PELLISSERI, Giuseppe Maurizio
PELLISSERI, Giuseppe Maurizio. – Nacque a Castiglione Falletto, nei pressi di Alba, il 17 marzo 1757 da Giacomo Domenico, avvocato, e da Giulia Maria, come risulta dall’atto di battesimo conservato nell’Archivio parrocchiale di S. Lorenzo di Castiglione Falletto.
Si addottorò in giurisprudenza all’Università di Torino (nei registri fu segnato con il cognome Pelliceri, una delle differenti grafie – Pellissieri, Pelissieri, Pelizzeri, e altre varianti francesi – con cui era solitamente citato). Fu avvocato e giudice ad Alba.
Nel 1794 fece parte del gruppo che si riuniva a casa del medico Ferdinando Barolo in cui fu concepita una congiura contro il re Vittorio Amedeo III di Savoia. Scoperta la congiura, insieme all’amico e compaesano Ignazio Bonafous, a Federico Campana e a Bonaventura Baratta, Pellisseri si trasferì prima a Genova poi a Nizza, dove intrecciò legami con esuli piemontesi e italiani, fra i quali Filippo Buonarroti e Giovanni Antonio Ranza. Passato a Oneglia, perfezionò i contatti con Buonarroti che lo introdusse presso le autorità francesi; poté così ottenere informazioni sulla situazione del Piemonte e anche compiere clandestini trasferimenti nei territori sabaudi.
Elaborò un piano per detronizzare il re Carlo Emanuele IV, salito al trono nel 1796, con l’appoggio della Francia.
A questo disegno si connetteva il Projet de gouvernement révolutionnaire ou républicain provisoire pour le Piémont, la cui edizione a stampa del 1799 è stata rintracciata solo nella seconda metà del Novecento (Guerci, 1991). Fatto circolare durante la sollevazione di Alba e nella successiva repubblica dell’aprile-maggio 1796, il Projet preconizzava un Piemonte repubblicano che avrebbe potuto farsi iniziatore della liberazione di tutta l’Italia dalle dinastie di antico regime.
Pellisseri fu coinvolto nel moto insurrezionale per forzare in senso repubblicano e indipendentista le zone passate sotto l’occupazione militare francese dopo l’armistizio di Cherasco del 26 aprile 1796 e la pace di Parigi del 15 maggio successivo. Falliti questo e altri tentativi rivoluzionari, si trasferì a Genova nell’estate del 1796, per cercare impiego nell’armata d’Italia.
Insieme con fuoriusciti di Alba e Asti, si impegnò a organizzare l’azione militare che alcune centinaia di insorti condussero nell’aprile 1798 invadendo il Piemonte meridionale. Pellisseri svolse un ruolo di rilievo nelle colonne che attaccarono Carosio, enclave sabauda in territorio ligure. Conclusa infelicemente la vicenda, fece ritorno a Genova, ma nel dicembre del 1798, non appena fu istituito dal generale Barthélemy Catherine Joubert il governo provvisorio repubblicano, raggiunse Torino, dove il 12 gennaio 1799 ebbe l’incarico di sottosegretario generale.
Le sue posizioni si caratterizzarono per il rifiuto dell’egemonia francese e per la volontà di far valere una soluzione italiana, da declinare in termini indipendentistici e regionali. Prese posizione a favore di una «grande repubblica italiana, una e indivisibile», come scritto nel Voto ai patrioti piemontesi facenti parte della colonna rivoluzionaria del Mezzogiorno, soprannominata di Carosio, pubblicato nel giornale Il Repubblicano piemontese del 2 ventoso anno VII (20 febbraio 1799), anche se le circostanze lo indussero a collaborare con le autorità francesi.
All’inizio di aprile 1799, allorché il commissario del direttorio di Parigi, Joseph-Mathurin Musset, modificò l’assetto istituzionale del Piemonte, Pellisseri divenne membro dell’Amministrazione centrale del Dipartimento della Stura. Un mese più tardi, il 14 fiorile anno VII (3 maggio 1799), di fronte all’avanzata dell’esercito austro-russo della seconda coalizione, il comandante dell’armata d’Italia, generale Jean-Victor-Marie Moreau, istituì un’Amministrazione generale del Piemonte. A farne parte chiamò il vercellese Giovanni Alberto Rossignoli, il pastore valdese Pietro Geymet, l’avvocato Domenico Capriata e Pellisseri. In quei frangenti venne pubblicato il Projet, probabilmente come documento di una linea politica democratica e indipendentista.
Incerta è la sua presenza nelle due città in cui si ritirò l’Amministrazione generale del Piemonte, Briançon e Grenoble, mentre è attestato il suo trasferimento in Francia, dove rimase fino al giugno del 1800, quando la vittoria del primo console Napoleone Bonaparte a Marengo consentì ai patrioti di rientrare nei loro Stati.
