RENDA, Giuseppe
RENDA, Giuseppe. – Nacque a Polistena (Reggio Calabria) l’11 dicembre 1859 da Francesco e da Clara Lagamba (Giuseppe Renda, 2007, p. 49). Nel paese natale, iniziò a lavorare, giovanissimo, nella bottega dei fratelli Morani alla modellazione di pastori di creta per i presepi. Nel 1874 scappò di casa per trasferirsi a Napoli: ospitato da alcuni parenti, trovò un’occupazione presso la fabbrica di ceramiche Cacciapuoti e Scotti a Capodimonte. Ripresi gli studi, si diplomò alla scuola serale maschile nel 1880, e nello stesso anno vinse il concorso d’ammissione al Real Istituto di belle arti, dove ebbe come maestri Gioacchino Toma per la pittura, Stanislao Lista per il disegno, e Tommaso Solari per la scultura. Nel 1884 presentò per la prima volta al pubblico due piccole sculture (Testina, terracotta; Ritratto, gesso) alla XX Esposizione promotrice Salvator Rosa di Napoli. La sua partecipazione alle periodiche mostre organizzate dalla Promotrice partenopea fu pressoché costante: nell’edizione del 1885 (XXI) espose tre opere in terracotta (Un piacevole sguardo, Ritratto del marchese Positano, Lo guaglioncello); in quella del 1887 (XXIII) il bronzo Na’ vota, e nella successiva, la XXIV del 1888, la bronzea Alma Venus e il ritratto in marmo Suavis. Nel settembre del 1889 fu nominato professore di ‘plastica’ alla Scuola di disegno della Società centrale operaia napoletana.
Nel 1890, nell’ambito della XXVI Mostra della Promotrice di Napoli, propose i ritratti Clara (marmo; Napoli, Collezione d’arte della provincia) e Musètte (bronzo); mentre nell’edizione del 1891 (XXVII) venne ammesso con Angelo caduto (gesso; opera poi distrutta dall’autore) e Così mi ami (marmo; opera distrutta dall’autore), che l’anno seguente inviò all’Esposizione d’arte contemporanea di Palermo. Nel giugno del 1893 fu nominato socio-artista del Circolo artistico di Napoli; qualche mese dopo fu incaricato di decorare alcune sale del Caffè Gambrinus, per le quali modellò in gesso un telamone, una cariatide e un bassorilievo raffigurante un Baccanale (attualmente questi ambienti sono occupati da un’agenzia della Banca Unipol). Nel 1894 sposò Lina Chevalley, dalla quale ebbe una figlia che volle chiamare Terra, in omaggio alla materia da cui aveva tratto le prime opere.
Nel 1895 realizzò Prima ebbrezza (bronzo, Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), per la quale fu premiato sia alla Festa dell’arte e dei fiori, Esposizione della Società promotrice di belle arti di Firenze (1896-97), sia alla VII Mostra internazionale d’arte di Monaco di Baviera del 1897. Sempre nel 1897 si aggiudicò una medaglia d’oro all’Esposizione internazionale di Bruxelles con Voluttà (marmo).
Nel 1898 accettò l’incarico di direttore tecnico della fonderia Giovanni Laganà di Napoli, avviando una collaborazione che si protrasse per più di due decenni. Nello stesso anno inviò Voluttà e Ondina (bronzo, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) alla LVII Esposizione nazionale della Società promotrice di Torino; mentre alla I Esposizione artistica italiana di pittura e scultura di Pietroburgo propose una versione in bronzo di Voluttà, intitolandola Estasi, e una replica (Estasi) figurò alla IV Esposizione di belle arti e industrie artistiche di Barcellona.
Nel 1899 fu presente con Ebbrezza (busto in bronzo) alla XLVI Esposizione della Società promotrice di belle arti di Genova.
Nel 1900 fu premiato con una medaglia di bronzo all’Esposizione universale di Parigi per il gruppo I corridori (indicati nei cataloghi di altre mostre con i titoli Due ragazzi, Fanciulli o Monelli napoletani; Napoli, Collezione Intesa Sanpaolo), e in autunno decise di trasferirsi per alcuni mesi nella capitale francese, dove partecipò al 118° Salon con il busto ritratto di madame Jeanne de May (Napoli, coll. eredi; ripr. in Giuseppe Renda, 2007, p. 77). Durante i primi due decenni del nuovo secolo condusse un’intensa attività sia di ricerca sia espositiva e fu presente ad alcune delle più significative rassegne internazionali (1901, VIII Esposizione internazionale d’arte di Monaco di Baviera; 1902, Esposizione italiana d’arte a Pietroburgo; 1903, Salone triennale di belle arti di Bruxelles; 1904, Esposizione universale di Saint Louis). Nel maggio del 1906 inviò Fortuna (gesso) all’Esposizione nazionale di Milano organizzata in occasione dell’inaugurazione del traforo del Sempione; qualche mese più tardi fu nominato membro del Consiglio del Reale istituto di belle arti di Napoli.
