PARISI, Giuseppe Ruggero
– Nacque a Moliterno, in Basilicata, il 27 marzo 1745 da Domenico e Margherita Porcellini di Stigliano. La famiglia paterna, di origine calabrese, era di rango nobiliare. Il padre era dottore in legge.
Da giovanissimo iniziò a studiare matematica, fisica e astronomia sotto la guida dello zio paterno Angelo; in seguito, a Napoli, studiò ancora matematica con Niccolò Martino e diritto e filosofia, frequentando Giuseppe Cirillo, Antonio Genovesi e Mario Pagano. La sua fu quindi una formazione di ampio respiro, legata al miglior Illuminismo meridionale. Invece di proseguire gli studi di diritto, come già avevano fatto due fratelli maggiori, scelse di dedicarsi alla carriera militare ed entrò ventenne nel primo reggimento di fanteria della brigata Calabria. Presto ebbe la possibilità di frequentare i corsi dell’Accademia di artiglieria e genio, nata nel 1745. In artiglieria diventò brigadiere, nel 1771 uscì dall’Accademia con il grado di tenente e la qualifica di ingegnere del Genio militare. L’ambito della riforma in senso moderno della professione militare si presentava in quella fase come un settore privilegiato, nel quale sperimentare l’intreccio fra conoscenze scientifiche e umanistiche e aggiornamento tecnico che caratterizzava in generale il riformismo del secondo Settecento.
Già nel 1774, promosso ingegnere volontario, iniziò a insegnare architettura militare e matematica nella neonata Reale Accademia del Battaglione regal ferdinandeo, trasformazione della precedente Reale Accademia militare e aperta ai cadetti di tutte le armi, per la formazione di un corpo scelto, nato nel 1771, e al quale presiedeva con il grado di colonnello il sovrano stesso. Fu questo l’esordio di Parisi sul terreno dell’insegnamento, cui sarebbe stato legato in varie forme per tutta la sua attività. Fu un docente molto apprezzato dagli allievi, con i quali riusciva a stabilire rapporti duraturi di fiducia e di stima.
Nel 1781, su indicazione del ministro John Acton e sempre in vista dell’ammodernamento dell’esercito borbonico, delegazioni di ufficiali particolarmente brillanti furono inviate in missione di aggiornamento nei principali paesi d’Europa, e Parisi si recò a Vienna per studiare l’organizzazione militare dell’impero, con una particolare attenzione ai modi di formazione degli ufficiali e ai problemi dell’architettura militare. Qui si integrò perfettamente nella società viennese, dove divenne amico del generale austriaco Friedrich Pellegrini, fu particolarmente benvoluto dal cancelliere von Kaunitz, protagonista del riformismo illuminato austroungarico, e fu spesso ricevuto a corte, incontrandovi fra gli altri Pietro Metastasio. La stima riscossa da Parisi a Vienna fu tale che l’imperatore Giuseppe II gli offrì di entrare come maggiore degli ingegneri di campagna nell’esercito imperiale, ma i legami con il Paese d’origine erano troppo forti, e l’offerta fu rifiutata.
Rientrato a Napoli come maggiore e poi promosso tenente colonnello, Parisi, che nel frattempo aveva sposato Anna Maria Vignales, ampliò ancora le sue attività su due fronti principali. Sul piano tecnico e amministrativo, fu impegnato a sovrintendere nella Calabria del dopo terremoto del 1783 allo scavo della rete di canali dei Regi Lagni e contemporaneamente a promuovere l’istituzione della Cassa sacra. Si occupò inoltre della bonifica del Fucino e della realizzazione di una nuova strada che doveva collegare quella regia degli Abruzzi alla Terra di lavoro (Memoria sulla costruzione di una strada che dalla strada regia d’Abruzzo condur deve a Sora e Ceprano, Napoli 1795). L’esperienza teorica e pratica maturata si tradusse nella pubblicazione degli Elementi di architettura militare composti per uso dell’Accademia del Battaglione regal ferdinandeo, Napoli, 1781-87, in quattro volumi, subito apprezzati anche fuori del Regno. Fu socio fondatore della Accademia delle scienze e belle lettere nata nel 1778, di cui fu poi presidente, e nel 1788 progettò la ristrutturazione del Museo nazionale, destinato anche a sede della stessa Accademia.
La sua occupazione forse più significativa in questi anni fu il lavoro di progettazione di una moderna Accademia che avrebbe sostituito quella poco soddisfacente del Battaglione regal ferdinandeo. Accanto all’addestramento fisico e a una intensa preparazione di specifica cultura militare, il progetto di Parisi prevedeva che i futuri ufficiali dovessero possedere solide nozioni di filosofia, diritto, storia, latino e francese, come pure di calcolo integrale e differenziale, e a questo scopo dotò la scuola di biblioteche e laboratori. Si trattava di una visione di stampo illuministico, che mirava alla formazione di professionisti consapevoli dei problemi esterni alla vita militare e capaci di una forte autonomia di giudizio. Nacque così nel 1787, nella nuova sede dell’ex convento dei gesuiti a Pizzofalcone, l’Accademia della Nunziatella, ancora oggi operante, della quale Parisi fu prima vicecomandante e ispettore degli studi e poi, dal 1794, comandante.
