MOROSI, Giuseppe
– Nacque il 26 giugno 1772 a Ripafratta, fra Pisa e Lucca, da Pietro Antonio e da Costanza Angiolini.
Allievo a Pisa del Collegio dei cavalieri di S. Stefano, frequentò le lezioni di fisica e filosofia di Lorenzo Pignotti e di Carlo Alfonso Guadagni, dal quale ereditò un forte interesse per le applicazioni della meccanica. A Pisa strinse solide amicizie con l’astronomo Antonio Slop, con Tito Manzi e con i fratelli Andrea e Leopoldo Vaccà Berlinghieri. L’ambiente dello Studio pisano, che risentiva dell’impulso agli studi tecnico-scientifici e alla ricerca applicativa degli anni leopoldini, si aggiornava in quegli anni delle più recenti scoperte scientifiche, mentre contatti proficui si stabilivano con studiosi e viaggiatori stranieri. Il ricordo degli automi di Jacques de Vaucanson e di Wolfgang von Kempelen, per esempio, fu certamente alla radice della prima invenzione di Morosi, il ‘Turco che gioca a scacchi’ (1794). Il successo di questo automa gli aprì l’accesso alla corte di Ferdinando III e la nomina ad ‘aggregato’ al Museo di fisica di Firenze.
Nell’estate del 1799, come altri simpatizzanti per la causa rivoluzionaria, abbandonò Pisa e fuggì in Francia, unendosi al gruppo degli esuli italiani. Vicino ai fratelli Vaccà, ma anche al composito gruppo di scienziati stranieri convenuti a Parigi per la riforma del sistema metrico decimale, fu introdotto da Slop a Pierre Méchain, Déodat de Dolomieu e Jérôme La Lande, frequentò l’Observatoire, l’Institut national des sciences et arts e il Conservatoire des arts et métiers, stabilendo durevoli contatti con Claude-Pierre Molard e con altri funzionari tecnico-amministrativi. Si interessò inoltre di chimica applicata, di macchine per la tessitura e di costruzioni navali. Pur avendo ricevuto l’offerta di un posto permanente come dimostratore delle macchine del Conservatoire, preferì rientrare in Italia (1801), dove ebbe dalla Repubblica Cisalpina il titolo di ‘meccanico nazionale’.
A Milano, destinata a diventare la sede della sua attività per un trentennio, fu subito aggregato all’Accademia di belle arti e ricevette incarichi ufficiali dall’amministrazione repubblicana e poi da quella del Regno d’Italia: fu consulente per la stampa dei ‘bolli’ e dei dazi (1801) e per il nuovo sistema metrico decimale, compì viaggi di ispezione presso le manifatture della provincia, si applicò alla risoluzione di problemi idraulici di alcuni canali e diresse la lavorazione delle nuove monete. Stimato dalle alte cariche della Repubblica Italiana e del Regno d’Italia poi, propose più volte, benché senza successo, di fondare a Milano istituzioni a scopo didattico sull’esempio del Conservatoire e dell’École des arts et métiers parigini. Anche se gli impegni nell’area lombarda lo costrinsero a dare le dimissioni dal Museo fiorentino, continuò a mantenere con gli intellettuali toscani contatti personali e scambi di informazioni scientifiche: la ricostituita Accademia del Cimento (1801) lo annoverò infatti fra i suoi membri.
Nel 1806 fu incaricato di un viaggio ufficiale in Francia e nei territori annessi all’Impero per aggiornarsi sulle nuove tecniche nel campo delle industrie tessili, chimiche e siderurgiche. Partito da Milano con Innocenzo Isimbardi e Giuseppe Prina il 22 luglio 1806, vi rientrò nel gennaio 1807 dopo essersi recato in Francia, Belgio, Olanda e Svizzera.
Del viaggio restano un diario, il suo primo Viaggio tecnologico (Firenze, Bibl. naz., Nuovi Acquisti, 1355, 8, 13, 22), rimasto manoscritto in ossequio alle direttive della politica economica francese in materia di spionaggio industriale, e le comunicazioni ufficiali al governo (Arch. di Stato di Milano, Autografi, M, cart. 146, f. 8; ibid., Marescalchi, b. 66, f. 2; Studi, p. m. 155), corredate da 399 disegni di 131 macchine (oggi divisi fra Firenze, Bibl. naz., Nuovi acquisti, 1355, 8, 22, 13, e Ibid., Fondaz. Scienza e Tecnica, cart. 3).
