MEDICI, Giuseppe
– Nacque a Sassuolo, nell’Appennino modenese, il 24 ott. 1907, da Agostino, imprenditore edile, e da Ersilia Messori.
Dopo la laurea in scienze agrarie, conseguita nel 1929 nell’Istituto superiore agrario di Milano, fece alcuni anni di assistentato nelle università di Milano e di Bologna. Nel 1933 vinse il concorso per la cattedra di economia e politica agraria all’Università di Perugia e nel 1936 venne chiamato all’Università di Torino. Dopo la legge Serpieri del 1933 prese parte ai nuovi esperimenti di bonifica e nel 1938 elaborò, insieme con G. Carrante e L. Perdisa, il piano per la bonifica integrale del Tavoliere delle Puglie.
Nel 1942 entrò in contatto con alcuni esponenti dell’antifascismo cattolico (P. Campilli, E. Vanoni, il futuro cardinale A. Dell’Acqua), e liberale (L. Cattani e M. Brosio), facendo da tramite tra i due gruppi.
Si può dire che fin da allora la personalità politica del M. si caratterizzò come punto di sintesi tra cattolicesimo politico e liberalismo, tanto che egli stesso amava definirsi «un liberale prestato alla DC» (Maccotta, p. 186).
Chiamato a far parte nel 1947 della delegazione italiana per il Piano Marshall, alle elezioni del 18 apr. 1948 fu candidato nelle liste della Democrazia cristiana (DC) nel collegio senatoriale di Modena, risultando eletto con 54.037 voti.
«Emblematica dei problemi incontrati nel secondo dopoguerra dal movimento politico dei cattolici, ricco di generosi militanti più che di personalità affermate, per darsi una classe dirigente capace di fare presa sull’opinione pubblica, la candidatura Medici presentava peraltro spiccati caratteri di atipicità. Infatti, mentre l’apertura ai liberali era concepita, in primo luogo, per attirare alla Democrazia cristiana la simpatia dei ceti conservatori, a Giuseppe Medici essa chiedeva invece di aiutarla a varare la riforma fondiaria: anche se nei modi – e, soprattutto, con uno stile – che valessero a non alienarle i moderati» (Barberis, p. 457).
In un periodo in cui le agitazioni agrarie, guidate dalle sinistre, interessavano l’intero Paese e la stessa DC non era insensibile alle ragioni del movimento contadino, il M. espresse il proprio dissenso nei confronti del progetto governativo di riforma dei contratti agrari. A suo avviso bisognava porre mano non già a una misura estesa a tutto il territorio nazionale, bensì a una riforma fondiaria che prevedesse l’esproprio del grande latifondo concentrato nell’Italia centromeridionale e insulare.
Nominato nel 1948 presidente dell’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) – incarico che mantenne fino al 1963 – il M. conosceva in modo approfondito e particolareggiato la situazione della proprietà fondiaria in Italia ed era quindi in condizione di valutare le conseguenze politiche di riforme che avrebbero colpito gli interessi di milioni di proprietari.
A parere del M., per evitare che tali interessi cercassero tutela nei partiti di destra, la DC avrebbe dovuto far sì che il costo delle riforme non gravasse solo sui proprietari, ma fosse distribuito nell’intera compagine sociale.
Presidente dell’Ente di riforma fondiaria per la Maremma e il Fucino dal 1951 al 1953, ordinario di estimo rurale e contabilità all’Università di Napoli dal 1952, in quello stesso anno fu uno degli estensori e relatore di maggioranza della prima legge per la montagna. Riconfermato senatore nel collegio di Sassuolo-Castelnuovo alle elezioni del 7 giugno 1953, il 18 genn. 1954 fu nominato ministro dell’Agricoltura e foreste nel primo governo Fanfani e mantenne l’incarico nel successivo governo Scelba fino al 6 luglio 1955.
Come responsabile della politica agricola nazionale il M. promosse un vasto programma di irrigazione di alcune tra le più povere zone collinari d’Italia, mentre non riuscì a realizzare alcuni suoi progetti proprio in campo fondiario. Convinto che, come il latifondo, anche l’eccessiva frammentazione della proprietà agricola nuocesse allo sviluppo del settore, il M. avrebbe voluto varare norme volte a contrastare il fenomeno, ma incontrò molte resistenze in seno alla DC, preoccupata per le conseguenze elettorali di tali misure.
