ROSACCIO (Rosazio, Rosazzio), Giuseppe
ROSACCIO (Rosazio, Rosazzio), Giuseppe (Gioseppe, Gioseffo). – Nacque a Pordenone in un anno imprecisato tra il 1530 circa, sulla scorta di uno dei suoi primi biografi (Liruti, 1830, p. 166; Donatis, 2009, p. 2169) e il 1550 circa, secondo le ipotesi avanzate da alcuni studiosi sulla base di dati cronologici dedotti dagli scritti dello stesso Rosaccio (Negro - Roio, 2015, pp. 14 s.; Benedetti, 1973, p. 112). Si deve escludere, tuttavia, che fosse figlio di Lionardo, come vorrebbe Gian Giuseppe Liruti, poiché il padre fu Biagio (Casali, 2011, p. 56), medico presso l’imperatore Massimiliano d’Austria, poi nel 1525 a Cividale e infine a Pordenone – città natale anche della madre appartenente alla «nobilissima casa Narcisa» – ed ebbe quattordici fratelli (G. Rosaccio, Difesa [...] in risposta di alcune parole dette dal Dottor Gio. Antonio Roffeni..., Firenze 1610, p. 15).
Si laureò in filosofia e medicina all’Università di Padova; ebbe una famiglia numerosa, composta da almeno sette figli maschi (p. 15). Fu cosmologo, cosmografo e ‘istorico’, cartografo e topografo, astronomo e astrologo, medico e spagirico, viaggiatore (Benedetti, 1973, pp. 114, 119, 125) e cronachista appassionato d’arte (a Bologna collaborò con Annibale Carracci, Negro - Roio, 2015, pp. 19-25), scrittore ed enciclopedista, montimbanco e venditore di libri.
Frutto particolarmente significativo delle sue esperienze di viaggiatore fu il Viaggio da Venezia a Costantinopoli pubblicato a Venezia da Giacomo Franco (1598), ricco di incisioni (di Marco Sadeler), un ‘classico’ della letteratura odeporica del XVI secolo (ristampato anche in edizione di pregio dalla Società geografica italiana, Roma 2008), che rappresentò una fonte per le Relazioni universali di Giovanni Botero, il quale da Rosaccio ricalcò «alla lettera» una parte della descrizione di Corfù (G. Botero, Relazioni universali, a cura di B.A. Raviola, Torino 2015, p. 554, n. 63).
‘Filosofo’ itinerante, frequentò le piazze e le corti dell’Italia centro-settentrionale, accolto da nobili e da signori (G. Rosaccio, Difesa, cit., pp. 14 s.; Casali, 2002, pp. 218 s.), muovendosi da due capitali della cultura europea del Cinquecento, dove tenne aperta una casa prima a Venezia, poi a Firenze (G. Rosaccio, Difesa, cit., p. 15).
Fin dai primi anni Novanta, Rosaccio si stabilì a Firenze, dove il 13 luglio 1594 «si scrisse, matricolò et si obligò» all’«Arte dei medici e speziali» (Casali, 2011, p. 56 e n. 15 p. 62) come venditore di libri, ponendosi al servizio e sotto la protezione del granduca dal suo ‘banco’ aperto sulla prestigiosa piazza del Palazzo e dedicando alcune delle sue opere più significative a Ferdinando, a Cosimo II e alla granduchessa Cristina. Sempre nella città dei Medici, il 28 novembre 1606 ottenne il privilegio di stampa per le proprie opere (Casali, 2011, pp. 56 s.).