Sull’onda del successo del viaggio del 1806-07, si intensificò la sua attività di consulenza nel settore della lavorazione del ferro e del tabacco (1807), della trattura della seta, delle applicazioni della nuova chimica nel ramo dei tessili e delle concerie. Fu chiamato anche a occuparsi della scelta e della preparazione dei tecnici e del personale specializzato da impiegarsi nelle prime industrie lombarde. Membro abituale delle commissioni per l’assegnazione dei ‘premi d’industria’ a inventori, artisti e imprenditori, egli stesso ricevette nel 1806 due medaglie d’oro per i due torchi usati nella Zecca milanese e una menzione onorevole per altra macchina «ad uso del bollo».
Proseguivano in quegli anni i suoi contatti colla Toscana, rinsaldati da un viaggio a Lucca (1808), dove fu chiamato dalla granduchessa Elisa Baciocchi per offrire la sua consulenza al piano ducale di potenziamento nel campo della lavorazione dei tessili. Rientrato a Milano, fu nominato nello stesso 1808 ispettore ai meccanismi della Zecca (resta di quel periodo un suo manoscritto sul Rapporto delle opere meccaniche eseguite nella Zecca milanese dedicato al viceré Eugenio di Beauharnais [Firenze, Fondaz. Scienza e Tecnica, cart. 3]).
Per la Zecca Morosi pose in opera le sue invenzioni maggiori , come il «torchio grande ad anello» (1807), l’«aggiustatojo» e il «laminatojo per lama da monete» (1809), il «contornatojo da monete», adattato da quello di Charles-Antoine Gengembre (Descrizione succinta delle macchine inventate per l’arte del monetare [1817], Firenze, Bibl. naz., 18; Descrizione delle macchine idrauliche esistenti nell’I. e R. Zecca di Milano, Ibid., Fondaz. Scienza e Tecnica, cart. 2, 732, 7; Descrizione del nuovo forno che nell’I e R. Zecca di Milano serve alla fusione dell’argento, ibid., cart. 5, s.n., Quaderno macchine di sua invenzione, ibid., cart. 1, 3; Avvertenze intorno allo stabilimento di una Zecca, ibid., cart. 2, 12).
Le novità apportate alla Zecca, insieme alle invenzioni e agli adattamenti di meccanismi nel settore della lavorazione dei tessili, gli furono ampiamente riconosciute dai funzionari italici e dagli antichi amici toscani. A Milano fu inoltre consulente per la costruzione dei palloni aerostatici, per le tecniche di lavorazione e tintura dei lanifici piemontesi, per la produzione di lamiera nelle fucine del retroterra milanese, per la qualità di porcellane, grès e terraglie, per il settore delle privative e dei dazi di consumo.Fu intanto in stretto contatto con i maggiori intellettuali, notabili e funzionari della nuova élite dirigente, come Ugo Foscolo, Vincenzo Monti, Pietro Moscati, Ludovico di Breme, Barnaba Oriani e altri letterati e scienziati.
All’inizio del 1811 intraprese, con l’incarico di scegliere e ordinare macchinari per la lavorazione dei tessili, un nuovo viaggio in Svizzera e in Francia, di cui il manoscritto del secondo Viaggio tecnologico (Firenze, Fondaz. Scienza e Tecnica, cart. 1, 2) ripercorre le tappe: iniziato il 9 gennaio 1811, si concluse a metà febbraio con l’ordinazione di un assortimento di macchine per la filatura di lana, cotone, canapa e lino. Passando nella capitale francese Morosi riannodò importanti conoscenze (Joseph-Marie de Gérando, Giuseppe Prina, Antonio Aldini, ma anche toscani come Giovanni Fabbroni e Neri Corsini). Rientrato a Milano, tornò alla consueta attenzione alla didattica della meccanica, collaborando, tra l’altro, al riordinamento delle macchine dell’Osservatorio di Brera (1812).
