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PRINA, Giuseppe

di Mario Menghini - Enciclopedia Italiana (1935)
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PRINA, Giuseppe

Mario Menghini

Uomo di stato, nato a Novara il 20 luglio 1766, morto a Milano il 20 aprile 1814. Fece eccellenti studî nel collegio dei gesuiti a Monza (1778-1783), poi all'università di Pavia (1783-1787), laureandosi in legge, e per due anni esercitò l'avvocatura nella sua città nativa. Nel 1791 entrò negli uffici pubblici in qualità di sostituto del procuratore generale di Torino, e nel luglio del 1795 stese una memoria sulla politica estera sarda, in cui dimostrò che il Piemonte avrebbe ricavato vantaggi sottoscrivendo un trattato di pace con la Francia. E ciò gli valse (27 aprile 1797) di far parte della commissione incaricata della delimitazione dei confini in seguito all'armistizio di Cherasco e la nomina (23 luglio 1798) a primo uffiziale nell'amministrazione superiore delle finanze (25 novembre 1798), infine a consigliere reggente, che equivaleva a quella di ministro. Rese grandi servigi all'erario sardo, applicando ardite innovazioni nel sistema delle finanze; e, devoto alla monarchia sabauda, subito dopo l'abdicazione di Carlo Emanuele IV si dimise, ritirandosi a Novara, dove riprese ad esercitare la professione d'avvocato, che non smise durante l'occupazione di Torino da parte degli Austro-Russi. Al ritorno dei Francesi in Piemonte (20 giugno 1800) fece parte del governo provvisorio in qualità di ministro delle Finanze (30 agosto 1800), ma si dimise quando il Piemonte fu unito alla Repubblica Cisalpina. Inviato ai comizî di Lione dalla municipalità di Novara, nella seduta finale del 26 gennaio 1802 tenne un discorso di ringraziamento al Bonaparte, che fissò su di lui l'attenzione; e dopo di essere tornato in Piemonte con la nomina a membro del collegio elettorale dei Dotti, fu dal Melzi chiamato a Milano (28 febbraio 1802) e scelto come uno dei tre membri della direzione generale incaricata dell'ordinamento delle finanze della Repubblica Italiana. Il Primo Console il 20 aprile successivo soppresse quel triumvirato e nominò il P. ministro delle Finanze; e fu carica da lui occupata per dodici anni, rivelando nel disimpegno di essa una competenza tecnica eccezionale. Nel 1807 raggiunse l'imperatore a Varsavia e gli presentò una proposta di riforma della moneta; negli anni seguenti fece frequenti viaggi a Parigi (specialmente nel 1809 e nel 1811), per sottoporre a Napoleone I questioni riguardanti il bilancio del Regno Italico. Ne fu ricompensato con titoli onorifici, con elargizioni di danaro e con lauta pensione; ma le riforme da lui introdotte nell'amministrazione finanziaria furono argomento di critiche e di impopolarità, poiché fu reso responsabile di tutte le misure fiscali dovute quasi unicamente alle spese di guerra. Inviso alla nobiltà lombarda, odiato dal popolo, nel 1814, dopo l'armistizio concluso (15 aprile) dal viceré Eugenio con gli Austriaci, parve vittima designata in quei momenti di grave eccitazione. Il 20 di quello stesso mese, una moltitudine specialmente di gente del contado lombardo assoldata a quel fine, assalì il palazzo del senato, poi la casa del P., che non fece a tempo a fuggire. Trascinato sulla strada fu ucciso senza che le autorità incaricate del mantenimento dell'ordine, e primo fra tutti il generale D. Pino, si adoperassero a liberare quell'infelice dalla rabbia di un'orda di forsennati.

Bibl.: M. Fabi, Milano e il ministro P., Novara 1860; S. Pellini, G. P. ministro delle finanze del Regno italico, Novara 1900; id., La giovinezza di G. P., ivi 1901; F. Lemmi, La restaurazione austriaca a Milano nel 1814, Bologna 1902; T. Casini, Ritratti e studî moderni, Roma 1914; A. Pingaud, Les hommes d'état de la république italienne (1802-1805), Parigi 1914.

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