MORRO, Giuseppe
– Nacque a Genova il 29 novembre 1806 da Luigi, facoltoso commerciante e sindaco della categoria dei possidenti appartenente al corpo decurionale cittadino, e da Maria Anna Gervasoni.
Dopo le scuole elementari, fu mandato al collegio di Lucca, affinché si perfezionasse negli studi di latinità, italiano, filosofia e scienze esatte; qui ebbe modo di entrare in contatto con Francesco Bertini, autore di studi sul Ducato di Lucca, e con Pietro Franchini, illustre matematico e storico della materia, entrambi professori al collegio. Tornato a Genova per compiere gli studi universitari, frequentò i corsi di giurisprudenza dal settembre 1824 al luglio 1829, anno nel quale conseguì il titolo di dottore e poi di avvocato.
La sua esperienza alla Regia Università di Genova proseguì con l’incarico, nel 1834, di dottore aggregato alla facoltà di giurisprudenza. Dieci anni dopo, presso la stessa facoltà, ottenne la cattedra di professore ordinario del corso di «istituzioni civili» in seguito rinominato «procedura civile e ordinamento giudiziario». Per due mandati ricoprì, inoltre, la carica di preside della facoltà. Preferì sempre l’insegnamento alla professione forense, nell’esercizio della quale aveva comunque ottenuto significativi successi. Non c’è dubbio che questa libertà di scelta fu favorita dai natali alto-borghesi di Morro che, indifferente alla maggiore rimuneratività della carriera avvocatizia, poté dedicarsi con passione agli studi e all’insegnamento; non sorprende perciò che all’età di quarant’anni fosse già impegnato in molte attività civiche, scientifiche e culturali. Tra le diverse cariche di rilievo ricoprì anche quella di presidente della Camera di commercio, di membro della giunta delle Opere pie, di membro dell’Accademia Ligustica dal 30 dicembre 1846 al 1849 e della Società di storia, archeologia e geografia di Genova nonché di vice-presidente della Società ligure di storia patria.
Prese parte attiva ai moti del 1847-48 ed ebbe un ruolo determinante nella denuncia degli intrighi di alcuni cappuccini che «si mostrarono troppo ligi ai gesuiti e ai seguaci di Loyola», come si evince dalla corrispondenza con Vincenzo Ricci in data 1° maggio 1848 (Genova, Civico Istituto mazziniano, Archivio, f. 1953, c. 16). Fu eletto nel collegio di San Quirico alla Camera dei deputati nella I legislatura ma l'elezione venne «annullata dall’Assemblea nella seduta dell’11 maggio 1848 per causa d’impiego, essendo […] professore di legge a Genova» (Sarti, 1890, p. 253). L’inizio della sua attività politico-amministrativa – svolta prevalentemente in ambito locale – risaliva al 1840, quando, alla morte del padre, allora decurione del municipio di Genova, ne era stato nominato successore da re Carlo Alberto.
In occasione del plebiscito del 1852, col quale il popolo francese fu chiamato a pronunciarsi sull’adozione della nuova Costituzione e a conferire il potere supremo e il titolo di imperatore a Napoleone III, Morro fu firmatario della lista moderata di ispirazione cavouriana nota come «manifesto dei 98». La vicenda personale e politica di Morro incrociò ancora il più importante alleato dello scacchiere cavouriano quando, in qualità di sindaco, fu chiamato dalla corona sabauda a organizzare tra l’11 e il 12 maggio 1859 la visita a Genova di Napoleone III.