La caduta dell’Impero napoleonico non interruppe la sua brillante carriera. Le autorità asburgiche lo richiamarono alla direzione della Zecca milanese, nell’ambito di una politica di cauta continuità con l’amministrazione del Regno Italico. In quegli anni, caratterizzati nel Lombardo-Veneto da una notevole crisi economica e da scarsa attività imprenditoriale, Morosi si volse alle invenzioni in campo agrario, come il «trebbiatojo morosiano» mosso da forza idraulica, pur non abbandonando la speranza di poter continuare la sorveglianza e l’ attività nei campi della meccanica, della siderurgia, delle macchine tessili. Attivo presso l’Istituto nazionale durante gli anni francesi, lo fu anche presso l’Imperiale e R. Istituto lombardo-veneto di scienze, lettere ed arti, dove lesse ben 13 memorie, alcune delle quali edite poi in volume e spesso corredate di disegni illustrativi di nuove tecniche o nuovi macchinari.
Se alcune erano ispirate alle novità in campo tessile e siderurgico viste nei viaggi del 1806-07 e 1811, altre si allineavano agli argomenti tecnico-scientifici appena comparsi in quegli stessi anni in Italia: l’uso del vapore, i processi chimici, la misurazione del ‘calorico’, la navigazione fluviale, le invenzioni nel campo della meccanica agraria: pagine tutte destinate, nelle intenzioni dell’autore, a vincere la scarsa propensione alla modernizzazione delle tecniche dell’amministrazione asburgica degli anni Venti dell’Ottocento.
L’attenzione agli strumenti destinati a uso agrario e la grande esperienza maturata nella direzione della Zecca milanese favorirono i suoi contatti con il nucleo di patrizi e studiosi toscani riuniti intorno alla fiorentina Accademia dei georgofili e con i primi imprenditori dell’area toscana. In Toscana tornò più volte fra il 1825 e il 1828, sia per curare una grave forma di progressiva cecità sia per collaborare col ministro lucchese Ascanio Mansi. A Lucca nel 1828 sposò Faustina Giannini.
I frequenti rapporti con la Toscana negli anni 1820-1830 non esclusero la presenza di Morosi a Milano, dove si affacciava una nuova generazione di imprenditori favorevoli a un rilancio dell’economia. Sensibile a queste necessità, lo stesso governo asburgico si rivolse a Morosi perché si recasse nelle diverse provincie imperiali a osservare e descrivere le tecniche di lavorazione nei vari settori della prima industrializzazione.
Il viaggio, iniziato a Milano il 27 giugno 1832, in compagnia della moglie e dell’astronomo Francesco Carlini, direttore dell’Osservatorio di Brera, si concluse il 23 giugno dell’anno successivo, dopo aver compreso le visite a ogni sorta di istituzioni private e governative di Boemia, Ungheria e Baviera, puntualmente registrate e illustrate nel manoscritto Giornale di viaggio a Vienna...(Firenze, Bibl. naz., Nuovi acquisti, 1355,7).
Nell’ottobre 1833 per ragioni di salute ottenne dall’Imperatore di potersi ritirare definitivamente in Toscana, dove visse fra la villa di Cocòmbola (nella frazione Montuolo di Lucca), progettata e dedicata alla moglie, e una residenza a Pisa. Nel 1835 gli venne accordata l’onorificenza dell’ordine di S. Giuseppe in riconoscimento di una serie di incarichi di esplorazione e di aggiornamento da svolgersi su ordine di Leopoldo II nei territori del Granducato. Tra il 1833 e il 1838 si occupò del risanamento della Maremma, delle risorse minerarie, dello studio delle acque minerali per uso medico. Inviò al governo toscano una Proposta del modo di perfezionare, e di accrescere a vantaggio della pubblica industria Toscana e del regio Erario (Firenze, Arch. di Stato, Segreteria di Finanze, 1155, ins. 72), in cui, condividendo il liberismo della tradizione toscana, consigliava al Granduca una strategia di crescita economica basata su «istruire, premiare e lasciar fare». A contrasto con questa politica di sviluppo stavano a suo avviso tecniche antiquate nel settore idraulico ed estrattivo e procedimenti di lavorazione non aggiornati. Proponeva quindi di istituire in Maremma una scuola d’istruzione «metodico metallurgica disciplinare scientifico-mineralogica», affiancata da un museo naturalistico del territorio e una esposizione permanente di macchine.
Morì il 17 settembre 1840 nella sua villa di Cocòmbola, alla vigilia del primo Congresso degli scienziati Italiani, a cui si era iscritto.
