PECCHIO, Giuseppe
PECCHIO, Giuseppe. – Nacque a Milano il 15 novembre 1785 da una famiglia ammessa al patriziato cittadino già dal 1543. Terzogenito di Antonio e di Francesca Goffredo, ebbe tre fratelli: Luigi (11 novembre 1779 - 8 agosto 1860), Carlo (13 marzo 1784 - 29 agosto 1869) e Marianna.
Studiò in due collegi dei frati somaschi: a Merate, dove fu compagno di studi di Alessandro Manzoni, e a Lugano, dove si preparò con Francesco Soave. Nel 1806 ottenne la laurea con lode in legge a Pavia, dove frequentò le lezioni di Vincenzo Monti.
All’età di 25 anni cominciò la sua carriera politica. Il 26 luglio 1810 fu eletto assistente del Consiglio di Stato del Regno d’Italia napoleonico per le sessioni delle Finanze e dell’Interno collaborando con Pietro Custodi, che influenzò moltissimo la sua formazione intellettuale, e con il ministro delle finanze Giuseppe Prina. Perse l’incarico alla caduta del Regno d’Italia nell’aprile 1814. Nella Milano napoleonica strinse amicizia con Ugo Foscolo.
Frequentò il salotto di Matilde Viscontini Dembowski, ritrovo di tutti i giovani liberali milanesi, dove conobbe Stendhal. La Dembowski, con la quale ebbe forse una liaison amorosa, rimase sempre legata a lui da amicizia e gli fece probabilmente pervenire alcune somme di denaro durante il suo esilio dopo il fallimento dei moti del 1820-21.
Tra il 1818 e il 1819 partecipò al Conciliatore, per il quale scrisse 43 articoli su argomenti vari in evidente condanna della reazionaria politica austriaca. Nel 1818 la censura austriaca gli vietò la pubblicazione del suo Saggio storico sulla amministrazione finanziaria dell’ex Regno d’Italia dal 1802 al 1814, pubblicato solo nel 1820 a Lugano.
In quel periodo fu tra i promotori della Scuola di mutuo insegnamento con Federico Confalonieri e Luigi Porro Lambertenghi, introducendo in Lombardia il metodo lancasteriano. Il 1° ottobre 1818 fu inaugurata la prima Scuola di mutuo insegnamento in Lombardia e Pecchio, nella veste di segretario della commissione organizzativa, presieduta da Confalonieri, fu molto attivo anche nella didattica e nella ricerca dei finanziamenti, affiliando all’impresa uomini d’affari e industriali come Enrico Mylius. Il gruppo dei giovani liberali che faceva capo a Confalonieri e Porro si lanciò anche in altre imprese, risultate però fallimentari, come una linea di battelli a vapore sul Po, il bazar d’industria, l’ateneo politecnico o l’impianto di illuminazione pubblica a gas.
Con Confalonieri Pecchio entrò a far parte della loggia dei Federati e si recò a Firenze per incontrare i cospiratori toscani, tra cui Gino Capponi. Il 6 luglio 1819 fu nominato deputato della Congregazione provinciale di Milano e mantenne la carica fino agli avvenimenti del 1821; le autorità austriache accettarono la sua candidatura nella terna dei nobili della città di Milano, sebbene egli fosse da tempo sotto il controllo della polizia. Nel luglio del 1820 fu protagonista di una fronda giovanile aristocratica all’interno del casino dei nobili di Milano che mise in evidenza una certa insofferenza dei giovani aristocratici milanesi non solo verso il potere austriaco, ma anche verso le generazioni più anziane della nobiltà cittadina.
Le spie austriache seguivano i movimenti di Pecchio dall’autunno del 1820, quando egli aveva assunto il ruolo di mediatore tra i costituzionali di Torino e i federati di Milano, Brescia, Pavia, Mantova e altre città italiane, cercando di sfuggire alla censura austriaca. Per questa ragione nel novembre 1820 si trovava a Genova, dove frequentò il salotto dei conti Oxford (Edward Harley e Jane Elisabeth Scott), alla cui figlia Giannina (Jane Elisabeth Harley) dedicò due lettere del suo viaggio in Spagna e Portogallo. Fu quindi a Bologna, a Firenze, a Parma e da lì tornò a Milano. Il 15 gennaio 1821 simulò una vendita della sua parte di eredità paterna ancora indivisa tra i suoi fratelli al barone Sigismondo Trecchi per 180.000 lire.
