RUSNATI, Giuseppe
– Probabilmente originario di Gallarate, anche se il padre Protaso risulta residente a Milano, nacque nel 1647, come si ricava da un registro mortuario del 1713 in cui viene dichiarato che spirò all’eta di 66 anni. Un altro registro lo dice tuttavia defunto a 76 anni (Di Giovanni, 1991, p. 324).
Si sposò con Elena Castelli, da cui ebbe sedici figli, molti dei quali perirono prematuramente. Diverse figlie vennero avviate alla vita religiosa nei monasteri di Tradate e di S. Maria del Monte sopra Varese. Ebbe inoltre in tarda età tre figli, Antonio Gaetano, Alessandro e Carlo, che lasciò unici eredi del suo cospicuo patrimonio (Baini, 2009).
Nel 1669 fu ammesso all’Accademia Ambrosiana sotto la guida di Dionigi Bussola, contemporaneamente con il suo apprendistato avvenuto presso la bottega di Antonio Albertini. Nel 1671 presentò domanda per essere assunto presso il cantiere della veneranda Fabbrica del duomo di Milano; Albertini fece da garante in una lettera del 25 giugno 1671, dichiarando ai fabbricieri che il giovane Rusnati aveva realizzato senza aiuto la statua dell’Angelo con il sudario ed era quindi a suo giudizio pronto a prestare servizio autonomo presso la Fabbrica.
Il suo alunnato con Bussola e lo stallo che viveva il cantiere del duomo furono con probabilità le due ragioni che lo portarono a Roma, seguendo un percorso già intrapreso dal suo maestro, ma anche da molti scultori della sua e della generazione precedente, come Ercole Ferrata. Presso lo studio-museo di quest’ultimo Rusnati perfezionò la sua conoscenza dell’antico e dei modelli del barocco romano, in particolare studiando le opere di Gian Lorenzo Bernini, Alessandro Algardi, François Duquesnoy, ma anche di Ferrata e di Melchiorre Cafà, e riportando successivamente queste forme in Lombardia. Nel 1684 instradò allo studio di Ferrata anche il suo allievo Camillo Rusconi.
Il soggiorno nell’Urbe durò dal 1671 al 1673. La sua presenza è registrata da Filippo Baldinucci (1681-1728, 1773), il quale, sotto il nome di Giuseppe Nusman, ricorda che «in pochi mesi modellò tutte le opere del maestro [Ferrata], sparse per la città di Roma, [...] ma eziandio tutte le bozzette e i modelli del suo studio» (p. 176; Montagu, 1991, p. 200). Molti di questi modelli furono riportati da Rusnati in Lombardia, poiché compaiono nell’elenco delle «opere di Roma» nel suo testamento. Nel 1673 venne riammesso come scultore della Fabbrica del duomo di Milano, con l’invito a realizzare un modello per una scultura, probabilmente S. Zotico martire (nel braccio meridionale), il cui saldo avvenne nel 1676.
In questo periodo nel cantiere del duomo erano limitate al minimo le opere di scultura; infatti il 28 agosto 1671 fu emessa un’ordinanza capitolare nella quale venivano informati gli artisti che le decorazioni plastiche erano sospese per destinare le finanze ai lavori di «coprimento e ossatura», ovvero il completamento delle opere architettoniche (Annali..., 1883, V, p. 298). Al suo rientro da Roma Rusnati si dovette confrontare con questa complessa situazione, che andò peggiorando quando nel 1679 la Fabbrica ridusse il numero degli scultori a sei, tra i quali era compreso lo stesso Rusnati, che ormai affiancava paritariamente i suoi maestri e gli scultori veterani che avevano prestato a lungo servizio nel cantiere. Una delle prime opere realizzate dopo la sua riammissione fu il Profeta Eliseo, concluso nel 1678 (nel braccio settentrionale), dove a fianco del naturalismo lombardo e del retaggio tardomanierista s’innestano prepotentemente le forme barocche romane, già importate da Bussola, ma che Rusnati declinò arricchendole dell’estro che gli era proprio, e traendo massimo profitto dai modelli che aveva visto e studiato presso lo studio di Ferrata.
