GIOANNETTI, Giuseppe (Gioseffo) Natale
Ottavo di dodici figli, nacque a Bologna il 25 dic. 1768, da Carlo Bernardo e dalla contessa Anna Fantuzzi. La famiglia paterna, in cui spiccava lo zio Andrea, arcivescovo di Bologna dal 1777, si fregiava del titolo di conti del Sacro Romano Impero. Molte notizie sul G., non sempre verificabili, sono contenute in una sua opera ricca di riferimenti autobiografici, Il filosofo di quindici anni, ossia Novissimo metodo famigliare, facile, e dilettevole di fanciullesca educazione. Opera semienciclopedica teorico-pratica scritta da G.G. Virgilio Pannolini bolognese messaggier di Stato nel Regno d'Italia per uso de' suoi figliuoletti (Milano 1806).
Dai nove ai ventidue anni il G. studiò al collegio dei nobili di Bologna. A ventitré anni la "terribile esperienza" legata a "una donna indegna" da cui era stato costretto a separarsi portò alla sua reclusione in manicomio per otto mesi (Il filosofo di quindici anni, parte II, pp. 349-352). Qui ebbe modo di leggere le opere di V. Malvezzi, uno dei più efficaci prosatori "senechisti" del Seicento, da cui fu profondamente colpito. Dopo questa crisi intraprese una serie di viaggi in città italiane ed europee, fermandosi a Roma per sei mesi e a Napoli per nove ed entrando così in contatto con molti personaggi influenti. Tornato a Bologna, ottenne l'emancipazione dal padre e si recò a Firenze, ove intraprese la carriera di cantante, usando il nome di Virgilio Pannolini e riscuotendo un grande successo. Si esibì anche a Livorno, Venezia, Genova e Milano, dove tenne un'accademia di canto nell'ambiente illuminista di casa Imbonati. Stava per partire per la Spagna, quando, nel giugno 1796, i Francesi occuparono Bologna, che il G. si affrettò a raggiungere per iniziarvi una frenetica attività politica con il fine di coinvolgere i ceti popolari, i giovani e le donne nel cambiamento di sistema in atto. Si legò strettamente all'ala più estremista del campo democratico, di cui diventò il principale punto di riferimento. Nelle sue Memorie G. Compagnoni lo indicò come uno degli "imitatori dei giacobini fanatici di Francia" (Compagnoni, p. 179).
Durante il triennio 1796-99 anche alcuni dei fratelli del G. presero parte alla vita politica bolognese militando in campo democratico. In particolare Rodolfo (1770-1837) gli fu sempre al fianco e fu nominato giudice del tribunale del Reno. Giovanni Andrea, Petronio e Alfonso, canonico di S. Pietro, entrarono nella guardia nazionale. Camillo, ex monaco camaldolese, pubblicò dei Dialoghi repubblicani. Un cugino, Giovan Battista, pronunciò nel Circolo costituzionale un discorso su temi di economia poi dato alle stampe.
Nel suo sforzo di rendere più democratiche le istituzioni cittadine il G. entrò in aperto contrasto con il Senato di Bologna, investito provvisoriamente da Napoleone Bonaparte del potere politico. Forte del favore popolare e del sostegno della guardia civica, di cui era membro, il G. si fece promotore di un atto simbolicamente rilevante, innalzando il 18 ott. 1796 in piazza Maggiore l'albero della libertà: i disordini verificatisi nell'occasione furono subito segnalati dal Senato al Bonaparte, giunto proprio in quel giorno a Bologna. Dal palco dell'albero della libertà ebbe dunque inizio l'attività di tribuno popolare del G., del quale furono pubblicati due discorsi: Agli ex-nobili bolognesi G. Gioannetti, ex-nobile loro concittadino, Bologna 1796; Alli cittadini deputati al Congresso di Reggio il cittadino G. Gioannetti, Bologna, 24 dic. 1796 (copia manoscritta nella Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna, ms. B 3895). Nel 1796 il G. partecipò con una Risposta al quesito dell'Amministrazione centrale della Lombardia "Quale dei governi liberi convenga meglio alla felicità dell'Italia?" d'un patriota bolognese, al celebre concorso bandito dalle autorità cisalpine. Il testo, firmato solo con la sigla "G. G. cittadino bolognese" e attribuito, pur con qualche dubbio, al G., si caratterizzava per cosmopolitismo democratico e sensibilità per il problema del pauperismo.
