PALMIERI, Giuseppe
PALMIERI, Giuseppe. – Nacque a Genova nel 1677 e non nel 1674 come invece segnalato dalle fonti settecentesche (Ratti, 1769, p. 249).
Tale data si desume dall’atto di morte redatto a Genova il 30 maggio 1740 presso l’archivio della chiesa del Sacro Cuore e S. Giacomo di Carignano, nel quale si legge che Palmieri era scomparso «etatis suae annorum 63 circiter» (Dugoni, 1989, p. 108).
Secondo quanto riportato dal biografo Carlo Giuseppe Ratti, a seguito della morte del padre Palmieri visse sino all’età di sei anni con la madre per poi essere affidato a uno zio paterno, il quale, «dovendo questi per suoi affari portarsi a Parigi, seco il condusse» (Ratti, 1769, pp. 249 s.). A breve, dopo la scomparsa del parente, Palmieri ritornò a Genova, dove ebbe modo di incontrare un «certo Pittore toscano» con il quale «andò […] in varie parti dell’Italia, e specialmente in Sicilia, ove dimorò buona pezza: e frattanto sotto la scorta di lui acquistò gran perizia nel colorire» (ibid., p. 250). Nessun altro dato sembra emergere dalle fonti biografiche circa la prima formazione dell’artista, accostatosi al suo rientro nel centro ligure alla bottega di Domenico Piola, «il quale, non potendo per l’affluenza de’ lavori a tutti soddisfare, propose in molte occasioni il Palmieri a supplirvi, con che venne a farlo conoscere, e a metterlo in credito» (ibid.). Sembrerebbe dunque possibile collocare tra la fine dell’ultimo decennio del Seicento e i primissimi anni del secolo seguente l’iniziale attività genovese di Palmieri, fase per ora priva di testimonianze pittoriche certe.
La prima opera attualmente nota è la decorazione ad affresco raffigurante i Simboli della Passione e angeli della volta della cappella intitolata al Crocifisso nella chiesa di S. Maria Maddalena di Genova. Tale intervento, risalente al 1717 e realizzato in collaborazione con il quadraturista Tommaso Aldovrandini (Colmuto, 1975; Gavazza, 1987; Bartoletti, 1990, p. 817; Dugoni, 1991, p. 21), rivela l’adesione da parte del pittore alle componenti culturali di matrice classica diffuse nel centro ligure dagli artisti bolognesi, in questo caso abbinate alla precedente frequentazione della bottega piolesca.
Firmata e datata 1721 è la pala d’altare con S. Francesco ha la visione dell’ampolla miracolosa (Genova, chiesa della Ss. Concezione e Padre Santo), conservata assieme al pendant raffigurante S. Antonio presenta l’ostia alla mula. Queste opere, unitamente a un considerevole numero di tele che nel corso degli ultimi anni sono state inserite nel catalogo di Palmieri (Dugoni, 1989; Id., 2000; Sanguineti, 2003), documentano lo stretto rapporto che unì il maestro genovese alla locale comunità cappuccina cui egli «era devotissimo […] e perciò per que’ Religiosi, eziandio senza alcuna mercede, spessissimo lavorava» (Ratti, 1769, p. 251). La stessa composta concezione compositiva delle scene, ormai molto distante dalle esuberanze barocche, e l’utilizzo di una tavolozza cromatica estremamente pacata ed essenziale – a ragione si è parlato di una «intonazione tendente al monocromo» (Gavazza, 1987) – sono prove di «un’attività pittorica già tutta orientata nella stretta adesione alla sua realtà di fedele interprete della religiosità cappuccina» (Dugoni, 1989, p. 108). Sotto questa luce vanno interpretati dipinti come il Martirio di s. Fedele da Sigmaringen e il Miracolo di s. Serafino da Montegranaro (Genova, chiesa della Ss. Concezione e Padre