NERBINI, Giuseppe
– Figlio di Rosa Nerbini e di padre ignoto, nacque a Firenze il 30 marzo 1867.
Crebbe con ogni probabilità senza mezzi economici, abbandonando le aule scolastiche dopo avere frequentato le sole classi elementari e, come altri protagonisti della scena editoriale del capoluogo toscano, si formò da autodidatta. Attivo negli ambienti democratici radicali e repubblicani della città fin da giovanissimo, subì pure, appena diciassettenne, un paio di condanne per manifestazione sediziosa, le prime di una discreta serie di sentenze penali a suo carico, che poi ebbero però come capo di imputazione sempre reati di stampa.
La carta stampata infatti fu la passione dominante di Nerbini, dapprima come venditore di giornali, con un chiosco in piazza della Madonna, quindi come giornalista e polemista. Giovane edicolante, diresse e animò fin dai primi anni Novanta alcuni giornaletti satirici, fra cui La frusta. Giornale politico e amministrativo, di ispirazione radicale, La mitraglia elettorale. Giornale per fugare i monellacci politici, Il lampione. Giornale per tutti e la La Gran via: periodici spesso pungenti nei confronti dell’amministrazione locale e talvolta addirittura irriverenti tanto da cadere non di rado nelle maglie della censura e da procurare a Nerbini diversi, seppur brevi, periodi di detenzione.
Il 6 agosto 1888, si unì in matrimonio con Isolina Buti, giovane cucitrice fiorentina (nata il 27 marzo 1870), con la quale formò una numerosa famiglia. Il primogenito Mario nacque però solo nel 1899, dopo 11 anni di matrimonio.
Anche se esistono versioni contrastanti, la fondazione della casa editrice Nerbini risale presumibilmente al 1897 e i primi lavori rispecchiano nettamente la militanza politica del titolare della ditta, che aveva nel frattempo abbracciato la causa socialista.
Fra le prime pubblicazioni spiccano, infatti, alcuni classici del marxismo e numerosi libri di natura socialista fra cui Lotte civili di Edmondo De Amicis (Firenze 1899), una raccolta di articoli del celebre scrittore, che Nerbini stesso considerò il punto d'avvio della sua attività editoriale nonostante fosse uscita al cadere del secolo. Il catalogo conservò a lungo tale matrice acquisendo pure diverse pubblicazioni di partito, come l’Avanti! della domenica, senza tuttavia trascurare mai la stampa popolare a prezzi assai contenuti, altro asse portante dell’attività e genere da lui considerato altrettanto fondamentale al fine dell’emancipazione dei ceti più deboli. Per i tipi del neoeditore uscirono quindi opuscoli come Cos’è la camera del lavoro e Come si diventa elettori (entrambi del 1900), letture popolari e in certo senso pedagogiche, riunite nella collana «Biblioteca educativa sociale» nella quale comparirono anche altri contributi di De Amicis.
Della sua militanza democratica conservò l'anticlericalismo, di cui è facile trovar traccia nel catalogo (si pensi al Cristo. Giornale di propaganda anticlericale, edito nel 1906-07), mentre rimane incerta un'eventuale appartenenza alla massoneria, che sarebbe testimoniata dal volumetto Massoneria alla sbarra (1905), forse scritto addirittura di suo pugno, nella prefazione del quale comunque espresse il suo parere sul rapporto tra partito socialista e società segreta, suggerendo una sorta di avvicinamento in chiave anticlericale, linea affatto condivisa dal partito.
Nell’azienda di famiglia trovarono impiego tutti i figli maschi, primo fra tutti Mario, il più attivo collaboratore del padre, seguito da Renato Gastone (n. 1905), Carlo (n. 1909) che prese il nome del secondogenito nato nel 1900 e morto appena un anno e mezzo dopo, e infine Bruno (n. 1914). Le figlie femmine, Dina (n. 1902), Tosca di un anno più giovane e Bruna Tina (n. 1906), invece, rimasero estranee agli affari editoriali.
La spregiudicatezza imprenditoriale ed editoriale, per certi versi tipica del 'selfhelpismo' fiorentino, lo condusse sul lastrico: nel 1912, messo alle corde, si vide costretto a dichiarare il fallimento, finendo a un passo dalla galera. Il processo a suo carico si concluse dopo due anni con una sentenza più mite grazie anche al buon senso dei numerosi creditori che di fatto permisero all’editore di vendere libri e clichés per poter risanare i debiti. Il ritmo della produzione editoriale ovviamente ne risentì, essendo peraltro già rallentato dalle conseguenze della guerra libica per poi, qualche anno dopo, subire pure l’inevitabile flessione del mercato dovuta al primo conflitto mondiale.