Nel dicembre 1796 il G. invitò i deputati bolognesi al Congresso di Reggio Emilia a lottare per la causa unitaria italiana osteggiando la proclamazione della Repubblica Cispadana. Nello stesso mese subì tre attentati controrivoluzionari, mentre il Senato da parte sua, mirando ad allontanarlo dalla città, ottenne dai generali francesi J.-B. Rusca e A.-F.-L. de Marmont che si procedesse contro il G., il quale fu arrestato insieme con circa quattordici dei suoi più stretti seguaci, tra cui il fratello Rodolfo e G. Greppi. Condotti dal gen. Marmont a Reggio e poi relegati, su ordine del Bonaparte, a Milano (26 febbr. 1797), gli arrestati "non furono processati, sibbene confinati a Milano, usandosi loro notevoli riguardi" (Repubblica Cispadana, IV, p. 32). Legati all'esilio milanese sono due opuscoli in cui il G. rinnovava i suoi attacchi ai moderati: Dialogo repubblicano fra un bolognese, e un milanese, incontrandosi nella piazza del Duomo e Dialogo repubblicano fra un bolognese e un milanese eseguito all'albero della libertà eretto sulla piazza del Duomo di Milano (entrambi Milano 1797).
Nel maggio 1797 il G. e i suoi amici tornarono in libertà. Il 12 maggio era di nuovo a Bologna ad animare la festa per l'abolizione del Senato, celebrando i simbolici funerali degli ex senatori. Forte ora dell'appoggio dei generali francesi J.-J. Sahuguet e C. Dallemagne, tornò a predicare la democrazia nei teatri e nelle piazze, a distruggere gli stemmi pontifici e nobiliari, a insultare pubblicamente quanti ancora portassero i capelli lunghi secondo la moda aristocratica, vestissero alla vecchia maniera o usassero la portantina. La sua casa diventò il centro della propaganda giacobina. Il 2 giugno 1797 inviò al nuovo governo provvisorio un Memoriale finanziario con cui reclamava provvedimenti a favore degli indigenti; il 10 giugno lo espose oralmente al governo che però non lo prese in considerazione; l'11 giugno, in occasione dell'innalzamento di un albero della libertà, dette alle fiamme il libro d'oro della nobiltà bolognese. Ma intanto, nello stesso mese, esplodeva a Bologna il malcontento popolare per l'aumento dei prezzi conseguente al calo di valore della moneta erosa con cui venivano pagati i salari. Messosi alla testa del movimento popolare, il G., pur non riuscendo a far ritirare l'editto, ottenne dal comitato centrale cispadano la distribuzione di sussidi per gli indigenti e l'impegno contro gli "aggiotisti e monopolisti" che portò all'arresto dei tre banchieri V. Morelli, R. Gnudi e P. De Lucca. Ma il 25 giugno il G. e i suoi amici (tra cui il fratello Rodolfo, i fratelli L. e G. Ceschi, l'ex conte G. Riario, il pittore L. Saluzzo, G.B. Pelagalli e C. Verardi) subirono a loro volta un nuovo arresto, furono condotti a Ferrara e poi riportati a Bologna il 10 (o il 12) luglio e messi sotto la custodia di militari polacchi, non fidandosi il governo di affidarli alla guardia civica. Accusati, sulla base della delazione dell'ex birro pontificio P. Ferri, acerrimo nemico del G., di organizzazione del tumulto del 10 giugno 1797, arresti arbitrari, minacce di morte, cospirazione contro la Repubblica, furono tutti condannati dal tribunale del Reno (22 luglio 1797). In tale occasione il G. fu appassionatamente difeso dagli avvocati G. Gambari e G. Greppi. Il 18 nov. 1797 Bonaparte ordinò la scarcerazione degli imputati in attesa del giudizio d'appello da loro richiesto (malgrado le insistenze del G., il processo di revisione fu celebrato solo nel 1802 e portò alla sua piena assoluzione).