Parisi lasciò nel 1798 quella che sarebbe rimasta la sua impresa più duratura; al momento della guerra con la Francia ricopriva il grado di quartier mastro generale, equivalente a quello di comandante di Stato maggiore. Questo non gli impedì di prendere posizione per la pace, coraggiosamente ma senza successo, nel consiglio tenuto in settembre dal re con generali e dignitari. Nei pochi mesi della Repubblica partenopea la Nunziatella continuò a funzionare con il titolo di Nazionale Accademia militare, e Parisi ne fu il supervisore. Ma al ritorno della monarchia l’atteggiamento filorepubblicano di buona parte degli insegnanti e degli allievi portò alla soppressione dell’Accademia e all’allontanamento dello stesso Parisi. Lontano per qualche anno dagli affari pubblici, egli si dedicò a tempo pieno agli studi, curando fra l’altro una nuova edizione della sua opera sull’architettura militare. Fu certamente questo il momento più difficile della carriera e della vita pubblica , quando non solo la sua condotta, ma la sua stessa formazione culturale entrarono in contraddizione con un potere monarchico reinsediato dalle armate della Santa Fede. Peraltro, a testimonianza di una reputazione al di sopra delle parti, il suo nome e quello della famiglia avevano consentito a Moliterno, schierata con la Repubblica, di evitare il saccheggio sanfedista.
All’inizio del cosiddetto Decennio francese Giuseppe Bonaparte, consapevole del suo valore, lo richiamò al servizio dello Stato, nominandolo presidente della sezione Guerra e marina del Consiglio di Stato, con l’incarico di sovraintendere alle fortificazioni del Regno e conferendogli nel 1807 il grado di generale di brigata. Divenne anche socio onorario dell’Istituto di incoraggiamento e membro dell’Accademia di storia e antichità, oltre che membro onorario dell’Accademia italiana. Nel 1809 fu insignito del gran cordone di dignitario dello Stato dell’Ordine delle due Sicilie.
Anche durante il decennio Parisi non rinunciò a un forte impegno nel campo prediletto, quello della formazione tecnica e culturale degli ufficiali. Nel 1808 dirigeva la scuola dei paggi e in seguito, come ispettore delle scuole militari, seguì da vicino tutto il progetto di riforma delle accademie, intervenendo in particolare su quello elaborato dal generale Giuseppe Fonseca Chavez. Diede poi un contributo fondamentale alla creazione di una Scuola politecnica, che si ispirò al modello francese, tenendo conto però dell’esperienza e della situazione del Regno. La Scuola nacque nel 1811, destinata alla formazione iniziale degli ufficiali di tutti i corpi dell’esercito e della marina sulla base di progetti cui Parisi aveva a lungo lavorato. Su un piano più strettamente tecnico, e anche in questo caso in continuità con quanto aveva fatto nella fase precedente, con l’incarico di ispettore generale del genio e dello Stato maggiore, che avrebbe tenuto fino al 1813, quando gli successe Pietro Colletta, si occupò del progetto e della costruzione di numerose opere militari e civili.
Nel 1815 il rientro dei Borbone fu per Parisi meno tormentato che nel 1799. Gli fu immediatamente affidato l’incarico di organizzare il corpo delle Guardie cittadine in Napoli, che contribuì a garantire nella capitale una transizione sufficientemente tranquilla alla Restaurazione. L’ultima stagione del suo impegno pubblico sarebbe venuta, in età ormai avanzata, in occasione del biennio 1820-21. Avviato il passaggio al regime costituzionale, Parisi fu chiamato dal re a lavorare nella commissione istitutiva della Giunta provvisoria di governo insieme con personaggi come Melchiorre Delfico, Florestano Pepe e Davide Winspeare. Un riconoscimento alle sua esperienza e alle sue capacità di mediazione politica. Poco dopo, nella fase convulsa iniziata con l’autorizzazione del Parlamento al re a partire per Lubiana e conclusa con l’ingresso delle truppe austriache a Napoli, ebbe nell’ultimo governo parlamentare l’incarico di ministro della guerra.
La conclusione della vicenda non poteva che essere anche la conclusione della vita pubblica di Parisi che si ritirò in privato con il grado di tenente generale, equivalente a quello di capo di Stato maggiore. Era ancora presidente dell’Accademia delle scienze e corrispondente dell’Accademia Ionia. Nel 1819 era stato insignito della gran croce dell’Ordine militare di S. Giorgio, e nel 1829 gli fu conferita la gran croce di commendatore dell’Ordine reale di Francesco I, con la carica di deputato al magistero dell’Ordine stesso.
Parisi morì a Nocera il 14 maggio 1831. Ebbe onori funebri da gran dignitario dello Stato e sepoltura nella cattedrale arcivescovile di Napoli.
Fonti e Bibl.: F. Fuoco, Epicedio improviso dall’abate Francesco Fuoco pronunciato nella sala mortuaria di casa innanzi al feretro di G. P., Napoli 1831; M. D’Ayala, Le vite dei più celebri capitani e soldati napoletani dalla giornata di Bitonto fino ai dì nostri, Napoli 1843 pp. 197-210; R. Pilati, La Nunziatella. L’organizzazione di un’accademia militare 1787-1987, Napoli 1987; A.M. Rao, Esercito e società a Napoli nelle riforme del secondo Settecento, in Studi storici, XXVIII (1987), pp. 623-677; R. De Lorenzo, Esercito, amministrazione, finanze nel Mezzogiorno durante il Decennio francese, in Esercito e società nell’età rivoluzionaria e napoleonica, a cura di A.M. Rao, Napoli 1996, pp. 247-288; F. Molfese, Il generale G. P., Moliterno 1998; Giuseppe Parisi, Moliterno 2004; L. Fabricatore, Un grande educatore illuminato: G. P. fondatore della Nunziatella (1745-1831), Napoli 2005.