PALADINO, Giuseppe
PALADINO, Giuseppe. – Nacque a Matera l'11 agosto 1886 da Raffaele e Concetta Petrocelli.
I genitori erano originari di San Chirico Raparo (Potenza). Il padre era un affermato avvocato, mentre la madre proveniva da una famiglia di ricchi possidenti.
Giuseppe frequentò il liceo classico Emanuele Duni di Matera, dove ebbe come compagno di studi Eustachio Paolo Lamanna. Lauretosi in lettere all'Università di Napoli nel 1908, si dedicò all'insegnamento presso diversi licei napoletani. In quel contesto conobbe la collega Caterina Murino, che sposò nel 1910 e dalla quale ebbe nove figli: Maria, Giulia, Laura, Luigi, Raffaele, Renato, Silvio, Ettore, Guido.
Sotto il magistero di Michelangelo Schipa, Paladino manifestò precoce interesse per gli studi storici entrando a fare parte di una generazione di giovani studiosi meridionali legati all'insegnamento e al metodo storico-critico di Giustino Fortunato. Il quale fu per lui anche un amico oltre che un fondamentale punto di riferimento culturale e morale.
Dopo aver dedicato le sue prime fatiche di studioso al Cinquecento religioso italiano, tutta la sua ricerca storica, in particolare quella rivolta allo studio del Risorgimento meridionale, fu caratterizzata da una vocazione alla revisione dei più enfatici giudizi espressi dalla storiografia postunitaria nel solco del liberalismo vittorioso e da una critica appassionata alla lezione di Benedetto Croce.
Frequentatore assiduo delle sale della Società napoletana di storia patria (presieduta dal 1900 al 1914 da Giuseppe De Blasiis, professore ordinario di storia moderna all’Università di Napoli fino al 1901 e anch’egli convinto assertore della necessità di liberare la storiografia dalla mitografia romantica), Paladino pubblicò sull'Archivio storico per le province napoletane, a partire dal 1910, i risultati delle sue prime importanti ricerche sulla società napoletana tra Quattrocento e Cinquecento e sulle congiure mazziniane agli inizi del regno di Ferdinando II di Borbone.
Dopo aver trascorso in Egitto gli anni dal 1914 al 1917 come docente presso il liceo italiano del Cairo, al suo ritorno nella penisola l'Università di Napoli gli conferì la cattedra di storia moderna.
Paladino potrebbe essere definito lo storico delle congiure e della rivoluzione. Si occupò proficuamente della ‘congiura dei Baroni’ e degli scritti di Tristano Caracciolo, di cui curò l'edizione degli Opuscoli storici editi e inediti (I-II, Bologna 1934-35). La parte più corposa della sua attività fu dedicata al Mezzogiorno preunitario: si occupò della cosiddetta congiura del ‘Monaco’, studiata nelle carte del processo indetto nel 1833 dalla commissione militare di Capua contro Angelo Peluso, il frate laico del convento napoletano alla Sanità, e i suoi compagni; indagò le organizzazioni segrete ispirate alle idee di Mazzini, la prima guerra d'indipendenza, la rivoluzione del 1848 e le sue tragiche conseguenze. In questi lavori Paladino, senza mai ridurre la sua ricerca a pura filologia archivistica, documentò le sue analisi attraverso la laboriosa esplorazione di immensi repertori bibliografici e di fondi pubblici e privati. Carte di polizia, atti di processi, rapporti diplomatici, corrispondenze private, documenti segreti furono le fonti usate da uno storico che si appellò sempre all'obiettività del documento e all’imparzialità dello studioso, il cui compito egli paragonava a quello del giudice. Dagli archivi riesumò vicende e personaggi del tutto sconosciuti contribuendo a una rilettura critica di avvenimenti troppo spesso avvolti nella retorica risorgimentale. I suoi giudizi sul liberalismo meridionale, su personalità come Luigi Settembrini, Carlo Poerio e Silvio Spaventa, sulla monarchia borbonica, vista talvolta quasi con simpatia, furono al centro delle severe critiche rivoltegli da Adolfo Omodeo (raccolte poi in Difesa del Risorgimento) a proposito di alcune sue «tendenze sottilmente borbonizzanti» (Omodeo, 1955, p. 558).
Il Risorgimento meridionale fu il terreno privilegiato di confronto con gli storici liberali. La prima delle sue tre monografie sul 1848 fu La rivoluzione napoletana nel 1848 (Milano 1914), cui seguì più di un lustro dopo la pubblicazione della più nota e discussa delle sue opere, Il quindici maggio del 1848 in Napoli (Milano-Roma-Napoli 1920). L'apparizione nelle librerie di quest'ultimo testo di 588 pagine, ricchissimo di documenti e non occasionalmente dedicato a Giustino Fortunato, aprì un vivacissimo dibattito culturale e politico.