Venne sepolto nel Camposanto pisano e Pietro Giordani dettò l’iscrizione tombale. La maggior parte dei suoi disegni di macchine e dei suoi manoscritti fu acquistata dallo Stato toscano.
Fonti e Bibl.: le fonti per la biografia di M. si ricavano da alcune carte di famiglia (Firenze, Bibl. naz., Nuovi acquisti, 1355, 21); dall’Archivio dell’Istituto e Museo della Scienza (ff. 1794, 1797, 1799, 1803, 1809, MIC 127); da un abbozzo di autobiografia (Firenze, Bibl. naz., Nuovi acquisti, 1355, 24), dalla breve biografia presentata ad Eugenio di Beauharnais (Arch. di Stato di Milano, Autografi, M, 146, 8; Studi, p.m., 267), dall’Archivio mss. membri effettivi e dal Faldone biografie e necrologi dell’Istituto lombardo di scienze, lettere e arti (tit. 15, cart. 16) e dalla biografia stesa di P. Custodi (Parigi, Bibliothèque nationale, Mss. Custodi, cc. 190, 193). Altre notizie sulla sua vita si ottengono dalla sua corrispondenza con A. Slop (Pisa, Biblioteca universitaria, ms. 167-168); con A. e L. Vaccà (Montefoscoli, Arch. privato Vaccà-Filippeschi, Corrispondenza epistolare, Firenze, Biblioteca nazionale, C. V., 14, 137 e Pisa, Biblioteca universitaria, ms. 675, 312), con T. Manzi (ibid., ms. 168), con Anton Neumayr e Slop (Forlì, Bibl. civica, Autografoteca Piancastelli, Neumayr e Slop 228; Arch. di Stato di Lucca, Cerù 371; Arch. di Stato di Milano, Studi, p.m., 267, Autografi Galletti, Meccanici 92; Autografi secolo XVIII, Autografi M, 146, 8; Studi, p.m., 49, Astronomia, Specola in Brera, Macchine e macchinisti; Studi p. m., 272; Marescalchi, b. 57, 2; 66, 2; 68; Ibid., Ist. lombardo di scienze, lettere e arti, Arch. mss. membri effettivi, 15, 16), con Samuele Jesi (Firenze, Biblioteca nazionale, Tordi, 547, 41), con Antonio Meneghelli (Padova, Bibl. del Museo civico, ms. CA 2097). Altre notizie indirette in Perugia, Bibl. Augusta, Fondo Pignotti-Bonci, 2560; Padova, Bibl. del Seminario vescovile, 933, b.I, ff. 8, 12; Firenze, Biblioteca Moreniana, Palagi-Libri, 435, 9; Autografi Frullani, 1117; Arch. di Stato di Firenze, Bardi, s. I, ff. 447, 561, 569; Fabbroni, 24, 352; Pistoia, Biblioteca Forteguerriana,Puccini, V; Los Angeles, The Getty center for the history of art and the humanities, Special collections (lettere di Federico Manfredini a Giovanni De Lazara 1816-20); Arch. di Stato di Arezzo, Fossombroni, 25; Firenze, Biblioteca nazionale, Capponi, 53. Notizie sulla sua attività a Lucca, Arch. di Stato di Lucca, Segreteria di Stato e Gabinetto, 194, 946. 1090; ibid., Carte Mansi, 963-64; Cerù, 263, 371. Nuclei di corrispondenza inviata da Morosi si trovano nell’Arch. di Stato di Firenze, Fabbroni, 5, 9, 20, 27 31; Bardi, I, serie F, ff. 547, 445; Segreteria di Finanze, 1155, 72; Ibid., Istituto e Museo della Scienza, MIC 127; Ibid., Bibl. Moreniana, Autografi Frullani, 416-418; Ibid., Bibl. naz., Vieusseux, 1, 3, 23-24; Tordi, 547, 41; C.V., 14, 86-87; Modena, Biblioteca Estense, Amici, 756; Forlì, Bibl. civica, Autografoteca Piancastelli, alle voci V. Monti, A. Neumayr, G. Morosi; Reggio Emilia, Bibl. municipale, Venturi, mss. Regg. A 19/55; Philadelphia, Fabbroni papers, BF113, 1; Milano, Bibl. naz. Braidense, Aut. B. IV. 81; Livorno, Bibl. Labronica, Autografoteca Bastogi, cass. 80, 261, 81, 2661, 2675, 41, 2610; Padova, Bibl. del Museo civico, 2537, 23; Parigi, Bibliothèque nationale, Mss. Custodi, c. 191). Corrispondenza