Negli anni 1603 e 1604, alcuni esponenti della famiglia, Giuseppe, Domenico, astrologo (che morì a Bologna nel 1656), e Luigi, incisore, furono a Bologna (Betti, 2015, pp. 194 s.), dove Rosaccio pubblicò il Compendio della nobilissima città di Bologna (1603) e dove tra il 1607 e il 1608 svolse la sua attività di ‘dottore’ e astrologo delle piazze, trovandosi a competere con Giovanni Antonio Magini e i suoi allievi, Giovanni Capponi e Giovanni Antonio Roffeni, esponenti di altissimo rilievo nell’ambito della cosmografia, cartografia e astrologia (Casali, 2011, pp. 57-59). Con la protezione del cardinal Benedetto Giustiniani, legato pontifico dal 1606 al 1611, Rosaccio si difese dagli attacchi provenienti dall’accademia, in particolare da Roffeni, dal quale era stato additato come ciarlatano (G. Rosaccio, Difesa, cit., p. 4). A Bologna, dove Rosaccio godette di largo prestigio (Casali, 2003, p. 218), furono ripetutamente stampate le sue opere, tra le quali quelle sulla medicina preventiva e curativa, in cui condivise la teoria (propria ad almeno una parte della medicina bolognese) del duplice regimen sanitatis basato sulle differenze sociali (Casali, 2011, pp. 57 s.; Camporesi, 1983, pp. 125 s., 217 s.).
Italociarlatano, maestro di retorica, abile maneggiatore dei mass media del suo secolo, Rosaccio costruì la sua immagine pubblica ancorata alla lontana latinità, come discendente della stirpe ‘rosaccia’ (G. Rosaccio, Difesa, cit., p. 13). In un’incisione di mano del figlio Luigi, fu ritratto all’età di cinquantotto anni secondo la topica del professore d’accademia in cattedra, in due versioni: una più spiritata e ordinaria, l’altra più lisciata ed elegante (Negro - Roio, 2015, pp. 16, 29).
Con ingegnosità e prudenza svolse la sua professione coniugando il sapere enciclopedico alla scrittura e all’uso del bulino. Dispiegò il suo enciclopedismo inclusivo di matrice aristotelica dal piano della teorica a quello della pratica, nell’ambito della più dignitosa divulgazione della cultura ufficiale in «popular cosmographies» (Cosgrove, 2007, p. 57). Illustrò macrocosmo e microcosmi nelle rappresentazioni topiche del Teatro del cielo e della terra (Brescia, Vincenzo Sabbio, 1592); della ‘macchina’ dell’Universo, del ‘mondo elementare’ (Il mondo e le sue parti, Firenze, Francesco Tosi, 1595) e della ‘fabbrica dell’uomo’ (Descrittione, & perfetta misura, e proportione dell’huomo..., Ferrara, Vittorio Baldini, 1594; Della nobiltà et grandezza dell’uomo, Venezia, s.n.t., 1595); del tempo cosmico e del tempo storico (Le sei età del mondo..., Brescia, presso Vincenzo Sabbio, 1593), proiettato nell’idea di una cosmografia ‘divina e cristiana’ del ‘mondo creato’. Medico e geografo, Rosaccio seguì «il solco di altri studiosi» (De Vecchis, 1983, p. 156) come Botero, senza mai scindere l’uomo dalla natura.
Rosaccio coniugò la fitta produzione filosofica con l’attività itinerante del cosmografo astronomo e astrologo, leggendo come maestro in privato e in pubblico la ‘sfera’ celeste e terrestre, che rappresentò graficamente con l’immagine semplificata ma chiara ed eloquente della «cipolla» (Casali, 2011 p. 59). Interpretò la cosmografia come geografia di tutto il mondo conosciuto – secondo un disegno lungimirante e ambizioso che si realizzò nell’edizione della Geografia di Tolomeo (Venezia, appresso gli heredi di Melchior Sessa, 1598) – e che espresse anche attraverso la cartografia e la topografia: planisferi, carte d’Italia e delle regioni italiane, del Cavallo (della Toscana), dell’Europa e del mondo ‘universale’. Carte di Rosaccio furono inserite nella sua edizione della Geografia di Tolomeo e nell’edizione del 1605 delle Relazioni universali di Botero (a cura di B.A. Raviola, cit., p. LXXXI). Rosaccio fu un intellettuale ‘integrato’, che modulò il suo messaggio culturale e letterario sull’autocelebrazione (esibizione di fedi dei suoi pazienti, di licenze e dei privilegi ricevuti da coloro che ricordò come suoi ‘padroni’ e ‘protettori’, cfr. Casali, 2011, pp. 55 s.; G. Rosaccio, Difesa, cit., pp. 13 s.), amplificandolo con l’esaltazione di principi, signori, religiosi, città (Roma trionfante..., Viterbo 1612; e il già citato Compendio della nobilissima città di Bologna); la magnificazione dei potentati del tempo (Discorso [...] Nel quale si tratta breuemente l’origine della Setta maomettana, Firenze, per Cosimo Giunti, 1599), ai quali rivolse pronostici cristiani sulla politica europea incentrati sull’alleanza contro i turchi (Discorso Astronomico e Christiano perpetuo, in Fiorenza et Viterbo 1612, p. n.n.)