Il 19 febbr. 1956, essendo deceduto il ministro del Tesoro, Vanoni, il M. fu chiamato a sostituirlo nel governo Segni e rimase alla testa di questo dicastero anche nel successivo governo Zoli fino al 1° luglio 1958. Riconfermato senatore alle elezioni del 25 maggio del medesimo anno, il successivo 1° luglio fu nominato ministro del Bilancio nel secondo governo Fanfani ricoprendo tale incarico fino al 15 febbr. 1959.
Il M. proseguì la propria carriera ministeriale senza soluzione di continuità assumendo il 15 febbr. 1959 l’incarico di ministro della Pubblica Istruzione nel governo Segni, che gli venne confermato nel governo Tambroni fino al 26 luglio 1960.
Sotto la sua gestione vennero elaborati il piano di sviluppo per la scuola, il disegno di legge per la scuola media e quello per l’istruzione professionale e fu dato impulso alla formazione degli insegnanti con l’istituzione di centri didattici e corsi in numerose sedi universitarie.
Libero, dopo anni, da incarichi di governo, il M., che nel 1960 divenne titolare della cattedra di politica economica e finanziaria nella facoltà di scienze politiche all’Università di Roma, nel settembre del medesimo anno fu nominato presidente della commissione Affari esteri del Senato e membro della delegazione italiana all’Organizzazione delle Nazioni unite (ONU). Il 21 febbr. 1962 entrò nel quarto governo Fanfani, come ministro senza portafoglio per la riforma della Pubblica Amministrazione, restando in carica fino al 21 giugno 1963. Eletto senatore per la quarta volta il 28 apr. 1963, dal 21 giugno al 4 dicembre dello stesso anno tornò a ricoprire la carica di ministro del Bilancio nel breve governo Leone. Fu quindi titolare del ministero dell’Industria e Commercio nel primo e secondo governo Moro dal 4 dic. 1963 al 5 marzo 1965, allorché si dimise. Rieletto senatore il 19 maggio 1968, dal 24 giugno al 12 dicembre fu ministro degli Affari esteri nel secondo governo Leone.
La prima breve permanenza del M. agli Esteri fu caratterizzata da due atti significativi: l’annuncio, il 9 novembre al congresso parlamentare europeo, della sua intenzione di presentare al Consiglio dei ministri della Comunità economica europea (CEE) una proposta per l’elezione diretta del Parlamento europeo; la presidenza, il 26 novembre, della riunione del Consiglio dei ministri della CEE, dove ribadì il favore dell’Italia all’allargamento della Comunità, nonché l’adozione di procedure provvisorie che facilitassero l’adesione di nuovi membri.
Presidente della Conferenza nazionale delle acque (1969-71) e della commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni di criminalità in Sardegna (1970-72), rieletto per la sesta volta senatore il 7 maggio 1972, il successivo 26 giugno fu nuovamente ministro degli Affari esteri nel secondo governo Andreotti, rimanendo in carica fino al 7 luglio 1973.
La seconda permanenza del M. al ministero degli Esteri fu inaugurata, il 19 e 20 luglio, dalla partecipazione alla riunione del Consiglio dei ministri della CEE aperta a quelli dei Paesi candidati a farne parte (Gran Bretagna, Irlanda, Norvegia e Danimarca), che portò, il 22 luglio, all’accordo con i Paesi dell’European Free Trade Association (EFTA) per l’istituzione di una più ampia e comune zona di libero scambio. Dal 6 al 12 genn. 1973 il M. si recò in visita in Cina, la prima effettuata da un ministro degli Esteri della Repubblica italiana. Il 19 marzo il M. incontrò a Dubrovnik il suo omologo jugoslavo M. Minić, aprendo la strada ai negoziati segreti sulla questione della cosiddetta Zona B dell’ex Territorio libero di Trieste (TLT) che approdarono, l’11 nov. 1975, alla firma del trattato di Osimo.
Dopo quasi trent’anni di mandato parlamentare, una buona metà dei quali spesi nell’assolvimento di incarichi governativi, il M. decise di non ripresentare la propria candidatura alle elezioni del 20 giugno 1976.
