MELI, Giuseppe.
– Nacque a Palermo il 18 nov. 1807 da Andrea e da Maria Giuseppa Clemente. Pur avendo mostrato un precoce interesse per l’arte (già all’età di sette anni sembra infatti che modellasse la cera e la creta: Sarullo, p. 349), durante l’adolescenza il padre contrastò la sua vocazione, facendogli seguire gli studi di ragioneria, al termine dei quali il M. entrò a lavorare nell’amministrazione locale. Contemporaneamente iniziò a frequentare l’Accademia del nudo e lo studio del pittore Giuseppe Patania, finché nel 1833, abbandonato l’impiego, partì alla volta di Napoli, dove si fermò per circa un mese (Accascina, pp. 143 s.), per poi stabilirsi a Roma dove cominciò a frequentare lo studio di Vincenzo Camuccini. Qui e a Firenze, dove si recò diverse volte, approfondì lo studio della grande pittura, soprattutto del XV e del XVI secolo, che avrebbe influenzato il suo lavoro di pittore e di frescante, preferendola all’arte del Seicento di cui non apprezzava la deviazione dalla norma classica e l’eccesso di movimento delle figure (come ricorda nel suo studio su Orazio Vernet, Palermo 1846, p. 6). Nel 1842 tornò a Palermo, dove si affermò come critico pungente e come studioso.
Valutava le opere in modo scientifico, attraverso ricerche d’archivio, comparazioni stilistiche e materiche: ne è un esempio lo studio Sopra un dipinto di Vincenzo da Pavia, in Archivio storico siciliano, n.s., IV (1879), p. 346 (La Barbera, 2003, pp. 28 s.; Cinà, 2005, pp. 387-393). Talvolta il M. peccò di campanilismo verso l’arte della sua terra d’origine (Cinà, 2004, pp. 217 s.); ma per molti anni percorse la Sicilia a proprie spese alla ricerca di opere d’arte da salvare dall’incuria (Cutrera, pp. 9 s.).
Nel 1847 seguì un difficile restauro del polittico della chiesa madre di Chiusa Sclafani nel Palermitano, attribuito ad Antonello Crescenzio, detto il Panormita (Abbate, p. 184).
Estremamente produttivo come pittore, realizzò un gran numero di dipinti su tela tra cui molti ritratti (Sarullo, p. 350; Di Marzo, pp. 88 s.). Anche come frescante eseguì numerosi cicli in chiese e ville siciliane.
Nel 1852 affrescò L’entrata di Pietro d’Aragona a Messina sulla volta della galleria di casa Errera, a Mussomeli (nell’0dierna provincia di Caltanissetta) dove, nella locale chiesa madre, si conserva anche la sua Madonna delle Grazie. A Palermo, con Giuseppe Carta, decorò a tempera palazzo Tasca: Re Ruggero col figlio dinnanzi al papa; Gregorio VII assolve dalla scomunica Enrico IV; Re Ruggero che accoglie un’ambasceria del papa e Guido Novello nelle prigioni. Con «gelido purismo» (Accascina, p. 56) eseguì alcuni affreschi nella chiesa di S. Francesco di Paola a Palermo: incentrati sulla figura del santo e sulla vita di Cristo. Prima del 1856 decorò le vele della cupola nella chiesa madre di Chiusa Sclafani con I quattro evangelisti (Di Marzo, p. 328 n. 1). Nel 1858, come membro della Commissione di antichità e belle arti, effettuò un’accurata relazione ispettiva sui restauri musivi del duomo di Cefalù, mostrandosi entusiasta per l’abilità del restauratore di mimetizzare i suoi interventi con l’antico (Guttilla, pp. 256 s.).
Nel 1860, durante la campagna garibaldina di liberazione della Sicilia, il M. presiedette un comitato di liberazione a Bronte, ora in provincia di Catania (Mainenti, pp. 54 s.).
Nel 1865 dipinse un ritratto di Fra Bonaventura da Sambuca (Palermo, sacrestia della chiesa di S. Antonio da Padova). Negli anni Settanta ;effettuò la catalogazione di importanti opere siciliane (Catalogo degli oggetti di arte dell’ex monastero e Museo di S. Martino alle Scale, Palermo 1870; Dell’origine e del progresso della pinacoteca del Museo di Palermo, ibid. 1873). Nel 1872 firmò e datò gli affreschi della volta della chiesa madre di Cinisi (nel Palermitano): La gloria di s. Fara; L’Assunzione; L’Eterno e due Profeti (Cinà, 2007, pp. 462, 464 n. 8). Nel 1874, ancora nella chiesa madre di Chiusa Sclafani, illustrò episodi dell’Antico Testamento e della Vita di Gesù. L’anno seguente affrescò i quattro emicicli di villa Giulia a Palermo (Accascina, p. 72). Eseguì un ciclo, con episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, anche nella chiesa madre di Santa Margherita di Belice (nell’odierna provincia di Agrigento), andato perduto quasi interamente col terremoto del gennaio 1968. Sempre nell’Agrigentino, nella chiesa madre di Caltabellotta, decorò la cappella maggiore con L’Eterno, La Vergine e cinque Profeti.
