PATERNOSTER, Giuseppe
PATERNOSTER, Giuseppe. – Nacque a Barile (Potenza), comunità arbëreshë della Basilicata, il 20 novembre 1919, da Anselmo e Rosa Basso.
Il padre, vignaiolo e commerciante di uve, a partire dalla metà degli anni Venti, cominciò anche a vendere e a imbottigliare vino Aglianico in una cantina di sua proprietà.
A Barile e negli altri centri alle falde del vulcano spento Vulture (Rionero, Atella, Melfi, Rapolla, Ripacandida, Maschito, Venosa), la viticoltura, spesso associata all’olivicoltura, costituiva una tradizionale e predominante attività. La coltivazione dei vigneti imperniati sul vitigno Aglianico, favorita dai terreni di natura vulcanica, vedeva una significativa commercializzazione della produzione (uve e mosti soprattutto), incrementatasi tra Otto e Novecento su mercati extra locali. Numerosi piccoli produttori del Vulture – osservava Gaetano Briganti, docente della Scuola Superiore di Portici – non solo praticavano una «viticoltura sapiente, l’ottimo Aglianico, uva nera da vino fra le più pregevoli, in grandissima prevalenza», ma esercitavano anche una «enotecnia abbastanza accurata». Si attendeva «dal tecnico un notevole perfezionamento» nella vinificazione delle uve Malvasia e Moscato, adatte a produrre spumanti, e nella stessa produzione dell’Aglianico (Briganti, 1927, p. 3).
Giuseppe, dopo la scuola primaria, iniziò gli studi a Melfi (Pz) e li proseguì all’Istituto tecnico agrario di Avellino conseguendo il diploma nel 1939. L’Istituto, sorto nel 1879 come Scuola di viticoltura e di enologia, svolse un ruolo importante nelle aree campane e lucane caratterizzate dalla coltivazione del vitigno Aglianico. Già in età liberale e nel primo dopoguerra, altre istituzioni avevano operato a Rionero in Vulture cercando di migliorare le tradizionali pratiche produttive dei vignaioli: la cattedra ambulante di viticoltura, attiva a fine Ottocento, e l’Istituto Giustino Fortunato, creato nel 1921 dall’Opera nazionale per i combattenti, con il proposito di favorire «il progresso della viticoltura della zona del Vulture, in tutte le sue forme» (p. 5).
Ancora studente, Giuseppe Paternoster affiancò il padre nella gestione dell’azienda vitivinicola.
La Ditta Anselmo Paternoster, iscritta dal 1927 nel registro camerale delle imprese della provincia di Potenza, si avvaleva di tutti i membri della famiglia: anche la madre e le tre sorelle, Filomena, Ester ed Egiziana, collaboravano nella vendita e nell’imbottigliamento del vino. In quegli anni, tuttavia, la ditta sviluppò soprattutto l’attività di mediazione commerciale fra le aziende del nord e i produttori di uva locali. Nell’Annuario Vinicolo del 1936-37, pubblicato dall’Unione italiana vini di Milano, Anselmo Paternoster era segnalato tra i principali mediatori di uve Aglianico del Vulture, «molto apprezzate e ricercate nell’Alta Italia, sia per il governo uso toscano come per lo sfruttamento delle vinacce al ripasso dei vini correnti onde migliorarli […]» (Traficante, 2004, p. 177).
Chiamato alle armi nel 1940, Giuseppe Paternoster svolse il servizio militare, con funzioni di furiere, in Veneto. Qui, nonostante i disagi causati dal conflitto bellico, frequentò per qualche tempo la Scuola di specializzazione enologica di Conegliano (Treviso) maturando esperienze dirette di vinificazione con nuove tecnologie. Secondo la sua stessa testimonianza, «in Veneto conobbi un produttore di impianti tecnologici per lo spumante secondo il metodo Charmat e, quando ritornai a Barile, pensai che forse dalle uve del generoso Aglianico si poteva trarre un buon spumante. Tentai e andò bene» (p. 182). Alla fine della guerra rientrò a Barile con la giovane fidanzata di Conegliano, Laura Verrienti, che sposò nel 1946; dal matrimonio nacquero due figli, Anselmo e Rosalba. La moglie, diplomata in ragioneria, collaborò nella gestione dell’azienda Paternoster fino al 1955, anno della sua morte.