Morro seppe distinguersi nella vita politico-amministrativa del capoluogo ligure, indipendentemente dall’eredità paterna: consigliere comunale fin dalla prima amministrazione elettiva fu, a seguito delle dimissioni del sindaco Domenico Elena, chiamato a governare l’amministrazione del Comune. Con r.d. 22 ottobre 1856, il re individuò infatti in lui la persona idonea a reggere la carica di sindaco, anche in virtù dei rapporti redatti dall’intendente di Genova, che si era precedentemente e senza successo impegnato a dissuadere Elena dal rassegnare le dimissioni e aveva informato il sovrano delle difficoltà di scelta di un successore. Morro, nella seduta del consiglio comunale del 17 novembre 1856, con la quale inaugurava il suo mandato, anticipò i nodi problematici che avrebbe dovuto affrontare la sua giunta, mostrandosi ben consapevole del delicato contesto politico-amministrativo. Il Comune di Genova stava infatti vivendo, a cavallo tra il 1856 e il 1857, la fase più acuta di una grave crisi finanziaria, provocata principalmente da due interventi normativi molto penalizzanti per le finanze comunali: l’introduzione, nel 1853, di un elevato «canone gabellario» e l’abolizione, l’anno seguente, del dazio sulle farine, importante entrata dell’erario comunale. In seguito al palesarsi di un conflitto con il governo, causato dall’approvazione del bilancio comunale in deroga alle disposizioni della legge del 1853 (sul canone gabellario), Morro si dimise nell’aprile 1857 e il consiglio comunale fu sciolto d’autorità pochi giorni dopo. Nuove elezioni riconfermarono comunque la maggior parte dei consiglieri e Morro fu ancora nominato sindaco con r.d. 15 agosto 1857. Nella seduta del 24 agosto, sintetizzò il suo punto di vista sugli accadimenti passati e sul futuro: «voglia la nuova legislatura abolire le gravezze e i tributi a carico dei Municipii, affinché non si rinnovino le prepotenze imperatorie di Roma, che coi vettigali e colle taglie stremarono i comuni italiani» (Genova, Arch. storico del Comune, Segreteria amministrazione municipale 1845-1860, Verbali del Consiglio comunale 1857, tornata straordinaria del 24 agosto, discorso del Sindaco, p. 31). Nella stessa occasione, pur auspicando l’approvazione di una nuova legge municipale che restituisse «ai Comuni quella giusta e ragionevole libertà che per malo vezzo d’imitazione francese venne loro tolta», fece appello al senso di responsabilità degli amministratori locali affinché si adoperassero «a trovar modo che non ci venga a morire tra le braccia questo dissanguato Comune» (ibid.). Nei bilanci successivamente approvati, il necessario adeguamento alle disposizioni di legge, per quanto giudicate vessatorie, fu compensato da nuove fonti d’entrata.
Nel 1859, ancora in qualità di sindaco, Morro fu testimone di uno dei primi successi della diplomazia piemontese. Insieme ad alcuni membri della deputazione municipale, fece parte di una delegazione inviata dalla Corona a «stringere il vincolo di fratellanza fra Genova e le generose città lombarde», di cui riferisce Crocco (1874, pp. 280 s.).
Rimasto in carica fino al 4 gennaio 1860, proseguì poi la sua attività di amministratore locale in qualità di assessore, spesso alla Pubblica Istruzione. Quale assessore anziano, avendo ottenuto il maggior numero di voti in seno alla giunta da parte del consiglio, fece funzioni di sindaco dall’ottobre 1874 al marzo 1875. Nel biennio 1862-63 collaborò altresì alla Gazzetta dei Tribunali per Genova, come già aveva fatto negli anni 1852-57.
