MARINI, Giuseppe (Gioseffo, Ioseffo)
– Non si conoscono luogo e data di nascita del M., ma si può ipotizzare che fosse nato nella Repubblica veneta intorno al 1590, come si può dedurre nel primo documento noto che lo riguarda.
Il 25 nov. 1614 il consiglio della Comunità di Pordenone, in virtù del suo giuspatronato sulla chiesa parrocchiale, decise all’unanimità di condurre per tre anni «per maggior decoro della nostra chiesa de San Marco […] un maestro di capella qual habbi da servire per musico et cantare in essa chiesa tutto il tempo dell’anno alle messe et divini officii, massime le feste di precetto et le domeniche, et anco habbi da insegnare la musica alli chierici et zaghi che servono in essa chiesa senza altro pagamento», maestro individuato nella persona di «Ioseffo Marini, veneto, giovane, per quanto vien riferito, di buona pratica et esperienza in detta professione» (Pordenone, Biblioteca civica, Delibere del Consiglio di Pordenone, VII, c. 37).
Il M. dovette operare con diligenza ed essere particolarmente apprezzato se riuscì a conservare il posto nel settembre del 1616, quando il podestà di Pordenone, considerate le molte spese da affrontare per il mantenimento delle milizie venete (impegnate nella guerra di Gradisca contro gli Arciducali), chiese di licenziare molti dipendenti pubblici o di sospenderne lo stipendio.
Agli inizi del 1617 il M. pubblicò a Venezia, presso G. Vincenti, il suo Primo libro di madrigali, nel cui frontespizio si fregiava del titolo di «maestro di capella della illustre communità di Pordenone», indirizzandolo a Girolamo Pomo, discendente da una famiglia di calderari oriunda del contado di Lecco che, comparsa in città nei primi decenni del Cinquecento, in breve aveva fatto fortuna tanto da venire accolta fra i ranghi della nobiltà.
Nel testo della dedica, datata da Pordenone il 1° dic. 1616, il M. rivela il suo «obligho infinito» nei confronti di Pomo, che forse lo aveva voluto a Pordenone o protetto, ma senza fornire alcuna notizia utile né sul proprio conto né su quello del dedicatario che, diversamente dai fratelli Giovan Pietro e Giovanni – l’uno futuro storiografo di corte di Ferdinando III d’Asburgo, l’altro medico, filosofo e poeta –, pare non si sia distinto in alcunché. Il libro contiene 17 madrigali a cinque voci, intonati su liriche amorose perlopiù adespote (solo quattro sono di G.B. Guarini e una di G.B. Marino). Una delle composizioni, Credete voi ch’io viva pascendo il cor famelico, è dichiarata opera «del sig. Bonini», molto probabilmente identificabile con il compositore bergamasco Pier Andrea Bonini, maestro di cappella dal 1587 al 1602 in Cividal di Belluno e, dal 1603 al 1614, anno della sua morte, in Cividale del Friuli. Se la proposta di identificazione dovesse trovare conferma, la circostanza che tale composizione di Bonini abbia visto la luce soltanto postuma e in un libro del M. (non se ne conoscono infatti altri testimoni né manoscritti né a stampa), potrebbe implicare l’esistenza di contatti intercorsi tra il M. e Bonini, forse allievo e maestro.
Il 4 maggio 1617, con qualche mese di anticipo sulla scadenza naturale della condotta, il M. chiese e ottenne, probabilmente in concomitanza con l’offerta del suo libro di madrigali (o forse di un perduto libro dei Magnificat a 8 voci, giacché i madrigali erano dedicati a Pomo), di essere confermato nella carica per un nuovo triennio.
In quella circostanza il cancelliere comunale registrò la «sodisfattione universale» per il suo operato, ma anche il plauso per la sua attività compositiva: «oltra le molte compositioni nove a beneficii de chi di tal proffessione si dileta et la desidera, ha fatta anco et data in stampa a sue spese un’opera dedicata alla memoria di questa communità onde è conveniente che di tanta fatica sia in qualche parte riconosciuto rispetto anco che col salario che gli fu costituito non può viver secondo stato suo» (Pordenone, Biblioteca civica, Delibere…, cit., c. 65). Al precedente magro stipendio, corrisposto in cereali e altri generi alimentari, vennero aggiunti 20 ducati annui.