Nel 1679 chiese di occupare in Camposanto la bottega di Giuseppe Vismara ormai defunto. I problemi finanziari della Fabbrica costrinsero Rusnati a sospendere la lavorazione del David, il cui modello in terracotta (Museo del duomo di Milano) fu presentato ai fabbricieri nel 1679, ma fu concluso solo nel 1684 (posto all’esterno sul lato sud).
Gli anni Ottanta furono assai prolifici per lo scultore, che tra il 1682 e il 1685 fu attivo presso il Sacro Monte di Orta nelle cappelle XIII e XIX, dove ebbe modo di esprimere la sua vena narrativa e naturalista. Nel 1683 presentò due modelli alla Fabbrica del duomo di Milano con Storie di Loth e Storie di Tobiolo, queste ultime identificate da Giorgio Nicodemi (1912) con il rilievo in facciata nel pilastro d’angolo a destra.
Entro il 1683 lavorò anche per la cappella di S. Gaetano nella chiesa teatina di S. Antonio Abate a Milano, dove realizzò la decorazione marmorea con le sculture della Fede e della Provvidenza, che presentano stilisticamente molti rimandi a opere di Ferrata e Duquesnoy, nonché i putti della cimasa, gli angeli reggimensa e il rilievo con la Morte di s. Gaetano. Tra il 1683 e il 1689 si collocano le sei medaglie raffiguranti Episodi della vita del santo. Nello stesso torno d’anni (1684-89) Rusnati intervenne nella decorazione dell’oratorio dell’Immacolata sempre in S. Antonio, di cui rimangono la Madonna Immacolata e il Cristo morto, due opere che risentono della formazione romana ed evidenziano la sua forte sensibilità per il modellato, visibile nei delicati trapassi del corpo di Cristo e nella giocosa briosità dei panneggi che avvolgono la Vergine. Realizzò inoltre anche i due Putti cerofori in marmo verde trasferiti ora nella cappella del Suffragio. Lavorò allo stesso tempo nella cappella di S. Andrea Avellino, dove suoi sono gli Angeli a coronamento dell’altare, e presso la chiesa della Madonna di Campagna a Gallarate, dove realizzò l’altare maggiore (1682, ancora incompiuto nel 1686).
Una ripresa nell’attività della Fabbrica del duomo di Milano si segnalò con i lavori per la cappella di S. Giovanni Buono, per la quale nel 1686 venne bandito un concorso. L’opera fu avviata nel 1689; la realizzazione delle storie fu affidata a Bussola, che morendo lasciò l’opera al figlio Cesare e a Carlo Simonetta, il quale, morendo a sua volta, lasciò l’incarico a Stefano Sanpietro, a Rusnati e a Siro Zanella, segnando un passaggio di consegne tra la vecchia e la nuova leva di scultori. Nel 1690 Rusnati realizzò la formella con S. Giovanni Buono che incontra Teodolinda (bozzetto al Museo del duomo), dove ancora si mostra memore dell’opera di maestri come Antonio Raggi e Duquesnoy, pur non tralasciando quella sensibilità per il naturale che gli apparteneva. Nel 1687 venne approvato il modello per la Sibilla Cumana, presentato due anni prima e il cui esito in marmo è identificabile con quello nel quarto finestrone del lato settentrionale. L’anno successivo la Fabbrica gli commissionò la figura della Religione da porre sul battistero, opera che non fu mai tradotta in marmo ma che fu realizzata in stucco (oggi perduta). Nonostante questa ripresa, nel 1688 gli statuari ufficiali della fabbrica furono ridotti nuovamente, questa volta a tre: Simonetta, Rusnati e Giuseppe Bono.
Nel 1687 Rusnati realizzò il tabernacolo per la parrocchiale di Gallarate. Parallelamente fu attivo anche al Sacro Monte di Domodossola, dove completò l’opera del suo maestro Dionigi Bussola. Entro l’11 ottobre dello stesso anno scolpì le statue di S. Domenico e S. Francesco ai lati della porta del Rosario al Sacro Monte di Varese (Colombo, 1985).
