ROBECCHI, Giuseppe
ROBECCHI, Giuseppe. – Nacque il 15 settembre 1805, da Giovanni Antonio e da Anna Maria (o Marianna) Ferrario, a Gambolò, Comune della Lomellina compreso dal 1800 nel Dipartimento napoleonico dell’Agogna e nel 1814 tornato al Regno di Sardegna (provincia di Vigevano).
Il padre, ingegnere bergamasco, era agente dei marchesi Litta; la madre era sorella dell’editore milanese Vincenzo Ferrario. Giuseppe fu il settimo dei tredici figli della coppia, che risiedeva presso il castello di Gambolò, dal 1573 proprietà dei Litta, in seguito acquisito dai Robecchi stessi, che lo cedettero a loro volta al Comune nel 1879. Giovanni Antonio morì nel 1823, lasciando la guida della famiglia al primogenito Pietro; Marianna gli sopravvisse fino al 1857.
Nel 1824, dopo aver compiuto gli studi in collegio a Novara, Robecchi entrò nel seminario di Vigevano: fu ordinato sacerdote nel marzo del 1828. Il vescovo Giovanni Francesco Toppia gli affidò incarichi di insegnamento, ma dal 1831 la sua principale occupazione fu la cura d’anime, presso la parrocchia vigevanese di S. Cristoforo in S. Pietro Martire. Durante l’epidemia di colera del 1835 diede «a’ suoi popolani afflitti dal morbo terribile [...] prove di carità» (Gioberti, 1846, p. XV) e nel 1840 ristrutturò la chiesa in forme neogotiche.
La sua relazione per la visita pastorale del 1846 (Vigevano, Archivio diocesano, Atti della visita Mons. Forzani) sembra delineare il profilo di un sacerdote insofferente delle condizioni morali e materiali del clero cittadino. Non è chiaro quanto e come, in questa fase, aderisse al movimento nazionale.
Di certo Robecchi era presente al Congresso agrario di Mortara del 9 settembre 1846, conclusosi con l’appello di Lorenzo Valerio al re di Sardegna per la lotta contro lo straniero. Fu nel biennio 1848-49 che si impose come animatore del patriottismo liberale lomellino. Il 17 febbraio 1848 pronunciò un’Orazione in cui esaltava Carlo Alberto e Pio IX; nei mesi successivi promosse sottoscrizioni a sostegno dello sforzo bellico piemontese. Dopo l’armistizio Salasco, fu caldo fautore della ripresa delle ostilità: «Io Sacerdote, io Parroco, io Ministro di pace, grido altamente, guerra» (Avremo pace o avremo guerra?, 1848), proclamò il 22 agosto 1848, in un discorso che ebbe vasta risonanza nel Regno.
Sono poco chiari i dettagli della sua partecipazione alla seconda fase del conflitto: una testimonianza familiare lo colloca sul campo di Novara il 23 marzo 1849 (Robecchi-Brivio, 1938, p. 137); va forse riconosciuto in lui, d’altro canto, il «sacerdote lomellino» citato in Parlamento come «nobile esempio» di combattente nella difesa di Casale Monferrato in quegli stessi giorni (Ottone, 1914, pp. 13 s.).
Il 22 settembre 1849, in un’appassionata commemorazione pubblica a Casale, accusò tanto i vertici militari quanto la Chiesa di aver abbandonato Carlo Alberto (Due parole intorno..., 1849): il clamore suscitato da queste parole lo spinse a riparare all’estero. Dopo il breve esilio, Robecchi non ebbe fastidi con le autorità civili, ma dovette lasciare la parrocchia: la lettera di commiato del 4 dicembre 1849 attestava quanto doloroso fosse per lui questo passo (Ai miei parrocchiani, 1849). Pochi giorni dopo, tuttavia, nelle elezioni per la IV legislatura, fu candidato per il collegio di Garlasco: sconfitto dall’ingegner Epifanio Fagnani, gli poté subentrare nella suppletiva del 15 giugno 1851; nel 1853 e nel 1857 vinse quasi senza concorrenza le successive consultazioni. Alla Camera si schierò con la Sinistra democratica di Valerio e Agostino Depretis, deluso dalla politica dei Savoia e dei moderati: «Sebbene io non abbia giurato, e non giuri su Mazzini», scrisse nel 1854, «pure gli sono consenziente» (Romeo, 1978, p. 153). Nel novembre del 1850 partecipò a Torino alla nascita del giornale Il Progresso; nell’aprile 1854 fu tra i fondatori di Il Diritto.
