnazioni e a causa delle polemiche sorte per il premio attribuito a un francese, il concorso fu dichiarato fallito e il 12 dicembre 1882 ne venne bandito un secondo. Questa volta i dubbi circa il luogo e la tipologia erano stati sciolti dallo stesso Agostino Depretis, allora primo ministro, il 13 settembre 1882: il monumento sarebbe sorto sulle pendici del colle capitolino in asse con la via del Corso, sul modello del progetto Ferrari-Piacentini presentato nella precedente tornata, e si richiedeva una statua equestre con uno scenografico sfondo architettonico e opportune scalee.
La nuova commissione scelse il monumento di Sacconi, caratterizzato da un linguaggio architettonico che interpretava in modo scolastico, ma corretto, gli stilemi classici greco-romani, gli unici – secondo le indicazioni di Camillo Boito – appropriati alla nuova capitale.
Il 22 marzo 1885 iniziarono i lavori di costruzione sotto la direzione dello stesso Sacconi. L’opera terminò soltanto molti anni dopo, anche per le lunghe e problematiche vicende di cantiere, complicate dai concorsi banditi per la scelta della statua equestre (affidata nel 1889 allo scultore Enrico Chiaradia) e delle decorazioni scultoree. Il monumento venne inaugurato il 4 giugno 1911, in occasione delle celebrazioni commemorative del cinquantenario del Regno (Savorra, 2011). Dopo la prima guerra mondiale, il Vittoriano, da monumento al ‘padre della patria’ e foro d’Italia si trasformò in Altare della patria, consacrato definitivamente alla religione laica dello Stato nazionale.
Grazie alla notorietà internazionale, dal 1885 al 1900 Sacconi fu impegnato in una serie di lavori commissionati dalla Casa reale, quali gli addobbi del 1896 per la facciata di S. Maria degli Angeli a Roma (per celebrare il matrimonio tra il principe ereditario Vittorio Emanuele e la principessa Elena del Montenegro) e il catafalco al Pantheon per i funerali di Umberto I, realizzato nel 1900. In seguito ebbe anche l’incarico di realizzare a Monza la Cappella Espiatoria, sul luogo dell’attentato. Quest’ultima fu completata da Guido Cirilli nel 1911 con notevoli modifiche, non rispettando il progetto di Sacconi, che consisteva in due grandi croci latine di alabastro appoggiate a una colonna di travertino cava, illuminata dall’interno in modo che i due emblemi religiosi potessero risaltare al buio, e dominata da una figura scultorea della Pietà modellata da Ludovico Pogliaghi.
Dal 1885, mentre era occupato a dirigere i lavori per la costruzione del Vittoriano e a coordinare l’Ufficio artistico-tecnico amministrativo del monumento, Sacconi si dedicò anche alla professione, e alla partecipazione a importanti concorsi di architettura. La maggior parte dei suoi lavori si caratterizzò sempre per la corretta rielaborazione del linguaggio classico greco-romano, sebbene non mancassero occasioni di sperimentare forme espressive diverse, come nella collegiata di S. Francesco a Force (1878-1900), dove impiegò uno scolastico neocinquecentismo, e nel palazzo municipale di Cagliari del 1897, in cui si misurò con un progetto totalmente diverso rispetto alla sua produzione architettonica, «per la scelta stilistica di un gotico “europeo”» (David, 1990, p. 38).
Nel corso degli anni Sacconi si occupò inoltre di disegnare il completamento della basilica della S. Casa di Loreto, incarico avuto nel 1885, e che portò avanti anche nel ruolo di direttore del Commissariato regio, trasformato poi in Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti delle Marche e dell’Umbria; l’ultimo decennio dell’Ottocento fu, infatti, occupato dai tanti interventi di restauro eseguiti per tale ente dello Stato.
Insieme ai maggiori protagonisti della cultura architettonica nazionale, spesso Sacconi fu membro di commissione di concorsi (monumento a Pietro Cossa, Roma 1886; tempio israelitico, Roma 1889; Cassa di Risparmio, Pistoia 1896).