In questi anni si collocano anche due statue di Diana e Adone (oggi scomparse) che appaiono in un inventario del 1689 dei principi Borromeo all’Isola Bella, e per le quali è stata avanzata l’ipotesi (Dose, 1996, pp. 35 s.) che siano state realizzate durante il soggiorno romano per il palazzo del cardinal Federico, a cui molti oggetti dell’inventario appartenevano. Tra il 1684 e il 1688 Rusnati ricevette comunque pagamenti per alcune sculture realizzate per i giardini dell’Isola Bella.
Il 26 giugno 1693 fu nominato protostatuario del duomo di Milano. In quell’anno, in occasione dell’entrata dell’arcivescovo Federico Caccia, la Fabbrica gli commissionò alcuni lavori a stucco per la facciata del duomo, oggi perduti (Annali..., 1885, VI, p. 47).
Negli anni Novanta fu attivo a più riprese presso il cantiere della certosa di Pavia. All’incirca nel 1694 realizzò nella cappella di S. Caterina i due rilievi con lo Sposalizio e Gesù e la santa che contornano il paliotto intarsiato da Carlo Battista Sacchi, e ancora i termini dell’altare con Busti di fanciulli. L’anno seguente per la cappella di S. Ambrogio scolpì il paliotto d’altare con la Cacciata degli Ariani e le Teste di cherubini che decorano gli spigoli.
Sempre negli anni Novanta prese parte alla realizzazione dei colossi posti a decorare la navata maggiore, consegnando nel 1693 il S. Luca e il S. Matteo, opere che completavano quella che può essere ben considerata un’antologia dei maggiori scultori lombardi attivi alla fine del XVII secolo. Nel 1696 realizzò, a fianco di Sacchi, il paliotto con la Natività di Maria da collocarsi nella sagrestia nuova. A lui si attribuiscono anche le statue di Santi vescovi a fianco dell’altare delle Reliquie (1697) e di quello di S. Brunone (Bossaglia, 1968, p. 71). In facciata gli sono ricondotte la S. Orsola, il S. Gregorio Magno, e probabilmente di bottega è il David. Per l’altare maggiore eseguì, nella serie delle Virtù, la Speranza e la Religione (tra il 1693 e il 1696), e due formelle con i Sacrifici di Abele e Noè. Inoltre nel 1699 venne pagato per le teste angeliche poste negli stipiti dell’altare.
Tra il 1697 e il 1700 a Gallarate realizzò ancora l’altare maggiore della collegiata di S. Maria Assunta con la Madonna che esce dal sarcofago (ora in una cappella laterale). Nel 1700 fu nominato principe dell’Accademia Ambrosiana. Successivamente, tra il 1704 e il 1713, come si evince dal suo testamento, realizzò i modelli per una fontana della villa di Giulio Visconti a Lainate. Tra le sue ultime opere si può inserire il tabernacolo per i confratelli di Arconate, del quale rimangono solo due Angeli. Sempre a questo periodo si circoscrivono i suoi interventi per l’altare della chiesa di S. Giovanni Decollato alle Case Rotte (oggi ricostruito nella chiesa parrocchiale di Viconago a Varese), il cui contratto di commissione fu stipulato nel 1710 e il saldo fu effettuato nel febbraio del 1713.
Al 1713, anno della sua morte, risalgono le decorazioni delle pareti laterali della cappella di S. Giacomo in S. Angelo a Milano con Putti reggiclipeo che trovano non poche similitudini con opere di Ferrata.
A cavallo del secolo si può far risalire la sua attività nella chiesa milanese di S. Maria della Passione, dove gli spetta il completamento della facciata, progettata da Martino Bassi e mai portata a compimento; suoi sono i medaglioni con la Vergine e il Redentore, i rilievi scultorei e probabilmente la cornice mistilinea che decora la grande apertura ovale.