La prima maniera di Renda si sviluppò nell’ambito della scultura verista napoletana d’impronta gemitiana ed è documentata dalla cospicua serie di ritratti, che si contraddistinguono per la fedele registrazione delle fisionomie e la marcata tipizzazione delle espressioni facciali (Ritratto di anziana popolana, ripr. in Il bello o il vero, 2014, p. 316; Ritratto di Bertrando Spaventa, 1883, Napoli, Museo di S. Martino). Sul finire del secolo lo scultore elaborò uno stile più personale coniugando lo studio naturalistico con una certa eleganza formale d’ascendenza Liberty, senza lasciarsi irretire dagli atteggiamenti più estetizzanti e intellettualistici dell’epoca. Temi ricorrenti della sua produzione divennero i soggetti pittoreschi e di genere, come quello degli ‘scugnizzi’ (Prima ebbrezza) e le figure femminili, dalle pose sensuali e dai volti sempre sorridenti (Rêverie, ripr. in Il bello o il vero, 2014, p. 368; Colpo di vento, ripr. in Giuseppe Renda, 2007, p. 93; Fortuna, Polistena, Banca popolare di Polistena), tanto che per tale caratteristica Renda venne definito dai critici coevi lo «scultore del sorriso» (Il bello o il vero, 2014, p. 540).
Nel 1908 concluse il Monumento a Tommaso Campanella destinato all’aula magna dell’Università degli Studi Federico II di Napoli (ancora in loco) e ricevette la commissione per il Monumento al generale Enrico Cosenz (Napoli, giardini pubblici di Riviera di Chiaia), inaugurato il 23 novembre 1910.
Nel corso del secondo decennio del Novecento Renda aderì alle mostre della Promotrice napoletana nel 1912 (XXXV edizione) con Dato non ideato, e nel 1915 (XXXVII) con le sculture Ego sum lux mundi e Il Re. Nel 1915, inoltre, inviò Donna sorridente all’Esposizione internazionale di San Francisco e fu premiato con medaglia d’oro alla I Mostra d’arte dell’unione dei giornalisti di Napoli per Sogno (marmo).
La prima guerra mondiale rallentò considerevolmente l’attività dell’artista, che riprese alla fine del conflitto con una serie di commissioni ufficiali per la realizzazione di monumenti ai caduti. Nel 1920 Renda terminò la targa per gli studenti morti del liceo Umberto I di Napoli e il 20 novembre di quell’anno fu nominato ufficiale della Corona d’Italia con regio decreto di Umberto I. Il 29 gennaio 1922 ottenne dal re un’altra onorificenza (cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro); qualche mese dopo pose in opera il Busto-ritratto di Luigi Denza nei giardini comunali di Castellammare di Stabia ed espose un ritratto alla XL Mostra della Promotrice Salvator Rosa di Napoli. Tra il 1924, anno in cui partecipò alla III Mostra calabrese d’arte moderna della società Mattia Preti a Reggio Calabria (Ballo, Il cocco di papà, Ragazza dei campi), e il 1926 lavorò al Monumento ai caduti per la città di Davoli (Cosenza); successivamente, nel 1928, realizzò una targa (I caduti) per il Comune di Pazzano (Reggio Calabria), il Monumento ai caduti di Tropea, che fu inaugurato il 17 novembre 1929, e quello commissionatogli dalla municipalità di Castellammare di Stabia (1931).
Nel 1932 concluse la sua intensa attività espositiva partecipando alla III Mostra del Sindacato fascista belle arti della Campania, che ebbe luogo a Napoli (Testa; Dramatis personae).
Morì a Napoli il 12 giugno 1939. In alcuni cataloghi è indicato erroneamente come giorno di morte il 4 maggio 1939 (Giuseppe Renda, 2007, p. 151; la data corretta è stata desunta sulla base dei quotidiani e della memoria familiare).
Fonti e Bibl.: E. Giannelli, Artisti napoletani viventi. Pittori, scultori e architetti, Napoli 1916, pp. 679-682; A. Frangipane, R. G., in Brutium, XXXVII (1958), 8-10, pp. 6 s.; G. R., (catal.) a cura di A. Schettini, Napoli 1973; Scultura italiana del primo Novecento (catal., Roma-Mesola-Savona), a cura di V. Sgarbi, Bologna 1993, pp. 194 s.; G. R. 1859-1939 (catal., Polistena), a cura di F. Negri Arnoldi, Napoli 1995; A. Panzetta, Nuovo dizionario degli scultori italiani dell’Ottocento e del primo Novecento. Da Antonio Canova ad Arturo Martini, Torino 2003, p. 775; Galleria nazionale d’arte moderna. Le collezioni. Il XIX secolo, a cura di E. Di Majo - M. Lafranconi, Milano 2006, p. 356; G. R. 1859-1939. Tra tradizione e rinnovamento (catal.), a cura di D. Esposito, Napoli 2007; Il bello o il vero. La scultura napoletana del secondo Ottocento e del primo Novecento (catal., 2014-15), a cura di I. Valente, Napoli 2014, pp. 540, 316, 366-388.