Fu sempre in contatto con la Società siciliana per la storia patria di Palermo, come emerge da un carteggio di lettere a Giuseppe Lodi ivi conservato, e fu tra i fondatori del Circolo artistico di Palermo, che presiedette dal 1882 al 1884. Nel 1888 fu nominato perito per la stima dei beni artistici appartenuti prima a Enrico Piraino di Mandralisca e poi alla moglie, destinati alla Fondazione Mandralisca di Cefalù (Cinà, 2004, p. 218). Negli anni 1877 e 1888 pubblicò un importante studio sullo stuccatore Giacomo Serpotta in La Sicilia artistica ed archeologica (I, pp. 7 s., 11 s., 16, 20, 25-28, 32, 51 s.; II, pp. 69-72).
Fra le opere del M. conservate in luoghi pubblici (Accascina, pp. 144 s.), modellate quasi sempre sulla pittura quattro-cinquecentesca o dipinte con estremo realismo, alcune si distinguono per le eccellenti qualità pittoriche. Una copia della Madonna di Foligno di Raffaello, di rara qualità e fedeltà all’originale, di proprietà della Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, si conserva presso la prefettura di Palermo. Nella Galleria civica di Palermo si conservano un affresco in cornice e tre quadri: S. Benedetto; Testa di vecchio; Discesa dello Spirito Santo; La Madonna col Bambino (Cinà, 2007, p. 462).
Dall’affresco di S. Benedetto (modellato su prototipi cinquecenteschi dell’Italia centrale) e dai ritratti emerge l’eccellente resa realistica e minuziosa dell’incarnato, delle vene e della barba. L’ultima opera, invece, sembra influenzata dalla pittura peruginesca e dal Cinquecento manierista. Fu lodato dai contemporanei proprio per aver perseguito un’arte basata fortemente sui «valori italiani», attraverso lo studio di L.B. Alberti e Leonardo da Vinci (Di Marzo) e per aver colto «il vero carattere» dei soggetti dipinti (Gallo, 1842).
Il M. morì a Palermo il 29 marzo 1893 in ristrettezze economiche (Cinà, 2007, p. 464).
Oltre agli scritti del M. già citati si ricordano: Arti figurative in Sicilia, Palermo 1863; Sui pittori che lavorarono nella cappella di S. Cristina nell’ultimo anno del secolo XV e sulla S. Cecilia unico quadro che oggi esiste, ibid. 1884; Il trittico Malvagna, in La Sicilia artistica ed archeologica, II (1888), pp. 3-5.
Fonti e Bibl.: Palermo, Biblioteca della Società siciliana per la storia patria, Fondo Lodi: G. Meli, Lettera a G. Lodi, Pantelleria, 21 apr. 1874; necrologio, in L’Illustrazione italiana, XX (1893), 16, p. 255; A. Gallo, Saggio sui pittori siciliani vissuti tra il 1800 e il 1842, in G. Capozzo, Memorie sulla Sicilia, III, Palermo 1842, p. 59; G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia dai Normanni alla fine del secolo XVI, I, Palermo 1858, pp. 58, 88 s., 328; A. Gallo, Sugli scrittori moderni di storie di Sicilia, Palermo 1867, p. 72; M. Cutrera, Il vaso arabo nel Museo di Palermo, in La Sicilia artistica ed archeologica, I (1887), pp. 9 s.; M. Accascina, Ottocento siciliano: pittura, Palermo 1982, pp. 52, 56s., 72, 143-145 (con bibliografia ed elenco opere); L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, II, Palermo 1993, pp. 349 s. (con ulteriore bibliografia); S. La Barbera, Note sulla letteratura artistica siciliana dei secoli XVIII-XIX, in L. Di Giovanni. Le opere d’arte nelle chiese di Palermo, Palermo 2000, pp. 36, 39 s., 99; Id., La critica d’arte a Palermo nell’Ottocento, in Id., La critica d’arte in Sicilia nell’Ottocento…, Palermo 2003, pp. 13, 27-29; F.P. Campione, La fortuna critica di Pietro Novelli nell’Ottocento, ibid., p. 155; C. Bajamonte, Polemiche e dispute nell’Ottocento, ibid., pp. 158-168; F. Mainenti, L’eccidio di Bronte del 1860…, in Agorà, IV (2003), 13-15, pp. 54 s.; V. Abbate, Gioacchino Di Marzo e la fortuna dei «primitivi» a Palermo nell’Ottocento, in Gioacchino Di Marzo e la critica d’arte nell’Ottocento in Italia. Atti del Convegno 2003, a cura di S. La Barbera, Palermo 2004, p. 184; M. Guttilla, Un interprete del restauro musivo nell’Ottocento: Rosario Riolo e il suo ambiente, ibid., pp. 256-257; I. Bruno, Gioachino Di Marzo e il clima culturale e artistico palermitano nella seconda metà dell’Ottocento, ibid., pp. 264 s., 268 s., 276 n. 55; R. Cinà, G. M. conoscitore nell’inventario del lascito Mandralisca, ibid., pp. 217-224; Id., G. M. e il metodo dei conoscitori…, in Interventi sulla «questione meridionale», a cura di F. Abbate, Roma 2005, pp. 387-393; Id., Trentaquattro lettere di G. M. a Giuseppe Lodi 1863-1892, in Storia, critica e tutela dell’arte nel Novecento, a cura di M.C. Di Natale, Caltanissetta 2007, pp. 462-464.