Ai primi di luglio del 1800 Pellisseri diede alle stampe a Torino il Progetto di regolamento per il Piemonte, un testo di natura costituzionale che forniva nuove argomentazioni all’idea indipendentistico-unitaria. Coerente con tale linea fu il rifiuto a coprire sia la carica di segretario generale della Commissione di governo (istituita dal generale Pierre-Antoine Dupont il 23 giugno 1800), sia quella più rilevante di reggente della Segreteria di Stato per gli Affari interni. Dimostrò la sua indipendenza di giudizio nella difesa dell’amico Carlo Trombetta, indipendentista estremo, accusato di attività sovversive, che egli difese con tale enfasi, tenendo l’arringa in dialetto, da conseguire la sua assoluzione.
Da alcuni studiosi (Bersano, 1957; Vaccarino, 1989) è stata avanzata l’ipotesi che condividesse con il suo assistito e con altri democratici l’appartenenza alla società segreta dei Raggi, di carattere antinapoleonico, ma le notizie al riguardo sono esili.
Deluso dalla politica, Pellisseri si rifugiò nella carriera giudiziaria, ricoprendo in successione le cariche di giudice a Chieri, ad Alba e presso la corte d’appello di Torino. Successivamente al 1803 sposò la venticinquenne Teresa Davico.
Morì a Torino il 17 agosto 1808 per una imprecisata malattia.
Fonti e Bibl.: Il registro degli esami universitari si trova nell’Archivio storico dell’Università di Torino, Giurisprudenza, Esami, reg. 2/13, pp. 56, 132. Le sue tesi di licenza e di laurea in Torino, Biblioteca nazionale universitaria, Fondo antico, DAN. 311.50, 314.24; i verbali del Governo provvisorio sono consultatibili nell’Archivio di Stato di Torino, Corte, Carte epoca francese, s. 2, m. 1; l’atto di morte è nell’Archivio storico della Città di Torino, Atti di morte, vol. 15, n. 2266; il manoscritto del Projet fu ritrovato alle Archives du ministère des Affaires étrangères di Parigi da Armando Saitta che ne diede conto nel saggio Struttura sociale e realtà politica nel progetto costituzionale dei giacobini piemontesi (1796), in Società, V (1949), 3, pp. 436-475. L’analisi del Projet, con una ricostruzione della vita di Pellisseri dal 1794 al 1800, è in L. Guerci, L’edizione del 1799 del Progetto di governo rivoluzionario o sia provvisorio per il Piemonte, in Rivista di storia del diritto italiano, 1991, vol. 64, pp. 45-98.
Notizie sulla vita in N. Bianchi, Storia della monarchia piemontese dal 1773 sino al 1861, II-IV, Torino 1878-1885, ad ind.; D. Carutti, Storia della corte di Savoia durante la Rivoluzione e l’Impero francese, Torino-Roma 1892, ad ind.; P. Onnis Rosa, Filippo Buonarroti e i patrioti italiani dal 1794 al 1796, in Id., Filippo Buonarroti e altri studi (1937), Roma 1971, pp. 13-60; A. Bersano, L’abate Francesco Bonardi e i suoi tempi. Contributo alla storia delle società segrete, Torino 1957, ad indicem. Per il periodo e l’ambiente universitario: D. Balani, Toghe di stato. La Facoltà giuridica dell’università di Torino e le professioni nel Piemonte del Settecento, Torino 1996, ad indicem. Sull’universo repubblicano e neogiacobino: G. Sforza, L’indennità ai giacobini piemontesi perseguitati e danneggiati (1800-1802), in Biblioteca di storia italiana recente (1800-1850), II, Torino 1909, pp. 185-390; Id., L’amministrazione generale del Piemonte e Carlo Botta (1799), in Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, s. 2, 1909, vol. 59, pp. 215-239; R. Soriga, L’idea nazionale italiana dal secolo XVIII all’unificazione, scritti raccolti e ordinati da S. Manfredi, Modena 1941, pp. 13, 20, 28, 52; G. Vaccarino, I giacobini piemontesi (1794-1814), Roma 1989, ad ind.; Id., Annessionisti e autonomisti piemontesi sotto il Direttorio e il Consolato (1796-1802), in Ville de Turin, 1798-1814, a cura di G. Bracco, II, Torino 1990, pp. 9-31; Quando San Secondo diventò giacobino. Asti e la Repubblica del 1797, a cura di G. Recuperati, Alessandria 1999, ad indicem. Sui rapporti fra Pellisseri e Buonarroti: A. Saitta, Buonarroti e la sua azione italiana nel 1796, in Filippo Buonarroti. Contributo alla storia della sua vita e del suo pensiero, I, Roma 1972, pp. 1-49. Si vedano inoltre: la tesi di laurea di S. Montanara, Movimenti giacobini e antigiacobini nell’albese, Università di Torino, facoltà di lettere e filosofia, 1963-1964; la tesi di dottorato di J. Bourguet-Rouveyre, Les Piémontais face à l’annexion française 1798-1814, Université de Paris I, 1992. Sul governo provvisorio: M. Carassi, Metamorfosi delle forme di governo nel Piemonte repubblicano, in Dal trono all’albero della libertà. Trasformazioni e continuità istituzionali nei territori del regno di Sardegna dall’antico regime all’età rivoluzionaria, I, Roma 1991, pp. 109-143.