Tornato in libertà, il G. riprese l'attività politica, ma, in una situazione ormai decisamente sfavorevole al fronte giacobino, dovette limitarla alla propaganda e al soccorso dei poveri. Nel dicembre 1798 organizzò nel teatro Nazionale di Bologna un'accademia patriottica; risale alla stessa epoca il Dialogo primo del Circolo ambulante, o sia Dialoghi repubblicani fra un arciprete ministro del culto cattolico, un fattore ed un campanaro, interrotti di tratto in tratto da alcuni individui delle campagne.
Il progetto prevedeva una serie di dialoghi che per la loro semplicità potessero essere letti dal popolo o usati dagli educatori repubblicani, anche nelle campagne. Nel primo dialogo, l'unico pubblicato, il problema religioso era affrontato affermando la non contraddizione tra democrazia e cristianesimo, il principio della separazione tra potere spirituale e potere temporale e la legittimità dei provvedimenti repubblicani che, come il giuramento civico del clero o la soppressione degli ordini religiosi, avevano urtato la sensibilità popolare. Nei successivi Dialoghi il G. avrebbe voluto occuparsi della superiorità del governo democratico, dei diritti e dei doveri dell'uomo, delle passioni umane e dell'uomo virtuoso e onesto, delle principali leggi di un popolo "rigenerato", dell'educazione popolare. I problemi economici e gli eventi militari del 1799 gli impedirono però di realizzare l'ambizioso programma educativo. Di questi temi trattò anche nella sua Selva di pensieri d'un democratico bolognese, apparsa tra il dicembre 1797 e il dicembre 1798 su Il Quotidiano bolognese e sull'Opuscoletto lunare, in cui, radicalizzando ulteriormente le sue posizioni, finì, secondo U. Marcelli, con l'approdare a posizioni babuviste. Va peraltro ricordato che egli non mise mai in discussione il diritto di proprietà.
Nel dicembre 1797 il G. fu tra i fondatori del Circolo costituzionale di Bologna, frequentato dai patrioti bolognesi e dagli esuli veneti U. Foscolo e G. Valeriani. Secondo il discendente e biografo G. Gioannetti Mola, nel 1798 entrò anche a far parte della Società dei Raggi e condivise l'idea di emancipare l'Italia dai Francesi. Poi giunse il tempo "del comune disinganno" (Il filosofo di quindici anni, II, p. 355). Le vittorie delle truppe austro-russe e le insorgenze popolari antifrancesi mostrarono drammaticamente la fragilità delle istituzioni repubblicane. All'avvicinarsi delle truppe austriache a Bologna, il G. lasciò la città con l'intenzione di rifugiarsi in Francia. Andò prima in Toscana e poi a Parma, dove però il 29 giugno fu arrestato e portato a Piacenza, Lodi, Milano: ricondotto infine a Bologna, fu esposto alle ingiurie degli insorgenti. Il trauma subito nella circostanza fece sì che per la seconda volta nella sua vita fosse ritenuto folle e ricoverato in ospedale per poi essere trasferito prima ad Ancona, poi nella fortezza di San Leo e nuovamente ad Ancona, e condannato "senza processo" alla galera perpetua (ibid., II, pp. 357 s.).
Riacquistata la libertà dopo la ricostituzione della Repubblica Cisalpina, nell'ottobre 1800 tornò a Bologna, dove nel frattempo il padre e lo zio arcivescovo erano deceduti. Cercò di riorganizzare il movimento dei patrioti ma le condizioni politiche generali ne provocarono la sostanziale emarginazione. Ottenne solo l'incarico, poco prestigioso, di commissario di leva, che lo portò a girare per le municipalità del dipartimento del Reno. Le autorità dell'appena fondata Repubblica Italiana non si fidavano di lui. Il 29 luglio 1802, in base a semplici sospetti, fu nuovamente arrestato con l'accusa di aver fomentato i moti popolari dei giorni precedenti, che, causati dalla crisi economica, si caratterizzavano anche in senso antinapoleonico. Non essendo state trovate prove decisive, nell'ottobre fu rimesso in libertà. Ebbe da allora inizio la svolta moderata, difficile da ricostruire con esattezza, ma che lo avrebbe portato ad aderire al nuovo sistema napoleonico. Risulta che il 26 maggio 1805 era presente a Milano all'incoronazione di Napoleone e che fu nominato messaggero di Stato del Regno d'Italia. A Napoleone dedicò, nel 1806, la sua opera più ambiziosa sul piano filosofico e pedagogico, Il filosofo di quindici anni, concepita inizialmente come una vasta riflessione, a carattere fortemente autobiografico, sull'educazione dei giovani. Dei dodici tomi previsti uscì solo il primo, diviso in due parti.
