NASINI, Giuseppe Nicola
– Nacque a Castel del Piano (Grosseto) il 25 gennaio 1657 da Francesco e da Vittoria Bassi (Arch. parrocchiale, 91; Nasini, 1872, p. 8 n. 1).
Sulla sua prima formazione, ancora poco nota, influì senza dubbio l’appartenenza a una famiglia di pittori: lo furono il nonno Giacomo, il padre Francesco, lo zio Antonio Annibale, il fratello maggiore Antonio (successivamente esercitarono questo mestiere anche i cugini Tommaso e Giacomo Francesco e poi il figlio Annibale).
Al 1679 risale la prima testimonianza della sua attività artistica, la vittoria ex aequo con Bartolomeo Sibilla del secondo premio della prima classe di pittura all’Accademia di S. Luca (Ciampolini, 2010, p. 475). Era stato infatti inviato alla scuola di Ciro Ferri a Roma (già dal 1675: Moücke, 1762, p. 151; nello stesso 1679: Meloni Trkulja, 2005, p. 112), forse grazie all’interessamento della famiglia Chigi. Per Agostino Chigi eseguì nel 1679 e nel 1680 13 piccoli ritratti su rame dei suoi figli (Ariccia, Palazzo Chigi): datati, sono copie da Jacob Ferdinand Voet e da Alessandro Mattia da Farnese, e furono pagati il 25 settembre 1680 insieme alla decorazione dei palchetti dei teatri romani in piazza Capranica e alla Pace (Petrucci, 1992, pp. 115 s., 123). Il 15 ottobre dello stesso anno ottenne di nuovo il secondo premio nella prima classe di pittura all’Accademia di S. Luca grazie a un disegno con il Giudizio di Salomone (Roma, Accademia di S. Luca) e uno raffigurante Elia incontra un ragazzo e una vedova che raccolgono legna ora trafugato (Ciampolini, 2010, p. 475). Ai Chigi si deve probabilmente anche l’inizio del rapporto con i Medici. Nel luglio 1681 lavorava a un’opera con la Morte di s. Pietro d’Alcantara per la chiesa della villa medicea dell’Ambrogina nei pressi di Montelupo Fiorentino (ora Montelupo, chiesa dei SS. Quirico e Lucia), portata a termine l’anno seguente, quando risulta ultimato pure un Ritratto di Cosimo III, oggi disperso, eseguito per Giovanni Battista Mancini, ministro di Toscana a Roma (ibid.).
Nel novembre 1681 fu ammesso, come pensionante del granduca, insieme al cugino Tommaso, all’Accademia toscana del disegno a Roma, diretta da Ferri; entrambi, l’anno successivo, risultano residenti a palazzo Madama assieme ad altri artisti. Le vicende degli anni di studio romani sono testimoniate dalla corrispondenza medicea e scandite da numerosi premi, tra i quali il primo ottenuto nella prima classe di pittura all’Accademia di S. Luca il 4 ottobre 1682 e il secondo in quella di scultura l’8 ottobre 1683.
Il 4 luglio 1685, il fratello Antonio, impegnato nel rifacimento della decorazione ad affresco dell’antiporto di Camollia, sollecitò da Siena al granduca Cosimo III l’aiuto di Giuseppe Nicola; la richiesta, dopo un iniziale rifiuto, fu accolta il 25 luglio e il 13 agosto Nasini giunse a Siena (ibid., p. 476). Della vasta composizione, una gloria celeste che doveva accompagnare la trecentesca immagine dell’Assunta di cui sopravviveva poco più di un lacerto, rimangono soltanto alcune teste di angeli. Di questo primo periodo senese debbono ricordarsi anche le tele eseguite per la Contrada della Tartuca nel 1686: il disperso Miracolo di s. Antonio da Padova e il S. Girolamo svegliato dall’angelo nella chiesa di S. Antonio da Padova alle Murella (ibid., p. 477).
In autunno, la chiusura dell’Accademia toscana pose fine alla stagione romana di Nasini che fu inviato, ancora grazie agli auspici del granduca, a Venezia insieme al fratello Antonio e al cugino Tommaso. Vi rimase tre anni, durante i quali eseguì numerose opere perdute, di cui una per il re di Polonia Giovanni III Sobieski, e si dedicò allo studio della pittura veneziana del Cinquecento, non trascurando di aggiornarsi su Jan Lyss e sui contemporanei Louis Dorigny, Jan Karl Loth e Francesco Maffei.