Compose discorsi sulle comete (Casali, 2013, pp. 117-122), pronostici e lunari annuali e perpetui (Casali, 2003, pp. 217-227), di cui restano rari esemplari, senza deragliare dal binario della liceità della pratica astrologica dettata dalle leggi ecclesiastiche. Rifuggì, infatti, dall’astrologia giudiziaria per inscrivere i propri preannunci nell’ambito dell’astrologia naturale e cristiana, fino a giungere al pronostico ‘spirituale’ dell’«astrologia della Sacra Scrittura» (G. Rosaccio, Discorso Astronomico, cit., p. n.n.). Fu oltremodo attento a non incorrere nei lacci della censura in tempi in cui circolarono le idee copernicane sull’Universo. Quando Galileo Galilei mise a soqquadro il cielo con le osservazioni affidate al Sidereus nuncius (1609), Rosaccio richiamò l’attenzione dei lettori sulla ‘Terra’ (Discorso [...] della Nobiltà et Eccellenza della terra, Firenze 1610, pp. n.n.; Casali, 2013, p. 123).
Come medico e guaritore, Rosaccio professò la dottrina ippocratica e galenica, basata sulla teoria degli umori, su astrologia, iatromatematica, regiminen sanitatis, igiene, alimentazione, governo del corpo (Casali, 2003, pp. 168-172; Ead., 2012, p. 168). All’insegna di experienza docet, prestò cure, fece conoscere le sue teorie mediche, i propri rimedi, famosi ‘segreti’ come il Purga Capo (In Fiorenza, Ferrara, et in Bologna, 1621), venduti sulle piazze e descritti nelle sue operette fin dagli anni Ottanta del Cinquecento. La medicina rappresentò per Rosaccio un fruttuoso ambito di studi fino a tarda età, quando pubblicò il trattato Il medico (Venezia 1621).
L’intensa e multiforme attività di Rosaccio è documentata soprattutto dalla sua fitta produzione di ‘letteratura di consumo’ (dal carattere altamente divulgativo, destinata al pubblico delle piazze e ai signori dei palazzi) che, distribuita in un ampio arco cronologico compreso tra gli anni Settanta del Cinquecento e il 1621 (Benedetti, 1973, pp. 162-170), fu pubblicata da tipografi sparsi nelle città più importanti per il mercato editoriale dell’Italia padana e centrale tra Cinque e Seicento, e ristampata anche dopo la morte dell’autore fino a tutto il XVIII secolo: Treviso, Pavia, Milano, Cremona, Brescia, Ferrara, Verona, Venezia, Bologna, Firenze, Genova, Viterbo, Roma, giungendo fino a Napoli.