Santo, controfacciata), la cui esecuzione è immediatamente successiva al 1729, anno di in cui furono beatificati i due santi, o il S. Antonio risana il piede a un giovane e il Miracolo di s. Antonio collocati sempre nello stesso complesso chiesastico (coro), unitamente a numerose altre tele conservate in vari conventi cappuccini ubicati nel territorio genovese (Dugoni, 1989; Bartoletti, 1990; Sanguineti, 2003). Nelle Storie di s. Antonio da Padova della chiesa della Ss. Annunziata di Portoria (S. Antonio predica ai pesci, Apparizione di Gesù Bambino a s. Antonio, S. Antonio umilia Ezzelino da Romano) realizzate da Palmieri intorno al 1723 (Dugoni, 1989, pp. 109 s.), è stata evidenziata la presenza nell’utilizzo della luce e delle architetture dei piani retrostanti di contatti con la cultura pittorica partenopea, con particolare riferimento agli esiti di Solimena, «del quale Palmieri poteva aver conosciuto le opere sia durante il soggiorno in Italia Meridionale, sia […] nella stessa Genova» (Bartoletti, 1990, p. 817). Di poco precedente (1722) è l’esecuzione delle ancone con S. Lorenzo e S. Nicola di Bari della chiesa di S. Martino di Murta (Dugoni, 2000). Alla metà degli anni Trenta risalgono le tele della chiesa di S. Fruttuoso di Camogli e la Ss. Trinità con i ss. Sebastiano e Andrea Avellino dell’oratorio di S. Sebastiano in Borgo Fornari, di cui è noto il pagamento (1735) per .
Alla fase finale dell’esperienza di Palmieri vengono ascritte le pale d’altare con il Martirio di s. Sebastiano (Genova, chiesa di S. Maria di Castello), la Predica di s. Vincenzo Ferrer proveniente dalla distrutta chiesa di S. Domenico (oggi, Genova, chiesa di S. Maria di Castello), oltre alla Crocifissione e all’Angelo Custode di S. Giovanni di Prè (ibidem).
Particolarmente intensa nell’ambito dell’esperienza artistica di Palmieri fu anche l’attività di frescante, avviata, sulla base della documentazione attualmente disponibile, nel 1717 con il cantiere della cappella del Crocefisso in S. Maria Maddalena, non essendo attendibile l’ipotesi di individuare un suo più giovanile intervento nell’ultimo decennio del XVII secolo a fianco di Domenica Piola negli affreschi della chiesa di S. Luca (Dugoni, 1991, p. 21). All’inizio degli anni Venti del Settecento è stata collocata l’esecuzione della raffigurazione di Giove, Giunone, Nettuno e Apollo presente in un salotto del palazzo Saluzzo-Granello, dove Palmieri collaborò nuovamente con Tommaso Aldovrandini (ibid., p. 22;Id., 2000). Di poco successivi sono gli affreschi dipinti assieme al quadraturista Francesco Maria Costa nel complesso chiesastico di S. Chiara di Albaro, uno dei quali, rappresentante la Visione di s. Francesco, risulterebbe recare la data 172[6] o 172[8], attualmente non leggibile, ma individuabile in una fotografia storica relativa ai danni bellici (Id., 1991, pp. 22 s.;Id., 2000). Al 1728 si data l’esecuzione del Giudizio Universale (affiancato dagli episodi con Giaele e Sisara e Giuditta e Oloferne) sulla volta dell’oratorio di Nostra Signora Assunta di Coronata a Genova Cornigliano (Id., 1991, pp. 23, 29 n. 22; Bozzo, 1999) mentre a prima del 1732 risale l’intervento con il quadraturista Giovan Battista Revello, morto proprio in quell’anno, nel perduto affresco con Padre Eterno, l’Immacolata Concezione e angeli ribelli dell’oratorio genovese di S. Antonio da Padova presso la chiesa della Ss. Annunziata del Vastato (Dugoni, 1991, pp. 23, 29 n. 22; Id., 2000).