Nel febbraio 1821 giunse a Torino, dove restò per una settimana circa e riuscì a incontrare Carlo Alberto in un celebre colloquio, nel corso del quale il principe di Carignano espresse i suoi dubbi sulla reale consistenza dell’appoggio lombardo a un eventuale conflitto con l’Austria. In quei giorni incontrò anche l’ambasciatore spagnolo a Torino Eusebio Bardají y Azara, dal quale ricevette l’assicurazione che la sua influenza a Madrid avrebbe potuto determinare l’intervento spagnolo contro l’Austria. Il 20 febbraio Pecchio tornò a Milano e, assente Confalonieri per malattia, assunse senza investiture ufficiali il ruolo di coordinatore del gruppo milanese, che organizzò una riunione nella casa di campagna da lui posseduta fuori città, nella quale fu decisa l’istituzione di una Giunta di governo di reggenza a Milano e di una Guardia nazionale che avrebbe potuto contare su quattromila uomini tra volontari e veterani dell’esercito del Regno d’Italia napoleonico.
Quando, tra il 9 e il 10 marzo 1821, scoppiò il moto piemontese, Pecchio lasciò Milano. Il 15 marzo a Novara assisté all’ingresso delle truppe rivoluzionarie e alla proclamazione della Costituzione. Il 16 marzo fu a Torino all’albergo Dufour, dove si ritrovò con gli altri cospiratori. Pecchio e l’avvocato Giuseppe Vismara tennero le fila di tutte le attività del gruppo i cui sforzi erano volti a creare un collegamento tra lombardi e piemontesi e a spingere il Piemonte a invadere la Lombardia. Probabilmente Pecchio promise denaro al corpo piemontese capace di invadere per primo la Lombardia, mossa che gli fu aspramente rimproverata dagli altri cospiratori arrestati. Rimase a Torino per tutta la durata dell’insurrezione e lasciò la città diretto a Genova solo ai primi di aprile, quando era ormai chiaro che non vi erano più speranze per la rivoluzione. Il 15 aprile sbarcò ad Antibes con un passaporto per Ginevra firmato da Bardají y Azara. Iniziò in quel frangente la leggenda nera su Pecchio, che da Milano venne accusato dai suoi ex compagni federati sotto processo di essere un inetto, un demagogico maneggione, pronto a ritrattare le sue idee rivoluzionare in cambio della clemenza del governo austriaco. Il processo ai cospiratori lombardi si chiuse il 23 febbraio 1823 e il 21 gennaio del 1824 Pecchio fu condannato a morte in contumacia per alto tradimento e truffa.
Ad Antibes Pecchio fu intercettato dalla polizia e rilasciato a patto di abbandonare immediatamente la Francia. Si recò, allora, a Ginevra, dove l’amico ambasciatore Bardají y Azara, appena nominato segretario di Stato, lo invitò ad andare con lui in Spagna, dove nel frattempo era scoppiato il moto indipendentista. A Madrid l’amicizia con un uomo importante come Bardají gli assicurò la possibilità di frequentare i circoli politici più influenti.
Sono di questo periodo alcuni scritti fondamentali come Sei mesi in Ispagna nel 1821. Lettere di Giuseppe Pecchio a Ledi G. O. (Madrid 1821), Tre mesi in Portogallo nel 1822. Lettere di Giuseppe Pecchio a Ledi G. O. (Madrid 1822) e The Journal of military and political events in Spain during the last twelve months, edito a Londra nel 1824 e mai tradotto in italiano.
Il peggioramento della situazione politica del Paese gli fece decidere di lasciare la Spagna per il Portogallo: nei tre mesi passati a Lisbona assisté alle riunioni delle Cortes, frequentò l’ambiente politico locale e l’entourage di Guglielmo Pepe. Tornato a Madrid nel giugno del 1822 fu testimone degli eventi che portarono alla ritirata delle Cortes a Cadice e alla caduta della città il 31 agosto 1823. Ai primi di luglio di quell’anno Pecchio aveva già abbandonato la Spagna per giungere in agosto a Londra.