Nell’ottobre 1689, dopo aver toccato Vicenza, Verona, Padova, Mantova, Parma, Reggio, Modena e Bologna, instancabilmente impegnato nella copia di dipinti, si trasferì a Firenze, nominato dal granduca aiutante di camera e soprintendente degli opifici delle gallerie medicee. Nel 1690, quando venne eletto architetto della galleria e ammesso nella compagnia di S. Niccolò presso il Carmine, fu incaricato di eseguire le quattro tele con i Novissimi (rappresentanti le fasi ‘ultime’ del destino umano, Morte, Giudizio, Inferno, Paradiso) destinate a decorare, assieme agli ornati affidati a Giovanni Battista Foggini, l’odierna sala dell’Iliade nella residenza di palazzo Pitti. I monumentali dipinti, oggi scomparsi, risultavano ultimati nel 1694 e durante il secolo successivo furono trasferiti a Siena nella chiesa di S. Francesco, da dove furono rimossi nell’Ottocento.
Dagli studi delle prime due scene (rispettivamente custodite al Philadelphia Museum of Art e al Szépmüvészeti Múseum di Budapest) sembra di poter intuire tanto l’ascendenza cortonesca che caratterizza fin dagli esordi lo stile di Nasini, quanto le influenze, talvolta addirittura esplicitate in forma di citazione, della grande pittura veneta, in particolare di Veronese e Tintoretto.
Il 21 novembre 1691, nella chiesa di S. Pier Gattolino a Firenze, sposò Elisabetta di Sebastiano Neri, dalla quale ebbe Apollonio il 17 agosto dell’anno successivo, Cosimo Gaetano il 13 gennaio 1695 e Francesca, battezzata il 9 aprile 1701. Elisabetta morì il 1° gennaio 1718 a Castel del Piano.
Fra le numerose opere di questo periodo, realizzate spesso in collaborazione con il cugino, eseguì nel 1691 a Firenze alcuni affreschi nella cappella della compagnia di S. Luca nella chiesa del Carmine, due soffitti in palazzo Medici Riccardi con Giove fulmina i giganti ed Ercole al bivio, gli affreschi della cappella Landi nel Carmine (di cui rimangono solo alcune tracce), l’Allegoria della Cognizione nel palazzo Tolomei Biffi (1694). Dipinse inoltre nel 1695 alcuni affreschi nella villa medicea di Petraia e tra il 1696 e il 1699 la decorazione del soffitto della Galleria degli Uffizi (con Giuseppe Tonelli, responsabile delle quadrature e Bartolomeo Bimbi, autore delle nature morte). A Siena, probabilmente nel 1693, affrescò le scene con S. Girolamo, l’Adorazione dei pastori, la Maddalena nella chiesa di S. Margherita in Castelvecchio (Romagnoli, 1976, XI, p. 382; Ciampolini, 2010, p. 480), mentre tra il 1698 e i primi mesi del 1699 fu pagato per le prime due pitture murali dell’oratorio della SS. Trinità (Barba vescovo ariano battezza con formula eretica, Morte di Olimpo bestemmiatore della Trinità).
Questo ciclo, considerato tra i massimi raggiungimenti dell’artista, ribadisce da un lato il talento per la composizione scenografica, qui aggiornata sugli esempi di Luca Giordano, e dall’altro il gusto per un colorito vivido, ricco, di sicura ascendenza veneta.
Fra le numerose tele dell’ultimo decennio del secolo si ricordano il Martirio di s. Caterina d’Alessandria per la chiesa di S. Domenico a Pistoia (1692, distrutta durante la seconda guerra mondiale), l’Assunzione e santi del SS. Salvatore a Pietrasanta del 1695 e la Madonna di Provenzano e santi per la collegiata di Sinalunga del 1697.