Il suo contributo consistette soprattutto in articoli di tema ecclesiastico, animati da un forte anelito di riforma religiosa, ma improntati a un rigoroso giurisdizionalismo; con lo stesso spirito alla Camera avanzò senza esito una radicale proposta di soppressione degli ordini religiosi (22 febbraio 1855). Il parallelo impegno sociale si manifestò tanto nell’azione parlamentare per una modifica dell’imposta personale e mobiliare (marzo 1853), quanto in iniziative come la fondazione di un comitato di soccorso dei sacerdoti liberali perseguitati (1850) e il sostegno alla società di mutuo soccorso di Vigevano (1851).
Né si era spenta in lui la passione per la causa italiana: se tuttavia, ancora nel 1856, scriveva insoddisfatto «che il Piemonte dorm[iva] i bei sonni» (in Brignoli, 1993, p. 105), la politica estera di Cavour finì con l’avvicinarlo al ministero. L’8 febbraio 1859, fu relatore della richiesta di prestito avanzata dal governo per «allargare gli apprestamenti militari» (Atti del Parlamento subalpino, Sessione del 1859, Documenti, Roma 1875, p. 452) e nei mesi successivi fu presidente della commissione generale del Bilancio. Dopo la liberazione della Lombardia si trasferì a Milano per consigliare il prefetto provvisorio del Monte Lombardo-Veneto, Cesare Correnti, del quale era e sarebbe rimasto fino alla morte il «più intimo amico» (Milano, Civiche raccolte storiche, Carte Correnti, Gaspare Cavallini a Cesare Correnti, Milano, 12 luglio 1874).
Il 27 febbraio 1860 Robecchi fu eletto primo presidente del Consiglio provinciale di Pavia, carica che mantenne fino al 10 settembre 1864. La breve VII legislatura e poi l’VIII, in cui rappresentò il nuovo collegio di Vigevano, avevano intanto sancito il suo definitivo passaggio nel campo moderato. L’8 ottobre 1865, ottenne la desiderata nomina alla Camera alta: in tal sede si impegnò particolarmente, quale membro della commissione senatoria, nel dibattito sulla liquidazione dell’asse ecclesiastico (1867). Nel suo discorso del 21 aprile 1871, in favore della legge delle Guarentigie, apparve tuttavia evidente la personale evoluzione da una concezione giurisdizionalista dei rapporti Stato-Chiesa verso un impianto separatista, intriso di spunti conciliatoristi.
Tra il marzo 1860 e l’aprile 1861 era stato membro straordinario del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione. Nel gennaio del 1861 Giovanni Battista Cassinis lo aveva nominato direttore dell’Economato dei benefici vacanti e del Fondo del clero per la Lombardia; in quella veste, gli furono affidati dal ministero di Grazia e Giustizia incarichi speciali, come la risoluzione di una vertenza di giurisdizione ecclesiastica con la Svizzera (1863) e lo studio della situazione della diocesi romana dopo il 20 settembre 1870.
Per quanto Robecchi fosse «rispettatissimo e stimato altamente in tutta la Lombardia» (Le carte di Giovanni Lanza, 1938-1939, VIII, p. 143), i suoi ultimi anni furono amareggiati dalla mancata nomina a direttore del Fondo per il culto e dalla salute declinante. Lasciato l’impiego nel gennaio 1874, si trasferì nel castello natio.
Morì, celibe, a Gambolò il 19 giugno 1874.
Nei giorni precedenti, era stato visitato da emissari del vescovo di Vigevano; ricevette i conforti religiosi, ma resta inverificata la notizia, smentita dagli amici e dalla stampa liberale, di una ritrattazione in extremis del suo operato politico (Musselli, 1981, p. 251).
