ORTOLANI, Giuseppe
ORTOLANI, Giuseppe. – Nacque a Feltre il 4 marzo 1872 da Iacopo e da Teresa Rigobon, entrambi d’origine veneziana.
Il padre, insegnante, aveva abbandonato Venezia per raggiungere i Mille in Sicilia e aveva partecipato alla battaglia del Volturno.
Dopo un’infanzia in cui la famiglia cambiò spesso città, Giuseppe compì gli studi superiori al liceo Foscarini di Venezia per poi iscriversi alla facoltà di lettere dell’Università di Padova, dove si laureò nel 1896, sotto la supervisione di Guido Mazzoni, con una dissertazione sull’abate Chiari.
Nello stesso anno pubblicò un volume di poesie, I canti morituri (Feltre 1896), che insieme con l’opuscoletto Perle nozze di Maria Merlo e Tullio Ortolani (ibid. 1895) costituisce pressoché l’intera sua produzione in versi.
Dopo la laurea, divenuto precettore di giovani rampolli delle famiglie venete, si dedicò a rielaborare la sua tesi e a raccogliere materiali per uno studio complessivo sul Settecento veneziano che cominciò a consegnare alla tipografia Fontana di Venezia man mano che procedeva con la scrittura e la cui prima parte fu stampata, in data 1905, con il titolo Settecento. Per una lettura dell’abate Chiari: studi e note di Giuseppe Ortolani (rist. a cura di G. Damerini, Venezia 1960).
Il volume, interrotto bruscamente alla pagina 512, a metà di una frase, rimase in una cassa (con l’esclusione del capitolo Venezia nel periodo goldoniano rielaborato e inserito in seguito in Voci e visioni del Settecento veneziano), fino alla pubblicazione postuma, accompagnata da una prefazione di Gino Damerini, nel 1960. Le ragioni per cui l’opera non venne mai portata a termine sono ricostruite da Nicola Mangini (1972, p. 9) in base a una lettera di Ortolani a Edgardo Maddalena del 6 aprile 1929, in cui giustificava la sua inadempienza, lamentandosi di non aver ricevuto alcun aiuto economico, ma di dover provvedere personalmente all’esborso necessario alla stampa delle 400 pagine rimanenti . Una conferma che lavorasse a lungo al volume, anche dopo averne stampato la prima parte, è in due nuovi capitoli conservati manoscritti nella biblioteca di Casa Goldoni: Il romanzo Oltralpe nella prima metà del Settecento e Il romanzo italiano a Venezia nel periodo goldoniano.
Il libro incompiuto, oltre ad aver fornito materiali confluiti poi nelle note dell’edizione goldoniana e negli scritti successivi, si saldava fortemente con il primo saggio goldoniano di Ortolani – Della vita e dell’arte di Carlo Goldoni. Saggio storico (Venezia 1907) – tanto che Damerini (cfr. Introduzione a La riforma del teatro nel Settecento e altri scritti, 1962, p. XIII) ha ipotizzato che questo fosse concepito come parte dell’opera maggiore e poi pubblicato autonomamente.
Nel frattempo, espletati i concorsi per l’insegnamento, Ortolani vinse una cattedra di lettere e francese nell’istituto tecnico e commerciale di Feltre. Nel 1908 si unì in matrimonio con Adelaide Sicher, da cui ebbe tre figli: Mario (Venezia, 1909), Bruno e Maria (nati entrambi a Feltre, nel 1912 e nel 1915). Trascorsi sei anni a Feltre fu trasferito a Bologna per insegnare alla scuola media di commercio, poi istituto commerciale, accogliendo di buon grado il nuovo impiego che prevedeva solo dodici ore di insegnamento e gli lasciava quindi più tempo per gli studi. Nel 1906 aveva infatti ottenuto l’incarico di curare l’edizione municipale di tutte le opere di Goldoni.
L’impresa, promossa dal Municipio di Venezia in occasione del secondo centenario della nascita del commediografo, prevedeva una ristampa integrale dei testi goldoniani che non era più stata approntata dopo la settecentesca Zatta. A Cesare Musatti e a Edgardo Maddalena occorreva accostare un altro studioso che seguisse concretamente il lavoro in tutte le sue fasi. Su suggerimento del proprietario dell’antica tipografia Fontana, l’assessore alla Pubblica Istruzione Mario Pascolato propose di affidare l’incarico a Ortolani. Il progetto prevedeva in tutto 20 volumi, da pubblicare in cinque anni, in un’edizione di lusso in numero limitato di copie vendibili per sottoscrizione. Si estese poi nel tempo dagli iniziali 20 a 40 volumi, usciti fino al 1960 (l’ultimo postumo) cui venne aggiunto nel 1962 un volume di Indici a cura di Mangini. Se già nella prima fase dell’attività editoriale Ortolani si assunse una mole di lavoro molto gravosa, alla morte di Maddalena (1929) e di Musatti (1930) divenne compilatore unico di tutta l’opera.