Rusnati morì il 6 novembre 1713 e fu sepolto nella chiesa di S. Antonio Abate (Annali..., 1885, VI, p. 81). Il suo testamento, in modo particolare l’inventario di beni, permette di sapere che i modelli di Roma vennero lasciati all’Accademia di S. Luca a Milano per la formazione di giovani scultori (Casati, 2013).
Al catalogo di Rusnati si possono attribuire ancora diverse opere, come le acquasantiere nella nave maggiore di S. Vittore al Corpo, la statua di S. Bernardo, oggi nello scalone dello Zodiaco dell’Università Cattolica e il Cristo deposto in S. Fedele a Milano. Egli rappresenta bene il percorso di uno scultore lombardo della seconda metà del XVII secolo che conservava la sua formazione avvenuta in patria, pregna di un retaggio ancora tardomanierista, con cui si fonde il gusto per il naturalismo tipico dei lombardi, ben visibile nelle opere per i sacri monti prealpini e nelle predelle certosine. L’esperienza romana, concentratasi nello studio e nella sistematica riproduzione dei modelli della grande scultura barocca, impresse in Rusnati un segno indelebile che fece di lui, più di altri maestri della sua e della generazione precedente, l’interprete e diffusore del barocco romano in Lombardia.
Fonti e Bibl.: F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728), a cura di G. Piacenza, XVIII, Firenze 1773, p. 176; Annali della fabbrica del Duomo di Milano, V, 1883, pp. 298, 311, 313, 318 s., 323 s., VI, 1885, pp. 4, 16, 18, 20, 23, 26, 28, 31, 33, 35, 39, 41, 43, 46 s., 49 s., 53 s., 56, 58 s., 64, 67 s., 70 s., 74 s., 79, 81; G. Nicodemi, Lo scultore G. R., Gallarate 1912; S. Vigezzi, La scultura lombarda nell’età barocca, Milano 1930, pp. 75-85; R., G., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, Leipzig 1935, p. 225; G. Nicodemi, La scultura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, pp. 538-543; A.M. Romanini, La scultura milanese nel XVIII secolo, ibid., XII, Milano 1959, pp. 777-779; R. Bossaglia, La scultura, in La Certosa di Pavia, Milano 1968, pp. 41, 55, 69-72, 77, 80; Ead., La scultura, in Il Duomo di Milano, I, Milano 1973, pp. 120-122, 161, 168 s., 175; S. Coppa, Per il Rusnati, in Arte lombarda, 1974, n. 40, pp. 130-144; R. Bossaglia - M. Cinotti, Tesoro e museo del Duomo, II, Milano 1978, p. 30; S. Coppa, Due schede per la scultura lombarda fra Sei e Settecento, in Arte lombarda, 1978, n. 49, pp. 37-43; S. Colombo, Descrizione della Fabbrica del Rosario a Santa Maria del Monte sopra Varese, in Il Sacro Monte sopra Varese, Milano 1985, p. 267; M. Di Giovanni, G. R., in Settecento lombardo, a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1991, pp. 324 s.; J. Montagu, La scultura barocca romana, Torino 1991, pp. 16 s., 200; R. Dose, La formazione romana di G. R., in Arte lombarda, CXVI (1996), pp. 28-39; S. Coppa, Storia dell’Accademia Ambrosiana e incrementi delle raccolte artistiche del Settecento, in Storia dell’Ambrosiana. II, Il Settecento, Milano 2000, pp. 265, 276, 304; S. Zanuso, La scultura del Seicento nella navata e nelle cappelle, in Certosa di Pavia, Parma 2006, pp. 103 s.; Ead., La scultura del Seicento negli altari del transetto, ibid., p. 188; Ead., La scultura seicentesca nel presbiterio, ibid., pp. 238 s.; F. Baini, Il testamento di G. R.: riflessioni e scoperte, in Arte cristiana, XCVII (2009), 851, pp. 146-157; A. Casati, Il viaggio delle forme. Migrazione di maestri e modelli nella scultura barocca tra Roma e la Lombardia, in Ricerche di S/Confine, IV (2013), pp. 221-229.