Nel 1699, in seguito alla morte, avvenuta il 23 aprile, di Antonio Bassetti, segretario granducale e suo protettore, lasciò Firenze e si stabilì a Siena, dove nel 1703 acquistò una casa nel popolo di S. Maurizio, nella contrada di Valdimontone, e nel 1708 una nel Terzo di S. Martino (Ciampolini, 2010, pp. 483 s.). Risalgono alla data del trasferimento a Siena due importanti commissioni pubbliche: realizzò la mostra dell’orologio della torre del Mangia (Romagnoli, 1976, XI, p. 384) e, nel settembre, probabilmente in vista del giubileo, fu incaricato di rimaneggiare l’affresco dell’antiporto di Camollia, nel quale intervenne in maniera radicale; la nuova pittura fu scoperta il 3 gennaio 1700 alla presenza del granduca. Nel 1701 risulta tra gli appartenenti all’Accademia dei Rozzi con il nome di Acclamato (Ciampolini, 2010, p. 482).
Nei primi tre lustri del secolo fu impegnato in tutte le maggiori imprese pittoriche cittadine e vide accrescere notevolmente la sua fama anche fuori di Siena. Oltre al completamento degli affreschi dell’oratorio della SS. Trinità con la Liberazione miracolosa di Sidrach, Misach e Abdenago e la Condanna di Ario al concilio di Nicea, eseguì nel 1700 la Natività della Vergine per l’altare maggiore di S. Pellegrino alla Sapienza, nel 1704 la Pentecoste nel coro della chiesa di S. Spirito e le pitture nell’oratorio della Contrada del Nicchio, gli affreschi della volta della chiesa delle monache della Visitazione l’anno successivo, quelli della cappella Venturini in S. Domenico nel 1706, la decorazione della volta e delle parti laterali dell’altare maggiore dell’oratorio del Crocifisso nella Compagnia di S. Caterina in Fontebranda nel 1707, la scena con Bartolomeo Sozzini, ambasciatore di Siena, ricevuto da Alessandro VI nella bilanceria di Biccherna in Palazzo pubblico, datata 1712.
Nel 1715 ricevette l’incarico per la decorazione dei pennacchi della cupola di S. Maria in Provenzano con i quattro santi patroni di Siena, revocato dopo la realizzazione del S. Ansano che non accolse il gradimento della committenza.
Fra le opere eseguite fuori Siena si segnalano: nel 1704 gli affreschi con Storie di s. Agnese di Montepulciano, nella sagrestia della chiesa omonima a Montepulciano, e le scene con la Madonna col Bambino e i Misteri del Rosario, inserite all’interno della decorazione di Vincenzo Ferrati, nella chiesa di S. Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno; nel 1706 la decorazione del tamburo della cupola di S. Michele Arcangelo alla Badia a Passignano di Tavarnelle Val di Pesa. Nel 1708, dopo aver realizzato alcuni dipinti (Morte di Lucrezia, Suicidio di Catone, ubicazione sconosciuta; Diana ed Endimione, castello di Pommersfelden) per l’elettore arcivescovo di Magonza, Franz Lothar von Schönborn, ricevette un diploma di nobiltà dall’imperatore Giuseppe I. A Pistoia dipinse gli affreschi della cappella Cellesi in S. Domenico (1708), l’Incoronazione della Vergine e santi nella cupola di S. Giuseppe (1709), S. Agata in gloria nella volta della cappella del palazzo comunale (1710) mentre a Perugia affrescò le perdute stazioni della Via Crucis in tabernacoli collocati tra porta S. Angelo e S. Francesco al Monte (1712).
Nel 1716, ormai pittore di larga fama, si trasferì a Roma dove realizzò su commissione del cardinale Francesco Acquaviva d’Aragona una pala con il Battesimo di Cristo per S. Lorenzo in Lucina, nella cui parrocchia risulta abitare nei quattro anni successivi (Ciampolini, 2010, pp. 486 s.). Un ruolo di primo piano nell’attribuzione delle commissioni romane svolse il senese Ludovico Sergardi (noto come poeta con lo pseudonimo di Quinto Settano) che soprintendeva allora alle fabbriche pontificie. Grazie a lui ottenne nel 1718 l’incarico di affrescare la gran sala della cancelleria pontificia, aperta al pubblico l’anno seguente. L’opera non soddisfece però pienamente le aspettative di Sergardi. Nel 1719, con il Profeta Amos, prese parte a un’altra prestigiosa impresa decorativa nella basilica di S. Giovanni in Laterano (nel 1722 insieme agli autori degli altri undici profeti ricevette da papa Innocenzo XIII una medaglia d’oro e una d’argento).