Il fratello Giulio, nato a Gambolò il 29 novembre 1806, studiò medicina a Torino; dal 1830 esercitò la professione a Stradella. Compromesso nei processi politici del 1833, dovette fuggire in Svizzera e poi in Francia: non poté più fare ritorno in patria se non brevemente nel 1844, grazie a un permesso speciale. Nel 1834 fu autorizzato a lavorare come medico sul territorio francese; la collaborazione con il professor Gilbert Breschet dell’Università di Parigi lo incoraggiò a coltivare un interesse insieme scientifico e filantropico per le malattie infantili. Nonostante le precarie condizioni economiche e la salute cagionevole, si inserì con successo nell’ambiente degli emigrati, entrando in relazione con personaggi di primo piano quali Niccolò Tommaseo, Giovanni Ruffini, Pietro Giannone e Vincenzo Gioberti. «Quanti italiani erano in Parigi avevano in lui un sovvenitore ed un fratello», avrebbe ricordato quest’ultimo (Gioberti, 1846, p. XI). Legato alla Giovine Italia, ricevette da Mazzini, che aveva visitato a Londra nell’estate del 1842 – e che in seguito lo avrebbe definito «buonissimo tra’ buoni» (G. Mazzini, Protocollo, IV, Imola 1919, p. 10) – l’incarico di «occuparsi degli operai» italiani emigrati, «coi quali per la professione sua si trova[va] spesso in contatto» (G. Mazzini, Scritti editi e inediti, XXIII, Imola 1915, p. 214).
Morì a Parigi, celibe, il 24 gennaio 1846, per un’infezione renale.
Fu sepolto a Montmartre, nella tomba di famiglia di Cornelia de Boinville-Turner, alla quale era stato legato da profonda amicizia. Nel 1846, Gioberti gli dedicò Il gesuita moderno; si ritiene che la sua figura abbia in parte ispirato il celebre romanzo Doctor Antonio di Giovanni Ruffini, pubblicato nel 1855 (A.C. Christensen, A European version of victorian fiction. The novels of Giovanni Ruffini, Amsterdam-Atlanta 1996, p. 130).
Scritti e discorsi. Di Giuseppe Robecchi oltre agli articoli pubblicati su Il Progresso e Il Diritto, e agli interventi assembleari stampati a parte o raccolti negli atti della Camera, del Senato e del Consiglio provinciale di Pavia, si segnalano: Orazione recitata dal parroco don G. R. nella sera del 17 febbraio 1848 ai bravi artigiani di Vigevano, Vigevano 1848; Avremo pace o avremo guerra?, Mortara 1848; Due parole intorno a Carlo Alberto, Casale 1849; Ai miei parrocchiani, Casale 1849.
Fonti e Bibl.: Documenti dei e sui fratelli Robecchi si conservano presso gli eredi della famiglia Gabba di Pavia; i più significativi, tra i quali alcuni importanti necrologi, sono raccolti nel volume G. e G. R. Testimonianze, a cura di F. Marinone, Pavia-Vigevano-Gambolò 1974, con un elenco delle pubblicazioni di Robecchi, curato da A. Gabba (pp. 59 s.). Sulla carriera ecclesiastica di Robecchi, documenti utili si conservano nell’Archivio diocesano di Vigevano, ancora in gran parte inesplorato. Ricco e significativo il suo carteggio con Cesare Correnti (Milano, Civiche raccolte storiche, Carte Correnti); interessanti anche diverse corrispondenze di Correnti con Enrichetta Robecchi e con il comune amico Gaspare Cavallini. Alcuni documenti a lui riferibili sono conservati inoltre nell’Archivio Depretis (Roma, Archivio centrale dello Stato). Sull’attività dell’Economato generale dei benefici vacanti, si veda il fondo presso l’Archivio di Stato di Milano. Lettere edite