Parallelamente a quella municipale, avviò un’altra più maneggevole edizione delle opere goldoniane, da lui curata, pubblicata da Mondadori in 14 volumetti fra il 1935 e il 1956; seguì poi un’antologia di commedie scelte per i «Classici italiani» UTET nel 1948-49. Intanto andava raccogliendo i suoi saggi in Voci e visioni del Settecento veneziano (Bologna 1926); un’ultima raccolta dei suoi scritti settecenteschi pubblicati fra il 1937 e il 1943 nella Rivista italiana del dramma venne assemblata postuma, per cura di Damerini, in La riforma del teatro nel Settecento e altri scritti (Venezia-Roma 1962).
Insieme al suo lavoro maggiore di filologo e di studioso della Venezia del Settecento, fin dal 1907 Ortolani portò avanti un’indefessa attività giornalistica sui temi e nelle sedi più varie, poi accuratamente ricostruita da Mangini nella bibliografia degli scritti. Risultato congiunto della sua vasta cultura di studioso e della lunga dedizione all’insegnamento sono i due volumi di letteratura italiana per le scuole usciti nel 1931 e nel 1934 e poi in una nuova versione riveduta e ampliata nel 1946-47.
Finalmente nel 1934 tornò a vivere a Venezia – da sempre il centro della sua attività intellettuale – dopo aver ottenuto dall’Istituto veneto di scienze, lettere e arti l’incarico di stendere una bibliografia veneziana. Non riuscì però ad avere la cattedra in una scuola della città e dovette tornare a Feltre nel 1936-37, per poi trasferirsi di nuovo e definitivamente a Venezia solo una volta raggiunto il novero di anni necessario alla pensione, nel 1938. In quell’anno, in virtù della sua fama internazionale quale massimo esperto di Goldoni, gli venne affidata la custodia della casa del commediografo, nel quattrocentesco palazzo Centani, a Rio terà dei Nomboli, che da quasi trent’anni si era progettato di trasformare in una biblioteca e in un centro per lo studio dell’arte drammatica (poi rispettivamente inaugurati nel 1953 e nel 1961).
Vivendo la sua ‘vocazione’ goldoniana in una condizione di perfetta «osmosi ambientale» (Scannapieco, 2005, p. 102), continuò a condurre una vita appartata, interamente dedita agli studi, adempiendo ai suoi molti impegni editoriali e portando a termine anche altri progetti (come l’edizione delle Opere scelte di Melchiorre Cesarotti uscita nel 1945 e 1946 per Le Monnier).
Intanto la sua fama crebbe e venne riconosciuta in numerose iniziative: ricevette nel 1940 un premio dell’Accademia d’Italia; divenne prima socio corrispondente (27 aprile 1941) e poi membro effettivo (30 maggio 1950) dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti; fu il primo direttore dell’Istituto di lettere, musica e teatro della Fondazione Giorgio Cini, sorto nel 1957; il 24 febbraio 1957 ricevette una medaglia d’oro nella sala del Maggior Consiglio del palazzo ducale alla presenza del capo dello Stato.
Il 26 settembre dello stesso anno presenziò all’apertura del Convegno internazionale promosso in occasione dei 250 anni dalla nascita di Goldoni. In questa occasione fu insignito di una medaglia per il suo lavoro editoriale da Arnoldo Mondadori ma, benché elogiato dagli studiosi presenti, scelse di non fare alcun intervento certificando così la sua natura di appartato anche rispetto alle più nuove e moderne tendenze della critica.
Colpito da commozione cerebrale, morì il 13 luglio 1958 a Feltre, dove tornava a trascorrere le estati.
Il lungo lavoro su Goldoni, compiuto in oltre cinquant’anni, costituisce ancora oggi un patrimonio documentario difficile da eguagliare e quindi imprescindibile per chiunque si accosti allo studio del Settecento veneziano; mentre, dal punto di vista filologico, l’attività editoriale ha avuto il merito di sottrarre i testi goldoniani alla Zatta, che li spogliava del loro paratesto, per restituirli accompagnati dalle dediche e dalle prefazioni originali e nelle loro principali evoluzioni variantistiche. Sebbene la sua impostazione critica, ancora in parte legata alla prospettiva ottocentesca del ‘buon papà Goldoni’, appaia oggi superata e le scelte filologiche siano improntate a quella che Mangini (1982, p. 42) ha efficacemente chiamato la ‘filologia del cuore’, per molti testi ancora non usciti nell’edizione nazionale delle opere di Goldoni avviata da Marsilio, quelle di Ortolani restano a tutt’oggi le edizioni di riferimento.
Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca di Casa Goldoni, Mss., 35.B.4 e 35.B.3 (rispettivamente Il romanzo Oltralpe nella prima metà del Settecento e Il romanzo italiano a Venezia nel periodo goldoniano); 46.E.22: C. Scarparo, G. O. (1872-1958), tesi di laurea, Università degli studi di Padova, facoltà di Magistero, a.a. 1972-73; N. Mangini, G. O., in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXXXV (1958), 412, pp. 682-684; Id., Ricordo di G. O., in Accademie e biblioteche d’Italia, XL (1972), n. 3, pp. 229-236; Id., Le edizioni goldoniane dell’ultimo ventennio, in L’interpre-tazione goldoniana. Critica e messa in scena, a cura di N. Borsellino, Roma 1982, pp. 32-52; D. Ceschin - A. Scannapieco, L’archivio dei Frari. La casa di Goldoni, Padova 2005, ad indicem.