Il G. vedeva nell'educazione del popolo l'unica via per rendere stabili le conquiste civili e politiche, destinate viceversa a effimera gloria se imposte solo con la forza, come i recenti eventi avevano dolorosamente dimostrato. Si prefiggeva di "sbarbicare, per quanto sarà possibile, con prestezza l'ignoranza de' propri diritti e doveri coll'indicato mezzo di una facile preliminare scientifica educazione". Netto è il legame indicato dal G. tra ignoranza dei diritti e dei doveri e miseria economica, considerata "il più forte ostacolo alla sapienza" e "il più forte sostegno della tirannide" (Il filosofo di quindici anni, I, pp. 14 s.). I concetti di rigenerazione del popolo e di risorgimento dell'Italia animano queste riflessioni insieme con vaghi echi rousseauiani e con l'esaltazione del grande passato dell'Italia, quasi garanzia della sua possibilità di risorgere. Con V. Cuoco, citato solo una volta e marginalmente, il G. ha in comune qualche assonanza e l'approdo moderato filonapoleonico. Sul piano filosofico è stato rilevato in passato il carattere disorganico e mediocre delle letture del G., soprattutto per quanto riguardava la conoscenza degli illuministi. Privilegiando l'apprendimento mnemonico, il suo progetto pedagogico appare poco innovativo: per il G. i giovani del popolo si sarebbero dovuti dedicare con particolare cura alla conoscenza della lingua italiana, in modo da potersi difendere dalle prevaricazioni dei letterati. Si mostrava invece contrario all'insegnamento del latino, ai francesismi e ai dialetti, nati a suo dire per corruzione dell'italiano in seguito all'incontro con le lingue dei dominatori stranieri. Su questo punto doveva evidentemente aver cambiato parere rispetto al triennio giacobino, quando aveva invece auspicato "pubblici catechismi fatti settimanalmente nel natio dialetto" (Selva di pensieri…, cit. in Leso, p. 423). Il G. sosteneva anche l'importanza per i giovani del teatro, dell'educazione sessuale e di quella fisica. In religione aderiva al deismo e a ideali di tolleranza religiosa, poco interessandosi all'ateismo o alle discussioni sulle virtù dell'ateo, e tuttavia ammettendo anche gli atei nel concetto di fratellanza universale.
Scarse sono le notizie sulla sua vita negli anni successivi. Nel 1814 ebbe contatti con Napoleone all'Elba attraverso la moglie Maddalena Guerrini. Nel 1817 fu coinvolto nella "congiura Lorenzini" e forse spinto alla delazione dai suoi problemi economici; nel 1821, arrestato per cospirazione insieme con il nipote Marcello che aveva diffuso un testo costituzionale a Bologna, riuscì, a differenza del nipote, a convincere gli inquirenti della propria innocenza.
Morì a Bologna il 21 nov. 1843 e fu sepolto nella tomba di famiglia nella Certosa.
Altri scritti: è talvolta attribuito al G., o al fratello Camillo, l'opuscolo Dialogo repubblicano tra un bolognese e un milanese cisalpini fattosi in Milano in una privata conversazione tre giorni dopo l'arrivo degli usseri bolognesi, modenesi ec., ai 15 cioè del mese di novembre 1797, In Italia, 1798. Nel 1807 uscì a Milano La scuola del sentimento, opera allegorica divisa in vari dialoghi d'un foglio solo per uso de' fanciulli di primo studio. Dialogo primo, sorta di compendio de Il filosofo di quindici anni.