L’anno seguente – sempre per i tipi di G. Vincenti e privo di dediche particolari – il M. diede alle stampe a Venezia Il secondo libro de’ madrigali a cinque voci, professandosi ancora nel frontespizio maestro di cappella della Comunità pordenonese.
Questo libro presenta una maggiore varietà formale rispetto al precedente: delle 15 composizioni raccolte, le prime otto sono per sole voci (tra queste, due sono in tre parti e una è definita «d’incerto»), mentre le rimanenti sono concertate e provviste del basso continuo per il cembalo (ma l’ultima di queste, in chiusura del libro, è un dialogo a quattro voci). La scelta dei testi poetici, invece, in linea con le tendenze prevalenti presso i compositori, conferma e rafforza la predilezione mostrata nel Primo libro, dal momento che il M. ricorre nuovamente a liriche di Guarini (6) e Marino (3), cui si aggiunge L. Celiano (1).
Dal punto di vista musicale, come ha osservato Russolo, le composizioni di entrambi i libri, meritevoli di interesse e spesso di buona fattura, risentono dei profondi mutamenti in atto nel madrigale e presentano un tessuto polifonico che comincia a diradarsi e una semplificazione del contrappunto che va a vantaggio degli incisi melodici. Dove il M. riesce meno è nell’impiego del cromatismo, che nelle sue mani diviene, anziché strumento di espressività e di intensa drammaticità, talvolta elemento di disturbo.
Nonostante la conferma triennale, forse deluso per non aver ricevuto gratificazioni dopo la stampa del suo secondo libro di madrigali, o forse solo desideroso di migliorare la propria condizione, verso la fine di marzo del 1619 il M. partì alla volta di Gorizia, chiamatovi dalla locale Convocazione (l’assemblea degli Stati provinciali della Contea) a ricoprire il ruolo di maestro di cappella nella chiesa parrocchiale. Quasi nulla dicono gli archivi goriziani in merito a questo servizio, durante il quale egli ebbe anche modo di pubblicare, per i tipi del veneziano B. Magni, un libro di Messe e motetti a otto voci co’ l basso per l’organo che dedicò da Venezia, il 18 marzo 1621, ai «signori nobili provinciali dell’inclyta Convocatione dell’illustrissimo Contado di Goritia […] terrestre paradiso» per ringraziarli dell’ingaggio ottenuto, ricevendone il 17 luglio seguente 60 fiorini in dono.
Il libro contiene una Missa concertata, una Missa pro defunctis e tre mottetti (In principio erat Verbum; Benedicite Domine «d’incerto auctore» e O bone Iesu) per doppio coro a otto voci concertate (tranne l’ultimo mottetto che è a sei voci). Si tratta di composizioni inseribili nella grande tradizione polifonica rinascimentale di scuola veneta, che mirano a raggiungere effetti sonori ampi e robusti: ciò è ravvisabile particolarmente nella messa da Requiem, caratterizzata da un’intensa coralità, e nei tre mottetti, mentre la scrittura della prima messa è meno fitta e presenta frequentemente brevi interventi solistici.
Neppure questo «terrestre paradiso» lo dovette trattenere a lungo, se già il 4 nov. 1623 il Consiglio comunale di Pordenone accoglieva la sua richiesta di tornare in servizio presso la chiesa di S. Marco accordandogli una condotta triennale a 10 staia di frumento, 10 orne di vino e 25 ducati annui, con gli stessi obblighi che aveva avuto in precedenza. Il M. vi giunse soltanto il 6 marzo 1624 e il 3 maggio seguente gli furono date 20 lire «in aiuto di far condure da Goriza le sue robbe in questa terra» e «accio s’inanimisse a servire con ogni spirito» (Pordenone, Biblioteca civica, Delibere…, cit., c. 172v). Tuttavia il M. lasciò Pordenone forse già alla fine del 1625 (il saldo dell’annata era stato riscosso da sua moglie) ma sicuramente prima del 25 febbr. 1626, quando il Consiglio cittadino decise di non procedere alla nomina di un sostituto e di incamerare per un quinquiennio quanto si dava a lui per destinarlo alla riparazione delle scale e della pigna del campanile di S. Marco. Le ultime annotazioni nei verbali pordenonesi che lo riguardano sono particolarmente stringate e non offrono alcun indizio utile a capire né i motivi della sua partenza né l’eventuale destinazione.