In tanti anni di vita politica il M. aveva mantenuto, tuttavia, un rapporto alquanto distaccato con il suo partito, non aveva aderito ad alcuna corrente e venne eletto nel Consiglio nazionale della DC come rappresentante dei parlamentari.
Nella primavera del 1977 il M. fu individuato come la «persona che si voleva al di sopra delle parti» (Marchi - Marchionatti, p. 122), particolarmente indicata a gestire la svolta della Montedison dopo la lunga presidenza di E. Cefis. Nata anche «come momento di rottura rispetto ai guasti di un’eccessiva commistione fra vertice societario e mondo politico» (ibid., p. 338), la presidenza del M. si concluse nel giugno del 1980 dopo che fu operata la parziale ricostituzione del capitale sociale e una profonda ristrutturazione attraverso una serie di ridimensionamenti e dismissioni. Dal 1984 al 1995 il M. fu presidente del Centro studi Nomisma.
Il M. morì a Roma il 21 ag. 2000.
Postume sono state pubblicate due raccolte: Scritti…, a cura di G. Leone, Roma 2002; Scritti e discorsi, a cura di F. Bojardi, Reggio Emilia 2006.
Fra le opere del M. si ricordano: L’azienda agraria tipica (Roma 1945); L’agricoltura e la riforma agraria (Milano 1946); Italy (Bologna 1950); Politica agraria (1945-1952) (ibid. 1952); Agricoltura e disoccupazione (ibid. 1952, in collab. con G. Orlando); Principî di estimo (ibid. 1954); Conoscere per amministrare (Roma 1957); Introduzione al piano di sviluppo della scuola (ibid. 1959); Land property and land tenure (Bologna 1962); Polverizzazione e frammentazione della proprietà fondiaria in Italia (Milano 1962, in collab. con U. Sorbi - A. Castrataro); Scelte per il domani (Bologna 1963); Lezioni di politica economica (ibid. 1967); Note per la pubblica amministrazione (Roma 1972); L’irrigazione in Italia (Bologna 1980).
Fonti e Bibl.: Vita italiana, XIV (1964), 1, pp. 27 s.; XVIII (1968), 8-9, p. 662; Atti e documenti della Democrazia cristiana, 1943-1967, Roma 1968, ad ind.; G. Tamburrano, Storia e cronaca del centrosinistra, Milano 1971, ad ind.; G. Baget-Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra…, Firenze 1977, ad ind.; G. Galli, Storia della DC, Roma-Bari 1978, ad ind.; M. Di Lalla, Storia della Democrazia cristiana, II-III, Torino 1981-82, ad indices; T. Codignola, Per una scuola di libertà. Scritti di politica educativa (1947-1981), Scandicci 1987, ad ind.; Storia della Democrazia cristiana, a cura di F. Malgeri, II-IV, Roma 1988-89, ad indices; Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea, a cura di P. Bevilacqua, I-III, Venezia 1989-91, ad indices; C. Barberis, G. M., in Il Parlamento italiano, XVII, 1954-1958, Il centrismo dopo De Gasperi, Milano 1991, pp. 453-477, 494; A. Marchi - R. Marchionatti, Montedison 1966-1989. L’evoluzione di una grande impresa al confine tra pubblico e privato, Milano 1992, ad ind.; P. Di Loreto, La difficile transizione. Dalla fine del centrismo al centrosinistra 1953-1960, Bologna 1993, ad ind.; Manuale della politica estera italiana 1947-1993, a cura di L.V. Ferraris, Roma 1996, ad ind.; Storia economica d’Italia, a cura di P. Ciocca - G. Toniolo, II, Annali, a cura di S. Battilossi, Milano-Roma-Bari 1999, ad ind.; A. Saltini, G. M., lo statista lo studioso e l’amministratore, in G. M.: pensiero e opere per l’agricoltura italiana, Bologna 2001, pp. 17-45; G.W. Maccotta, In ricordo di G. M. e Giovanni Fornari ed E. Serra, G. M. e la politica estera, in Affari esteri, XXXIII (2001), 129, pp. 183-202; F. Bartolotta, Parlamenti e governi d’Italia dal 1848 al 1970, Roma 1971, ad ind.; I deputati e senatori del sesto Parlamento repubblicano, Roma 1974, sub voce.
G. Sircana