Nel dopoguerra, grazie alle competenze acquisite in enologia, Giuseppe si impegnò nella trasformazione della vecchia cantina di Barile e nel potenziamento dell’attività vitivinicola del Vulture. Nel 1946 fece parte del comitato tecnico della Mostra regionale dei vini e dei liquori e, in questa occasione, presentò una relazione sulle Prospettive vinicole in Lucania.
Nel dopoguerra, le campagne della Basilicata furono investite da profondi mutamenti in seguito all’affermazione dal movimento contadino per la terra e al varo della riforma fondiaria («legge stralcio» del 1950). Nella zona del Vulture la ricostruzione del patrimonio viticolo comportò un notevole ampliamento della superficie coltivata; per impulso delle organizzazioni sindacali e degli enti sorti per l’applicazione della riforma fondiaria, si formarono alcune cooperative di viticoltori. Furono in particolare le cantine cooperative di Barile, Rionero e Venosa, che si affermarono nei decenni successivi, a contribuire allo sviluppo della produzione.
La Ditta Paternoster Anselmo e figlio, denominazione assunta nel 1946, cominciò a produrre vini di qualità meritevoli dei primi riconoscimenti nelle mostre e fiere del settore, come la medaglia d’oro ottenuta nel 1951 alla Mostra dei vini di Roma. Nel 1948, per «aver sottratto dall’empirismo la produzione dei rinomati vini spumanti del Vulture», Giuseppe ottenne l’onorificenza di cavaliere dal Gran maestro dell’Ordine militare e ospedaliero di Santa Maria di Betlemme (p. 182).
Nel decennio 1955-65, Giuseppe rinnovò le strutture di vinificazione. La sua azienda fu la prima, nell’area del Vulture, a dotarsi di un impianto di spumantizzazione per il passaggio dalla fermentazione naturale in bottiglia al metodo Charmat, mentre la cantina, dopo un ampliamento realizzato nel 1957, fu provvista, nel 1965, di vasche in cemento atte alla fermentazione e stoccaggio e di altre più moderne attrezzature. Le innovazioni furono realizzate con il consenso di Anselmo, che, pur affidando sempre più la direzione dell’azienda al figlio, continuò a seguirne le attività fino ad età avanzata (morì nel 1990, all’età di 94 anni).
Negli anni Sessanta, grazie all’impegno e alla competenza di Giuseppe nell’ottimizzare la vinificazione dell’Aglianico, nell’ampliare e perfezionare la gamma dei prodotti (vini bianchi e rosati, spumanti), l’azienda si affermò su scala nazionale, riscuotendo successi nelle principali manifestazioni fieristiche nazionali del settore, partecipando al Vinitaly di Verona e alla Mostra nazionale dei vini di Pramaggiore (Venezia) dove vinse, nel 1968, l’oscar del vino (questo e altri riconoscimenti furono ottenuti anche nelle edizioni successive della Mostra).
Il marchio Paternoster – registrato nel 1963, quando l’azienda assunse la denominazione Azienda vinicola Paternoster di Giuseppe Paternoster – contribuì a far conoscere uno dei migliori vini della Basilicata e dell’Italia meridionale, l’Aglianico del Vulture, dal 1971 a denominazione d’origine controllata (la legge istitutiva dei vini italiani DOC è del 1963).
Riconosciuta con d.p.r. 18 febbraio 1971, la denominazione di origine controllata Aglianico del Vulture è riservata al vino ottenuto dalle uve Aglianico provenienti dai vigneti di 15 comuni della provincia di Potenza: Barile, Rionero in Vulture, Rapolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza, Melfi, Atella, Venosa, Lavello, Palazzo San Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania.