Da quel momento si perdono le tracce del Marini.
Riguardo alla sua produzione musicale, vanno aggiunte a quelle già ricordate sette composizioni sacre a 8 voci (probabilmente tratte dai Magnificat a 8, con mottetti con basso, ricordati in un catalogo del 1621 dell’editore Vincenti senza la specificazione «novi» e quindi editi qualche anno prima) manoscritte in una intavolatura d’organo in sei volumi della Biblioteca del Seminario di Pelplin in Polonia: Salve o Maria, O Maria Sponsa Christi, Pone Domine, Magnificat super Ego sum qui sum, Magnificat super Ingredemini omnes, Magnificat super Vulnera Domine, Magnificat super Hoc tegitur. Di un terzo libro di madrigali a cinque voci, edito a Venezia molto probabilmente pochi anni prima, se non proprio nel 1621 (nel catalogo Vincenti di quell’anno è definito «novo»), non resta che la memoria.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Pordenone, Arch. stor. comunale, Libri contabili della chiesa di S. Marco, b. 18, n. 227: Estrato della intrada… 1625, cc. 18 a-b; Pordenone, Biblioteca civica, Delibere del Consiglio di Pordenone, l. VII, cc. 37, 56v-57, 65, 83v-84, 160v-161, 172v, 201v-202; Gorizia, Arch. stor. provinciale, S.14, c. 36v; G.O. Pitoni, Notitia de’ contrapuntisti e compositori di musica, a cura di C. Ruini, Firenze 1988, p. 238; The Pelplin Tablature, a cura di A. Sutkowski et al., in Antiquitates Musicae in Polonia, I (1963), pp. 505-507, 612-615; VI (1968), pp. 104-109, 406, 418; G. Russolo, Note di critica storico-estetica sulle opere di alcuni maestri di cappella, in F. Metz - G. Russolo - P. Goi, La musica a Pordenone, Pordenone 1982, pp. 93 s.; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, VII, n. 136; IX, n. 151; IX bis, n. 162; X, n. 233; T. Perfetti, G.B. Pomo: un uomo del suo tempo, in G.B. Pomo, Comentari urbani (1728-1791), Pordenone 1990, pp. 14-17; F. Metz, «Cantar et sonar musichalmente». Per una storia delle tradizioni musicali di S. Marco, in S. Marco di Pordenone, a cura di P. Goi, I, Pordenone 1993, pp. 491-494, 524 s.; A. Zanini, La cappella musicale del duomo di Cividale nell’età barocca, in Ecco mormorar l’onde. La musica nel Barocco, a cura di C. de Incontrera - A. Zanini, Monfalcone s.d. [ma 1995], pp. 290-292, 310; S. Iurig, G. M., Messe et mottetti a otto voci, Venezia, B. Magni, 1621, dissertazione, Università degli studi di Udine, a.a. 1999-2000; F. Colussi, Bibl. dei compositori nati o attivi nel Friuli occidentale nel Cinque e Seicento, in Musica & Ricerca nel Friuli-Venezia Giulia, a cura di F. Colussi, Udine 2002, pp. 181 s.; P. Da Col, Madrigali in Cividal. P.A. Bonini maestro di cappella tra Belluno e Cividale, in Alessandro Orologio musico friulano del Cinquecento e il suo tempo. Atti del Convegno internazionale…, Pordenone-Udine-San Giorgio della Richinvelda… 2004, a cura di F. Colussi (in corso di stampa); R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VI, p. 335; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 41; Suppl., p. 610; Répertoire international des sources musicales, A/I, Einzeldrucke vor 1800, V, p. 427; Bibl. della musica italiana vocale profana (Nuovo Vogel), V, p. 427; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 666; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, pp. 863 s.