Fin da giovane coltivò la vocazione letteraria. Divertissements apprezzati dai biografi coevi furono una traduzione in versi sciolti del Genuense Theatrum, poemetto latino di Lorenzo Costa; un inno del 1828 per le nozze di Raffaele De Ferrari con Maria Brignole Sale, futuri duchi di Galliera; un contributo a una raccolta di poesie, curata nel 1842 dall’Università di Genova in occasione del matrimonio dell’allora duca di Savoia Vittorio Emanuele, con l’arciduchessa d’Austria, Maria Adelaide; numerosi versi in onore di s. Giovanni Battista, protettore di Genova, composti annualmente per la ricorrenza della festa patronale del 24 giugno. Nei componimenti risalenti al periodo degli studi superiori e universitari – la maggior parte dei quali poi riunita in un volumetto intitolato Canti (Genova 1844) – fra i soggetti preferiti si ritrovano riferimenti alla città di Genova. La passione per l’espressione in versi non si spense negli anni della maturità. Ancora poco prima della morte compose infatti due opere commemorative, Pel quinto centenario dalla morte del Petrarca (ibid.1874) e l’epistola poetica recitata alla Società di letture e conversazioni scientifiche per l’inaugurazione del monumento ad Alberico Gentile, teorico del diritto internazionale. Tra i diversi scritti in prosa, vanno ricordati l’Elogio di Ettore Vernazza, personaggio molto attivo nella beneficienza, specialmente in ambiente genovese, e la Commemorazione del senatore Antonio Caveri, dove è possibile individuare i pensatori che ispirarono la condotta e la morale di Morro, a partire dalla tradizione filosofica platonica, passando per Tommaso d’Aquino e Marsilio Ficino fino ad arrivare ad Antonio Rosmini. Nella biografia dello zio paterno, il pittore Francesco, dimostrò inoltre una non comune erudizione.
Fu insignito degli ordini cavallereschi dei Ss. Maurizio e Lazzaro, di S. Anna di Russia e della Legion d'onore di Francia.
Ancora attivo e impegnato in molteplici attività, morì a Genova, senza essersi mai sposato, dopo una breve ma dolorosa malattia, il 17 luglio 1875.
Fu tumulato nel cimitero monumentale di Staglieno, nell’ala dedicata alle celebrità cittadine.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Prefettura Sarda, 558/16/52; 559/17/53-57; Prefettura di Genova. Gabinetto, 104/1588; Genova, Arch. storico dell’Università, 1049; Arch. storico del Comune, Segreteria amministrazione municipale 1845-1860, 1292, f. 843; 1295, f. 942; 1299, f. 1184; 1300, f. 1192 e 1237; Civico Istituto mazziniano, Archivio, f. 1953, c. 16; f. 2113 e 2113(2), c. 17; f. 23884, c. 102; Arch. storico dell’Accademia ligustica di belle arti, Accademici Promotori. Calendario generale pe’ regii Stati compilato d’ordine di S. M. per cura della Regia Segreteria di Stato per gli Affari Interni, anno XV, Torino 1838; I. Cantù, L’Italia scientifica contemporanea: notizie sugli italiani ascritti ai primi cinque congressi, attinte alle fonti più autentiche ed esposte, Milano 1844, s.v.; Memorie e documenti sulla Accademia ligustica di belle arti, a cura di M. Staglieno, Genova 1867, s.v.; A. Crocco, Commemorazione di G. M., in Atti della Società ligure di storia patria, X (1874), pp. 271-285; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale: profili e cenni biografici di tutti i deputati e senatori e deputati eletti e creati dal 1848 al 1890, Terni 1890, p. 253; A. Neri, Catalogo del Museo civico genovese del Risorgimento, Genova 1915, s.v.; R. Drago, Ricordi di un segretario comunale 1857-1907, Genova 1916, passim; F. Poggi, in Dizionario del Risorgimento nazionale, III, Le Persone E-Q, Milano 1933, s.v.; A. Cappellini, Dizionario biografico di genovesi illustri e notabili: cronologia dei governi di Genova ed indice alfabetico-analitico, III ed., Genova 1941, s.v.; V. Caputo, Figure del Risorgimento (1820-1870): biografie, Milano 1960, s.v.; F. Mazzanti Pepe, L’amministrazione del Comune di Genova tra '800 e '900, Milano 1998, passim; Id., Andrea Podestà e gli altri sindaci del re a Genova: dinamiche istituzionali e stili di governo, in I sindaci del re 1859-1889, a cura di E. Colombo, Bologna 2010, pp. 145-170.