e inedite di Giulio Robecchi si trovano in diversi complessi documentari, tra cui il fondo Tommaseo (Firenze, Biblioteca nazionale centrale) e il fondo Gioberti (Torino, Biblioteca civica centrale); frequenti cenni su di lui anche nelle Carte Ruffini (Genova, Museo del Risorgimento). Lettere di, a e su Giulio trovano posto in epistolari editi, tra cui: Ricordi biografici e carteggio di Vincenzo Gioberti, a cura di G. Massari, Torino 1860-1862, ad ind.; Carteggio del conte Federico Confalonieri, a cura di G. Gallavresi, Milano 1910-1913, ad ind.; G. Gallavresi, Contributo al carteggio giobertiano, in Giornale storico della letteratura italiana, 1926, vol. 87, pp. 111-136; E. Flori, Lettere inedite di G. R., Alberto La Marmora, Emanuele d’Azeglio e d’altri a Giuseppe Arconati e a Giacinto Collegno, Milano 1932. Numerose le menzioni nell’Epistolario di G. Mazzini (Scritti editi ed inediti, XX-XXX, Imola 1914-1919, ad indices) e nei Protocolli della Giovine Italia, I-IV, Imola 1916-1919, ad indices. Inoltre: E. Robecchi-Brivio, Una famiglia italiana: i R., Milano 1938 (su Giuseppe e Giulio, pp. 132-146). Su Giuseppe: G. Vidari, Frammenti cronistorici dell’agro ticinese, III-IV, Pavia 1891-1892 (il volume III è dedicato a Giuseppe); G. Ottone, Il prevosto D. G.R. e l’agitazione lomellina nel 1848-49, Vigevano 1914; E. Michel, G. R., in Dizionario del Risorgimento nazionale, IV, Milano 1938, p. 89; Le carte di Giovanni Lanza, VI-VIII, a cura di C. De Vecchi, Torino 1938-1939, ad ind.; R. Romeo, Cavour e il suo tempo, I-III, Roma-Bari 1969-1984, ad indices; G. Talamo, La formazione politica di Agostino Depretis, Milano 1970, ad ind.; R. Romeo, Fra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, in Nuova Antologia, CXIII (1978), 2125-2126, pp. 151-158; M. Brignoli, Politica e amministrazione nelle lettere di Gaspare Cavallini a Cesare Correnti, in Bollettino della Società pavese di storia patria, LXXX (1980), pp. 95, 97 s.; L. Musselli, Liberalismo e ideali di riforma religiosa nel Risorgimento. Il caso di don G. R. da Gambolò, in Annali di storia pavese, VI-VII (1981), pp. 245-253; G. Verucci, L’Italia laica prima e dopo l’Unità, Roma-Bari 1981, pp. 27, 37; M. Brignoli, G.R., sacerdote e patriota, in Viglevanum, n. s., III (1993), pp. 100-110; F. De Giorgi, Cattolici ed educazione tra Restaurazione e Risorgimento, Milano 1999, pp. 66 s.; M. Borutta, Anti-catholicism and the culture war in Risorgimento Italy, in Risorgimento revisited. Nationalism and culture in nineteenth century Italy, a cura di S. Patriarca - L. Riall, Basingstoke 2012, p. 197; M. Soresina, «Non potendo esser fiori contentiamoci di essere radici». Una biografia di Cesare Correnti, Milano 2014, pp. 71, 275; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http:// notes9.senato.it/web/ senregno.nsf/R_l2? OpenPage (6 novembre 2016). Su Giulio: P. Giannone, Discorso pronunciato sulla tomba di G. R., Parigi 1846; V. Gioberti, Il Gesuita moderno, I, Losanna 1846, pp. V-XVII; E. Passamonti, Nuova luce sui processi del 1833 in Piemonte, Firenze 1930, ad ind.; I. Cremona Cozzolino, La donna nella vita di Giovanni Ruffini, in Giovanni Ruffini e i suoi tempi, Genova 1931, pp. 371-375; E. Michel, G. R., in Dizionario del Risorgimento nazionale, IV, Milano 1938, p. 88; N. Tommaseo, Diario intimo, Torino 1938, ad indicem.