L’Inghilterra, dove si era già recato per un breve viaggio con il diplomatico e linguista John Bowring nell’aprile del 1822, dopo il 1823 divenne progressivamente la sua patria di elezione. A Londra, il principale centro dell’emigrazione politica europea, egli non si limitò a tenere i contatti con gli esuli italiani, ma allargò la sua rete di relazioni ad altri patrioti portoghesi, spagnoli e anche latino-americani come José Cecilio del Valle, padre dell’indipendenza del Guatemala. Vi rimase fino alla fine del 1824, quando si trasferì a Nottingham. In quei primi anni di esilio inglese, grazie a John Bowring, strinse anche amicizia con Sarah Austin, animatrice di un vivace salotto, frequentato tra gli altri da John Stuart Mill e Jeremy Bentham.
Nel 1824 pubblicò sulla Edinburgh Review due scritti polemici contro l’Austria: A letter to Henry Brougham, Esq. M. P. e Qu’est-que c’est l’Austrie. Sempre in quell’anno tentò di fondare un giornale politico-letterario con altri esuli, tra cui Santorre di Santarosa e Ambrogio Berchet, con l’appoggio di Francis Haywood e William Roscoe, ma il progetto fu abbandonato anche a causa dell’improvvisa partenza di Santarosa per la Grecia, dove combatté per la causa indipendentista.
In quell’anno uscì a Stoccarda, in tedesco, il Journal of military and political events in Spain (Tagebuch der politischen und militärischen Ereignisse in Spanien vom July 1822 bis July 1823). Ancora nel 1824 a Edimburgo pubblicò, anonime, Le Morganiche: ossia lettere scritte da un italiano a Miledi Morgan, sopra vari articoli relativi a Milano ed al Regno d’Italia, che si trovano nel primo tomo della sua Italia, solo di recente a lui attribuite. La pubblicazione era stata preceduta da una polemica giornalistica che lo aveva opposto al Foscolo.
In quel periodo Pecchio concorse anche per la cattedra di italiano e spagnolo al Trinity College di Dublino; suo concorrente era un altro esule, il piemontese Evasio Radice, che ottenne il posto. Nel dicembre del 1824 assunse l’incarico di insegnante privato di italiano degli allievi che Santarosa, partito per la Grecia, aveva lasciato a Nottingham. Trascorse in quella città tutto l’inverno, fino a quando, nella primavera del 1825, ricevette l’incarico di portare al governo greco un finanziamento di sessantamila sterline erogato dalla banca Richard & Co. insieme con il conte Pietro Gamba, amico e segretario di Lord Byron. Era stato John Bowring a raccomandare Pecchio al Comitato filellenico di Londra per svolgere questo delicato incarico.
Tornato a Nottingham, consegnò all’editore del New monthly magazine, Henry Colburn, un manoscritto sulla sua esperienza greca.
Dopo un’anteprima su questa rivista, il resoconto completo del viaggio apparve a Londra nel 1826 in due volumi A picture of Greece in 1825: as exhibited in the personal narrative of James Emerson esq., count Pecchio and W.H. Humphreys, insieme con le relazioni di James Emerson Tennent e William Henry Humphreys. I volumi ebbero subito due ristampe con un discreto successo. Furono poi pubblicati a Parigi sui numeri di ottobre e dicembre di Le Globe, a cui seguì la prima edizione in francese del Tableau de la Grèce en 1825 (Parigi 1826) a cura di Jean Cohen, in cui il viaggio di Pecchio apparve con il titolo Une visite aux Grecs dans le printemps de 1825. La prima edizione italiana del solo testo di Pecchio, tratta dal manoscritto originale, uscì a Lugano nel 1826 come Relazioni degli avvenimenti della Grecia nella primavera del 1825.