diretta a Morosi si trova a Firenze, Biblioteca nazionale, C.V., 60, 154-206, mentre corrispondenza varia è contenuta Ibid., Nuovi acquisti, 1355. Fra le lettere ricevute si segnalano quelle di Lorenzo Pignotti, s.d. [ma 1807], Forlì, Piancastelli, Autografi sec. XIX, e di Agostino Paradisi in Reggio Emilia, Bibl. municipale, Venturi, Regg. D 414/29. Per gli scritti cfr. Memorie del R. Istituto (poi I. e R. Istituto di scienze, lettere ed arti), 1812, 1813, 1815-19, 1823, 1826; Giornale della Società d’incoraggiamento delle scienze e delle arti, 1808, pp. 183-208. Necr.: G. Labus, in I. Cantù, L’Italia scientifica contemporanea. Notizie sugli Italiani ascritti ai cinque primi congressi, Milano 1844, pp. 514 s. Sulla sua figura e l’opera di Morosi: E.V. Tarle, La vita economica dell’Italia nell’epoca napoleonica,Torino 1950, pp. 77, 317; S. Zaninelli, L’industria del cotone in Lombardia, Torino 1967, pp. 43 s., 62, 68; M. Romani, L’economia milanese nell’età napoleonica, in Id., Aspetti e problemi di storia economica lombarda nei secoli XVIII e XIX, Milano 1977, pp. 244, 268; A. Moioli, I ceti mercantili e manifatturieri e la loro partecipazione all’attività di governo nell’Italia napoleonica, in Studi trentini di scienze storiche, LXII (1983), 4, pp. 381-424 (405, 412, 418); A. Frumento, Le Repubbliche Cisalpina e Italiana, Milano 1985, pp. 160 s., pp. 378 s.; Il governo di famiglia in Toscana, a cura di F. Pesendorfer, Firenze 1987, pp. 38, 247; A. Cova, G.M. e i problemi dell’innovazione tecnica nel napoleonico Regno d’Italia, in Rivista milanese di economia, XXVI (1988), pp. 108-126; Id.,Tradizione e innovazione nel mutato contesto politico e territoriale dell’età francese, in Storia dell’industria lombarda. I: Un sistema manifatturiero aperto al mercato. Dal Settecento all’Unità politica, a cura di A. Maioli et al., Milano 1988, passim; A. Frumento, Il Regno d’Italia napoleonico: siderurgia, combustibili, armamenti ed economia, 1805-1814, Milano 1991, pp. 187s. e passim; C. Mangio, I patrioti toscani fra “Repubblica Etrusca” e restaurazione, Firenze 1991, p. 296; G.L. Fontana, Sebastiano Bologna e l’industria nazionale, in Veneto e Lombardia tra rivoluzione giacobina e età napoleonica, a cura di G.L. Fontana - A. Lazzarini, Bari-Milano 1992, pp. 265-314; A. Moioli, L’economia lombarda fra tradizione e innovazione: le manifatture, ibid., pp. 179-244; L. Mocarelli, Le industrie bresciane nel Settecento, Milano 1995, pp. 179, 195, 210, 215; L.E. Funaro, “Mezzi, metodi e macchine”. Notizie su G. M., in Nuncius, XIII (1998), 1, pp. 77-138; A. Moioli, Tra intervento pubblico e iniziativa privata: il contributo di G. M. al progresso tecnico della manifattura lombarda in età francese, in Temi e questioni di storia economica e sociale. Studi in onore di Sergio Zaninelli, a cura di A. Carera - M. Taccolini - R. Canetta, Milano 1999, pp. 153-203; S. Conca Messina, Cotone e macchine: l’innovazione e la trasmissione tecnologica nell’industria cotoniera lombarda dell’Ottocento (1820-1860), in Transferts de technologie en Méditerranée, a cura di M. Mergier, Paris 2000, p. 423; C. Maitte, La Toscane face aux innovationsde l’industrie lanière, XVIII-XIXème siècles, ibid., pp. 535-537; S. Conca Messina, Cotone e imprese; commerci, credito e tecnologie nell’ età dei mercanti-industriali. 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