Nel medaglione dedicato al pittore, Carlo Giuseppe Ratti menzionò anche la realizzazione di apparati effimeri «specialmente per li sepolcri della settimana Santa, e per altre Sacre funzioni», alcuni dei quali, con Episodi della Passione, erano destinati alla cattedrale di S. Lorenzo di Genova (Ratti, 1769, p. 251). Sempre il biografo settecentesco ha fatto inoltre cenno alla sua produzione di dipinti da cavalletto raffiguranti animali, ricordando che «alcuni suoi quadri di simile contenenza, che pervennero in mano di Giovanni V. Re di Portogallo, furon cagione, che quel Sovrano altri gliene ordinasse» (ibid., p. 252). Due paesaggi raffiguranti Euridice fugge dal serpente e una Scena pastorale, connotati da contatti stilistici con l’opera di Carlo Antonio Tavella, sono conservati nelle collezioni della Galleria Nazionale di Parma (Dugoni, 1991, pp. 26 s.).
Morì a Genova il 30 maggio 1740.
Fonti e Bibl.: P.A. Orlandi, L’Abecedario pittorico, Venezia 1753, pp. 540 s.; C.G. Ratti, Storia de’ pittori scultori et architetti liguri e de’ forestieri che in Genova operarono secondo il manoscritto del 1762, a cura di M. Migliorini, Genova 1997, pp. 123-125; Id., Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, ed architettura, Genova 1766, pp. 14, 39 s., 82, 96, 153, 225, 248, 273, 328, 345, 365; Id., Delle vite de’ pittori, scultori, ed architetti genovesi…, Genova 1769, pp. 249-252; Id., Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura e architettura, Genova 1780, pp. 52, 69, 97 s., 108, 173, 249 s., 348, 361, 375, L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1795-96, p. 340; G. Colmuto, La chiesa di S. Maria Maddalena, Genova 1975, tav. XVI; B. Ciliento, Santuario e oratorio di Coronata, Genova 1977, pp. 9-12; M. Newcome, Genoese Neapolitan connection in the Settecento: P., Campora and Narice, in Antichità viva, XX (1981), 1, pp. 15-22; M. Cataldi Gallo, in Vita e cultura cappuccina. La chiesa della Ss. Concezione a Genova (Padre Santo), Genova 1984, pp. 62 s., nn. 37-41; E. Gavazza, Il momento della grande decorazione, in La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1987, II, p. 275; R. Dugoni, Di G. P. (1677-1740): pittor de’ cappuccini, in Studi in onore di P. Cassiano da Langasco, in Quaderni Franzoniani, II (1989), 2, pp. 107-123; M. Bartoletti, P., G., in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, II, pp. 817 s.; R. Dugoni, Una ‘tessera’ nella pittura del Settecento a Genova: gli affreschi di G. P., in Bollettino ligustico per la storia e la cultura regionale, III (1991), pp. 21-30; G. Bozzo, Oratorio di Nostra Signora Assunta di Coronata. Considerazioni sull’architettura, la decorazione e i restauri, in L’oratorio di Coronata e la Confraternita del Gonfalone, a cura di P. Benozzi - A.M. Caminata, Bologna 1999, pp. 55-58; P. Martini, I Misteri della Passione di Cristo: il ciclo di Gio Raffaele Badaracco per Coronata, ibid., p. 210; R. Dugoni, G. P., in Pittura e decorazione a Genova e in Liguria nel Settecento, a cura di E. Gavazza - L. Magnani, Genova 2000, p. 430; L. Magnani, Lo spazio religioso. Scelta decorativa e rappresentazione del sacro, ibid., pp. 286 s., 313; M. Bartoletti, in La Pinacoteca dei Cappuccini a Voltaggio, a cura di F. Cervini - C. Spantigati, Alessandria 2001, p. 150, n. 80; D. Sanguineti, Pittori genovesi per l’Ordine dei cappuccini: da Bernardo Castello a G. P., in Le Chiavi del Paradiso. I tesori dei cappuccini della Provincia di Genova (catal.), a cura di L. Temolo Dall’Igna, Milano 2003, pp. 51-54; M. Bartoletti, ibid., pp. 138 s., n. 24; G. Zanelli, in Alla luce. Restauri nel Museo dei Cappuccini (catal.), a cura di P. Traversone - G. Zanelli, Genova 2012, pp. 48 s., nn. 15a-15b. Gianluca Zanelli