Le opere successive si caratterizzano sempre più per uno stile fiacco e ripetitivo. Dopo l’insuccesso degli affreschi della cupola della cappella di S. Antonio da Padova nella chiesa dei Ss. Apostoli per conto di Baldassarre Odescalchi, eseguiti nel 1722, fu impegnato fino al 1725 a Foligno nella decorazione delle volte e della cupola di S. Maria del Pianto (distrutti nel bombardamento del 1943), rinnovando l’antica collaborazione con il cugino Tommaso, da molti anni residente in quella città.
Non si conosce l’epoca precisa del definitivo rientro a Siena, dove la sua presenza è attestata nel l725 quando avrebbe dipinto i ritratti dei papi Benedetto XI e Benedetto XIII nel chiostro di S. Spirito (Romagnoli, 1976, XI, p. 403).
Le opere eseguite in questo periodo e nel corso degli anni Trenta a Siena, dove era ancora richiesto per le sue doti di frescante, si alternano a quelle realizzate nei dintorni, soprattutto nella zona amiatina come la Madonna col Bambino incoronata da due angeli e s. Giovannino nell’Incoronata di Arcidosso datata 1726 e l’Assunzione per l’altar maggiore per la chiesa della compagnia dell’Assunta di Castel del Piano (oggi in quella dei SS. Niccolò e Lucia) risalente al 1728.
Nel 1729 lavorò a fresco e compì le tele con la Natività della Vergine, la Visitazione ela Fuga in Egitto per la cappella della Madonna nello Spedale di S. Maria della Scala, mentre nel 1734 venne scoperta la volta della chiesa di S. Gaetano da Thiene. Nello stesso anno, il 10 novembre, sottoscrisse il contratto con il priore della Certosa di Maggiano, nei pressi di Siena, per gli affreschi con Storie della Vergine destinati a completare la decorazione interrotta da Bartolomeo Cesi.
Il 26 febbraio 1733 attribuì con un atto notarile ai figli Apollonio e Cosimo il lascito della dote di 1000 scudi della defunta moglie Elisabetta che annoverava fra gli altri beni un patrimonio di 176 opere d’arte (tra le quali tele di Tintoretto, Veronese, Tiziano, Maratti, Correggio, Van Dijk, Guercino).
Il testamento, registrato nella propria casa nella contrada della Pantera il 27 giugno 1734, nominava erede universale il figlio Cosimo; un lascito dotale era disposto per la figlia Francesca mentre tutto ciò che riguardava il proprio mestiere, compresi gli attrezzi, oltre a quadri, disegni, libri, veniva destinato all’altro figlio Apollonio, pittore anch’egli. Dispose inoltre di essere esposto nell’oratorio della SS. Trinità e di essere sepolto vicino all’altare di S. Filippo Neri nella chiesa di S. Maria dei Servi.
Morì a Siena il 3 luglio 1736 (Siena, Archivio arcivescovile, Libri parrocchiali, SS. Quirico e Giulitta, 1983, c. 109r n. 368; Nasini, 1872, p. 66).