Fonti e Bibl.: G. Guidicini, Diario bolognese dall'anno 1796 al 1818, Bologna 1886-87, I, pp. 45, 57, 69-74, 88, 152; II, pp. 16, 162-164; G. Compagnoni, Memorie autobiografiche, a cura di A. Ottolini, Milano 1927, p. 179; Carteggi di F. Melzi d'Eril duca di Lodi. La vice-presidenza della Repubblica Italiana, II, Milano 1958, pp. 164, 167 s., 170, 183, 217 s., 412; I giornali giacobini italiani, a cura di R. De Felice, Milano 1962, pp. 57-69 e passim; Giacobini italiani, a cura di D. Cantimori - R. De Felice, II, Bari 1964, pp. 539-553 (Nota di R. De Felice con notizie biografiche sul G.) e pp. 379-385, 423-451, 499-505 (testi del G.); A. Saitta, Alle origini del Risorgimento: i testi di un celebre concorso, I, Roma 1964, pp. 331-337; Il gran Circolo costituzionale di Bologna e il "Genio democratico"(Bologna, 1797-1798), a cura di U. Marcelli, I, 1, Bologna 1986, pp. 11-72; Repubblica Cispadana, Consigli legislativi dei Sessanta e dei Trenta (atti inediti, 1797), a cura di U. Marcelli, I, Bologna 1988, p. 26; Idem, Dal Direttorio esecutivo al Comitato centrale (atti e documenti, 1797), a cura di U. Marcelli, ibid. 1992, ad indicem; R. Soriga, I moti antifrancesi di Bologna del 1802, in Id., Le società segrete, l'emigrazione politica e i primi moti per l'indipendenza, a cura di S. Manfredi, Modena 1942, pp. 189-196; D.G. Fornasini, Sette secoli di storia della nobile famiglia de' Gioannetti, Bologna 1936, pp. 55, 200 s.; U. Marcelli, La crisi economica e sociale di Bologna nel 1796, in Studi storici in memoria di L. Simeoni, Bologna 1953, II, pp. 87-169; G. Gioannetti Mola, La nobiltà cittadina trasforma Bologna in un centro democratico. L'opera di G. G., 1796-1800, Bologna 1954; N. Samaja, Bologna giacobina, in L'Archiginnasio, III (1957), pp. 99-144; G. Gioannetti Mola, Rassegna di recente bibliografia sul casato dei Gioannetti pubblicata con note storiche, Bologna 1959, pp. 21-25; Id., La vita patriottica di un conte giacobino. G. G., 1768-1843, in Atti accademici della Accademia umanistica riperiense in Revere di Mantova, 1964 (estratto); U. Marcelli, L'evoluzione politica del giacobino G. G., in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le prov. di Romagna, n.s., XXI (1970), pp. 87-201; Id., Postilla all'evoluzione politica del giacobino G. G., in Strenna stor. bolognese, XXVI (1976), pp. 207-221; C. Zaghi, L'Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno, in Storia d'Italia (Utet), XVIII, 1, Torino 1986, pp. 102, 135, 160, 511, 638; R. De Felice, "Istruzione pubblica" e rivoluzione nel movimento repubblicano italiano del 1796-1799, in Id., Il triennio giacobino in Italia (1796-1799). Note e ricerche, Roma 1990, pp. 179-204; E. Leso, Lingua e rivoluzione. Ricerche sul vocabolario politico italiano del triennio rivoluzionario 1796-1799, Venezia 1991, ad indicem; L. Guerci, "Mente, cuore, coraggio, virtù repubblicane". Educare il popolo nell'Italia in rivoluzione (1796-1799), Torino 1992, pp. 31, 43, 55 s., 67; Id., Istruire nelle verità repubblicane. La letteratura politica per il popolo nell'Italia in rivoluzione (1796-1799), Bologna 1999, pp. 39, 50, 63, 69, 72 s., 77, 140, 305, 352; Diz. del Risorgimento nazionale, III, sub voce; V. Spreti, Enc. stor.-nobiliare italiana, App.II, p. 144; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", F. Ercole, Gli uomini politici, II, p. 172; Bibliogr. dell'età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti, I, Firenze 1971, pp. 91, 93 (elenco delle opere del G.).