PESCETTI, Giuseppe
PESCETTI, Giuseppe. – Nacque a Castelnuovo Berardenga (Siena) il 7 luglio 1859, figlio secondogenito del magistrato Orlando e della nobildonna senese Giulia Mencherini, cattolica fervente.
Passò l’infanzia negli ambienti della media nobiltà toscana, a cui apparteneva anche l’agiata famiglia paterna che, originaria di Marradi, contava varie generazioni di giudici e magistrati. Dal 1872 frequentò il liceo Dante di Firenze e nel 1877 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Siena.
Entrato in contatto con ambienti liberali e filosabaudi, il 29 maggio 1881 commemorò la battaglia di Curtatone e Montanara con un discorso dato alle stampe. Laureato con il massimo dei voti e la lode, iniziò a praticare la professione nello studio di un avvocato fiorentino. Iscritto all’albo nel 1884, docente volontario presso le Scuole del popolo di Firenze, nel 1885 fu tra i fondatori della Società italiana protettrice dei fanciulli, le cui attività ebbero un ruolo rilevante nella sua formazione politica, come avrebbe scritto una trentina di anni dopo.
Nel 1887 venne eletto consigliere dell’educatorio della Ss. Concezione, detto di Fuligno, quando il Comune di Firenze riformava lo statuto dell’ente e si sceglieva la nuova direttrice. La sua opposizione alla nomina di una religiosa fallì, ma la vicenda ebbe ampia risonanza e fece emergere la figura di Pescetti come oppositore laico al conformismo cattolico. Nominato consigliere, poi segretario, della Società di patrocinio dei liberati dai penitenziari (presieduta da Ubaldino Peruzzi), presente tra i primi soci della Società Dante Alighieri, costruì un’ampia rete di relazioni con uomini di ambienti variegati mentre, con l’esercizio della professione, si guadagnava la stima di militanti democratici e internazionalisti.
Nell’estate 1889 fu ammesso al patrocinio dinanzi alla Cassazione. Ma fu la sua elezione al Consiglio comunale, nell’autunno successivo, a segnare un momento di svolta per il suo ruolo pubblico: da allora iniziò a collaborare in modo stretto con democratici, repubblicani e, poi, socialisti, nell’ambito del primo ‘esperimento liberal-democratico’ a Palazzo Vecchio.
Promotore di leghe operaie, cooperative e poi della Camera del lavoro fiorentina, difensore di anarchici e socialisti arrestati in seguito alle manifestazioni del 1° maggio 1891, fu nominato consigliere legale della Lega ferrovieri e divenne conferenziere di fama. Iscritto al Partito socialista dalla fondazione, fu eletto alla direzione dell’organizzazione fiorentina e di quella regionale. Nel 1895 fu assolto in appello dall’accusa di incitazione a delinquere, dopo sei mesi di detenzione. Quell’anno, lo sciopero delle lavoratrici della paglia e i processi che seguirono lo resero ancor più popolare come avvocato difensore e autore di un appello politico Alle trecciaiole, per la costruzione di organismi associativi e lo sviluppo di lotte sindacali.
Presidente del IV congresso socialista (Firenze 1896), fu eletto alla Camera nel marzo 1897 divenendo il primo deputato socialista toscano, grazie al sostegno degli elettori di Sesto Fiorentino, dove inaugurò una scuola serale rivolta a operai che miravano a ottenere il diritto di voto.
Oppositore delle leggi eccezionali crispine – denunciate con il discorso di esordio alla Camera su La giustizia in Italia –, durante la crisi, i tumulti e l’ondata repressiva del 1898 – quando gestì lo sciopero nell’area fiorentina – riuscì a evitare l’arresto rifugiandosi a Montecitorio e fuggendo a Parigi, dove ebbe modo di frequentare la Biblioteca nazionale. Condannato in contumacia, rientrò a Firenze per un nuovo processo e infine venne assolto, dopo una breve detenzione.
Ripresa l’attività parlamentare, prima di essere rieletto deputato nel giugno 1900 tenne un discorso alla Camera per la riorganizzazione e la costruzione di una nuova sede della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, sul modello di quella parigina, avviando una serie di azioni per la difesa dei beni culturali che avrebbero accompagnato tutta la sua attività, come mostra il disegno di legge Miglioramento degli archivi notarili del Regno e loro personale (1902).
Furono anni d’intensa attività per questo avvocato, parlamentare di sei legislature, consigliere comunale e poi provinciale, dirigente socialista, consulente legale per associazioni e cooperative. Difensore dei battellieri di Carloforte (1901), leader dell’agitazione dei ferrovieri sardi, sostenitore degli scioperanti della più importante fonderia di Firenze – è del 1902 il memoriale pro scioperanti del Pignone –, sostenitore delle rivendicazioni di trecciaiole, personale ferroviario, insegnanti elementari, fu rieletto al Consiglio comunale nel 1904.