Nel 1887 Depretis incluse il nome di Sacconi nelle liste elettorali delle Marche: l’architetto fu eletto come rappresentante del collegio di San Benedetto del Tronto per sei legislature fino al 1902.
All’alba del nuovo secolo, per motivi di salute fu costretto progressivamente a ritirarsi dalla politica e dalle sue attività professionali. Lasciò così la direzione dei lavori del Vittoriano, del restauro della basilica di Loreto e dell’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti delle Marche e dell’Umbria (retto fin dal 1891). La malattia lo costrinse a trascorrere periodi di riposo prima presso la sua villa di Valdaso, e poi a Roma presso la casa di cura di Bellosguardo a Monte Mario e di Collegigliato nei pressi di Pistoia. In questo lasso di tempo «non emerse nessuna figura di allievo, nessun erede; Sacconi era stato solo, con la sua inquietudine che lo portava a cambiare continuamente idea, a sperimentare con modelli e bozzetti ogni particolare decorativo, ad arricchire continuamente le sue allegorie e il suo simbolismo» (Borsi, 1966, p. 164). Il cantiere del Vittoriano fu così affidato ai colleghi Gaetano Koch, Pio Piacentini e Manfredi.
Morì a Collegigliato il 23 settembre 1905 per un’emorragia cerebrale, fra le braccia del fratello Paolo Emilio. Angelo Conti sul Marzocco del 1° ottobre 1905 scrisse: «Con Giuseppe Sacconi è scomparso il più grande musicista delle linee che vivesse nel nostro tempo».
Fra gli scritti di Sacconi si ricordano: Progetto del monumento da innalzarsi in Roma alla memoria del re Vittorio Emanuele, presentato al concorso con il motto “Utile dulci”, Roma 1881; Relazione del progetto per il monumento nazionale a Vittorio Emanuele II. Secondo concorso internazionale, Roma 1883; Monumento a Vittorio Emanuele II sul colle capitolino di Roma. Progetto dell’on. Sacconi. Ricordo dei lavori eseguiti dal 1888 al 1891 presso il monumento a Vittorio Emanuele II, Roma 1893; Nuova relazione storica delle prodigiose traslazioni della s. Casa di Nazaret, ora venerata in Loreto, con le relazioni dei grandi restauri che si fanno nella basilica diretti dall’architetto G. S., Loreto 1894; Di Giuseppe de’ conti Cattaneo dei principi di S. Nicandro, alunno del convitto Mondragone. Memorie, Prato 1900; Relazione dell’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti delle Marche e dell’Umbria: 1891-92, 1900-901, Perugia 1903.
Altre opere: progetto della base del monumento a Giuseppe Garibaldi sul Gianicolo, Roma 1883 (la scultura è di Emilio Gallori); tomba de Thomar al cimitero del Verano, Roma 1885; tomba per Augusto Riedel al cimitero acattolico di Testaccio, Roma 1885; progetto per il completamento della facciata di S. Petronio, Bologna 1887; progetto di museo per il ministero della Pubblica Istruzione presso piazza Barberini, Roma 1889; chiesa di S. Marone, Civitanova Marche 1890-98; tomba di Umberto I al Pantheon, Roma 1900 (completata da G. Cirilli); palazzo delle Assicurazioni Generali in piazza Venezia, Roma 1901 (completato da G. Cirilli).
Fonti e Bibl.: I disegni di Sacconi sono conservati presso il Fondo Morosini della Biblioteca del Seminario vescovile di Ferentino. Fondamentale per comprendere gli interessi dell’architetto, la sua biblioteca privata, costituita da oltre 700 volumi, fu donata dalla vedova al ministero della Pubblica Istruzione (attualmente forma il Fondo Sacconi presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma). Altri documenti sono rintracciabili in: Roma, Archivio centrale dello Stato; Archivio di Stato di Roma; Archivio della soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici del Lazio (Archivio disegni, Archivio fotografico); Archivio storico della Fabbrica del Vittoriano (Archivio disegni, Archivio tecnico contabile); Archivio fotografico dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione; Archivio del Ministero dei Lavori pubblici; Perugia, Archivio della soprintendenza per i Beni ambientali architettonici artistici e storici dell’Umbria.