Fonti e Bibl.: E. Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi… (ante 1835), XI, Firenze 1976, pp. 367-454; F. Moücke, Serie di ritratti degli eccellenti pittori dipinti di propria mano che esistono nell’Imperial Galleria di Firenze colle vite in compendio de’ medesimi, Firenze 1862, p. 151; G. Nasini, Della vita e delle opere del cav. G. N., pittore del secolo XVII, Prato 1872; C. Brandi, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, Leipzig 1931, pp. 348 s. (con bibl. precedente); A.M. Clark, The portraits of artists drawn for Nicola Pio, in Master drawings, V (1957), pp. 3-23; S. Rudolph, The «Gran Sala» in the Cancelleria Apostolica. A homage to the artistic patronage of Clement XI, in The Burlington Magazine, CXX (1978), pp. 593-601; G. Casale, G.N. N. pittore senese. Opere conservate a Roma, in Annuario dell’Istituto di storia dell’arte, n. s., I (1981-82 [1982]), pp. 43-52; B. Davis, Some works by Florentine Cortoneschi. Gabbiani and N., in The Burlington Magazine, CXXV (1983), pp. 685-689; D. Pescarmona, Un cartone di G.N. N. per S. Maria della Scala di Siena, in Brera. Notizie della Pinacoteca di Brera, XVII (1988), s. p.; E. Acanfora, Su G.N. N. e su alcuni malintesi relativi alla badia di Passignano, in Antichità viva, XXVIII (1989), nn. 5-6, pp. 16-22; A. Bagnoli, La pittura del Seicento a Siena, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, I, pp. 338-350; C. Alessi, ibid., II, p. 826; F. Petrucci, Nuovi contributi sulla committenza Chigi nel XVII secolo. Alcuni dipinti inediti nel palazzo di Ariccia, in Bollettino d’arte, LXXVII (1992), 73, pp. 107-126; S. Di Salvo, Famiglia Nasini, Roma 1994; M.R. Bianchini, Il restauro della «Natività della Vergine» di G.N. N., in Amiata storia arte e territorio, VIII (1995), n. 21, p. 62; S. Bellesi, Un episodio «dimenticato» di G.N. N. a Firenze, in Paradigma, 1996, n. 11, pp. 63-68; P. Pacini, Verifica di un’impresa devozionale di Ciro Ferri e risarcimento per l’allievo G.N. N., in Antichità viva, XXXVI (1997), nn. 2-3, pp. 45-59; M.C. Fabbri, Gherardini, N. e altri artisti in palazzo Del Chiaro a Firenze, in Nuovi studi, III (1998), n. 6, pp. 159-182; Nasini pingebant. Itinerari pittorici sul monte Amiata, Arcidosso 1999; R. Petti, Una dedica per gli affreschi di G.N. N. Una scoperta alla Santissima Trinità di Siena, in Amiata storia arte e territorio, XI (2000), n. 35, pp. 23 s.; S. Di Salvo, La scomparsa delle tele con i «Novissimi», capolavoro di G.N. N., ibid., XII (2001), n. 36, pp. 22-35; M. Ciampolini, Drawing in Renaissance and Baroque Siena: 16th and 17th-Century drawings from Sienese Collection (catal.), Athens 2002; F. Casprini, Un contributo ai Nasini. Alcuni disegni per gli affreschi della cappella Bichi Borghesi a Scorgiano, in Bullettino senese di storia patria, CIX (2002 [2004]), pp. 556-567; M. Pagni, Disegni inediti di G.N. N. per l’oratorio di S. Nicola nella chiesa del Carmine a Firenze, in Paragone. Arte, LIV (2003), n. 50, pp. 44-55; L. Monaci Moran, G.N. N. e la sesta Sala dell’Appartamento invernale del granduca Cosimo III, detta dei Novissimi, in Arte, collezionismo, conservazione. Scritti in onore di Marco Chiarini, a cura di M.L. Chappell - M. Di Giampaolo - S. Padovani, Firenze 2004, pp. 53-63; P. Benassai, La decorazione pittorica di S. Maria in Borgo Strada (S. Biagio) a Pistoia, in Storia locale, 2005, n. 5, pp. 78-97; S. Meloni Trkulja, Una galassia di pittori, in Stanze segrete: gli artisti dei Riccardi. I «ricordi» di Luca Giordano e oltre, a cura di C. Giannini - S. Meloni Trkulija, Firenze 2005, pp. 111-135; M. Chiarini, La «Strage degli Innocenti» di G.N. N., in Aei mnestos. Miscellanea di studi per Mauro Cristofani, a cura di B. Adembri, Firenze 2006, pp. 931-933; S. Di Salvo, Su una dedica a G.N. N. e sue opere, disperse distrutte. Con un excursus da porta Camollia, Castel del Piano a Foligno, in Amiata storia e territorio, XX (2007), nn. 54-55, pp. 15-26; Il restauro dell’Assunta. Chiesa dello Spirito Santo. Venerdì 8 giugno 2007, [s. l.] 2007; F. Mastrangelo, Il ritorno di G.N. N. a Siena. La «Natività della Vergine» per San Pellegrino alla Sapienza e il suo ritrovato modelletto, in Prospettiva, 2009 (2010), nn. 134-135, pp. 157-165; M. Ciampolini, Pittori senesi del Seicento, II, Siena 2010, pp. 472-549.