Paladino criticò aspramente le posizioni degli agitatori democratici alla vigilia del 15 maggio, e sostenne la buona fede del re Ferdinando II nel voler mantenere gli impegni assunti con liberali e moderati nel momento in cui aveva concesso la costituzione e aderito alla prima guerra d'indipendenza. Gli eccidi commessi dai mercenari svizzeri per ripristinare l'ordine lungo le strade principali e nei palazzi della capitale derivarono, a giudizio di Paladino, da scelte e da forzature provenienti dal fronte degli estremisti, che, in polemica con i parlamentari riuniti nella sede di Monteoliveto, vollero a ogni costo erigere barricate cercando lo scontro con le truppe lealiste, per nulla disposte a loro volta a provocare incidenti. Il re, secondo Paladino, tentò in ogni modo di scongiurare il conflitto armato e, quando l'ultima barricata fu espugnata, non partecipò alle scene di giubilo della corte e dei militari che lo circondavano: «Forse egli, da uomo accorto e non proclive a crearsi illusioni, vide fin d'allora quale baratro si fosse aperto tra la dinastia e il partito liberale, e comprese che, nonostante gli sforzi da lui compiuti per guadagnarsi l'affetto, esso gli sarebbe divenuto fatalmente ostile» (Paladino, 1914, p. 418).
Sul tema del rapporto tra monarchia e liberalismo Paladino ritornò più volte negli anni successivi con articoli e saggi apparsi su riviste come la Rassegna storica del Risorgimento, alla cui collaborazione affiancò quelle con Il Risorgimento italiano, Nuovo archivio veneto, Archivio storico per la Sicilia orientale. Con lo stesso spirito di rivendicazione del positivistico primato dei documenti e dei 'fatti' in senso rankiano (un'impostazione che fu definita 'fattografica'), scrisse sulla Nuova rivista storica, nata in aperta polemica con le posizioni crociane e le interpretazioni etico-politiche, fin dalla sua fondazione nel 1917.
Nel 1924, Paladino lasciò Napoli per ricoprire la cattedra di storia medievale e moderna all'Università di Catania. Quattro anni dopo, pubblicò, dedicandolo al maestro Schipa, l'ultimo volume della sua trilogia risorgimentale, Il processo per la setta "L'Unità italiana" e la reazione borbonica dopo il '48 (Firenze 1928), che suscitò nuovamente roventi diatribe di carattere ideologico e interpretativo.
Il trasferimento nell'isola segnò per Paladino anche l'avvio di una nuova stagioni di studi, dedicati alla storia siciliana, che si tradusse nella pubblicazione, insieme a Guido Libertini, di una Storia della Sicilia. Dai tempi più antichi ai giorni nostri, di cui egli curò la parte relativa alla storia moderna (Catania 1933), e nella redazione dei capitoli consacrati al XVIII secolo della Storia della Università di Catania dalle origini ai nostri giorni (Catania 1934).
Paladino morì improvvisamente a Catania il 25 novembre 1937 nel pieno della sua attività scientifica e didattica.
Opere: oltre ai testi citati, si segnalano: Alcune notizie sul concubinato degli ecclesiastici nel regno di Napoli, in Arch. stor. per le province napoletane, 1910, vol. 35, pp. 670-696; Privilegi concessi agli Ebrei dal Viceré d. Pietro di Toledo (1535-36), ibid., 1913, vol. 38, pp. 611-638; Notizie su Fabrizio Grimoaldo (da note e appunti del De Blasiis), ibid., 1915, vol. 40, pp. 180-252; Un episodio della Congiura dei Baroni, ibid., 1918, vol. 43, pp. 44-73, pp. 215- 252; Per la storia della congiura dei Baroni. Documenti inediti dell'Archivio Estense 1485-1487, ibid., 1919, vol. 44, pp. 336-367; 1920, vol. 45, pp. 128-151; 1921, vol. 46, pp. 221-265; 1923, vol. 48, pp. 219-290; Benedetto Musolino, Luigi Settembrini e i ‘Figliuoli della Giovane Italia’, in Rass. stor. del Risorgimento, X (1923), 4, pp. 831-874; Una congiura mazziniana a Napoli nel 1833, in Arch. stor. per le province napoletane, 1924, vol. 49, pp. 287-320; La congiura del ‘Monaco’ (1830-1833), ibid., 1928, vol. 53, pp. 285-387.
Fonti e Bibl.: due necrologi di Paladino furono pubblicati rispettivamente nell'Arch. stor. per le province napoletane, 1937, vol. 62, pp. 405 s., e, a firma di Ruggero Moscati, nella Rass. stor. del Risorgimento, XXV (1938), 3, pp. 403-405. Un suo profilo biografico si può leggere nell'opuscolo commemorativo di N. Ramagli, La figura e l'opera dello storico G. P., Napoli 1968. Sulla sua attività di storico e studioso del Risorgimento, si vedano: A. Omodeo, Difesa del Risorgimento, Torino 1955, pp. 558 s.; A. Scirocco, G. P. e la storiografia del Risorgimento, in Studi storici meridionali, VI (1986), 3, pp. 343-362; L. Parente, G. P. e la rivoluzione napoletana del 1848, in Rass. stor. del Risorgimento, LXXVI (1989), 2, pp. 217-230.