Le Inscrittioni et mansioni di lettere dove ognuno potrà con vera ragione dar titolo [...] secondo la conditione di ciascun grado, una delle prime pubblicazioni uscita a Pavia nel 1574 (G. Rosaccio, Difesa, cit., p. 10) e/o 1578 (Benedetti, 1973, p. 163), ebbe un’ampia diffusione e fu indicata da Tomaso Garzoni nella Piazza universale (1585) come il «libretto di Gioseffo Rosazio», utile a «scrittori o scrivani, e cartari e temperatori di penne e cifranti e professori di ieroglifici e ortografi» per «cercar con diligenza i titoli da darsi [...] in volgare» (a cura di P. Cherchi - B. Collina, 1996, p. 422). L’esordio tipografico di Rosaccio preannunciò la fortuna che accompagnò tutta la produzione successiva, una costellazione di stampe che in molti casi videro la luce contemporaneamente in più città, con dedicatorie a personaggi illustri diversi, di cui lo stesso Rosaccio compilò un indice (inserito in Discorso [...] della Nobiltà et Eccellenza della terra, cit.; Il medico, cit.).
Rosaccio morì nel 1620 circa, forse a Firenze dove viveva.
In seguito il suo nome entrò nella leggenda oltre che per le testimonianze letterarie del suo secolo (Lorenzo Lippi, Giovanni Battista Fagiuoli), anche per l’attività svolta dai suoi discendenti, figli e nipoti (Casali, 2003, pp. 215-217). Nel 1627 il figlio Giovanni Battista seguì le orme del padre iscrivendosi alle «Arti dei medici e speziali» di Firenze (Casali, 2011, p. 57). Il Rosaccio indovinatore del tempo e gazzettiere delle stelle continuò ad apparire nelle intestazioni di lunari in foglio e in opuscolo ancora per tutto il XVIII secolo in varie città, come Modena, Reggio Emilia, Bologna, Firenze (Casali, 2003, pp. 215 s.). Il Rosaccio viaggiatore, cosmografo e cartografo sopravvisse fino a essere compreso nella storia della cartografia europea del Rinascimento (Woodward, 2007, pp. 3-5). La sua descrizione di tutte le parti del mondo (pubblicata in appendice alla sua edizione della Geografia di Tolomeo), inoltre, rappresentò una fonte per gli storici novecenteschi del «primitivismo» nella prima età moderna (Romeo, 1989, p. 91; Sozzi, 2002, pp. 64, 354 s.).
Fonti e Bibl.: G.G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da letterati del Friuli, IV, Venezia 1830, pp. 166 s.; R. Romeo, Le scoperte americane nella coscienza italiana del Cinquecento (1954), Bari 1989, p. 91; A. Benedetti, G. R. cosmografo pordenonese, in Il Noncello. Rivista d’arte e cultura, XXXVII (1973), pp. 111-170; P. Camporesi, Il pane selvaggio, Bologna 1983, pp. 125 s., 217 s.; G. De Vecchis, Medici geografi: il caso di G. R., in Primo seminario internazionale di geografia medica..., Roma... 1982, a cura di G. Arena, Perugia 1983, pp. 147-155; G. Lucchetta, Viaggiatori, geografi e racconti di viaggio dell’età barocca, in Storia della cultura veneta. Il Seicento, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, Vicenza 1984, pp. 201-250 (in partic. pp. 201 s.); T. Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo, a cura di P. Cherchi - B. Collina, Torino 1996, p. 422; E. Casali, Il poeta e il ciarlatano, L’astrologia tra parodia e ciarlataneria nell’età di Giulio Cesare Croce, in La festa del mondo rovesciato: Giulio Cesare Croce e il carnevalesco, a cura di E. Casali - B. Capaci, Bologna 2002, pp. 197-229 (in partic. pp. 205-224); L. Sozzi, Immagini del selvaggio. Mito e realtà nel primitivismo europeo, Roma 2002, pp. 64, 355; E. Casali, Le spie del cielo. Oroscopi, lunari e almanacchi nell’Italia moderna, Torino 2003, pp. 94-96, 146,151 s., 164, 168-172, 203-227, 253; D. Gentilcore, Medical ciarlatanism in early modern Italy, Oxford 2006, pp. 27 s., 84, 87, 155 s.; D. Woodward, Cartography and the Renaissance continuity and change, in Cartography in the European Renaissance, a cura di D. Woodward, III, 1, Chicago 2007, pp. 3-24 (in partic. pp. 3-5); D.E. Cosgrove, Images of Renaissances cosmography 1450-1650, ibid., pp. 55-98 (in partic. p. 57); E. Casali, «Se le galline o gallo batterà l’ali e canti». Il Lunario di Filippo Biserni da Premilcuore di Romagna tra astrologia e meteorologia, in La Biblioteca come servizio. In ricordo di Piergiorgio Brigliadori, a cura di A. Bruni, Bologna 2008, pp. 49-99 (in partic. pp. 76 s., 79-86, 90, 92-96, 98); Storia di Bologna, III, Cultura, istituzioni culturali, chiesa e vita religiosa, a cura di A. Prosperi, Bologna 2008 (in partic. G. Ricci, Percezioni. Geografi, cartografi, viaggiatori, pp. 495-535, in partic. pp. 499 s.; C. Pancino, Malati, medici, mammane, saltimbanchi. Malattia e cura nella Bologna d’età moderna, pp. 683-769, in partic. pp. 698 s.; E. Casali, La piazza. Poeti, ciarlatani, gazzettieri, pp. 771-814, in partic. pp. 774, 792-798); E. Casali, Stagioni odeporiche e cosmografie di piazza, in Le stagioni di un cantimbanco. Vita quotidiana a Bologna nell’opera di Giulio Cesare Croce (catal.), Bologna 2009, pp. 85-95 (in partic. pp. 92-95); P. Donatis, R. G., cartografo e geografo, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, II, L’età Veneta, a cura di C. Scalon - C. Griggio - U. Rozzo, Udine 2009, pp. 2169-2173; E. Casali, Il teatro del cielo. Il Sidereus Nuncius di Galileo e la letteratura astrologica, in Prometeo, XXVIII (2010), 111, pp. 42-51 (in partic. pp. 45-47, 49); Ead. Il ‘Teatro” del mondo. G. R. (1530ca-1620ca) tra Firenze e Bologna, in L’Europa divisa e i nuovi mondi. Per Adriano Prosperi, II, a cura di M. Donattini - G. Marcocci - S. Pastore, Pisa 2011, pp. 55-65, 411 s.; Ead., “Anatomie astrologiche”. Melotesia e pronosticazione (secc. XVI-XVII), in Anatome. Sezione, scomposizione, raffigurazione del corpo nell’età moderna, a cura di G. Olmi - C. Pancino, Bologna 2012, pp. 161-183 (in partic. pp. 162, 168, 173, 183); Ead., Astrologia “cristiana” e nuova scienza. Pronostici astrologici sulle comete (1577-1618), in Celestial novelties on the eve of the scientific revolution (1540-1630), a cura di D. Tessicini - P.J. Boner, Firenze 2013, pp. 105-131 (in partic. pp. 105 s., 110, 112, 115, 117-123); W. Eamon, Astrology and society, in A companion to astrology in the Renaissance, a cura di B. Dooley, Leiden-Boston 2014, pp. 141-191 (in partic. pp. 175 s.); G.L. Betti, Sui rapporti di G., Domenico e Luigi R. con Bologna, in Bruniana & Campanelliana, XXI (2015), 1, pp. 193-199; E. Negro - N. Roio, Qualche annotazione sul Compendio della Nobilissima Città di Bologna di G. R., in G. Rosaccio, Il Compendio della Nobilissima Città di Bologna, a cura di P. Carofano - E. Negro - N. Roio, Pontedera 2015, pp. 7-25; P. Nucci Pagliaro, G. R., un dottore togato nella Bologna dei Carracci, ibid., pp. 33-47; Id., Pittori e medici al tempo di Caravaggio. Il caso di G. R., in Una vita per la storia dell’arte. Scritti in memoria di Maurizio Marini, a cura di P. di Loreto, Roma 2015, pp. 287-292.