Non si dette per vinto e nel dopoguerra inaugurò con slancio un nuovo periodo della sua vita e della sua attività. Le lacerazioni prodotte all’interno del Partito socialista italiano (PSI) dalla guerra in Libia e dalla Grande guerra lo coinvolsero in prima persona: abbandonata la militanza socialista, abbracciò il neonato movimento fascista, tanto da partecipare con i figli Mario e Renato alla marcia su Roma. Ebbe al contempo inizio una rinnovata fase della sua vita professionale, che lo vide ancora attivissimo nella stampa umoristico-satirica, con periodici ormai consolidati, come per esempio La sigaretta e Il 420, e nella letteratura popolare, soprattutto con i romanzi d’appendice.
Ma il genere che segnò questa stagione fu senza dubbio il fumetto, per il cui sviluppo fu fondamentale la collaborazione del primogenito. I fumetti Nerbini fecero letteralmente epoca, anche perché fra i primi a comparire in Italia. Anticipati in qualche modo nello stile e nella sostanza, già nei primi anni Venti, da una serie di racconti d’avventura con copertina illustrata usciti a dispense, poi da Il giornale di Fortunello (1920-22) e infine da Le avventure aviatorie di un Balillino (supplemento illustrato a Il 420 del 1928), debuttarono nel 1932 con Topolino, seguito da Cino e Franco l’anno successivo.
Fu dunque ancora una volta il felice intuito di Nerbini a far viaggiare l’azienda sulla cresta dell’onda, accompagnato da una mai tramontata audacia e disinvoltura negli affari. Infatti fu in grado di capire che i tempi erano maturi per accogliere un cambiamento radicale nei periodici per l’infanzia e preparò il pubblico all’avvento dei fumetti con le sperimentazioni accennate; in particolare Le avventure aviatorie di un Balillino, 67 quadretti illustrati da Carlo Cossio con didascalie, rappresentano forse l’antesignano per eccellenza di questo genere.
L’intraprendenza dell’editore fiorentino raggiunse probabilmente il suo massimo livello nella celebre vicenda che lo vide protagonista della diffusione di Topolino in Italia. Pare infatti che, molto attento alla cinematografia, avesse avuto modo di visionare il celebre cartoon, in circolazione nei cinema statunitensi già nel 1928, dopo di che avrebbe avuto l’idea folgorante di trasformare il film animato in strisce a fumetti. In realtà le strisce disneyane avevano già debuttato negli Stati Uniti nel 1930 e un saggio di esse era uscito perfino in Italia, lo stesso anno, nelle pagine de L’Illustrazione del popolo. Nerbini ignorò, consapevolmente o meno, i diritti d’autore sul famoso personaggio e proseguì a vele spiegate con il suo progetto, realizzando nel 1932 un settimanale con il titolo Topolino affidato ai suoi illustratori. La Disney non tardò a chiedere conto dell’operazione e nel 1933 fu raggiunto un accordo che permise a Nerbini di pubblicare le strisce originali.
Da quel momento i comics americani trovarono ampio spazio nelle testate della casa editrice, culminando nell'uscita de L’avventuroso, vero gioiello in cui furono ospitate numerose strisce d’Oltreoceano. L’ormai anziano editore non ebbe però il tempo di vedere stampato, nell’autunno del 1934, il primo numero del nuovo periodico.
La morte del figlio Renato, ventisettenne, vittima di un delitto passionale il 9 febbraio 1933, rappresentò un grave colpo la famiglia: in particolare per Nerbini che, in seguito alle complicazioni di una broncopolmonite, morì a Firenze alle primissime ore del 28 gennaio 1934.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tribunale penale e civile di Firenze, sez. commerciale, Fallimenti, f. 1739, b. 386 (sentenza 8 giugno 1912); Firenze, Arch. storico del Comune, Anagrafe, Fogli di famiglia annullati, n. 35517; La Frusta, 17 maggio 1891; G.A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista…, Firenze 1929, p. 358; La morte dell’editore N., in La Nazione, 28 gennaio 1934; Le edizioni Nerbini: 1897-1921 (catal.), a cura di G. Tortorelli, Firenze 1983; O. Del Buono, N. l'Avventuroso, in Tuttolibri (La Stampa), 1993, n. 846, p. 5; P.F. Listri, Il mondo di N. Un editore dell'Italia unita, Firenze 1993; L. Gori, Profilo storico delle edizioni a fumetti Nerbini (1932-1957), I fumetti Nerbini della Marucelliana (catal.), a cura di R. Maini et al., Firenze 1994, pp. 61-74; M. Sessa, La Bottega delle nuvole. La storia del fumetto da N. ai disegnatori toscani, Firenze 1995.