Grazie al successo editoriale e alle raccomandazioni di amici, Pecchio ottenne la cattedra di lingue moderne al Manchester College di York, dove si trasferì nell’autunno del 1826, dopo aver dato alle stampe Un’elezione di membri del Parlamento in Inghilterra. A York conobbe Sydney Smith, uno dei fondatori, con Francis Jeffrey e Henry Brougham, della Edinbugh Review, che lo introdusse nel salotto di Henry Richard ed Elisabeth Webster Holland (Holland House) a Kensington, il più importante circolo culturale e politico dell’intellettualità whig, allora all’opposizione nel Paese, frequentato anche da Foscolo. Pecchio divenne l’esule più autorevole dell’emigrazione politica italiana e anche quello ritenuto più vicino alla politica inglese. A Holland House conobbe alcuni membri della comunità evangelica come la filantropa Elisabeth Fry e William Allen, con i quali discusse di educazione e di riforme carcerarie; frequentò economisti come Ramsay McCulloch e Robert Malthus o Thomas Tooke, Nassau William Sr e politici come Thomas Spring Rice. Fu in quell’ambiente che Pecchio fece la conoscenza di Philippa Brooksbank, figlia di un ricco possidente. Il matrimonio con lei fu annunciato nel luglio 1828 e celebrato nel settembre successivo.
L’unione con una donna ricca, dotata di rendite personali, consentì a Pecchio di vivere una vita agiata, lasciando l’insegnamento che fino a quel momento gli aveva garantito la sopravvivenza. La coppia si trasferì a Brighton.
Nel 1829 Pecchio pubblicò a Lugano la Storia dell’economia pubblica in Italia, un compendio dei cinque volumi della Collezione degli scrittori classici italiani di economia politica di Pietro Custodi. In quell’anno fu coinvolto nel progetto di una Rivista italiana da stampare a Lugano, alla cui redazione avrebbero dovuto partecipare Pellegrino Rossi, in qualità di direttore, e altri esuli italiani in Francia e Svizzera, ma la cosa non si realizzò. Nel 1830 uscirono il Catechismo italiano ad uso delle scuole, dei caffè, delle botteghe, taverne, bettole e bettolini ed anche del casino dei nobili e seminari e la Vita di Ugo Foscolo, che gli attirò numerose critiche.
Pecchio giocò un ruolo chiave come intermediario tra i cospiratori italiani e il governo britannico negli anni 1831 e 1832, quando, grazie alle sue frequentazioni, riuscì a fare in modo che gli inglesi appoggiassero i rivoluzionari romagnoli nell’ideazione di un piano di riforma amministrativa dello Stato pontificio, seppure senza risultati immediati.
Quello fu il suo ultimo intervento nella politica italiana: il fallimento dei moti del 1830-31, le complicazioni della malattia polmonare di cui soffriva e, non ultime, le polemiche seguite alla pubblicazione della Vita di Ugo Foscolo, aumentarono il distacco di Pecchio dalla causa italiana e il suo risentimento nei confronti dei connazionali. Nel 1833 pubblicò a Londra l’edizione inglese Semi-serious observations of an Italian exile, during his residence in England, le cui traduzioni e ristampe godettero di un certo successo in Inghilterra e in Francia. Sempre nel 1833, Filippo Ugoni lanciò nuovamente l’idea di stampare un giornale politico-letterario da inviare in Italia. Pecchio approvò l’iniziativa e concordò con l’idea di affidarne la direzione a Giuseppe Mazzini.
Negli ultimi anni Pecchio fece alcuni brevi viaggi sul continente per ritrovare vecchi amici, come i due fratelli Camillo e Filippo Ugoni, la principessa Cristina di Belgiojoso, Costanza Arconati Visconti e Simonde de Sismondi. Nel 1832 ottenne la cittadinanza inglese e pubblicò a Lugano la dissertazione Sino a qual punto le produzioni scientifiche e letterarie seguano le leggi economiche della produzione in generale, destinata a far discutere nel tempo i suoi critici. Di questo periodo è anche la redazione del Dizionario politico, ossia Nuove aggiunte e spiegazioni per una nuova edizione del Vocabolario della Crusca da farsi nell’anno 2240 del sogno di Mercier, il cui manoscritto finì in mano a Camillo Ugoni, suo biografo, che ne pubblicò solo alcuni estratti.
Nel 1835 cominciarono ad aggravarsi le sue condizioni di salute, tanto che dovette interrompere la sua ultima opera, ossia la Storia critica della poesia inglese, ispirata alla History of English poetry di Thomas Warton, pubblicata a Lugano poco dopo la sua morte.
Il 4 giugno 1835 Pecchio morì nella sua casa di Brighton.
In edizioni recente è disponibile Tre mesi in Portogallo nel 1822, a cura di C. Colombo, Pistoia 2013.
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