Schieratosi con la corrente ‘rivoluzionaria’ del partito al congresso del 1904, prima di passare con i riformisti ‘integralisti’ a quello successivo, consigliere provinciale dal 1905, non fu eletto alle politiche del 1906, ma rientrò in Parlamento con le elezioni suppletive per il III collegio di Firenze che includeva Sesto Fiorentino, dove nel 1907 inaugurò la Casa del popolo. Sempre nel 1907 fu confermato al Comune di Firenze con la vittoria del ‘blocco popolare’, al termine di una campagna di sostegno al suo nome appoggiata dalle logge massoniche aderenti al Grande Oriente, ma contrastata da quelle di altra obbedienza. Nel 1908, quando salì alla presidenza un massone della loggia Michelangelo, divenne consulente legale dell’associazione fra gli impiegati civili.
Confermato deputato nel 1909, oratore nei comizi di quell’anno a favore del pedagogista e anarchico spagnolo Francisco Ferrer, condannato a morte, intensificò l’attività a favore della pubblica istruzione e delle scuole professionali. Lo mostrano gli interventi e i discorsi per le scuole elementari, i maestri e a sostegno dell’istituzione di scuole per la concia delle pelli (1898-99), dell’istituto agricolo coloniale e di quello forestale di Vallombrosa (1912), per la scuola del lavoro e per l’arte decorativa (1913), per l’insegnamento professionale (1915-16).
Nel 1911, dopo aver assistito alla posa della prima pietra per la nuova Biblioteca nazionale centrale di Firenze (un suo successo personale), fu inviato all’isola d’Elba per sostenere gli scioperi delle acciaierie. Durante la guerra italo-turca si schierò con le posizioni dei riformisti di sinistra e tenne vari comizi.
Rieletto deputato nel 1913, sostenitore della Festa degli Alberi (1912), fu confermato a Palazzo Vecchio con le elezioni del 1914 e rieletto al Consiglio provinciale per il mandamento di Sesto Fiorentino dopo aver presentato un’interrogazione parlamentare sulle violenze di polizia durante la ‘settimana rossa’.
Scoppiata la guerra, partecipò con energia alla campagna ‘per la neutralità assoluta’, rivendicando la figura del socialista e attivo pacifista francese Jean Jaurès, ucciso da un nazionalista poco prima dell’inizio delle operazioni, e nel 1917 sostenne le due rivoluzioni russe; ma l’appoggio a comitati di assistenza per le famiglie dei richiamati lo costrinse a fronteggiare le critiche degli intransigenti.
Nel dopoguerra rivendicò l’impegno antimilitarista (pagato, a suo dire, anche con un attentato subito nel 1918), quando l’ondata massimalista e nuove tensioni generazionali lo misero in difficoltà mentre, sessantenne, oscillava tra dichiarazioni di sostegno alla Russia sovietica e discorsi di stampo riformista. Ma la sua stagione non era conclusa e conobbe una nuova primavera con i tumulti annonari del 1919, quando per alcuni giorni governò la città assieme al segretario della Camera del lavoro e con l’accordo del prefetto. Oratore ai comizi per lo ‘scioperissimo’ del 20-21 luglio, Pescetti fu confermato deputato a novembre.
Nel 1920, con l’inasprirsi degli scontri sociali e l’ascesa dello squadrismo, il suo ruolo scivolò nell’ombra. Al congresso di Livorno seguì i socialisti, ma la mancata elezione alle politiche del 1921 ebbe profonde conseguenze sul suo morale e ne incrinò la tenacia.
Dopo la marcia su Roma, trascorse l’ultimo anno di vita nella sua villa di Campo di Marte, in un isolamento rotto solo simbolicamente dalle migliaia di persone che – sotto l’occhio vigile dei servizi di informazione e con l’interessamento diretto di Benito Mussolini – parteciparono ai funerali all’indomani della sua morte, avvenuta a Firenze il 21 gennaio 1924. Non si era sposato, né ebbe figli.
Fonti e Bibl.: Oltre a fonti e testi indicati da I. Tognarini, P. G., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, IV, Roma 1978, pp. 87-97, si vedano: M.L. Pescetti Marozzi, G. P. e il suo impegno politico per Firenze in Consiglio Comunale e in parlamento, in Rassegna storica toscana, 1982, n. 2, pp. 237-252; G. P. e il suo impegno politico per un paese moderno, a cura di G. Brogelli, Firenze 2009.
Inoltre, ad nomen: L. Tomassini, Associazionismo operaio a Firenze fra ’800 e ’900, Firenze 1984; G. Spini - A. Casali, Firenze, Roma-Bari 1986; La Toscana, a cura di G. Mori, Torino 1986; S. Buti, La Manifattura Ginori. Trasformazioni produttive e condizione operaia (1860-1915), Firenze 1990; N. Capitini Maccabruni, Liberali, socialisti e Camera del Lavoro a Firenze nell’età giolittiana, Firenze 1990; R. Bianchi, Bocci-Bocci. I tumulti annonari nella Toscana del 1919, Firenze 2001; La massoneria a Firenze. Dall’età dei Lumi al secondo Novecento, a cura di F. Conti, Bologna 2006.