Negli anni Settanta, acquistata la tenuta Villa Rotondo, appartenuta a una famiglia gentilizia di Barile, Giuseppe curò ed estese la coltura del vitigno Aglianico (sette ettari e mezzo di superficie coltivata) per produrre in proprio parte delle uve usate per la vinificazione. Pur continuando a ritirare le uve da selezionati viticoltori, l’azienda allargò la conduzione diretta dei vigneti fino a una dotazione complessiva di circa 20 ettari, dislocati in vari poderi nelle diverse contrade viticole di Barile. In questo modo puntò a mantenere inalterati nel tempo gli elevati standard qualitativi dei vini prodotti. Infatti, prodotti come l’Aglianico doc Rotondo, ricavato dal vigneto di Villa Rotondo, e l’Aglianico doc riserva Don Anselmo permisero al marchio Paternoster di affermarsi ulteriormente sui mercati, con significativi riconoscimenti su riviste e guide enologiche nazionali ed estere.
Don Anselmo, imbottigliato dal 1985, rappresentò un omaggio al fondatore da parte della terza generazione Paternoster, i cinque figli di Giuseppe ormai attivi nella gestione aziendale. Giuseppe si era risposato nel 1958 con Giovanna Amoruso e dal matrimonio erano nati Vito, Sergio e Anna. Nel 1988, con la costituzione della società in nome collettivo Azienda vinicola Paternoster di Giuseppe Paternoster & Figli, era ufficialmente riconosciuta la partecipazione dei figli Vito e Sergio. Gli altri tre, Anselmo, Rosalba e Anna, entrarono a far parte della società nel 2004.
Giuseppe, ormai ultraottantenne, continuò a vigilare sull’attività dell’azienda. Per meglio rispondere alle esigenze del mercato, nel 2007 costruì una nuova cantina dotata di attrezzature avanzate per la fermentazione, lo stoccaggio e l’affinamento in legni pregiati (barriques) del vino Aglianico. La nuova cantina divenne la sede dell’azienda, che si trasformò in società a responsabilità limitata Paternoster, inglobando la società di famiglia Azienda agricola Villa Rotondo.
Paternoster morì a Barile il 21 luglio 2011.
Lasciava un’azienda che, con una produzione annua di circa 150.000 bottiglie e una significativa quota di export (il 20% del fatturato), aveva consolidato la leadership nella vinificazione dell’Aglianico del Vulture. Nel 2010, l’Aglianico del Vulture, tipologia superiore e riserva, ottenne la Denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), il riconoscimento di maggior prestigio per i vini italiani.
Fonti e Bibl.: Indicazioni sulla vita di Paternoster e sull’azienda sono state fornite direttamente dai figli (i quali conservano, presso l’azienda, alcuni documenti sulla Ditta Anselmo Paternoster del 1927 e del 1947). Sulla storia aziendale si veda il sito www.paternostervini.it.; sulla Scuola enologica gli Atti della celebrazione del centenario della Scuola enologica di Avellino, 13-16 novembre 1980, pubblicati nel sito www.avellinesi.it/ATTI%20CENTENARIO%20ISTITUTO%20AGRARIO/index.htm (ultima consultazione, per entrambi, agosto 2014).
G. Briganti, L’Istituto “Giustino Fortunato” nei primi cinque anni di vita, in Italia Augusta. Rassegna dell’Opera Nazionale per i Combattenti, n. 6, giugno 1927, pp. 3-17; L. Musella, Stato e società rurale, Napoli 1993, pp. 46-48; M. Traficante, Le cantine dell’Aglianico, in Aglianico del Vulture: storie di vite, a cura di G. Botte et al., Lagonegro 2004, pp. 177-183; N. D’Antonio - D. Cristiano, L’Aglianico del Vulture di Paternoster al top dei grandi rossi, in Terre del vino, luglio-agosto 2009, p. 69; L. Tufano, Storia amara del vino, in Note di storia sul paesaggio agrario della Basilicata tra XIX e XX secolo, a cura di P. Fuccella - A. Labella - E.M. Lavorano, Lavello 2010, pp. 181-187; Paternoster. Risposta ai super-tuscan, in Gambero rosso, n. 228, gennaio 2011, pp. 55-58.