A. Depretis, Relazione a sua maestà il re sul risultamento del concorso pel progetto di monumento alla memoria del re Vittorio Emanuele II, Roma 1882; E. Facco de Lagarda, Loreto: monografia storico-artistica compilata dal Prof. Eduardo Facco de Lagarda sugli studi e disegni del Conte G. S. architetto della basilica Lauretana, Roma 1895; L. Beltrami, G. S. e il monumento al padre della patria, in Il Rinascimento, I (1905), 1, pp. 30-38; D. Viviani, Opere e studi originali di G. S. nel ripristino di alcuni monumenti, Perugia 1906; C. Ricci, Per G. S., in Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti, s. 5, 1907, vol. 129, pp. 402-409; N. Acquaticci, Il restauro dell’antico nell’arte di G. S., Macerata 1909; L. Morosini, G. S. per Umberto I al Pantheon e a Monza, Roma 1910; R. Nardini [Saladini], La Cappella Espiatoria di Monza, in Emporium, XXXII (1910), 189, pp. 162-195; P. Acciaresi, G. S. e l’opera sua massima. Cronaca dei lavori del monumento nazionale a Vittorio Emanuele II illustrata da 330 incisioni, Roma 1911; L. Morosini, Opere minori di G. S., in Architettura e arti decorative, I (1921), 1, pp. 77-89; F. Pistolesi, G. S. e Montalto. Memorie storiche con illustrazioni, Ascoli Piceno 1922; P. Acciaresi, G. S. e il suo monumento a Vittorio Emanuele II, Roma 1928; L. Morosini, G. S. La vita e l’opera, Roma 1929; F. Sapori, Il Vittoriano, Roma 1946; A. Giuntini, Sulla costruzione del Vittoriano in Roma, Genova-Roma 1954; F. Borsi, L’architettura dell’Unità d’Italia, Firenze 1966, pp. 157-165; C.L.V. Meeks, Italian architecture 1750-1914, London-New Haven 1966, pp. 337-347; Il Vittoriano. Materiali per una storia, a cura di P.L. Porzio, I-II, Roma 1986-1988; P.R. David, G. S. architetto restauratore (1854-1905), Roma 1990; C. Brice, Le Vittoriano. Monumentalité pubblique e politique à Rome, Roma 1998 (trad. it. Roma 2005); B. Tobia, L’Altare della Patria, Bologna 1998; G. S. (1854-1905) architetto montaltese tra Marche e Roma, Atti del Convegno di studi, Montalto delle Marche... 1998, a cura di M. Canti, Acquaviva Picena 2000; M. Savorra, Il monumento a Vittorio Emanuele II: effigi e disegni per una giovane nazione, in Verso il Vittoriano: l’Italia unita e i concorsi di architettura. I disegni della Biblioteca nazionale centrale di Roma, 1881, a cura di M.L. Scalvini - F. Mangone - M. Savorra, Napoli 2002, pp. 42-67; P. Marconi, Il Vittoriano, un Valhalla per il re galantuomo. Rivalutazione di un monumento ‘eroico’, in Ricerche di storia dell’arte, 2003, n. 80, pp. 9-43; C. Marchegiani, G. S. e la riforma gotica della basilica di Loreto. Modelli ed esiti di un’utopica “ricostruzione dell’immagine originaria”, in Studia Picena. Rivista marchigiana di storia e cultura, 2006, n. 71, pp. 283-320; G. S. architetto marchigiano, Atti del Convegno di studi, Montalto delle Marche... 2005, Acquaviva Picena 2006; F. Mariano, G. S. Il Vittoriano 1911-2011, Fermo 2011; M. Savorra, Il Vittoriano. Dal concorso alla costruzione, in Architettare l’Unità. Architettura e istituzioni nelle città della nuova Italia, 1861-1911 (catal., Roma), a cura di F. Mangone - M.G. Tampieri, Napoli 2011, pp. 281-288.